
consiglio di stato
Consiglio di Stato sez. V, 04/03/2025, n. 1822 [Diritti di proprietà industriale - Gara per l’affidamento in concessione dei servizi di gestione del museumshop, di merchandising e di editoria presso il Museo Egizio di Torino]
Diritti di proprietà industriale - Gara per l’affidamento in concessione dei servizi di gestione del museumshop, di merchandising e di editoria presso il Museo Egizio di Torino - Nuova aggiudicazione all’esito dell’annullamento in sede giudiziale della precedente procedura - Ricorso - Rigetto - Appello - Rigetto - Dedotte violazioni dell’art. 1 del capitolato che definisce “Prodotti Ufficiali” gli oggetti di varia tipologia, creati per la Fondazione e rappresentanti beni e reperti della collezione del Museo o realizzati attraverso lo sfruttamento dei diritti di utilizzazione economica del Marchio e della Proprietà Industriale, “Prodotti Secondari” quelli pertinenti all’attività museale o aventi ad oggetto l’immagine di Torino e del Piemonte e “Servizio di Merchandising” l’ideazione, la progettazione, lo sviluppo, la produzione, la distribuzione, la vendita e la commercializzazione di entrambe le dette tipologie di prodotti - Legittima la decisione della stazione appaltante perché il disposto dell’art. 1 del capitolato è stato ampiamente rispettato dall’aggiudicatario, attesa la preminenza data ai prodotti ufficiali rispetto a quelli secondari aventi ad oggetto l’immagine di Torino e del Piemonte.
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5146 del 2024, proposto dal Consorzio Aion, già Consorzio Arte’M Net, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 7840544D94, rappresentato e difeso dall’avvocato Valentino Vulpetti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la Fondazione Museo delle Antichità Egizie, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonella Borsero, Carlo Merani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Skira Editore S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
Franco Cosimo Panini Editore S.p.A., in proprio e in qualità di mandataria del costituito Raggruppamento temporaneo di imprese con la Artefatto s.a.s. di Tresso Pierfranco & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mauro Milan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Artefatto s.a.s. di Tresso Pierfranco & C., in proprio e in qualità di mandante del costituito Raggruppamento temporaneo di imprese con la Franco Cosimo Panini Editore S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mauro Milan, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, (sezione prima) n. 531, pubblicata il 18 maggio 2024, notificata il 23 maggio 2024, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Fondazione Museo delle Antichità Egizie e di Franco, della Cosimo Panini Editore S.p.A. e dell’Artefatto S.a.s. di Tresso Pierfranco & C.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2024 il consigliere Marina Perrelli e uditi per le parti gli avvocati Valentino Vulpetti, Antonella Borsero e Francesco Lilli, su delega dell’avvocato Mauro Milan;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Consorzio appellante ha impugnato la sentenza del T.a.r. per il Piemonte indicata in epigrafe con la quale è stato respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto avverso la nuova aggiudicazione della gara CIG 7840544D94 per l’affidamento in concessione, ai sensi dell’art. 164 del d.lgs. n. 50/2016, dei servizi di gestione del museumshop, di merchandising e di editoria presso il Museo Egizio di Torino al controinteressato RTI Panini-Artefatto, all’esito dell’annullamento della precedente procedura con sentenza di questo Consiglio n. 4155 del 31 maggio 2021, nonché avverso gli atti con i quali è stata disposta la proroga della concessione in favore del RTI controinteressato, procedendo alla stipula del contratto del 21 dicembre 2023.
1.2. Premesso che la sentenza impugnata si è pronunciata solo sui vizi afferenti alla partecipazione ed all’offerta del RTI aggiudicatario, assorbendo le censure proposte nei confronti della Skira Editore, seconda classificata, il Consorzio appellante, terzo classificato nella procedura oggetto di controversia, ha ritenuto di dover procedere, da un lato, a contestare le statuizioni di rigetto dei motivi articolati nei confronti dell’aggiudicatario e, dall’altro, a riproporre tutti i motivi non esaminati relativi alla seconda classificata.
1.3. Con riguardo alla partecipazione e all’offerta del RTI aggiudicatario, il Consorzio appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza:
1) per violazione dell’art. 48, commi 2, 4 e 5, del d.lgs. n. 50/2016 per illegittimità dello scorporo di prestazioni rientranti nella concessione posta in gara. Ad avviso dell’appellante, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado, il RTI Panini - Artefatto avrebbe dovuto essere escluso dalla gara per aver scorporato, mediante assegnazione in via esclusiva a ciascun componente, due delle tre attività rientranti nella concessione - alla Franco Cosimo Panini Editore s.p.a. il servizio editoriale e alla mandante Artefatto s.a.s. la gestione del museumshop -, costituendo di fatto un raggruppamento di tipo verticale in palese violazione della lex specialis (art. 2 del bando e art. 5.1 del disciplinare) e dell’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016. Né, infine, tale assegnazione realizzerebbe, come ritenuto dal giudice di primo grado, un semplice riparto interno delle prestazioni in conformità all’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 giacché quest’ultimo ammetterebbe solo l’indicazione di quelle parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori e non anche l’assegnazione in via esclusiva a ciascuna impresa del raggruppamento di un’intera tipologia di servizio, assegnazione ammessa solo in ipotesi di previsione espressa della lex specialis e di qualificazione come secondaria della tipologia di prestazione scorporanda;
2) per violazione dell’art. 48, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 perché secondo l’appellante il RTI controinteressato avrebbe dovuto assumere l’impegno a conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una delle imprese componenti esclusivamente in sede di offerta e non in sede di istanza di partecipazione, mentre il giudice di primo grado non avrebbe erroneamente rilevato che nel caso di specie l’offerta del controinteressato difetterebbe del suddetto impegno;
3) per violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c) e f-bis), del d.lgs. n. 50/2016 e per carenza in capo al RTI Panini-Artefatto del requisito tecnico di cui all’art. 3 lett. b) del bando ed all’art. 9.5 lett. b) del disciplinare. Secondo la prospettazione dell’appellante il giudice di primo grado non avrebbe rilevato che la dichiarazione della società Artefatto s.a.s. relativamente al requisito dell’esperienza e del fatturato maturati nel quinquennio 2014/2019 sarebbe fuorviante per non aver tenuto conto del trasferimento nell’anno 2016 del ramo d’azienda avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di articoli di merchandising museale alla Artefatto Distribution, distinta ed autonoma dalla mandante Artefatto s.a.s.. Pertanto, quest’ultima non operando più dal 2016 in attività diverse dalla gestione di punti vendita al dettaglio non avrebbe potuto candidarsi ad eseguire il 100% delle attività di merchandising rientranti nella concessione e, per l’effetto, anche il RTI controinteressato sarebbe privo del requisito di capacità tecnica relativo all’attività di merchandising. Né sarebbe centrata l’osservazione del giudice di primo grado secondo cui il bando non conterrebbe l’indicazione di una quota minima di fatturato specifico di merchandising essendo la censura volta ad evidenziare il mancato scorporo dal dato economico del valore del servizio trasferito nel 2016, così come la circostanza che a partire da tale data la Artefatto s.a.s. non avrebbe più svolto attività di produzione e commercio di merchandising museale;
4) per violazione degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, nonché dell’art. 21.1 del disciplinare per la mancata indicazione separata nell’offerta e nel PEF degli oneri per la sicurezza sul lavoro per l’area opzionale. Ad avviso dell’appellante il giudice di primo grado, pur avendo preso atto dell’omessa indicazione separata dei costi della sicurezza sul lavoro, avrebbe poi inspiegabilmente ritenuto assolto tale onere, affermando che “la società ha conglobato nei costi generali solo una minima parte degli oneri della sicurezza, relativi, tra l’altro, a un’area la cui concessione è meramente eventuale e ha comunque esplicitato quelli connessi alla formazione del personale”;
