30 aprile 2025
Tribunale Firenze (ord.), 30/04/2025 [Diritti d'autore - Opere delle arti figurative e dell'architettura - Gioielli - Opere d'arte figurativa (art. 2, n. 4, l.d.a.) - Design industriale (art. 2, n. 10, l.d.a.) - Carattere creativo - Valore artistico]
Diritti d'autore - Opere delle arti figurative e dell'architettura - Gioielli - Opere d'arte figurativa (art. 2, n. 4, l.d.a.) - Design industriale (art. 2, n. 10, l.d.a.) - Carattere creativo - Valore artistico - Concorrenza sleale (art. 2598 cod. civ.) - Procedimenti cautelari - Fumus boni iuris - Periculum in mora - Ai fini della qualificazione di un prodotto come opera d'arte figurativa necessaria la prova che esso sia destinato a un mercato di nicchia, frutto di produzione in esemplari singoli o in numero limitato, non essendo sufficiente la mera rivendicazione di artigianalità da parte di una maison con ampia rete di vendita.
ORDINANZA
pubbl. 30/04/2025
(Giudice: dott.ssa Stefania Grasselli)
Nel procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 2485/2025 promosso da
Parte_1
RICORRENTE
contro
Controparte_1
RESISTENTE
avente ad oggetto: Inibitoria (art. 156 l. n. 663/1941 - Legge Autore)
Con ricorso depositato il 18.02.2025, Parte_1 premesso di essere una maison storica nel settore della produzione e della commercializzazione di prodotti di alta gioielleria, a livello anche internazionale, ha lamentato che la resistente avrebbe commercializzato prodotti simili ai suoi quali, in particolare:
- il bracciale della collezione CP_2 - gli orecchini pendenti della collezione CP_2
- gli anelli Parte_2 - il pendente a forma di cuore della collezione CP_2
Ai fini del fumus boni iuris, Parte_1 ha ritenuto i propri gioielli tutelabili ex art. 2, n. 4, l.d.a. qualificandoli come opere d’arte figurative o, in subordine, ex art. 2, n. 10, l.d.a. come opere del disegno industriale ed ha altresì lamentato la violazione delle disposizioni in tema di concorrenza, richiamando i nn. 1 e 3 dell’art. 2598 c.c., mentre ha ravvisato il periculum in mora non solo in re ipsa, ma anche nella valenza confusoria dell’avversa condotta, anche in considerazione del fatto che è pendente, tra le medesime parti, un’azione di merito avente ad oggetto la stessa tipologia di addebiti ma con riferimento ad altri monili.
Ritenuti sussistenti i presupposti per la concessione della misura inaudita altera parte, con decreto del 24.02.2025 la CP_1 è stata inibita “dalla produzione e commercializzazione, in qualsiasi forma e modo, dei monili simili a quelli ricondcibili alla ricorrente, come indicati in parte motiva (bracciale Macri, orecchini pendenti CP_2 anelli Pt_2 [...] e ciondolo Macri a forma di cuore);”.
Regolarmente instaurato il contraddittorio con la notifica del ricorso e del suddetto decreto di fissazione udienza, si è costituita la resistente la quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità o l’improcedibilità del ricorso non essendo più la [...] CP_1 in possesso degli indicati monili sin dal dicembre 2024. Piccini, quindi, sottolineando che il cd. “stile fiorentino” è una tipologia di lavorazione che, nata nel XIX secolo, ha caratterizzato molte opere fiorentine in generale e l’arte orafa in particolare, ha contestato l’avversa pretesa tanto nel fumus, rilevando l’assenza dei presupposti per qualificare i monili della Parte_1 sia come opere figurative che come industrial design, quanto nel periculm, rilevando la mancanza di attualità della condotta per aver smesso la commercializzazione di quei prodotti. La causa è stata istruita solo documentalmente ed all’udienza del 01.04.2025 il giudice, uditi i procuratori delle parti, si è riservato di provvedere.
