• Marchi registrati

3 marzo 2025

Tribunale Milano (ord.), 03/03/2025 [Marchi registrati - Vendita di prodotti all’interno di punti vendita non autorizzati con rischio di danno per il prestigio e l’immagine di lusso del marchio di cui è titolare la parte attrice - Ricorso cautelare]

Marchi registrati - Domanda volta ad inibire l'attività di vendita di prodotti con il marchio di cui è titolare la parte attrice al di fuori della rete di distribuzione selettiva e con le modalità lesive avvenute, sul presupposto che ricorra un “motivo legittimo”, ai sensi dell’art. 5, comma 2, c.p.i., che esclude l’applicazione del principio di esaurimento del marchio dopo la prima immissione in commercio - Attività avversaria integrante anche la fattispecie di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 2 e n. 3, cod. civ. per appropriazione di pregi e agganciamento - Accoglimento - Vendita all’interno di punti vendita cd “generalisti”, insieme a tutti gli altri prodotti per la cura della casa - Modalità di vendita dei profumi a marchio attoreo lesive della funzione del marchio, in quanto comunicano un messaggio antipodico rispetto all’aura di prestigio e di lusso del marchio medesimo.

 

ORDINANZA

pubbl. 03/03/2025

(Giudice: dott.ssa Silvia Giani)

 

 

Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 37555/2024 promosso da:

Parte_1 Parte_2 in persona del legale rappresentante                         

rappresentate e difese dagli Avv.ti Gabriele Cuonzo, Luca Trevisan, Daniela Ampollini e Alice Fratti, ed elettivamente domiciliati presso il loro studio sito in Milano, alla Via Brera, n. 6

RICORRENTI

 

 

contro

CP_1 (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Maurizio Pozzi e Adriano Nevola ed elettivamente domiciliata presso lo Studio di questi a Milano, Via Giacomo Leopardi, 14

RESISTENTE

 

 

nonché contro

Controparte_2 (...), con sede legale in Milano (MI), alla Via Vittor Pisani n. 14, in persona legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Sergio Perugino e Alessandro Limatola ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Milano (MI), Via Privata Cesare Battisti n. 2

RESISTENTE

 

*****
 

1. Le domande e i fatti allegati dalle ricorrenti Pt_1

Le ricorrenti Parte_1 Parte_2 la prima titolare dei marchi “Pt_1 e, la seconda, distributrice dei prodotti a marchio Pt_1 hanno proposto ricorso cautelare nei confronti di Controparte_2 e CP_1 così concludendo:

- “disporre a carico delle resistenti l’inibitoria cautelare, anche ex art. 131 c.p.i. e art. 700 c.p.c., dell’ulteriore pubblicizzazione, commercializzazione, offerta in vendita dei prodotti recanti i marchi di Pt_1 di cui in narrativa e di ogni ulteriore uso di detti marchi in qualsiasi forma e modalità;

- disporre la pubblicazione dell’intestazione e del dispositivo dell’emananda ordinanza a spese delle resistenti ed a cura delle ricorrenti per due volte, a caratteri doppi del normale e con l’intestazione e i nomi delle parti in grassetto, sui quotidiani “Corriere della Sera” e “Il Sole24”, nonché per un mese sui siti web www.acquaesapone.it e www.lasaponeria.it, senza poter fare ricorso a link;

- fissare una somma pari a euro 1.000,00 dovuta dalle resistenti per ogni violazione e/o inosservanza dell’inibitoria e degli altri provvedimenti di cui all’emanando provvedimento e per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento stesso”.

Le ricorrenti hanno allegato, in sintesi, che le resistenti, specializzate nella vendita di prodotti “generalisti” per la cura della casa e per l’igiene della persona, commercializzano prodotti a marchio Pt_1 all’interno di punti vendita Pt_3 [...] utilizzando tali marchi, in violazione della rete di distribuzione selettiva di così arrecando un danno reputazionale alle ricorrenti e ai loro rivenditori, Pt_1 essendo i marchi Pt_1  venduti insieme a qualsiasi altro prodotto (quali, ad esempio, prodotti per la pulizia della casa, cibo per animali).