5) per erroneità della sentenza per avere basato su motivazioni postume, espresse dalla P.A. solo in sede processuale, il rigetto del terzo motivo aggiunto con il quale il Consorzio appellante aveva dedotto l’inammissibilità dell’offerta tecnica del RTI aggiudicatario per violazione degli artt. 3.5 e 9 del capitolato speciale poiché, nonostante il divieto di concorrenza, avrebbe dichiarato di voler operare al di fuori del museo e dei canali di vendita rientranti nella concessione e, segnatamente, quanto al merchandising attraverso partners indicati su prodotti a doppio marchio “eventualmente distribuiti anche attraverso canali alternativi” e quanto al servizio editoriale attraverso la distribuzione delle “pubblicazioni ufficiali ...anche al di fuori del Museumshop” per il tramite di altre società leader nel settore e mediante “shop on line della casa editrice”. Ad avviso dell’appellante, la motivazione della sentenza sarebbe erronea anche in relazione all’ulteriore profilo di inammissibilità dell’offerta tecnica del RTI aggiudicatario consistente nella violazione dell’art. 7.4 del capitolato poiché il giudice di primo grado si sarebbe limitato a ritenere possibile l’elaborazione di un adeguato piano promozionale, senza pronunciarsi né sull’eccepita assenza del detto piano, né sulla mancanza dell’impegno a contribuire alla promozione per un importo non inferiore a € 15.000 per i primi 30 mesi e a garantire un investimento promozionale complessivo non inferiore a € 30.000,00;
5) per erroneità della sentenza in relazione al rigetto del quarto motivo aggiunto con il quale era stata dedotta la violazione dell’art. 10.2 del capitolato speciale per non aver previsto nel modello organizzativo di gestione del museumshop la figura del referente del servizio merchandising, né avere individuato gli addetti alla vendita, in quanto la Fondazione avrebbe ammesso di aver rilevato, nell’offerta dell’aggiudicatario, la mancata indicazione della qualifica richiesta e di aver proceduto all’arbitraria assegnazione del ruolo mancante ad un altro dei soggetti indicati con illegittima attribuzione della valutazione “ottimo” e del correlato punteggio. Analogo discorso varrebbe anche per la valutazione e il punteggio attribuiti all’offerta dell’aggiudicatario nonostante la carenza dei requisiti minimi richiesti dagli artt. 1 e 7 del capitolato per la identificazione dei prodotti di merchandising delle collezioni “Casa” e “Design” che non risulterebbero pertinenti all’attività museale, né relativi alla città di Torino o alla Regione Piemonte. Ad avviso del Consorzio sempre con riferimento al servizio di merchandising l’offerta tecnica presentata dal RTI Panini-Artefatto sarebbe carente dei requisiti minimi richiesti dall’art. 18.1. B del disciplinare, difettando della necessaria “indicazione di almeno 5 prodotti ecosostenibili” e ciononostante il giudice di primo grado si sarebbe conformato alle affermazioni della Fondazione senza attenersi alle risultanze processuali, così come avrebbe fatto anche in relazione alla dedotta violazione dell’art. 7.9 lett. r) del capitolato non essendo stato individuato nella sezione del servizio editoriale alcun riferimento per consentire una valutazione analitica sul rispetto delle prescrizioni inerenti alle percentuali di offerta del 50% - relative alla vendita di testi e titoli editoriali propri del concessionario - e dell’80% - relative alle tipologie di prodotti indicati nel capitolato.
1.4. Il Consorzio appellante ha, quindi, riproposto tutti i motivi articolati in relazione all’illegittimità della collocazione della Skira editore in seconda posizione, deducendo l’erroneità della valutazione dell’offerta tecnica operata dalla commissione e dell’attribuzione dei relativi punteggi con riguardo al modello organizzativo di gestione del museumshop e all’analisi di benchmark, al servizio di merchandising per violazione dell’art. 18.1.B del disciplinare di gara, al progetto di servizio editoriale per violazione dell’art. 18.1.C, alle migliorie per violazione dell’art. 18.1.D, alla violazione art. 18.3 del disciplinare per difetto di forma.
1.5. Con riguardo alla nomina della commissione e alle modalità di svolgimento delle attività di valutazione il Consorzio appellante ha lamentato:
1) la violazione degli artt. 29, 77, commi 4 e 8, e 216, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, nonché dei principi di buon andamento e di efficienza dell’azione amministrativa poiché, ad avviso dell’appellante, in violazione dei principi di trasparenza e di competenza, non sarebbe possibile desumere i criteri seguiti per la scelta dei tre commissari, non essendovene alcuna traccia nella nota del 6 marzo 2023 alla quale non sarebbero stati allegati i curricula dei commissari che la Fondazione non avrebbe neanche pubblicato sul proprio sito istituzionale, in evidente violazione degli artt. 29 e 216, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016. Né varrebbe a superare tale carenza l’affermazione del giudice di primo grado secondo cui il Consorzio non avrebbe addotto elementi idonei a dimostrare l’incompetenza dei commissari ovvero l’esistenza di situazioni di incompatibilità, affermazione peraltro erronea rispetto al direttore gestionale S. Isaia e al capo dipartimento A.G. Guida che risulterebbero aver svolto, nelle rispettive qualità, funzioni amministrative con riferimento al contratto oggetto di gara;
2) la violazione dei principi di segretezza, di separazione delle offerte tecniche dalle offerte economiche, di imparzialità e di buon andamento, di trasparenza e par condicio dei concorrenti, degli artt. 97 Cost., 1 della legge n. 241/1990, 24 del disciplinare poiché, secondo la prospettazione dell’appellante, la nuova commissione, nel rivalutare le offerte tecniche in ottemperanza alla sentenza di questo Consiglio n. 4155 del 2021, avrebbe omesso di predisporre ogni necessario accorgimento volto ad assicurare la trasparenza dell’azione e la custodia dei plichi di offerta, già aperti nel 2019. A differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado non sarebbe sufficiente a superare la predetta censura il richiamo all’art. 11 del d.lgs. n. 50/2016, né la circostanza che la Fondazione ha nominato una nuova commissione poiché sarebbero state esaminate offerte scadute da tempo, incerte sotto il profilo della loro persistente validità e affidabilità, non risultando confermate dagli operatori, né assistite dalle relative garanzie provvisorie, accluse in plichi aperti nel 2019 e mai custoditi con le dovute cautele fino al 2023. Il modus operandi della nuova commissione avrebbe violato anche l’art. 24 del disciplinare, ai sensi del quale l’apertura delle buste economiche dovrebbe avvenire una volta terminata l’operazione relativa al punteggio tecnico, non risultando adottata nessuna precauzione per rendere anonime e segrete le offerte tecniche ed economiche da rivalutare così da garantire il rispetto dei principi di imparzialità e par condicio, da azzerare il rischio di condizionamenti rinvenienti dall’operato della precedente commissione e dalla convenienza delle offerte economiche i cui contenuti erano già noti nella fase di riedizione della gara;
3) la manifesta illogicità delle assegnazioni di punteggio disposte dalla commissione, l’inversione procedimentale, la contraddittorietà, il difetto di istruttoria. Ad avviso dell’appellante dai verbali delle sedute del 13 e del 14 marzo 2023 emergerebbe che le considerazioni in merito al contenuto delle singole offerte sarebbero state formulate dopo l’assegnazione del punteggio, con illegittima inversione procedimentale, non rilevata dal giudice di primo grado che avrebbe ignorato la costante giurisprudenza secondo cui la collegialità che informa l’agire della commissione esige che il confronto tra i commissari preposti alla valutazione delle offerte avvenga prima dell’assegnazione dei punteggi, e non dopo, essendo del tutto inutile un confronto una volta assegnati i punteggi ad opera di ciascun commissario.
1.6. Il Consorzio appellante ha, infine, dedotto l’erroneità della sentenza impugnata anche per la parte in cui ha respinto i motivi aggiunti proposti per l’annullamento della proroga del contratto di concessione per ulteriori 45 mesi dalla scadenza originaria, fissata al 21 marzo 2023, fino alla data del 23 dicembre 2026, deducendone l’illegittimità per violazione dell’art. 5.1 del capitolato, dei principi dell’autovincolo, di concorrenza, di trasparenza e parità di trattamento tra gli operatori economici, di evidenza pubblica, di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa.