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1. L’eccezione di inammissibilità o improcedibilità del ricorso per carenza di interesse Occorre rilevare come l’eccezione sollevata dalla resistente in ordine alla carenza di interesse della ricorrente alla proposizione del presente giudizio sia infondata. La CP_1 ha infatti sùbito premesso di non commercializzare i prodotti di cui si discute sin dal dicembre 2024 per cui, avendo la Parte_1 introdotto la presente causa il successivo febbraio, sarebbe priva di interesse alla sua prosecuzione ed a qualsiasi statuizione, stante la mancanza di attualità del paventato pregiudizio. Si deve però rilevare come il ricorso di basi sulla situazione di fatto cristallizzata al novembre 2024, periodo al quale risale la documentazione fotografica che attesterebbe la vendita, da parte di CP_1 dei monili in discussione (doc. 19 fasc. ricorrente), a prescindere dal fatto che successivamente, ed indipendentemente dall’introduzione del presente giudizio, la resistente abbia deciso di non venderli più – circostanza, peraltro, non provata ma solo allegata. Tale elemento è altresì irrilevante ai fini del periculum e della sua attualità, poiché la resistente non ha negato di aver venduto i prodotti indicati nel periodo precedente ma ha solo dichiarato di averne cessato la commercializzazione da un certo momento in poi e ciò non esclude che in futuro possa tornare a venderli. Quindi, proprio perché non può escludersi che la condotta riprenda in un secondo momento, la cessazione della stessa da parte della resistente successivamente alla notificazione del ricorso cautelare o, comunque, dopo che tale condotta è stata fotografata, non fa venire meno il periculum in mora e dunque l’interesse alla pronuncia di inibitoria (cfr. trib. Milano, sent. del 02.02.2015).
2. Il fumus boni iuris 2. a) La tutela autorale Parte_1 ha chiesto le misure cautelari ritenendo i propri monili meritevoli di tutela, in via principale, come opere d’arte figurativa, ai sensi dell’art. 2, n. 4 l.d.a. o, in via subordinata, come opere di design industriale ai sensi del n. 10 del cit. art. 2. Sono oggetto del diritto d’autore, anche ai sensi dell’art. 2575 c.c., le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono anche alle arti figurative, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione ed, in particolare, ai sensi del n. 4 dell’art. 2 l.d.a., sono protette “le opere della scultura, della pittura, dell’arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia”. Ora, il legislatore, in realtà, non ha dato una definizione normativa di opera dell’ingegno, limitandosi a parlare solamente di "creatività", ma piuttosto la dà per presupposta, con ciò comportando l’oggettiva difficoltà di trovare un criterio generale ed astratto e, al contempo, adeguato, a garantire un certo livello qualitativo all’opera tutelabile.
A ciò si aggiunga che, in forza dell’intervento normativo di cui all’art. 22 d.lgs. n. 95/2001, in attuazione della dir. 98/71/CE, la tutela autorale è oggi accordata anche alle opere di disegno industriale che in precedenza ne erano escluse in ragione della impossibilità di separare il loro valore artistico dalla connotazione industriale del prodotto per il quale erano concepite. La caratteristica propria delle opere di cui all’art. 2, n. 10 legge n. 633/1941 (“10) Le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico ”) risiede nel fatto che esse, a differenza di quelle figurative (art. 2 n. 4), trovano la loro collocazione nella fase progettuale di un oggetto destinato ad una produzione seriale, quale è quella industriale.
Ne consegue che, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza, le due ipotesi (quella di cui al n. 4 e quella di cui al n. 10) si pongono su di un piano di reciproca esclusione, dal momento che, diversamente, non sarebbero state oggetto di distinte previsioni. L’opera d’arte figurativa non può che riferirsi ad un prodotto della creatività — identificabile attraverso il suo autore, e declinato nella forma figurativa — che deve trovare espressione in un solo esemplare o in un numero limitato di esemplari (posto che l’interesse per l’opera è sollecitato, nei fruitori, anche dall’unicità della creazione o dal quantitativo circoscritto delle sue repliche) e destinato a un mercato differente, sicuramente più ristretto, rispetto a quello cui sono indirizzati i beni oggetto della produzione industriale. L’opera di design industriale risulta essere, invece, tutelabile solo qualora presenti le condizioni indicate, date dal carattere creativo e dal contenuto artistico dell’opera. Dunque, non è opera dell’arte figurativa, a norma dell’art. 2, n. 4, il modello immediatamente riferibile a un operatore economico che lo riproduca su ampia scala, in modo standardizzato e in un quantitativo di copie potenzialmente indeterminato, per destinarlo, direttamente o indirettamente, a un mercato di largo consumo (cfr. Trib. di Roma, sent. del 13 Febbraio 2019).
