• Diritti d'autore - Opere fotografiche

18 gennaio 2019

Accordo di mediazione sull'autorialità di fotografie raffiguranti opere di arte contemporanea

di Alice Trioschi

Si presenta di seguito un caso che è stato oggetto di un accordo di mediazione presso il Servizio di Conciliazione della Camera Arbitrale di Milano, in tema di autorialità di fotografie raffiguranti opere di arte contemporanea, di particolare interesse per il contenuto creativo dell'accordo raggiunto dalla parti. 

 

Camera Arbitrale di Milano, Servizio di Conciliazione, Progetto ADR Arte - Accordo di mediazione (volontaria) relativo all'autorialità di fotografie raffiguranti opere di arte contemporanea. La controversia vedeva dunque agire il Fotografo contro l'Artista e la Galleria.

Una fotografa depositava una domanda di mediazione presso il Servizio di Conciliazione della Camera Arbitrale di Milano. La controversia nasceva in seguito alla cessazione dei rapporti di amicizia tra la fotografa e l'artista. La fotografa e l'artista erano amici di lungo corso: la prima aveva potuto assistere alla realizzazione di diversi cicli di opere dell'artista e conosceva approfonditamente il suo lavoro. Un importante galleria milanese di arte contemporanea si interessava alle ultime produzioni dell'artista e decideva di ospitare una sua personale. L'artista chiedeva all'amica fotografa di realizzare due foto di alcune opere poi esposte alla mostra. L'amica realizzava dunque due fotografie di due opere dell'artista, non chiedendo alcun pagamento per il lavoro svolto.

All'apertura della personale, le fotografie venivano esposte con le opere dell'artista a formare un'unica installazione. La controversia nasceva poiché le fotografie venivano messe in vendita in galleria insieme alle opere d'arte, senza che la fotografa avesse dato il suo consenso all'operazione, né venendo citata quale autrice delle stesse. Ricevuta la contestazione, la galleria rimuoveva immediatamente gli scatti dalla personale. La fotografa richiedeva un risarcimento del danno sia all'artista che alla galleria, sommando il compenso dovuto per la prestazione professionale, il danno patrimoniale e non patrimoniale subito, ildanno derivante dalla negligenza e imperizia della galleria e il contributo per le spese legali.

Le parti si incontravano privatamente, insieme ai propri legali, per cercare di raggiungere un accordo conciliativo. Iniziava un lungo confronto relativo alla somma economica richiesta dalla fotografa, con particolare attenzione alla quantificazione dell'importo dovuto per la prestazione professionale. I difensori della galleria e dell'artista chiedevano alla fotografa di provare il costo del suo lavoro, paragonandolo a lavori simili precedentemente svolti. La fotografa non riusciva a dimostrare in modo completo il costo del proprio lavoro, non avendo mai realizzato in precedenza degli scatti simili. Richiamava dunque tabelle economiche di un'associazione di fotografia, abbassando l'iniziale quantificazione dei danni.

Il fotografo e la galleria contestavano i parametri adottati, ritenendo la somma ancora troppo elevata. Proponevano un conguaglio economico inferiore, spinti dalla volontà di risolvere amichevolmente la controversia. La fotografa replicava non accettando la proposta e fornendo una terza ed ultima quantificazione dei danni subiti. L'artista e la galleria non rispondevano alla fotografa, depositando invece domanda per un procedimento di mediazione in Camera Arbitrale di Milano. 

Dopo approfondite discussioni, le parti raggiungevano un accordo di mediazione. L'artista si impegnava a pagare una somma in denaro alla fotografa e a cederle la proprietà di una propria opera d'arte in forma di disegno su carta entro trenta giorni dalla sottoscrizione del verbale. Le fotografie oggetto di controversia venivano distrutte personalmente dall'artista alla presenza della fotografa. L'artista si impegnava inoltre a far pubblicare nel catalogo di alcune sue mostre museali in programma per l'anno successivo le opere della fotografa con indicazione del nominativo ed i relativi crediti. Dichiarava inoltre che, qualora avesse inteso pubblicare le opere della fotografa in cataloghi successivi, le avrebbe richiesto preventivo consenso. La galleria metteva a disposizione i propri spazi alla fotografa, preventiva richiesta e consenso, per realizzare servizi fotografici di indossato con un massimo di due modelle/i.

Commento

Prima di entrare in mediazione le parti interrompevano il proprio rapporto di amicizia, facendo ricorso a diversi legali per far valere reciprocamente le proprie ragioni. Se, da una parte, la fotografa richiedeva insistentemente il riconoscimento del proprio lavoro sia da un punto di vista economico che autoriale, dall'altra l'artista e la galleria si opponevano fermamente al risarcimento del danno come descritto. Le parti tentavano di negoziare tra loro mediante i propri avvocati, senza però raggiungere un esito positivo. Solo una volta entrati in mediazione, gli attori si confrontavano alla presenza di un terzo imparziale. Qui, la fotografa veniva riconosciuta in quanto autrice delle opere oggetto di discussione, sentendosi dunque accettata in quanto “artista” e professionista. Inoltre, diversamente da quanto accadeva durante gli incontri privati, in mediazione le parti raggiungevano un accordo creativo. Infatti, questo non prevedeva solamente il risarcimento del danno, ma soluzioni che coinvolgevano sia la reputazione e la credibilità dell'artista (che si impegnava a far riconoscere i lavori della fotografa in futuro), sia quelle della galleria (che offriva alla fotografa la possibilità di utilizzare i propri spazi).

In tema di paternità di alcune fotografie si rinvia, inoltre, al contributo precedentemente pubblicato "Accordo di mediazione sull'autorialità e sul pagamento di fotografie scattate per un magazine".

 


Dott.ssa Alice Trioschi 

Camera Arbitrale di Milano, Servizio di Conciliazione, Progetto ADR Arte