Ad avviso dell’appellante, la predetta proroga per ulteriori 36 mesi non troverebbe titolo in alcun motivato e idoneo provvedimento della stazione appaltante e se pure detto atto esistesse sarebbe palesemente violativo della lex specialis. Erroneamente il giudice di primo grado avrebbe affermato la carenza dell’interesse del Consorzio a opporsi alla predetta proroga e alle sue modalità, così come non avrebbe tenuto nel debito conto che, benché la scadenza originariamente prevista per la ‘Parte Certa’ del contratto di concessione fosse individuata nel 21 marzo 2023, la Fondazione ne avrebbe di fatto illegittimamente prolungato la durata per un totale di 45 mesi - 36+9- senza adottare alcun idoneo provvedimento dispositivo dell’esercizio del diritto di proroga. Secondo la prospettazione dell’appellante la Fondazione non avrebbe esercitato il potere di proroga entro il termine e con le modalità stabilite dall’art. 5.1 del disciplinare, non potendo la nota del 17 marzo 2023 considerarsi come l’atto con cui la p.a. ha esercitato l’opzione di proroga, né la scrittura del 21 dicembre 2023 idonea a disporre l’opzione di proroga. La predetta proroga si porrebbe, infine, in aperto contrasto anche con l’art. 106, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016, applicabile ratione temporis, nonché con l’omologo art. 124 del d.lgs. 36/2023, ai sensi del quale “La durata del contratto può essere modificata esclusivamente per i contratti in corso di esecuzione se è prevista nel bando e nei documenti di gara una opzione di proroga. La proroga è limitata al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente...”, presupposti entrambi non ricorrenti nel caso di specie cui non sarebbe neanche applicabile la invocata normativa emergenziale da Covid 19.
2. La Fondazione Museo delle Antichità Egizie si è costituita in giudizio ed ha concluso per il rigetto dell’appello, avendo articolatamente controdedotto a tutti i motivi proposti e riproposti dal Consorzio appellante.
3. Le controinteressate Cosimo Panini Editore S.p.A. e Artefatto S.a.s. di Tresso Pierfranco & C. si sono costituite in giudizio con memoria di stile e hanno concluso per il rigetto dell’appello.
4. In vista dell’udienza di discussione la Fondazione appellata e il Consorzio appellante hanno depositato rispettivamente memoria e replica ai sensi dell’art. 73 c.p.a..
5. All’udienza pubblica del 12 dicembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. L’appello non è fondato e deve essere respinto per le seguenti ragioni.
7. Oggetto di controversia è la nuova aggiudicazione al RTI Panini - Artefatto della procedura aperta per l’affidamento in concessione, ai sensi dell’art.164 del d.lgs. n. 50/2016, dei servizi di gestione del museumshop, di merchandising e di editoria presso il Museo Egizio di Torino di importo complessivo pari a € 10.500.000,00, oltre IVA ed oneri sicurezza, per 30 mesi con possibilità di rinnovo per ulteriori 36 mesi, nonché la proroga sino al 23 dicembre 2026, disposta dalla S.A. con contratto sottoscritto il 21 dicembre 2023.
8. Il Collegio ritiene opportuno esaminare i motivi di appello seguendo l’ordine di trattazione delle questioni della sentenza appellata concordando sull’affermazione che la fondatezza delle censure relative “alla nomina della commissione di gara e alle modalità di svolgimento delle sue attività valutative (…) comporterebbe l’accoglimento del ricorso, con conseguente assorbimento di ogni ulteriore censura”.
9. Il Consorzio appellante censura la sentenza impugnata sia nella parte in cui ha respinto le censure articolate avverso la nomina della commissione, sia nella parte in cui ha ritenuto non fondate quelle afferenti le modalità di rivalutazione delle offerte e di attribuzione dei relativi punteggi.
9.1. Ad avviso del Consorzio la nomina della commissione sarebbe illegittima per violazione degli artt. 29, 77, commi 4 e 8, e 216, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, poiché non sarebbe possibile desumere i criteri seguiti per la scelta dei tre commissari, né sarebbero stati allegati o pubblicati sul sito istituzionale i curricula degli stessi e tali censure non sarebbero superate neanche dal richiamo operato dal giudice di primo grado al mancato assolvimento dell’onere probatorio in ordine alla incompetenza ovvero alle situazioni di incompatibilità dei commissari.
9.2. Occorre premettere che la prima aggiudicazione della concessione oggetto di controversia al RTI controinteressato è stata annullata con la sentenza n. 4155 del 2021 di questa Sezione che ha riformato la sentenza del T.a.r. per il Piemonte n. 423 del 2020, accogliendo la censura relativa all’”incompetenza del Presidente a nominare la Commissione giudicatrice per la procedura di scelta del concessionario del servizio” con conseguente illegittimità derivata di tutti gli ulteriori atti del procedimento e con assorbimento dei motivi concernenti il mancato rispetto dei principi di trasparenza e competenza nella scelta dei tre commissari e dell’asserita incompatibilità di alcuni di essi.
In ottemperanza alla predetta sentenza, il Consiglio di amministrazione della Fondazione appellata ha nominato in data 6 marzo 2023 una nuova commissione, composta da soggetti diversi da quella precedente di cui due membri interni - Samanta Isaia, direttore gestionale e responsabile sviluppo e fondi europei, e Antonella Guida, capo dipartimento amministrativo, risorse umane -, e uno esterno - Maurizia Rebola.
9.3. Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio e della Sezione né l’omessa pubblicazione dei curricula dei commissari, né quella delle dichiarazioni di assenza di cause di incompatibilità, che ad avviso dell’appellante gli avrebbero impedito di verificare le effettive competenze dei commissari chiamati in qualità di esperti a partecipare alla commissione, costituiscono elementi essenziali dell’atto di nomina la cui mancanza sia idonea a causarne l’illegittimità o, addirittura, la nullità (Cons. Stato, V, n. 283 del 2019).
E, infatti, la procedura di gara può essere inficiata solo dall’effettiva esistenza, in concreto, delle situazioni di incompatibilità o di conflitto di interessi che l’adempimento dei detti obblighi di trasparenza e di pubblicità mira a prevenire, favorendo la conoscenza o conoscibilità delle diverse situazioni ivi considerate.
9.4. Tanto premesso, emendato il vizio della procedura di nomina accertato dalla sentenza di questa Sezione n. 4155 del 2021, la doglianza dell’appellante sembra riguardare piuttosto obblighi di forma che non di sostanza poiché non viene dedotta alcuna specifica mancanza di professionalità dei componenti della commissione, né tanto meno viene dato anche solo un principio di prova sulla incidenza della predetta indimostrata mancanza di professionalità sulle valutazioni espresse in relazione alle offerte e sul risultato finale.
9.5. Altrettanto infondata è la censura nella parte in cui lamenta l’incompatibilità dei commissari interni per avere “svolto - nelle loro rispettive qualità - funzioni amministrative con riferimento al contratto oggetto di gara”.
L’art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 va, infatti, interpretato tenendo conto della ratio legis volta ad evitare la partecipazione alle commissioni giudicatrici di soggetti, interni o esterni, alla stazione appaltante che abbiano avuto un ruolo significativo, tecnico o amministrativo, nella predisposizione degli atti di gara, tale cioè che possa condizionare, sotto il profilo della soggettiva interpretazione delle regole di gara ovvero dell’imparzialità, lo svolgimento della procedura o l’attività valutativa delle offerte (Cons. Stato, V, n. 283 del 2019.
Premesso che va escluso che sia sufficiente a provocare l’incompatibilità di cui al detto articolo la sola conoscenza del contenuto degli atti di gara acquisita per ragioni d’ufficio o di servizio, ne discende l’infondatezza della censura anche sotto tale profilo non sussistendo alcun elemento che consenta di ritenere nel caso in esame esistente una situazione di incompatibilità in concreto, anche alla luce delle funzioni e degli incarichi dei due commissari interni.
9.6. Appaiono, pertanto, condivisibili le conclusioni del giudice di primo grado sia in ordine all’assenza, in base agli atti di causa e ai curricula dei commissari, di “elementi che possano far dubitare della professionalità dei membri della Commissione”, che alla insussistenza della dedotta “violazione del principio di trasparenza, di cui all’artt. 26 e 216, comma 12, del d.lgs. 50/16” e al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’appellante che si è limitato “a evidenziare che i membri interni nominati dalla Fondazione avrebbero «svolto - nelle loro rispettive qualità - funzioni amministrative con riferimento al contratto oggetto di gara»“.