In particolare, hanno allegato che:

- le resistenti operano nell’ambito di note catene specializzate nella vendita di prodotti generalisti e, in particolare: CP_1 è una società consorziata del Controparte_3 [...] la quale gestisce oltre 500 punti vendita ad insegna “CP_2 (anche per effetto di recente fusione per incorporazione della società [...] Controparte_4 prima consorziata con il CP_3 CP_2; CP_2 e Sapone Pt_2 è la società consortile titolare dei marchi “CP_2, le cui quote sono detenute da CP_1 e da altri consorziati;

- i marchi Pt_1 sono celebri e godono di ampia rinomanza agli occhi del pubblico, come giudizialmente già accertato;

- per preservare l’immagine di lusso e di esclusività che contraddistingue i prodotti agli occhi del pubblico, Pt_1 ha adottato, come strategia commerciale, una rete di distribuzione selettiva presso boutique e rivenditori autorizzati, qualificati e selezionati sulla base di criteri qualitativi oggettivi, mediante contratti di distribuzione selettiva, volti a garantire professionalità e standard qualitativi elevati, per la natura dei beni commercializzati connotati da aura di prestigio;

- nei punti vendita della catena ad insegna “Parte_3 sono venduti profumi Pt_1 al di fuori della rete di distribuzione selettiva e in un contesto del tutto svilente per il prestigio dei marchi, essendo i prodotti di lusso venduti insieme a qualsiasi prodotto “generalista”, come, ad esempio, cibo per animali e detersivi per la pulizia della casa;

- le ricorrenti hanno inviato una prima diffida il 24.08.2023 a CP_1 (società consorziata del Gruppo), Contr (società fusa per incorporazione in CP_2 [...] e al Controparte_5 (doc. 19 delle ricorrenti);

-nonostante gli incontri intervenuti presso gli uffici di Pt_1 con il sig. Per_1 amministratore Delegato di CP_1 e Contr, nonché Vicepresidente del Consiglio di Amministrazione del Parte_4, l’attività illecita di vendita dei prodotti Pt_1 è continuata presso alcuni punti vendita CP_2 (v. doc. 22 ricorrenti);

-le ricorrenti hanno inviato una seconda diffida in data 2 luglio 2024, intimando l’immediata cessazione delle vendite e contestando l’illiceità della condotta ex art. 20 c.p.i. e art. 2598 c.c. (doc. 23), ma alla richiesta delle ricorrenti di stipulare un impegno di cessazione delle vendite non era dato riscontro (doc. 25 della ricorrente);

- le ricorrenti hanno verificato la prosecuzione delle vendite di profumi Pt_1 nel punto vendita ad insegna “CP_2 di Busto Garolfo, in provincia di Milano. I prodotti sono stati acquistati insieme a prodotti generalisti per la cura della casa e degli animali. Essi non si trovano esposti sugli scaffali, ma all’interno di un cassetto, dal quale sono prelevati dall’addetta alla vendita su richiesta del cliente;

presentano il packaging manomesso e in cattivo stato di conservazione e sono venduti da personale non competente (si vedano, sub doc. 26, scontrino del 14 settembre 2024; sub doc. 27, Relazione DCP del 14 ottobre 2024 e documenti allegati).

Ciò allegato, le ricorrenti hanno affermato la liceità del sistema di distribuzione selettiva di Pt_1 perché essenziale per imprese del settore del lusso per preservare la qualità e l’aura del lusso dei prodotti e garantirne l’uso corretto e perché soddisfa gli specifici criteri oggettivi qualitativi dei rivenditori, valutati in modo non discriminatorio (qualificazione professionale del rivenditore, del suo personale e dei suoi impianti). Hanno riferito di effettuare annualmente investimenti nella formazione dei rivenditori autorizzati, nonché specifici controlli sulla rete selettiva al fine di verificare la persistenza dei criteri qualitativi e salvaguardare l’immagine di lusso del marchio Pt_1

Affermata la conformità alla normativa antitrust dei contratti di distribuzione selettiva di Pt_1 e la natura di beni di lusso dei prodotti a marchio “Pt_1, le ricorrenti hanno allegato che le modalità di commercializzazione dei prodotti Pt_1 determinano un grave pregiudizio all’immagine di lusso e di prestigio di Pt_1 (v. doc. 29 e doc. 30).

Hanno, quindi, chiesto che venga inibita l’attività di vendita dei prodotti a marchio Pt_1 al di fuori della rete di distribuzione selettiva e con le modalità lesive avvenute, sul presupposto che ricorra un “motivo legittimo”, ai sensi dell’art. 5, comma 2, c.p.i., che esclude l’applicazione del principio di esaurimento del marchio dopo la prima immissione in commercio.

Secondo le ricorrenti, inoltre, l’attività avversaria integrerebbe anche la fattispecie di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 2 e n 3 c.c. per appropriazione di pregi e agganciamento, attraverso la vendita di prodotti a marchio Pt_1 senza che siano sostenuti i costi necessari per l’accreditamento sul mercato.

Con specifico riguardo al periculum in mora, le ricorrenti hanno allegato che le vendite dei prodotti a marchio Pt_1 sono in corso e che il danno subito dal titolare del marchio si configura anche come danno all’immagine, che incide direttamente sulla reputazione del brand e che risulta di difficile quantificazione e ristoro ex post.