Nel caso di specie, la ricorrente ha dichiarato che, nonostante faccia parte del gruppo del lusso CP_3 , avrebbe mantenuto il suo carattere di artigianalità, realizzando gioielli che sono un unicum in quanto frutto dell’estro creativo di Controparte_4 prima e di Persona_1 poi, i quali avrebbero, senza soluzione di continuità, creato monili originali ed iconici della maison stessa. Tuttavia, a fronte della contestazione sollevata dalla resistente circa l’unicità dei prodotti, in considerazione delle dimensioni della società ricorrente (numero di punti vendita e di dipendenti), quest’ultima nulla ha prodotto al fine di provare che, realmente, i monili vengono prodotti in modo artigianale. Se, come detto, affinché un prodotto possa essere qualificato come opera d’arte figurativa e, quindi, godere della relativa tutela, è necessario che si provi, anche solo sommariamente - anche in considerazione della tipologia del presente giudizio cautelare - che sia effettivamente destinato ad un mercato, per così dire, di nicchia, ossia più ristretto rispetto alla vendita di gioielli ad una molteplicità di consumatori. Di fatto, il discrimen che consente di qualificare un bene come un’opera figurativa invece che un prodotto di design industriale è la modalità di produzione e la platea a cui è destinato: in questo caso, Parte_1 a fronte della contestazione sul punto sollevata da CP_1 non ha provato che i monili di cui chiede la tutela siano stati effettivamente realizzati da artigiani e, soprattutto, che siano stati prodotti a tiratura limitata o che siano destinati a consumatori selezionati o, comunque, non a tutti gli avventori dei numerosi punti vendita di cui dispone. Non avendo quindi Parte_1 provato la sussistenza dei requisiti per l’applicabilità della tutela accordata ex art. 2 n. 4 l.d.a., occorre ora verificare se sussistono il carattere creativo e il valore artistico dei monili affinché possano ricadere nella protezione di cui al n. 10 dell’art. 2.
Per quanto riguarda il carattere creativo, la ricorrente, premesso che si tratta dello “sforzo creativo che riferisca l’opera alla personale e individuale espressione dell’autore”, ha rinvenuto la presenza di tale caratteristica nella soluzione creativa espressione delle combinazioni di materiali, forme e lavorazioni scelte da CP_4 ed [...] Per_1 In particolare, ha indicato i seguenti elementi individualizzanti per ciascun monile: 1. per il bracciale: i) l’incisione con la tecnica del “rigato”, ii) la presenza di un motivo a stella inciso accanto ai castoni, iii) i castoni in cui sono incassati dei diamanti, iv) la loro disposizione lungo l’asse centrale del monile; 2. per gli orecchini: i) due piastre d’oro con una che le unisce, ii) la superficie di entrambe le piastre incisa con la tecnica del rigato, iii) il motivo a stella inciso in ciascuna nelle piastre, iv) il castone posizionato al centro di ciascuna piastra, v) la presenza di un diamante all’interno di ciascun castone; 3. per gli anelli: i) il bicromatismo oro bianco e giallo rispettivamente del corpo centrale dell’anello e del profilo, ii) il profilo dell’anello inspessito ed inciso a modellato, iii) l’incisione con la tecnica del rigato del corpo dell’anello, iv) la presenza del motivo a stella attorno ai castoni, v) i castoni in cui sono incastonati diamanti o zaffiri o rubini; 4. per il pendente: i) la superficie rigata, ii) il motivo a stella attorno ad un castone, iii) il castone ove è posto un diamante taglio brillante, iv) il castone è posizionato al centro del monile.
Tuttavia, quelli indicati sono meri elementi descrittivi dei monili, inidonei ed insufficienti, almeno allo stato, ossia in assenza di ulteriori specificazioni, ad attribuire agli stessi un carattere creativo che li distingua da altri. Posto che è la stessa ricorrente a sostenere di utilizzare il cd. “stile fiorentino” che, in quanto tale ed ex se, rappresenta un genere noto e conosciuto di eseguire degli ornamenti, caratterizzato da alcuni elementi peculiari che lo contraddistinguono rispetto ad altre tipologie di decori, non è sufficiente, al fine di individuare le peculiarità dei prodotti Buccellati, descrivere le caratteristiche esteriori dei singoli monili. In altri termini, Parte_1 ha sostenuto che, a fronte della libera accessibilità al generico stile fiorentino, è la particolare combinazione di forme, materiali e disegni ideata da CP_4 ed Persona_1 che rappresenterebbe il carattere innovativo e creativo nei gioielli oggetto di giudizio.