10. Sono infondati anche gli ulteriori motivi di appello relativi alle modalità con le quali ha operato la commissione che, ad avviso dell’appellante, nel rivalutare le offerte tecniche in ottemperanza alla sentenza di questo Consiglio n. 4155 del 2021, avrebbe omesso di predisporre ogni necessario accorgimento per assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa e la custodia dei plichi di offerta, né varrebbe a superare la predetta censura il richiamo operato dal giudice di primo grado all’art. 11 del d.lgs. n. 50/2016 e alla circostanza che la Fondazione ha nominato una nuova commissione, risultando comunque violato l’art. 24 del disciplinare, ai sensi del quale l’apertura delle buste economiche dovrebbe avvenire una volta terminata l’operazione relativa al punteggio tecnico. Né, infine, sarebbe stata adottata alcuna precauzione per rendere anonime e segrete le offerte tecniche ed economiche da rivalutare e per azzerare il rischio di condizionamenti rinvenienti dall’operato della precedente commissione, anzi dai verbali delle sedute emergerebbe l’illegittima inversione procedimentale consistente nell’assegnazione del punteggio prima dell’espressione delle considerazioni in merito al contenuto delle singole offerte.
10.1. All’esito della sentenza di questa Sezione n. 4155 del 2021 è stata accertata l’illegittimità della nomina della commissione con conseguente rinnovazione della gara “mirante al potenziale effetto favorevole derivante dalla conseguente nuova valutazione dell’offerta (Cons. Stato, V, 2 marzo 2018, n. 1292)”.
Osserva il Collegio che nell’ottica dell’utilità della tutela giurisdizionale, al riscontro dell’illegittimità della costituzione della commissione, la soluzione giurisdizionale di annullare il solo segmento procedimentale viziato in luogo dell’invalidazione dell’intera gara, si dimostra essere maggiormente opportuna perché espressione della possibilità riconosciuta al giudice di limitare, anche solo parzialmente, gli effetti caducatori in coerenza con il principio di conservazione dell’effetto utile degli atti giuridici (Cons. Stato, II, n. 574 del 2021). Né può condividersi l’asserita impossibilità dedotta dall’appellante di rinnovare parzialmente una gara in presenza di offerte già conosciute senza che venga violato il principio di segretezza delle offerte economiche. Infatti, secondo la prevalente giurisprudenza di questo Consiglio dalla quale non si ravvisano valide ragioni per discostarsi, l’impossibilità di rinnovazione parziale dei giudizi anche a buste aperte non è prevista tassativamente dall’ordinamento e non costituisce un dogma assoluto, ma un valore che richiede pur sempre di essere posto in relazione e coordinato con gli altri beni tutelati aventi pari dignità ordinamentale sul piano giuridico, quali nella specie, da un lato, il principio di conservazione degli atti giuridici e di buona amministrazione e, dall’altro, il canone della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive (Cons. Stato, II, n. 6439 del 2018). Inoltre depongono in tal senso anche i criteri di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa che verrebbero frustrati da un rinnovo integrale delle operazioni di gara, comportante un aggravio procedimentale per la dilatazione dei tempi per addivenire all’aggiudicazione.
10.2. Nel caso concreto la par condicio tra i medesimi concorrenti, quale vero valore protetto dal principio di segretezza dell’offerta economica, non è stata scalfita da un nuovo apprezzamento delle offerte già conosciute, a maggior ragione perché quest’ultimo è stato compiuto da parte di una commissione giudicatrice, composta da membri differenti e nuovi rispetto a quelli in precedenza individuati, sebbene ai sensi dell’art. 77, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016 non vi fossero preclusioni neanche al riesame delle offerte da parte della medesima originaria commissione, afferendo il vizio accertato nella più volte citata sentenza n. 4155 del 2021 al soggetto che l’ha nominata e non alla sua composizione.
Peraltro, parte appellante lamenta genericamente presunti vulnus ai principi di segretezza delle offerte derivanti dalla conservazione e dalla custodia dei plichi che le contenevano, senza fornire alcun elemento concreto - quale ad esempio la sostituzione delle buste, la manomissione delle offerte ovvero altri fatti rilevanti ai fini della regolarità della gara - per dimostrare la lesione che ne sarebbe derivata sull’esito finale della procedura, a fronte peraltro, come evidenziato dalla Fondazione appellata, della precisa indicazione nei verbali delle sedute dell’indicazione delle modalità di conservazione dei plichi.
10.3. Né è fondata la censura anche laddove assume l’illegittimità del modus operandi della commissione per la parte in cui avrebbe valutato delle offerte non più valide perché scadute da tempo, incerte sotto il profilo della loro persistente validità e affidabilità, non risultando confermate dagli operatori, né assistite dalle relative garanzie provvisorie, dovendosi concordare su quanto affermato dal giudice di primo grado secondo cui “una volta scaduto il termine di validità opposto in ossequio alle disposizioni degli atti di gara (le offerte, ndr) non possono, in assenza di una univoca manifestazione di volontà in tal senso da parte degli interessati, considerarsi private di efficacia”(cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 13 novembre 2020 n. 6989)”. E del resto non risulta a verbale che nessuno dei concorrenti ammessi alla procedura abbia dichiarato né che la propria offerta non fosse più valida, né di non avere più interesse a che fosse valutata dalla commissione con attribuzione del relativo punteggio.
10.4. Va, infine, disattesa anche la censura con la quale il Consorzio appellante lamenta l’illegittimità dell’inversione procedimentale poiché dai verbali di gara emergerebbe che i commissari abbiano espresso le loro considerazioni in merito al contenuto delle offerte tecniche solo dopo aver assegnato il punteggio alle singole offerte, in asserita palese violazione del principio della collegialità che esigerebbe che il confronto tra i commissari avvenga prima dell’assegnazione dei punteggi.
Sul punto va condivisa la sentenza appellata laddove “non ritiene irragionevoli né in contrasto con il principio della collegialità le modalità di attribuzione del punteggio da parte della Commissione di gara, in quanto i commissari, dopo aver esaminato le singole offerte tecniche e attributo i relativi punteggi, hanno compendiato la valutazione con un dettagliato giudizio con cui sono state esplicitate le ragioni di assegnazione del punteggio”. Al riguardo merita anche di essere evidenziata l’assenza di precise indicazioni prescrittive orientate in un senso o nell’altro e idonee a far ritenere violato il principio della collegialità.
11. Occorre ora passare all’esame dei motivi relativi all’erroneità della sentenza di primo grado per la parte in cui ha respinto le censure articolate avverso l’omessa esclusione del RTI controinteressato e la conseguente aggiudicazione della procedura a quest’ultimo, nonostante i dedotti profili di illegittimità dell’offerta.
12. Con il primo motivo il Consorzio appellante lamenta che il RTI Panini - Artefatto avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura per aver scorporato, mediante assegnazione in via esclusiva a ciascun componente, due delle tre attività rientranti nella concessione - alla Franco Cosimo Panini Editore s.p.a. il servizio editoriale e alla mandante Artefatto s.a.s. la gestione del museumshop -, costituendo di fatto un raggruppamento di tipo verticale in palese violazione della lex specialis e, segnatamente dell’art. 2 del bando e dell’art. 5.1 del disciplinare, ai sensi dei quali “la Concessione ha ad oggetto la gestione del Museumshop presso il Museo Egizio, il servizio di Merchandising e il servizio editoriale a favore della Fondazione (congiuntamente i “Servizi”)”, nonché l’art. 48, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016.
12.1. Il motivo è infondato.
Come evidenziato dalla costante giurisprudenza di questo Consiglio, formatasi nella vigenza del d.lgs. n. 50/2016, applicabile ratione temporis, dall’art. 48 si desume che la distinzione tra raggruppamenti di tipo verticale ed orizzontale è ravvisabile nel fatto che, rispettivamente, si verta in presenza di una riunione di operatori nell’ambito della quale il mandatario realizza la prestazione di servizi principali ed i mandanti quelle secondarie, ovvero di una riunione di operatori finalizzata a realizzare il medesimo tipo di prestazioni (Cons. Stato, III, n. 2641 del 2019).
Tanto premesso, nel caso di specie, a differenza di quanto prospettato dal Consorzio appellante, la lex specialis non contiene una distinzione tra prestazioni principali e secondarie, né tale distinzione può desumersi dall’art. 2 del bando o dall’art. 5.1 del disciplinare che, specificando i servizi oggetto della concessione, mettono sullo stesso piano la gestione del museumshop presso il Museo Egizio, il servizio di merchandising e il servizio editoriale a favore della Fondazione. Né dalla lettura complessiva della lex di gara, peraltro non contestata dall’appellante se non nell’interpretazione datane dalla stazione appaltante, emerge alcun elemento dal quale desumere l’esistenza di una distinzione tra prestazioni prevalenti o principali e prestazioni scorporabili o secondarie, ai sensi dell’art. 48, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 (Cons. Stato, V, n. 2785 del 2020). A riprova di ciò l’art. 10.3 del disciplinare consente ai raggruppamenti che “i requisiti di capacità economica finanziaria, ad eccezione della referenza bancaria che deve essere presentata da ciascun componente, e tecnico -professionale devono essere posseduti dal concorrente plurisoggettivo nel suo complesso”, senza prescrivere alcuna percentuale minima ovvero senza operare alcuna distinzione in relazione ai tre servizi oggetto della concessione.