2. Si è costituita la resistente CP_1 eccependo l’incompetenza territoriale, la carenza di legittimazione attiva di Parte_2 in quanto mero distributore e non titolare del marchio e contestando la sussistenza dei presupposti dell’azione cautelare. In particolare, con riguardo al fumus boni iuris, ha eccepito l’inopponibilità ai terzi del contratto di distribuzione selettiva di Pt_1 stipulato con i rivenditori autorizzati, ha escluso la sussistenza di “motivi legittimi” idonei a derogare al principio di esaurimento del marchio, escludendo che la lacerazione del cellophane, a suo dire necessaria per l’inserimento dell’antitaccheggio, possa ritenersi tale.

Ha dedotto, in particolare, che alcuni punti vendita autorizzati da Pt_1 non adottano standard conformi a quelli della distribuzione selettiva, menzionando, tra questi, in particolare, oltre a rivenditori autorizzati non nazionali (ad esempio Müller Drogéria - Parfüméria, situato a Budapest), il rivenditore CP_6 giacché, secondo la ricostruzione difensiva, i prodotti a marchio Pt_1 sono venduti all’interno di supermercati CP_7 (cd “mass market”) dove è possibile acquistare prodotti generalisti.

Ha inoltre contestato la sussistenza del requisito del periculum in mora, affermando che l’attività di vendita dei prodotti a marchio Pt_1 è cessata e rilevando che, in ogni caso, i prodotti reperiti sul mercato dalle ricorrenti e dall’agente provocatore non erano esposti sugli scaffali, ma erano custoditi all’interno di cassetti. Ha, quindi, così concluso: “In via preliminare: dichiararsi incompetente, previa separazione del presente giudizio per ciò che riguarda le domande contro CP_1 essendo invece competente il Tribunale de L’Aquila, Sezione specializzata in materia d’impresa; Nel merito: respingere le domande tutte proposte da Parte_1 e Parte_2 ivi compresa la richiesta di pubblicazione della sentenza e ogni richiesta istruttoria, siccome infondate e/o inammissibili e/o improcedibili”.

3. Si è costituita la resistente Controparte_2 eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, non essendo titolare e/o non gestendo punti vendita e, inoltre, non svolgendo attività di approvvigionamento di prodotti.

Ha contestato la sussistenza del periculum in mora per il decorso di un apprezzabile periodo di tempo dalla prima diffida delle ricorrenti, risalente al 24.08.2023.

Ha così concluso: “in via preliminare: anche previa, se del caso, separazione dei giudizi, accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva della società Controparte_2 [...] per i motivi meglio esposti ai punti 1 e ss. del presente atto; nel merito: rigettare il ricorso perché privo dei requisiti afferenti il fumus boni iuris e il periculum in mora e comunque, infondato in fatto ed in diritto”.

4. All’udienza del 3.12.2024, su richiesta delle parti, il Giudice ha assegnato alle ricorrenti termine al 24.12.2024 per deposito di memorie di replica, nonché per formulare una proposta di composizione bonaria e alle resistenti termine al 16.01.2025 per sintetiche note, nonché per riscontro della relativa proposta di composizione bonaria. Ha quindi fissato l’udienza per verifica dell’esito del tentativo di composizione bonaria del 28.01.2025.

Previo esperimento infruttuoso del tentativo di conciliazione, il giudice si è riservato di provvedere.

 

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Valutazione del Tribunale

5. La competenza. Sussiste la competenza territoriale del Tribunale di Milano, Sezione Specializzata dell’Impresa, in base al criterio di collegamento del forum rei, ex art. 19 c.p.c., avendo la resistente Controparte_2 la sede legale a Milano, nonché in base al criterio del forum commissi delicti, ex art. 120, comma 6, c.p.i. poiché, stando a quanto allegato ed altresì documentato, i fatti illeciti -integrati dalla contraffazione di prodotti a marchio Pt_1 mediante la loro commercializzazione negli esercizi commerciali “CP_2 - sono avvenuti nel distretto di competenza di questo Tribunale (V. scontrini in atti, datati 14/9/24 e 23/9/24).

