• Diritti d'autore e diritti connessi - Aspetti generali

5 febbraio 2019

Diritto di seguito: l'autore dell'opera non versa l'IVA sul compenso percepito per le vendite successive

di Annalisa Spedicato

I giudici europei in una recente decisione hanno stabilito che l'autore di un'opera d'arte figurativa resta estraneo al rapporto che intercorre tra cedente e nuovo acquirente, i quali si accordano indipendentemente dall'autore sul prezzo di vendita, ragion per cui quest'ultimo non è tenuto a versare l'IVA sulle vendite successive del suo lavoro creativo.

Si tratta di una pronuncia della Corte Europea relativa ad un caso (C-51/18) che ha visto contrapporsi la Commissione Europea contro la Repubblica dell'Austria.


I fatti

La questione era sorta a seguito di una diffida inviata dalla Commissione Europea al Governo austriaco che, in base ad un'interpretazione della disciplina europea in materia di imposta sul valore aggiunto, assoggettava ad IVA quanto versato in favore dell'autore per le vendite successive della sua opera d'arte in ragione del diritto di seguito.

A parere della Commissione, il compenso percepito dall'autore sulle vendite successive non può intendersi quale corrispettivo per la sua prestazione artistica; il diritto di seguito relativo ad un'opera d'arte, secondo la Commissione, viene concesso direttamente dalla legge per assicurare all'autore una partecipazione economica equilibrata sul destino della sua opera. In assenza di cessione o prestazione di servizi svolta dall'autore nell'ambito dell'esercizio del diritto sulle successive vendite, nessuna operazione quindi dovrebbe essere soggetta ad IVA.

Diversamente, la Repubblica d'Austria precisava che il diritto sulle successive vendite dell'opera d'arte è finalizzato a far sì che l'autore partecipi al successo economico della sua opera. Il fatto che l'autore non intervenga attivamente negli accordi di rivendita tra venditore e nuovo acquirente dell'opera, a parere dell'Austria, non può implicare un esonero nella tassazione del compenso percepito dall'autore stesso a titolo di diritto sulle vendite successive, ragionando al contrario, si violerebbe il principio di neutralità del sistema dell'IVA, che richiede che tale compenso sia anch'esso soggetto all'Imposta sul Valore Aggiunto.

La Repubblica d'Austria sottolineava inoltre che il diritto sulle vendite successive consente di tenere conto del valore aggiunto dell'opera in caso di sua rivendita, in modo che ne consegua, in subordine, un aumento della base imponibile della prestazione fornita dall'autore all'atto della prima vendita. Pertanto, dato che questa prima e unica prestazione sarebbe soggetta ad IVA, il compenso dovuto a titolo di diritto sulle vendite successive dovrebbe del pari essere assoggettato ad IVA. Secondo il governo austriaco, l'autore, nel contesto della rivendita della sua opera, tollerando l'atto, svolge di fatto una prestazione e percepisce un compenso per il compimento della stessa, pertanto tale compenso, anche nelle vendite successive, andrebbe assoggettato ad Imposta, trattandosi di prestazione di servizi.

A fronte di tali opposte interpretazioni, la Commissione europea ha presentato ricorso davanti alla Corte di giustizia, sostenendo che la prassi austriaca violasse la direttiva IVA (direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006).

Le argomentazioni della Commissione Europea

La Commissione insiste sulla propria posizione anche nel suo ricorso, ritenendo che il compenso percepito dall'autore nelle vendite successive della propria opera d'arte non costituisce una prestazione di servizi, ma deve intendersi unicamente quale quota a lui spettante come compenso per il valore originale della sua opera. Tale compenso, per la Commissione europea, va riferito al valore originario dell'opera, non costituendo la cessione della stessa una prestazione di servizi da parte dell'autore che non interviene nel rapporto contrattuale tra ogni cedente e ogni nuovo acquirente e non può determinare il prezzo da assegnare all'opera nelle vendite successive. La Commissione, a tal proposito, ricorda la sentenza del 18 gennaio 2017, SAWP (C‑37/16), in cui i giudici europei chiarirono che una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso ai sensi della direttiva IVA, soltanto quando "tra il prestatore e l'utente intercorre un rapporto giuridico nell'ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, al cui interno il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato all'utente" . Secondo tale pronuncia, perché le somme percepite siano assoggettabili ad IVA, tra la prestazione fornita e il corrispettivo ricevuto deve sussistere un sinallagma contrattuale (del tipo prestazione-controprestazione), in maniera tale che quanto versato possa ritenersi il compenso effettivo del servizio specifico fornito nell'ambito della relazione diretta tra due parti contrattuali.

Del resto, l'autore nell'ambito delle vendite successive, non può intervenire in alcun modo né per impedirle né in qualche modo per influenzarle, dovendo unicamente tollerare la rivendita. Pertanto, subendo l'autore passivamente il comportamento altrui, non può parlarsi di prestazione di servizi da parte sua.

La decisione della CGUE

La Corte Europea, sostenendo nelle sue argomentazioni le posizioni della Commissione, chiarisce che si ha una prestazione di servizi a titolo oneroso unicamente se vi è un rapporto contrattuale diretto tra due parti che si scambiano prestazioni reciproche: "la retribuzione percepita dal fornitore o dal prestatore costituisce l'effettivo controvalore del bene o del servizio forniti all'acquirente o al beneficiario".

Secondo la Corte, l'autore non può in alcun modo intervenire nell'operazione di rivendita, ad esempio per bloccarla, qualora fosse in disaccordo. Anche il prezzo di vendita, sul quale l'autore riceve una percentuale fissata dalla legge come compenso, non viene affatto stabilito dall'autore, ma dal venditore.

Concludendo, in base al considerando 3, primo periodo, della direttiva 2001/84/CE, il diritto sulle vendite successive è finalizzato unicamente ad assicurare agli autori degli originali di opere d'arte previste da tale direttiva, cioè le opere d'arte figurativa, una partecipazione economica al successo delle loro creazioni. Di conseguenza, dicono i giudici europei, il legislatore non considera affatto che gli autori suddetti possano partecipare alle operazioni di rivendita delle loro opere, ma si limita a concedere loro il diritto di partecipare ai risultati economici degli atti di rivendita, una volta realizzati.

L'Austria, pertanto, assoggettando ad IVA il compenso percepito dall'autore di un'opera d'arte figurativa in relazione alle vendite successive (diritto di seguito) del suo lavoro creativo ha violato la direttiva IVA. Il diritto di seguito, a parere della CGUE, non può essere assoggettato ad IVA, in quanto le vendite successive dell'opera d'arte non costituiscono una prestazione di servizi ad opera dell'autore.
 


Annalisa Spedicato

Avvocato esperto in IP, ICT e Privacy