12.2. Ne discende, pertanto, che è condivisibile la conclusione cui è giunto il giudice di primo grado, secondo cui “un mero riparto interno delle attività rientra, al contrario, nelle scelte organizzative del RTI e, anche in coerenza con l’onere di specificazione delle parti del servizio demandate a ciascun componente, «non dà luogo a strutturazione in senso verticale del raggruppamento, non dovendo le parti dell’attività assegnate a ciascuno dei componenti del Rti essere perfettamente coincidenti e sovrapponibili fra loro (essendo previsto peraltro dall’art. 48, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 che i componenti d’un Rti orizzontale eseguono il medesimo “tipo” di prestazione), tanto meno nel quadro d’una conformazione assai articolata del servizio richiesto (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 20 novembre 2019, n. 7922)”.
13. Con il secondo motivo l’appellante deduce la violazione dell’art. 48, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016 perché il RTI controinteressato avrebbe dovuto assumere l’impegno a conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una delle imprese componenti solo in sede di offerta e non in sede di istanza di partecipazione, mentre il giudice non avrebbe rilevato che nel caso di specie l’offerta del controinteressato difetterebbe del suddetto impegno.
13.1. Anche tale motivo riproposto in appello non è fondato e va respinto.
Come condivisibilmente osservato dal giudice di primo grado “entrambi i membri del raggruppamento hanno espressamente dichiarato nella domanda di partecipazione che «il mandato speciale con rappresentanza o funzioni di capogruppo sarà conferito a: FRANCO COSIMO PANINI EDITORE SPA - C.F. …» e che si sarebbero impegnati, in caso di aggiudicazione, a «uniformarsi alla disciplina vigente con riguardo ai raggruppamenti temporanei o consorzi o GEIE ai sensi dell’art. 48 comma 8 del Codice conferendo mandato collettivo speciale con rappresentanza all’impresa qualificata come mandataria che stipulerà la concessione in nome e per conto della mandante”.
13.2. La conclusione cui è giunto il giudice di primo grado circa la ricorrenza del requisito in questione nella fattispecie in esame è condivisibile perché conforme alla ratio della disposizione normativa secondo cui il predetto impegno ha natura negoziale ed è elemento essenziale della volontà contrattuale dell’impresa mandante a conferire mandato e dell’impresa mandataria ad accettarlo al fine della stipula del contratto, in caso di eventuale aggiudicazione, nelle forme e nella composizione promessa nell’offerta e perché è funzionale alla garanzia di serietà e affidabilità dell’offerta nel suo complesso. Ne discende che ciò che rileva è la presenza dell’impegno e la sua assunzione da parte di tutti i soggetti componenti il costituendo RTI e non anche se lo stesso sia contenuto nella domanda di partecipazione o nell’offerta.
14. È infondata e va disattesa anche la censura con la quale parte appellante deduce la violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c) e f-bis), del d.lgs. n. 50/2016 e la carenza in capo al RTI Panini-Artefatto del requisito tecnico di cui all’art. 3 lett. b) del bando ed all’art. 9.5 lett. b) del disciplinare.
Secondo la prospettazione dell’appellante il giudice di primo grado non avrebbe rilevato che la dichiarazione resa in gara dalla società Artefatto s.a.s. relativamente al requisito dell’esperienza e del fatturato maturati nel quinquennio 2014/2019 sarebbe fuorviante per non aver tenuto conto del trasferimento nell’anno 2016 del ramo d’azienda avente ad oggetto il commercio all’ingrosso di articoli di merchandising museale alla Artefatto Distribution. Né, ad avviso dell’appellante, sarebbe centrata l’osservazione del giudice di primo grado secondo cui il bando sarebbe mancante dell’indicazione di una quota minima di fatturato specifico di merchandising essendo la censura volta ad evidenziare il mancato scorporo dal dato economico del valore del servizio trasferito nel 2016, così come la circostanza che a partire da tale data la Artefatto s.a.s. non avrebbe più svolto attività di produzione e commercio di merchandising museale.
14.1. Il giudice di primo grado ha disatteso il motivo perché: a) “la mandante non era affatto obbligata a dichiarare la cessione del ramo d’azienda che non ha minimamente influito sui requisiti di partecipazione”; b) “nessuna disposizione della lex specialis di gara prevede una quota minima di fatturato specifico inerente al merchandising, ovvero il possesso di un requisito minimo in capo alle mandanti di un eventuale raggruppamento temporaneo”; c) “dal DGUE, è emerso che, nel periodo preso in considerazione dalla legge di gara (30 marzo 2014 - 30 marzo 2019), la società Artefatto, ha fatturato 10.310.065 euro con la gestione di punti vendita presso enti culturali e museali e 1.086.808 euro con l’attività di merchandising ad essa connessa, sicché essa, a prescindere dalla cessione avvenuta nel 2016, ha certamente maturato il requisito di partecipazione”; d) “non corrisponde al vero che l’attività di commercio all’ingrosso di prodotti di merchandising è stata riservata in via esclusiva alla Artefatto Distribution” e “dall’esame della visura camerale della Artefatto s.a.s.” emerge che essa si occupa anche di merchandising.
14.2. Rileva il Collegio che, a fronte dei principi di legalità e di tassatività delle cause di esclusione dalle gare, l’oggetto degli obblighi dichiarativi, la cui inosservanza permette di escludere un concorrente, non può trovare il proprio fondamento che nella legge, le cui prescrizioni possono eventualmente essere attivate dal bando di gara. È pacifico che nel caso di specie non sussistesse alcun obbligo normativo per Artefatto s.a.s. di dichiarare le proprie vicende societarie, né tanto meno è configurabile una violazione dell’art. 80, comma 5, sia sotto il profilo della lettera c) che sotto quello della lettera f-bis), sia che si consideri l’omessa dichiarazione della scissione, sia che si consideri l’omesso scorporo dal dato economico del valore del servizio trasferito nel 2016.
14.3. L’art. 3 del bando, ripreso dall’art. 9.5 del disciplinare, prevede quanto ai requisiti speciali di capacità tecnico - professionale l’”elenco dei servizi prestati nel quinquennio decorrente dal 30 marzo 2014 al 30 marzo 2019 per un fatturato totale non inferiore a complessivi € 7.500.000,00IVA esclusa per: a) gestione di punti vendita presso enti culturali o museali, pubblici o privati; b) merchandising per oggettistica collegata a realtà culturali o museali, pubbliche o private; c) editoria di pubblicazioni a carattere culturale-divulgativo, comprese eventuali pubblicazioni per l’infanzia”. Stabilisce, inoltre, che “il requisito risulta soddisfatto solo qualora i concorrenti, singoli o raggruppati, riportino esperienze specifiche relative a tutte e tre le tipologie dei Servizi oggetto di Concessione, indipendentemente dal relativo valore economico, a condizione che il totale complessivo ammonti ad almeno € 7.500.000,00, IVA esclusa”.
Come già evidenziato in relazione al primo motivo di appello l’art. 10.3 del disciplinare consente ai raggruppamenti che “i requisiti di capacità economica finanziaria, ad eccezione della referenza bancaria che deve essere presentata da ciascun componente, e tecnico -professionale devono essere posseduti dal concorrente plurisoggettivo nel suo complesso”, senza prescrivere alcuna percentuale minima e senza distinzione alcuna con riguardo ai tre servizi oggetto della concessione.
Peraltro, come condivisibilmente evidenziato dal giudice di primo grado “dal DGUE, è emerso che, nel periodo preso in considerazione dalla legge di gara (30 marzo 2014 - 30 marzo 2019), la società Artefatto, ha fatturato 10.310.065 euro con la gestione di punti vendita presso enti culturali e museali e 1.086.808 euro con l’attività di merchandising ad essa connessa, sicché essa, a prescindere dalla cessione avvenuta nel 2016, ha certamente maturato il requisito di partecipazione”, posto anche che l’attività riferita ai fini del possesso del requisito tecnico ha ad oggetto vendita al dettaglio che pure dopo la scissione continua ad essere riconducibile all’attività di Artefatto.