Quanto alla resistente CP_1, sussiste la competenza di questo Tribunale non solo per connessione oggettiva ex art. 33 c.p.c. e conseguente cumulo soggettivo, ma anche alla stregua del criterio del forum commissi delicti, considerato che i beni, di cui è allegata la contraffazione, sono stati commercializzati da CP_1 nel distretto di Milano e precisamente:

- in Busto Garolfo, in relazione alla vendita avvenuta il 14 settembre 2024 e ad altre successive vendite (v., sub doc. 26 ricorrente, scontrino recante il logo Parte_3 con il nominativo della società          CP_1 , nonché, sub doc. 27, gli scontrini datati 23 settembre 2024 riprodotti nella relazione datata 14 ottobre 2024);

-in Pt_5, via Sabotino 120 (si veda scontrino di acquisto sub doc. 22 relativo a vendita datata 28 maggio 2024);

-in Parte_6 (CO) (si veda scontrino datato 29/5/2024, sub doc. 22, recante, oltre al logo di Parte_3 anche, per quanto rileva ai fini dell’eccezione sollevata, il nominativo della società resistente CP_1).

Tali documenti sono stati tutti prodotti con il ricorso nel quale è stata affermata la competenza del Tribunale di Milano, Sezione Specializzata dell’Impresa.

Alla luce della prospettazione della ricorrente (nel caso di specie confortata, come detto, dalla documentazione prodotta), sussiste dunque la competenza del Tribunale di Milano Sezione Specializzata dell’Impresa.

Giova ricordare che, per giurisprudenza consolidata, le questioni relative alla competenza devono essere risolte soltanto alla stregua della prospettazione di parte attrice, con il solo limite rappresentato dalle allegazioni strumentali allo spostamento della competenza (inter alia, Cass. 2331/2023, Cass. 21762/2020); limite non sussistente nel caso in esame, alla luce dell’allegazione e anche della documentazione prodotta unitamente al ricorso, concernente le plurime vendite di prodotti in contestazione in esercizi siti nel distretto di Milano, gestiti da CP_1 con il marchio Parte_3

6. La carenza di legittimazione attiva del distributore. L’eccezione di carenza di legittimazione attiva sollevata da CP_1 nei confronti di Parte_2, quale distributore esclusivo per l’Italia dei prodotti con il marchio in contestazione, sebbene prima facie sia fondata in relazione alla domanda di inibitoria basata sull’allegazione della contraffazione di marchi, giacché essa spetta al titolare dei diritti e al licenziatario, salvo diverse disposizioni contrattuali, in conformità al disposto di cui all’art. 122 bis c.p.i. (inter alia, Cass. 27313/2024, Cass. 29574/2020), non è fondata in relazione alla connessa domanda di concorrenza sleale ex art. 2598 n 2 e n 3 c.c.

Giova in ogni caso sottolineare che, nel caso di specie, l’eccezione non è dirimente neppure in relazione alla domanda inibitoria volta alla tutela del marchio, considerato che l’azione cautelare è stata promossa dalla titolare dei marchi, congiuntamente con la distributrice, facente parte del gruppo Pt_1

7. La legittimazione passiva di Parte_3 La resistente Parte_3 ha eccepito la propria carenza di legittimazione passiva affermando di non gestire, di non essere titolare dei punti vendita ad insegna “Parte_7 e di non svolgere attività di compravendita dei prodotti a marchio Pt_1 venduti nei detti esercizi commerciali.

Rammentato che la legittimazione riguarda l’allegazione e non attiene al merito, l’eccezione di carenza della detta condizione dell’azione non è fondata, avendo la ricorrente proposta un’azione inibitoria nei confronti della resistente quale titolare dei marchi “Parte_7.

8. Individuazione del thema decidendum. Le questioni nodali. Le ricorrenti hanno chiesto che venga inibita l’attività di vendita dei prodotti a marchio Pt_1 al di fuori della rete di distribuzione selettiva e con le modalità lesive descritte, a tutela della reputazione del marchio, sul presupposto che essa integri un “motivo legittimo” ai sensi dell’art. 5, comma 2, c.p.i., che esclude l’applicazione del principio di esaurimento del marchio dopo la prima immissione in commercio.

Le resistenti hanno eccepito, da un lato, l’inopponibilità ai terzi del sistema di distribuzione selettiva, dall’altro l’inesistenza, nel caso di specie, del “giusto motivo” di deroga al principio dell’esaurimento di cui all’art. 5 secondo comma CPI.

Ritiene il giudicante che, una volta che si accerti la liceità del sistema di distribuzione selettiva, debba essere posta l’attenzione alla natura dei soggetti nei cui confronti la tutela è chiesta, giacchè, trattandosi di rivenditori non autorizzati, sono estranei al sistema di distribuzione selettiva e ad essi le condizioni stipulate con i rivenditori autorizzati sono inopponibili. Operando il principio di esaurimento, la questione nodale da accertare, allora, è se ricorrano i “giusti motivi” che, in deroga al detto principio, consentono al titolare dei diritti di esclusiva di agire anche nei confronti di terzi estranei al sistema di distribuzione selettiva dopo la prima immissione in commercio da parte di rivenditori autorizzati dei prodotti protetti dal diritto di proprietà industriale.