Però, affinché ciò possa essere rilevante, è necessaria la specifica indicazione non solo di quali elementi dello stile fiorentino sono stati utilizzati, ma anche il dettaglio di come sono stati combinati ed in cosa tale combo li differenzi rispetto ad altri monili realizzati in stile fiorentino. Diversamente opinando, si finirebbe per concedere tutela ad ogni tipologia di monile che anche solo astrattamente ricordi il c.d stile fiorentino giacché, in assenza di particolari che possano rendere il bene peculiare dal punto di vista creativo ed artistico, non può essere oggetto di protezione autorale la semplice riproduzione, seppur in differenti combinazioni, degli elementi caratteristici di un genere artistico.
Il presente giudizio cautelare, infatti, non è finalizzato ad ottenere l’accertamento di una privativa in capo al ricorrente ex se - posto che, in questo caso, peraltro, non vi è nessuna privativa - ma è diretto ad interrompere o evitare il danno che deriverebbe dalla prosecuzione dell’avversa condotta asseritamente illecita. Nel caso che ci occupa, la ricorrente, da un lato, ha riportato solo la descrizione esteriore dei prodotti di cui è causa senza andare ad indicare quali sarebbero le caratteristiche tecniche che sarebbero state copiate e, dall’altro, ha altresì omesso di indicare quali sarebbero gli elementi dei beni venduti dalla resistente che sarebbero stati illecitamente copiati.
Per vero, Parte_1 non ha prodotto alcuna relazione tecnica in ordine alle modalità utilizzate per la creazione dei propri monili, avendo allegato solo la riproduzione fotografica conseguita al mero accesso effettuato presso il negozio di CP_1 da parte dell’agenzia all’uopo incaricata (doc. 19 fasc. ricorrente), senza alcun ulteriore supporto di natura specialistica che permetta di indicare quali specifiche tecniche siano state utilizzate per la produzione degli oggetti. E comunque, se anche si volesse procedere ad un esame solo visivo dei diversi beni, dalla documentazione in atti emerge che: - il bracciale di CP_1 è diverso da quello della collezione CP_5 presentando i castoni, uno degli elementi indicati come caratterizzanti lo stile fiorentino riconducibile a Parte_1 una forma differente e non essendo indicata la tipologia di pietra ivi inserita; - gli orecchini di CP_1 sono ripresi in una fotografia talmente sgranata, sia nel ricorso che nella perizia di parte, che non è possibile carpirne i particolari; ad ogni modo, sembrerebbe che anche in questo caso il castone sia diverso; - idem per gli anelli: una foto è completamente sfocata, anche nella perizia, e dall’altra non è possibile capire la tipologia di lavorazione adottata, dal momento che la parte dell’anello priva di castone sembra essere rigata in quello di Parte_1 e liscia in quello di CP_1 - il pendente sembrerebbe ripreso dagli orecchini di CP_1 a forma di cuore, ma questi ultimi sembrerebbero piuttosto essere simili a quelli precedenti con la sola differenza della forma della parte inferiore, che richiama un cuore in luogo di una goccia.
A tale carenza di apparato probatorio si aggiunga che la ricorrente non ha neanche fatto richiesta di depositare presso la cancelleria del tribunale i beni oggetto di controversia affinché potessero essere esaminati nel contraddittorio delle parti, venendo così meno la possibilità di effettuare una comparazione concreta ed il più possibile attinente alla realtà.
Alla luce di quanto emerso, quindi, si ritiene che la ricorrente non abbia sufficientemente provato né quale sarebbe il quid pluris che attribuirebbe carattere creativo alla lavorazione dei monili di cui chiede la tutela e che li renderebbe peculiari rispetto ad altri del pari realizzati seguendo il cd. stile fiorentino, né quali sarebbero le caratteristiche tecniche che sarebbero state riprodotte nei monili venduti da CP_1 Sebbene assorbito dalla mancanza del requisito del carattere creativo, si deve osservare come difetti altresì il valore artistico dei beni oggetto del presente giudizio affinché possano essere tutelati come industrial design.