14.4. Sebbene tutte le predette considerazioni valgono già a far ritenere infondata la censura, va condivisa anche l’affermazione del giudice di primo grado secondo il quale dai patti sociali emerge comunque che le due società, nonostante la scissione, non abbiano inteso riservare in via esclusiva ad Artefatto Distribution l’attività di commercio all’ingrosso di prodotti di merchandising, attività il cui esercizio, pertanto, non resta precluso alla Artefatto s.a.s..
15. Il Consorzio appellante deduce anche la violazione degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016, nonché dell’art. 21.1 del disciplinare per la mancata indicazione separata nell’offerta e nel PEF del RTI controinteressato degli oneri per la sicurezza sul lavoro per l’area opzionale.
Ad avviso dell’appellante il giudice di primo grado, pur avendone dato atto, avrebbe inspiegabilmente ritenuto assolto tale onere, affermando che “la società ha conglobato nei costi generali solo una minima parte degli oneri della sicurezza, relativi, tra l’altro, a un’area la cui concessione è meramente eventuale e ha comunque esplicitato quelli connessi alla formazione del personale”.
15.1. Oggetto di contestazione da parte del Consorzio appellante è la mancata indicazione nell’offerta e nel PEF degli oneri di sicurezza sul lavoro relativi alla sola area opzionale, cioè allo “spazio situato al piano terra, lato destro dell’atrio principale, (…) che il concessionario potrà proporre di utilizzare nella propria Offerta Tecnica”. L’art. 21 del disciplinare relativo al contenuto della busta D - piano economico finanziario al punto 3 specifica che “L’analisi economico-finanziaria relativa agli investimenti, costi e ricavi per l’eventuale proposta di utilizzo dell’Area Opzionale, così come individuata nel Capitolato, deve essere trattata separatamente, in quanto la concessione di tale spazio è eventuale”.
15.2. Premesso che “il piano economico finanziario relativo alla libreria archeologica prevede, nell’apposita tabella, un costo per la formazione del personale pari a 300 euro annui, con la precisazione che, solo per tale attività, la cui concessione è meramente eventuale, gli oneri della sicurezza sono stati conglobati nel costo generale aziendale”, il Collegio ritiene corretta la valutazione del giudice di primo grado sia in ordine alla ragionevolezza della decisione di conglobare gli oneri di sicurezza nel costo aziendale generale trattandosi di un’area di dimensioni contenute in cui è altamente probabile che operi lo stesso personale adibito al museumshop, sia in ordine alla non esclusione del concorrente, attesa la mera eventualità della concessione della detta area e l’esplicitazione dei costi connessi alla formazione del personale.
15.3. Per le esposte considerazioni il motivo deve essere disatteso.
16. Con un ulteriore motivo il Consorzio appellante contesta la legittimità dell’offerta tecnica del RTI controinteressato per violazione degli artt. 3.5 e 9 del capitolato speciale poiché avrebbe dichiarato, in palese violazione del divieto di concorrenza, di voler operare al di fuori del museo e dei canali di vendita rientranti nella concessione e, segnatamente, quanto al merchandising attraverso partners indicati su prodotti a doppio marchio “eventualmente distribuiti anche attraverso canali alternativi” e quanto al servizio editoriale attraverso la distribuzione delle “pubblicazioni ufficiali ...anche al di fuori del Museumshop” per il tramite di altre società leader nel settore e mediante “shop on line della casa editrice”, nonché per violazione dell’art. 7.4 del capitolato per l’assenza di un piano promozionale, per la mancanza dell’impegno sia a contribuire alla promozione per un importo non inferiore a € 15.000 per i primi 30 mesi che a garantire un investimento promozionale complessivo non inferiore a € 30.000,00.
Sono infondate e vanno disattese anche tutte le dette censure.
16.1. Ai sensi dell’art. 3.5 del capitolato “Il Concessionario non potrà svolgere direttamente o indirettamente attività in concorrenza con quelle effettuate in esecuzione della Concessione”.
Successivamente in sede di chiarimenti la Fondazione ha specificato che “il divieto di concorrenza riguarda le attività commerciali idonee, per prossimità all’ubicazione e/o oggetto, porsi in concorrenza con le attività oggetto di concessione”, facendo l’esempio dell’apertura di un punto vendita anche con la formula del temporary store nelle vicinanze del museo o nel centro della città ed evidenziando che le eventuali iniziative assunte dal concessionario dovranno essere comunicate al fine di ottenere la relativa autorizzazione.
16.2. Secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio i chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso della procedura di gara sono ammissibili purché non modifichino la disciplina dettata per lo svolgimento della gara, cristallizzata nella lex specialis. In particolare, i chiarimenti della stazione appaltante possono costituire interpretazione autentica con cui la stazione appaltante spiega la propria volontà provvedimentale, meglio delucidando le previsioni della lex specialis nelle ipotesi in cui non sia ravvisabile un conflitto tra le chiarificazioni fornite e il tenore delle clausole chiarite, in caso di contrasto dovendo, invece, darsi prevalenza alle clausole della lex specialis e al significato desumibile dal tenore delle stesse, per quello che oggettivamente prescrivono (Cons. St., V, n. 8176 del 2023; Cons. Stato, III, n. 9254 del 2023).
Ne discende che nel caso di specie il chiarimento reso dalla Fondazione nel corso della gara è configurabile come una delucidazione e una specificazione delle previsioni della lex di gara, considerato anche il tenore generale della clausola del capitolato.
Del resto, come già evidenziato dal giudice di primo grado, lo stesso appellante, avvalendosi del predetto chiarimento, nella propria offerta tecnica ha espressamente dichiarato che in “prospettiva, insieme alla visione identitaria, converrà piuttosto valutare realisticamente, in stretta sintonia con le risorse di indirizzo della Fondazione, scenari di collaborazione strategica con i grandi player del retail online, declinando uno store a tema fortemente connotato sotto il profilo della qualità e dell’esperienza di consumo, con il supporto di una macchina distributiva imbattibile» (pag. 17 offerta tecnica ricorrente)”.
16.3. Alla luce dei predetti principi appaiono, quindi, immuni dai vizi lamentati sia la decisione della stazione appaltante di non escludere il concorrente per difformità dell’offerta, sia la decisione del giudice di primo grado che ha ritenuto la proposta dell’aggiudicatario “conforme con quanto sancito dall’art. 3.5 del Capitolato Speciale”, non ravvisando neanche “la violazione del divieto di varianti alle modalità di esecuzione dei servizi previsto al punto 9.2. del capitolato (il quale prevede che il «Concessionario non può apportare alcuna variante alle modalità di esecuzione dei Servizi previste nel Capitolato o comunque individuate dalla Fondazione senza il preventivo consenso scritto della Fondazione»)”.
Né, infine, è fondata l’eccezione di motivazione postuma sia perché la Fondazione aveva fornito i chiarimenti in corso di procedura con la conseguente possibilità per tutti i concorrenti di avvalersene, sia perché il giudice di primo grado richiama solo ad colorandum le osservazioni contenute nella memoria defensionale della Fondazione del 26 gennaio 2024 con le quali viene ulteriormente delucidata la ratio della disposizione sul divieto di concorrenza di evitare l’attivazione di punti vendita in diretta concorrenza con quello situato all’interno del Museo, mettendone a rischio la redditività, senza introdurre alcun limite alle altre forme di commercializzazione - in particolare lo shop on line - dei prodotti di editoria o di merchandising sviluppati durante la concessione.
16.4. La predetta censura è, infine, infondata anche nella parte in cui lamenta la violazione dell’art. 7.4 del capitolato per l’assenza di un piano promozionale, per la mancanza dell’impegno sia a contribuire alla promozione per un importo non inferiore a € 15.000 per i primi 30 mesi che a garantire un investimento promozionale complessivo non inferiore a € 30.000,00.
Ai sensi del citato articolo “il Concessionario, entro 45 giorni dalla sottoscrizione della Concessione, presenta alla Fondazione un piano promozionale (il “Piano Promozionale”) contenente le linee tematiche, i contenuti e le iniziative per l’esecuzione del Servizio di Merchandising e del Servizio Editoriale elaborato sulla base dell’Offerta Tecnica. Il Concessionario si impegna in ogni caso a contribuire alla promozione delle attività stabilite nel Piano Promozionale per un importo non inferiore ad € 15.000,00 (quindicimila/00) per i primi 30 mesi”.