9. Il sistema di distribuzione selettiva. Al fine di fare chiarezza tra le numerose questioni sottoposte al vaglio del giudicante e di selezionare quelle rilevanti per la decisione, va rilevato che i sistemi di distribuzione selettiva sono ritenuti leciti quando sussistano determinate condizioni.

La distribuzione selettiva è definita dall’art. 1, lett. g), del Regolamento (UE) n. 720/2022, relativo all’applicazione dell’articolo 101 (3) del TFUE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (Regolamento VBER in vigore dal 1 giugno 2022, in sostituzione del Regolamento 330/2010, nel quale la definizione era identica), come quel sistema nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema.

La distribuzione selettiva è ricompresa tra gli accordi che producono vantaggi in termini di efficienza tali da compensare i possibili effetti anticoncorrenziali nel mercato interno.

Si ricorre alla distribuzione selettiva per beni di elevato livello tecnologico per i quali l’acquirente necessiti di specifica e qualificata assistenza o, come nel caso di specie, per prodotti finali di marca e beni di lusso, al fine di tutelare gli investimenti effettuati dal titolare in termini di prestigio del marchio (CGEU 23 aprile 2009, Per_2 C-59/08; CGUE, 6 dicembre 2017, C-230/16, Coty c. Parfümerie Akzente GmbH).

Per i prodotti di lusso, quali quelli commercializzati a marchio Pt_1 il sistema di distribuzione selettiva ha lo scopo, da un lato, di tutelare l’esclusività che contraddistingue questa tipologia di prodotti, dall’altro, di preservarne la qualità e di garantirne l’uso corretto, con personale qualificato e con modalità adeguate al prestigio e all’aura di lusso del marchio.

Come affermato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, infatti, “la qualità dei prodotti di prestigio ... non risulta solo dalle loro caratteristiche materiali, ma anche dallo stile e dall’immagine di prestigio che conferisce loro un’aura di lusso”, essendo essa “un elemento essenziale affinché i consumatori li distinguano da altri prodotti simili” (CGUE, 23 aprile 2009, C-59/08, (Copad), 24-29, CGUE, 6 dicembre 2017, C230/16 (Coty), 24-28).

Per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, gli accordi di distribuzione selettiva puramente qualitativa - che selezionano i rivenditori sulla base di criteri qualitativi - non provocano effetti anticoncorrenziali di rilievo e, quindi, non rientrano nel divieto di intese ex art. 101 primo paragrafo, purché si verifichino tre condizioni:

-la natura e le caratteristiche del prodotto richiedono tale sistema per conservarne la qualità e consentirne l’utilizzo corretto (quali, i beni di lusso);

- la scelta dei rivenditori avviene secondo criteri oggettivi, di natura qualitativa, applicati in modo non discriminatorio;

-i criteri definiti non vanno oltre il limite del necessario (si vedano, ex plurimis, CGUE 11/12/ 1980, L’Oréal, C-31/80; CGUE 22.10.1986, Controparte_8 [...] C- 75/84; Controparte_9 13/10/2011, C-439/09; CGUE 6/12/ 2017, Coty, caso C-230/16, cit.)

Venendo al caso di specie, come già deciso da questo Tribunale, i criteri di selezione dei rivenditori appaiono oggettivi, non discriminatori e proporzionati (si vedano Trib. Milano, 23 ottobre 2018, Pt_1 c. Persona_3 Trib. Milano, 12 gennaio 2016, Pt_1 c. DVDCOM).

I criteri oggettivi d’indole qualitativa stabiliti nei contratti Pt_1 per i rivenditori risultano coerenti con quelli individuati dalla giurisprudenza eurocomunitaria, in considerazione della natura oggettiva, qualitativa e non discriminatoria dei suddetti criteri e della loro congruità e proporzionalità rispetto agli obiettivi di tutela dell’immagine commerciale e dell’aura di lusso del marchio.

10. L’inopponibilità ai terzi del sistema di distribuzione selettiva. Ritenuta la liceità del sistema di distribuzione selettiva, non vi è dubbio che le clausole stipulate con i distributori autorizzati sono inopponibili ai terzi non facenti parte del sistema di distribuzione selettiva.

Le condizioni di vendita stipulate dal titolare del diritto con i rivenditori, in quanto clausole aventi efficacia inter partes non sono infatti opponibili a terzi ai sensi dell’art. 1372, secondo comma c.c.

Pertanto, per vagliare la fondatezza della domanda di inibitoria e per concedere la tutela invocata, non è sufficiente accertare l’esistenza e la liceità del sistema di distribuzione selettiva quando la tutela è chiesta, come nel caso di specie, nei confronti di soggetti terzi al sistema medesimo.

11. Il principio dell’esaurimento e i motivi legittimi. Per tale ragione deve, quindi, verificarsi se le facoltà esclusive del titolare del diritto di proprietà industriale -che chiede l’inibitoria dalla pubblicizzazione, promozione, commercializzazione dei beni a marchio Pt_1 nei confronti di terzi rivenditori non autorizzati dal sistema di distribuzione selettiva- si siano esaurite con il primo atto di immissione in commercio e, in tale ipotesi, se operi il motivo legittimo che deroga al principio dell’esaurimento.

Come noto, l’art. 5, comma 1, c.p.i. prevede che il titolare di un diritto di proprietà intellettuale non possa opporsi alla circolazione di un prodotto cui inerisce questo diritto, che sia stato immesso sul mercato dal titolare stesso o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno degli Stati membri dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo (cfr. Regolamento 2017/1001 art. 15).

Tuttavia, l’art. 5, comma 2, c.p.i. contempla una deroga al principio di esaurimento del marchio conseguente alla prima immissione in commercio dei prodotti nello Spazio Economico Europeo a fronte dell’esistenza di “motivi legittimi”, che giustificano, per l’appunto, il titolare dei diritti di proprietà industriale ad opporsi all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, esemplificando che ciò possa avvenire, “in particolare, quando lo stato di questi è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio”.

Pertanto, tenuto conto del principio della libera circolazione delle merci, il titolare del marchio non può neppure impedire le importazioni parallele, nonché la circolazione nello Stato di prodotti messi in commercio con il suo consenso in altro Stato Membro, salvo che sussistano “motivi legittimi” perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti.

La norma sull’esaurimento rappresenta un contemperamento di opposti interessi, di cui sono portatori, da un lato, i titolari dei diritti di proprietà industriale e, dall’altro, la collettività, i primi a ottenere un’esclusiva restringendo la libertà di concorrenza, la seconda a non subire limitazioni alla libera iniziativa economica e alla concorrenza.

I motivi legittimi che consentono l’esercizio delle facoltà esclusive al titolare del marchio vanno individuati con riguardo al grave pregiudizio alle funzioni del marchio.

Si ritiene comunemente, in dottrina e in giurisprudenza, sia nazionale che comunitaria, che l’individuazione del “legittimo motivo” della modificazione o alterazione dei ben, dopo l’immissione in commercio, esemplifichi situazioni di gravità del pregiudizio arrecato al titolare del diritto, senza esaurirle, come peraltro emerge testualmente dall’ espressione “in particolare” di cui all’art. 5 secondo comma CPI.

Ai motivi legittimi espressamente previsti, ravvisati nella casistica giurisprudenziale in situazioni di riconfezionamento di prodotti farmaceutici, si sono affiancati quelli integrati dal pregiudizio alla funzione del marchio o, per meglio dire, alla polisemica funzione del marchio, che non è solo di indicazione di origine, ma anche di lesione della sua rinomanza e del suo prestigio (Cfr. CGUE, 25 maggio 1978, C-102/77, [...] Controparte_10 [...]; CGUE, 3 dicembre 1981, C-1/81, CP_11 Controparte_12).

Un uso che rechi un serio pregiudizio alla notorietà del marchio può costituire un motivo legittimo di opposizione all’ ulteriore circolazione dei prodotti immessi sul mercato dal titolare o con il suo consenso (si vedano, in particolare, CGE 8 luglio 2010, caso Per_4; CGUE 23 aprile 2009, caso Copad ove la Corte di Giustizia ha rilevato che il pregiudizio arrecato alla notorietà del marchio può costituire un motivo legittimo di opposizione all’ ulteriore circolazione dei prodotti messi in circolazione dal titolare o con il suo consenso).

Ciò rilevato, va quindi verificato in concreto se, nel caso di specie, in cui il bene è commercializzato da terzi estranei alla rete di distribuzione selettiva, le modalità di rivendita poste in essere da tali soggetti, ai quali non sono opponibili le condizioni stipulate con i rivenditori autorizzati, siano tali da arrecare pregiudizio all’immagine di lusso e prestigio del marchio.

12. L’accertamento in concreto del pregiudizio della funzione del marchio. Accertata la liceità del sistema di distribuzione selettiva e la conformità alla normativa antitrust, rilevato che i prodotti sono beni che godono dell’aura di lusso e prestigio del marchio, è accertato, in tale sede di cognizione sommaria, alla luce delle prove documentali acquisite, che le modalità con le quali i profumi a marchio Pt_1 sono stati commercializzati pregiudicano il prestigio e l’aura di cui il marchio gode e quindi la funzione del medesimo.