Come condivisibilmente evidenziato dal giudice di primo grado, l’offerta del RTI Panini - Artefatto è corredata da proposte da sviluppare nel Piano Promozionale da presentare successivamente alla sottoscrizione della concessione e, segnatamente, l’introduzione di promozioni fisse - sconti per l’iscrizione alla newsletter - e periodiche - offerte dedicate a prodotti specifici o in vista di ricorrenze stagionali - (pag. 15 dell’offerta tecnica), la proposta di una serie di collaborazioni con importanti brand piemontesi e italiani per la realizzazione di prodotti a doppio marchio, destinati al museumshop ed eventualmente distribuiti anche attraverso canali alternativi, al di fuori del Museo (pag. 21 offerta tecnica), lo studio di una nuova linea di packaging (basata su materiali ecosostenibili e con il minor utilizzo idi plastiche e imballi), per rendere più omogeneo ed elegante l’assortimento dei prodotti legati ai temi dell’Antico Egitto e dell’archeologia realizzati dalle maggiori aziende europee attive nel settore del merchandise museale (pag. 24 dell’offerta tecnica), la creazione di “corner temporanei” per la vendita lungo il percorso espositivo (pag. 33 dell’offerta tecnica).
17. Con il quinto motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza in relazione al rigetto del quarto motivo aggiunto con il quale era stata dedotta la violazione dell’art. 10.2 del capitolato speciale per non aver previsto nel modello organizzativo di gestione del museumshop la figura del referente del servizio merchandising, né avere individuato gli addetti alla vendita, poiché sebbene la Fondazione abbia ammesso di aver rilevato la mancata indicazione della qualifica richiesta avrebbe proceduto all’arbitraria assegnazione del ruolo mancante ad uno dei soggetti di cui ai curricula con illegittima attribuzione dal parte della commissione della valutazione “ottima” e del correlato punteggio. Analogo discorso varrebbe anche per la valutazione e per il punteggio attribuiti all’offerta dell’aggiudicatario nonostante la carenza dei requisiti minimi richiesti dagli artt. 1 e 7 del capitolato per la identificazione dei prodotti di merchandising delle collezioni “Casa” e “Design” che non risulterebbero pertinenti all’attività museale, né relativi alla città di Torino o alla Regione Piemonte.
17.1. Premette il Collegio che secondo la consolidata e costante giurisprudenza amministrativa la valutazione delle offerte e, del pari, l’attribuzione dei punteggi da parte della commissione giudicatrice è espressione dell’ampia discrezionalità riconosciuta a tale organo, così che le censure sul merito di tale valutazione sono sottratte al sindacato di legittimità, ad eccezione dell’ipotesi in cui se ne ravvisi la manifesta irragionevolezza, l’arbitrarietà, l’illogicità, l’irrazionalità o il travisamento dei fatti (Cons. Stato, V, n. 7942 del 2023).
Dinanzi a una valutazione tecnica complessa, pertanto, il giudice amministrativo può ripercorrere il ragionamento seguito dalla stazione appaltante per verificare in modo puntuale, anche in riferimento alle regole tecniche adottate, la ragionevolezza, la logicità, la coerenza dell’iter logico, senza però potervi sostituire un sistema valutativo differente da lui stesso individuato.
Ne discende che non sono ammissibili le censure che intendano far sindacare e rivedere valutazioni per loro natura opinabili, perché esse sollecitano il giudice ad esercitare un inammissibile sindacato di merito, sostitutivo di quello dell’amministrazione” (Cons. Stato, V, n. 1352 del 2023; Cons. Stato, V, n. 3466 del 2021).
Alla luce dei predetti principi risultano, pertanto, infondate le censure già disattese dal giudice di primo grado sulla base di una motivazione esente dai vizi lamentati dall’appellante.
17.2. In particolare, l’art. 10.2 del capitolato prevede che “il Concessionario dovrà garantire la presenza di personale in numero e con caratteristiche adeguati alle esigenze della Fondazione ed alla efficiente realizzazione dei Servizi. L’organico operativo dovrà in ogni caso prevedere le seguenti qualifiche: -Responsabile di Concessione; - referente della Gestione del Museumshop; - referente del Servizio Merchandising; - referente del Servizio Editoriale; - addetti alla vendita; - eventuali consulenti, es. vetrinista”.
A fronte della detta clausola il giudice di primo grado, senza sovrapporre il proprio giudizio a quello della commissione e senza utilizzare, se non ad ulteriore supporto del ragionamento seguito, ha riportato l’offerta tecnica dell’aggiudicatario che, premessa la necessità di una “struttura organizzativa dinamica e flessibile” quale “elemento decisivo per assicurare un efficace governo della Concessione” e presupposto fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi previsti”. Ha proposto un organigramma composto dalle seguenti figure:
a) il Responsabile di Concessione (RdC) con “il compito di definire le linee di indirizzo della Concessione, supervisionare i progetti, curare gli aspetti contrattuali in campo editoriale e commerciale e monitorare l’adempimento di quanto concordato con la Fondazione. Per orientare le strategie e migliorare costantemente l’operato dell’ATI, il RdC si pone in costante ascolto delle istanze espresse dal Museo e, grazie a incontri periodici, si impegna a recepirne le indicazioni. Tale ruolo è ricoperto da Maria Teresa Panini, di cui si allega il curriculum”;
b) il Responsabile del museumshop (RdM) con la “responsabilità di governance del servizio del punto vendita, per garantirne il rispetto dei tempi, i livelli qualitativi, la quotidianità e il pronto superamento delle criticità. Figura di grande esperienza, garantisce la piena reperibilità ed è responsabile per le comunicazioni, gli adempimenti, l’organizzazione e il coordinamento. Tale ruolo è ricoperto da Pi. Tr., di cui si allega il curriculum”;
(…) e) le Unità Operative (UO) composte da “due squadre, organizzate e flessibili, composte da personale con esperienza pluriennale nella conduzione dei servizi commerciali per i bookshop museali. Ogni squadra è guidata da due responsabili del servizio, con conoscenza di almeno due lingue straniere (inglese e francese, con alternanza anche di tedesco spagnolo e russo) e con consolidate competenze commerciali e informatiche. Alle due unità operative si aggiunge un’ulteriore squadra di operatori iolly, principalmente dedicati a mansioni di back office (amministrazione, segreteria, visual, magazzino, acquisti ecc.), che all’occorrenza possono sostituire gli addetti di front office assenti. Si allegano i curricula dei quattro responsabili del servizio”.
17.3. Alla luce dell’offerta tecnica il giudice ha, pertanto, ritenuto non irragionevole, né viziato da macroscopici errori il giudizio formulato sul modello organizzativo di gestione posto anche che l’art. 10.2 non sembra richiedere che ad ogni qualifica corrisponda una risorsa umana, ben potendo più qualifiche essere accorpate in capo ad un’unica persona, anche in considerazione dei compiti ad essa attribuiti proprio nell’o0fferta e, nel caso di specie al responsabile di concessione è stato demandato di “definire le linee di indirizzo dell’affidamento, supervisionare i progetti, curare gli aspetti contrattuali in campo editoriale e commerciale e monitorare l’adempimento di quanto concordato con la Fondazione”.
E del resto che questa sia un’interpretazione ragionevole e proporzionata della clausola in esame discende anche dalla considerazione che pure il Consorzio appellante non risulta avere indicato nella propria offerta tecnica alcuna risorsa con il ruolo o la qualifica di “referente del Servizio Editoriale”.
17.4. Né, infine, è fondata l’eccepita integrazione della motivazione da parte della stazione appaltante atteso che dai verbali della commissione sulla valutazione delle offerte tecniche emergono conclusioni coerenti con quelle esposte in giudizio, sebbene fornite con una motivazione di sintesi. 17.5. Con riguardo al dedotto deficit di coerenza di alcuni prodotti di merchandising proposti dal RTI Panini - Artefatto rispetto all’attività museale e all’immagine della città di Torino e della Regione Piemonte, con ciò ponendosi in contrasto con gli artt. 1 e 7 del capitolato, il Collegio non può che richiamare, in via preliminare, tutte le considerazioni sul tipo di sindacato esercitabile su tali valutazioni operate dalla commissione, nonché evidenziare che eventuali carenze dell’offerta tecnica si tradurrebbero al più in una diminuzione del punteggio assegnato e mai in un’esclusione del concorrente.