È documento ed è altresì pacifico che i profumi a marchio Pt_1 sono venduti in esercizi commerciali (sopraindicati) a marchio Parte_3

È altresì documentato, per mezzo delle fotografie riproducenti gli interni degli esercizi commerciali, dei volantini promozionali e della carta intestata proveniente dalla resistente CP_1 che gli esercizi commerciali a marchio Parte_3 gestiti da CP_1, commercializzano, tutti insieme, prodotti vari, tra i quali quelli per la pulizia della casa, l’igiene della persona, cibi per animali; prodotti questi non dotati, per loro natura, di alcuna prerogativa di prestigio e aura di lusso.

A tale fine si vedano, in particolare:

- sub doc. 30, la carta intestata di CP_1, con la scritta “prodotti per la pulizia della casa, l’igiene della persona, detersivi, profumi”, recante il logo nel quale è inserita l’espressione “oltre la convenienza”;

-sub doc. 29, 31, i volantini promozionali dei negozi che riportano prodotti per la cura della casa e per l’igiene della persona, con slogan che si riferiscono alla convenienza;

- sub doc 32, le foto che riproducono gli interni degli esercizi commerciali a marchio Parte_7

- sub doc 34, le immagini dell’esterno dei punti vendita che recano l’insegna [...] Pt_7 con lo slogan “oltre la convenienza”, riportato anche, quale logo, nella carta intestata.          

La commercializzazione dei profumi a marchio Pt_1 (sia pure in assenza di esposizione al pubblico in vetrina o su scaffali, ma tenendoli tutti nascosti, e con modalità peraltro anomale), insieme a tanti altri prodotti di categoria merceologica diversa e non connotati da alcuna aurea di lusso -id est: prodotti per la pulizia della casa, l’igiene della persona e cibi per animali- è idonea a recare un grave pregiudizio all’immagine e all’aura di lusso e di prestigio del marchio.

Del tutto non pertinente è il confronto da parte dei resistenti con le vendite di profumi a marchio Pt_1 presso la profumeria CP_6 perché, sebbene essa si trovi all’interno di un supermercato (recte, di un negozio gestito all’interno di un supermercato), i beni sono venduti e pagati autonomamente presso un negozio di profumeria, con commercializzazione separata dagli altri prodotti e con modalità tali che sono senz’altro diverse da quelle accertate nel caso di specie.

Con riguardo al caso di specie, si richiamano nuovamente, visto il loro rilievo, le immagini degli interni di alcuni negozi CP_2, dai quali emerge che la tipologia merceologica prevalente nell’attività di promozione e vendita è quella di prodotti per la cura della casa e igiene della persona; i volantini promozionali dei negozi, che riportano prodotti per la cura della casa e per l’igiene personale; gli slogan “CP_2 [...] Oltre la convenienza”, ravvisabile anche sull’intestazione della lettera proveniente da CP_1 e sui volantini pubblicitari; elementi tutti che evocano l’immagine opposta al messaggio di esclusività e lusso che il marchio Pt_1 simboleggia agli occhi del pubblico.

La vendita all’interno di punti vendita cd “generalisti”, insieme a tutti gli altri prodotti per la cura della casa, integra il grave pregiudizio all’immagine e all’aura di prestigio del marchio.

Il fatto che i profumi non siano esposti, ma siano tenuti nascosti, non esclude che vengano commercializzati con modalità che pregiudicano il marchio e, a ben vedere, costituisce anch’esso un elemento che, per le modalità anomale della commercializzazione, contribuisce al pregiudizio alle funzioni di pubblicità e di investimento del marchio, non essendo certamente consone ed appropriate all’immagine prestigiosa dei marchi in oggetto, e ciò anche nell’eventualità -che non è stato possibile accertare nel presente procedimento cautelare sulla sola base delle riproduzioni delle foto- che il confezionamento dei prodotti non fosse di per sé lesivo della sua immagine, come assume la ricorrente.

In conclusione, non può essere seriamente revocato in dubbio che le modalità di vendita dei profumi a marchio Pt_1 nel caso di specie, siano lesive della funzione del marchio, in quanto comunicano un messaggio antipodico rispetto all’aura di prestigio e di lusso del marchio medesimo.

Alla luce delle accertate modalità di vendita dei beni a marchio Pt_1 le resistenti vanno inibite dalla commercializzazione, offerta in vendita, pubblicizzazione dei prodotti a marchio Pt_1 con le modalità descritte nel ricorso e di cui in motivazione.

L’inibitoria va emessa non solo nei confronti di CP_1 che, a quanto risulta, gestisce i punti vendita ove sono commercializzati i beni a marchio Pt_1 ma anche nei confronti di Parte_3 considerato che la contraffazione dei marchi Pt_1 è compiuta per mezzo dei marchi (e dei servizi) Parte_3

13. Periculum in mora. La commercializzazione dei prodotti a marchio Parte_3 negli esercizi commerciali di CP_1 era in atto alla data della proposizione del ricorso, come documentato (e non contestato) dagli scontrini di vendita relativi ai mesi di settembre e ottobre 2024.

Secondo la prospettazione difensiva della resistente CP_1 le modalità di vendita rappresentate dalla mancata esposizione sugli scaffali dei profumi a marchio Pt_1 (che sarebbero non visibili al cliente), determinerebbe l’assenza, oltre che, per quanto già visto, del fumus boni iuris, anche del periculum in mora.

L’argomento è privo di pregio.

Si è già visto che tale modalità di vendita non escluda il pregiudizio alla funzione dei marchi, tenuto conto unitariamente di tutti gli elementi emersi e sopra descritti. A fortiori, essa non è idonea ad escludere il periculum in mora, essendo la commercializzazione dei beni, per i quali è invocata la tutela, in atto alla data di proposizione del ricorso cautelare.

Stando alle difese della resistente Parte_3 il periculum in mora, invece, non sussisterebbe in quanto sarebbe decorso un apprezzabile periodo di tempo dalla prima diffida della ricorrente Pt_1 risalente al 24.08.2023.

Ritiene il giudice che, a prescindere dalla valutazione dell’entità dell’”apprezzabile” periodo di tempo idoneo ad escludere il periculum in mora, nel caso in esame, e in fatto, dalla documentazione acquisita emerge che i profumi a marchio Pt_1 sono stati commercializzati nei punti vendita Parte_3 persino nell’imminenza della proposizione del ricorso.

Infatti, nonostante la prima diffida delle ricorrenti risalga al 24 agosto 2023, la commercializzazione dei profumi a marchio Pt_1 negli esercizi Parte_3 è proseguita con le modalità lesive sora evidenziate. L’impegno verbale (e non confermato con assunzione di garanzia) a non proseguire la commercializzazione dei profumi a marchio Pt_1 da parte della resistente CP_1 non è stato rispettato, essendo accertato che la commercializzazione non è cessata, ma è proseguita anche nei mesi di settembre e ottobre 2024 (si vedano scontrini di acquisto sub doc. 26 e doc. 27).

15. Il comando cautelare. Le resistenti sono inibite dalla commercializzazione, offerta in vendita, pubblicizzazione dei prodotti recanti i marchi di Pt_1 con le modalità descritte in motivazione.

L’inibitoria è assistita dalla astreinte pari a euro 1.000,00 per ogni prodotto commercializzato/pubblicizzato in violazione dell’inibitoria constatata successivamente alla comunicazione dell’ordinanza.

In accoglimento della relativa richiesta, è altresì concessa la pubblicazione del solo dispositivo, rimedio con finalità anche preventiva, oltre che risarcimento in forma specifica, da effettuare, a cura e spese della resistente, secondo le modalità indicate in dispositivo.

16. L’accoglimento della domanda cautelare richiesta dalla titolare dei marchi assorbe ogni altra domanda basata su titoli diversi.

17. Spese. Trattandosi di provvedimento anticipatorio del giudizio di merito, vengono regolate le spese di lite del procedimento a carico delle parti resistenti, tenuto conto del valore indeterminabile della causa e dell’attività difensiva svolta da parte ricorrente, nonché applicato l’aumento del compenso ex art. 4 secondo comma DM 55/2014.

 

 

P.Q.M.

Il tribunale Sezione Specializzata dell’Impresa di Milano, A, provvedendo nel contraddittorio delle parti sulle istanze cautelari proposte nei confronti di CP_1 e di Controparte_2 così dispone:                 

1. Inibisce alle resistenti la commercializzazione, offerta in vendita, pubblicizzazione dei prodotti recanti i marchi  Pt_1  con le modalità descritte in motivazione;

2. Fissa una somma pari a euro 1.000,00 per ogni prodotto commercializzato/pubblicizzato in violazione dell’inibitoria di cui al capo 1), contestata successivamente alla comunicazione dell’ordinanza;

3. Condanna le resistenti, in solido, alla rifusione integrale delle spese del procedimento cautelare, che si liquidano in favore della ricorrente Pt_1 in euro 8.140,00 per compensi, oltre spese vive, spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

4. Dispone la pubblicazione del dispositivo dell’ordinanza, a spese delle resistenti e a cura della ricorrente per una volta, sul quotidiano “Corriere della Sera”.

Si comunichi

 

 

Milano, 27 febbraio 2025

 

 

Il Giudice

dott.ssa Silvia Giani