17.6. Tanto premesso, sono infondate sia le censure relative alla dedotta violazione degli artt. 1 e 7 del capitolato perché alcuni prodotti di merchandising, come la collezione casa e quella design, non avrebbero nulla a che vedere con l’attività museale, la città di Torino o la Regione Piemonte, sia le censure relative alla violazione dell’art. 18.1 lett. b) del disciplinare perché il RTI controinteressato avrebbe offerto solo quattro prodotti ecostenibili in luogo dei cinque richiesti.
Quanto alla prima delle dedotte violazioni l’art. 1 del capitolato definisce “Prodotti Ufficiali” gli oggetti di varia tipologia, creati per la Fondazione e rappresentanti beni e reperti della collezione del Museo o realizzati attraverso lo sfruttamento dei diritti di utilizzazione economica del Marchio e della Proprietà Industriale, “Prodotti Secondari” quelli pertinenti all’attività museale o aventi ad oggetto l’immagine di Torino e del Piemonte e “Servizio di Merchandising” l’ideazione, la progettazione, lo sviluppo, la produzione, la distribuzione, la vendita e la commercializzazione di entrambe le dette tipologie di prodotti.
Dall’offerta tecnica del RTI Panini - Artefatto si evince che lo stesso ha proposto una pluralità di collezioni - collezione casa, collezione design, linea Merit Skincare, riproduzioni in ceramica, riproduzioni in legno, collezione baby - Miu, collezione divinità - e, segnatamente, che quella della casa è ispirata ai raffinati motivi geometrici che decorano i reperti del museo, dai cofanetti policromi dl corredo di Kha e Merit al soffitto della cappella Maia e che quella design è ispirata a decorazioni a scacchi presenti sui cofanetti policromi del corredo di Kha e Merit.
Pertanto, siccome ai sensi dell’art. 18.1 lett. b) del disciplinare “verrà preferita l’offerta che meglio dettaglierà la tipologia, la qualità e l’assortimento dei Prodotti di Merchandising unitamente all’indicazione della varietà” e che “dal punto di vista grafico, sarà preferita l’offerta che meglio declinerà l’immagine dei Prodotti Ufficiali”, ne discende che la decisione della stazione appaltante appare legittima perché “il disposto dell’art. 1 del capitolato è stato ampiamente rispettato dall’aggiudicatario”, attesa la preminenza data ai prodotti ufficiali rispetto a quelli secondari aventi ad oggetto l’immagine di Torino e del Piemonte.
17.7. È, altresì, infondata la dedotta violazione dell’art. 18.1 lett. b) perché il RTI controinteressato non avrebbe indicato nella propria offerta tecnica almeno 5 prodotti ecosostenibili poiché ai quattro oggetti - taccuino, matita, astuccio e bag monotracolla - deve aggiungersi la mug in fibra di bambù appratente alla collezione “Baby Miu”.
18. Va, infine, disatteso anche l’ultimo motivo con il quale il Consorzio appellante deduce la violazione dell’art. 7.9 lett. r) del capitolato relativo alle percentuali di ripartizione dell’offerta editoriale risultando dirimente la circostanza che si tratta di disposizione relativa alle modalità di esecuzione della concessione.
Deve, peraltro, essere evidenziato, come fatto dal giudice di primo grado, che l’aggiudicatario ha comunque indicato le percentuali richieste dalla lex specialis precisando che “L’offerta editoriale si completa con un ampio e ragionato catalogo di pubblicazioni non ufficiali, italiane e straniere, per un totale del 50% dell’assortimento librario”.
19. Sono, infine, da disattendere anche le censure con le quali l’appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata per la parte in cui ha respinto i motivi aggiunti proposti avverso la proroga del contratto di concessione per ulteriori 45 mesi dalla scadenza originaria, fissata al 21 marzo 2023, fino alla data del 23 dicembre 2026, per violazione dell’art. 5.1 del capitolato, dei principi dell’autovincolo, di concorrenza, di trasparenza e parità di trattamento tra gli operatori economici, di evidenza pubblica, di buon andamento e di efficacia dell’azione amministrativa.
Ad avviso dell’appellante, la proroga per ulteriori 36 mesi non troverebbe titolo in alcun motivato provvedimento della stazione appaltante che anche ove esistente sarebbe violativo della lex specialis e dell’art. 106, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016 applicabile ratione temporis, nonché con l’art. 103 del d.l. n. 80(2020, convertito nella legge n. 27/2020 perché sarebbe stata disposta al termine del periodo emergenziale - 21 dicembre 2023 - senza che ricorresse il presupposto della scadenza della concessione nel periodo tra il 31 gennaio 2020 e il 29 giugno 2022.
19.1. Anche tale censura è infondata e va disattesa.
Il giudice di primo grado:
- ha dato atto che il 17 marzo 2023 la stazione appaltante ha comunicato all’aggiudicataria che a “causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e della conseguente grave ricaduta sull’attività museale, i servizi in oggetto non sono stati svolti ovvero sono stati svolti con forti limitazioni (solo piattaforma e-commerce) per un periodo di giorni 276 complessivi (180 giorni nel 2020 e 96 giorni nel 2021), in considerazione della chiusura della sede di riferimento della Fondazione e dei locali adibiti a museo” con la conseguente necessità, al fine di riequilibrare le prestazioni negoziali di posticipare la durata del contratto per un periodo temporale corrispondente a quello di mancata esecuzione delle prestazioni, fissando la nuova scadenza al 22 dicembre 2023;
- ha ritenuto che l’amministrazione procedente non avesse prorogato il rapporto, ma ne avesse ricalcolato lo spirare alla luce del periodo di tempo in cui il servizio non era stato prestato o era stato eseguito con forti limitazioni ai fini del riequilibrio della concessione;
- ha, quindi, escluso che fosse stata integrata la violazione degli artt. 106, comma 11, del d.lgs. n. 50/2016 e 103, comma 2, del d.l. 80/2020, non ricorrendo nel caso di specie alcuna proroga;
- ha, infine, evidenziato che la decisione dell’amministrazione non potesse “essere inficiata dal mancato rispetto delle forme previste dall’articolo 5.1. del capitolato per l’attivazione della “parte opzionale” del contratto in quanto i termini e le modalità indicate hanno lo scopo di assicurare che la volontà dell’amministrazione procedente sia espressa con un anticipo tale da consentire alla concessionaria un congruo lasso di tempo per organizzare la propria attività”, atteso che l’unico soggetto legittimato a dolersene, vale a dire il concessionario, ha espresso la volontà di proseguire il rapporto concessorio per ulteriori 36 mesi, come da scrittura privata del 21 dicembre 2023.
19.2. La predetta ricostruzione appare condivisibile atteso che dalla documentazione in atti emerge che la scadenza della c.d. parte certa del contratto di concessione, fissata al 21 marzo 2023, è stata differita in data 17 marzo 2023 - vale a dire prima della scadenza - al 22 dicembre 2023 al fine di riequilibrare la concessione in esito alla chiusura del museo ovvero alle limitazioni nell’accesso durante l’emergenza epidemiologica, mentre la proroga relativa alla cd. parte opzionale è stata attivata nel rispetto dell’art. 5.1 del disciplinare, sottoscrivendo il contratto il 21 dicembre 2023, vale a dire nella perdurante vigenza della concessione relativa alla cd parte certa.
20. Dalla reiezione delle censure relative alla mancata esclusione e all’aggiudicazione al RTI controinteressato, nonché di quelle concernenti la composizione e il modus operandi della commissione consegue la correttezza della decisione del giudice di primo grado di assorbire le censure articolate nei confronti della seconda classificata, non potendo evidentemente il Consorzio appellante trarre alcun vantaggio dal loro eventuale accoglimento (Cons. Stato, V, n. 2725 del 2020).
21. Per tutte le esposte ragioni il ricorso deve essere respinto.
22. Le spese di lite seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Consorzio appellante alla rifusione delle spese di lite in favore della Fondazione appellata, liquidandole in euro 4.000,00, oltre accessori, nonché in favore delle controinteressate, liquidandole in euro 2.000,00 per ciascuna di esse, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino, Presidente
Valerio Perotti, Consigliere
Stefano Fantini, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Marina Perrelli, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Marina Perrelli
IL PRESIDENTE
Diego Sabatino