Come rilevato dalle parti, conformemente a costante orientamento giurisprudenziale, sia di legittimità che di merito, “Il valore artistico di un’opera del disegno industriale costituisce un elemento, pur non suscettibile di definizione onnicomprensiva, che, unitamente al carattere creativo, conferisce al prodotto un valore diverso ed aggiunto rispetto a quello della sua mera funzionalità, con conseguente possibilità di usufruire della tutela del diritto d’autore, la cui sussistenza va accertata dal giudice di merito, di volta in volta, in relazione alle peculiarità di ciascuna fattispecie, alla stregua di parametri di riferimento il più possibile obiettivi, quali: a) il riconoscimento che l’oggetto ha ricevuto da parte degli ambienti culturali ed istituzionali sulla sussistenza delle qualità estetiche ed artistiche, così collocandosi nella c.d. fascia alta del design, che si manifesta tramite l’esposizione in mostre e in musei, la pubblicazione in riviste specializzate non a carattere commerciale, la partecipazione a manifestazioni artistiche, l’attribuzione di premi, gli articoli di critici esperti del settore; b) la circostanza che l’opera del design sia commercializzata nel mercato artistico e non in quello puramente commerciale oppure che in quest’ultimo mercato abbia acquistato un valore particolarmente elevato; c) la circostanza, da valutarsi con prudenza, che l’opera sia stata creata da un noto artista” (cfr. Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 13/11/2015, n. 23292).
Peraltro, se da un lato si ritiene che per l’attribuzione del connotato di artisticità dell’oggetto di industrial design tali indicatori non devono essere necessariamente compresenti, dall’altro occorre dar conto che tali parametri vengono interpretati con particolare rigore. Sul punto la ricorrente ha riportato numerosi premi e riconoscimenti che, però, sono stati attribuiti ai sig.ri Parte_1 non ai singoli beni di cui si chiede la tutela autorale: il concetto di valore artistico deve essere riferito all’oggetto, non al suo creatore, tanto che le pronunce richiedono che sia l’oggetto: a) ad aver ricevuto riconoscimenti e ad essere esposto in mostre e musei, b) ad essere stato commercializzato nel mercato artistico ed, eventualmente, c) ad essere stato creato da un noto artista. Invero, foto dei monili simili a quelli oggetto di causa si rinvengono solo nel: - doc. 35, ove è riportato un bracciale ma diverso da quello indicato nel ricorso, in quanto descritto come “Bracciale a fascia - anni 60 – creata da CP_4 attraverso il gioco del bulino che ripercorre tutta la superficie del bracciale, a ricreare le trame del tessuto. Inserisce dettagli preziosiottenuti con l’oro bianco e diamanti”, mentre nel bracciale di cui è causa non si fa cenno né della richiamo alla trama né della presenza dell’oro bianco; - doc. 41, che riporta anche in questo caso un bracciale visibilmente diverso da quello del presente giudizio, denominato “Marci vintage”; - doc. 42, ove ci sono diversi anelli.
Si ritiene, quindi, non raggiunta la prova neanche circa la sussistenza dell’ulteriore requisito del valore artistico, necessario affinché i monili indicati da Parte_1 e solo quelli di cui è al presente giudizio, possano essere attratti alla tutela autorale. 2.b) La concorrenza sleale La ricorrente ha altresì ritenuto violate le norme in tema di concorrenza, invocando la disciplina di cui ai nn. 1 e 3 dell’art. 2598 c.c.. Sul punto occorre tuttavia rilevare come, stante il mancato riconoscimento di un diritto autorale in capo alla ricorrente, siccome, come detto, i monili di cui al presente giudizio non presentano le caratteristiche né di un’opera d’arte figurativa, ex art. 2, n. 4 l.d.a., né di un industrial design ai sensi del successivo n. 10 del medesimo art. 2, non è conseguentemente rinvenibile una condotta di concorrenza sleale da parte di CP_1 In altri termini, posto che è del tutto lecita l’attività di vendita del medesimo genere di beni da parte di imprenditori concorrenti e rilevato che non vi è alcuna privativa di cui, allo stato, è riconosciuta la tutela, la condotta di commercializzazione addebitata alla resistente non configura profili di slealtà meritevoli di sanzione.
3. Il periculum in mora Sebbene la disamina del profilo del periculum sia assorbita dalla mancanza del fumus, si deve rilevare come risulti deficitare anche tale requisito: come già esposto nel decreto emesso inaudita altera parte, questo tribunale non aderisce alla tesi della sufficienza del periculum in re ipsa, essendo necessario che la parte che chiede una misura cautelare almeno alleghi, sotto il profilo oggettivo, il rischio che la condotta illecita, ancorché attuale, sia effettivamente foriera di pregiudizi che l’attesa del giudizio di merito non potrebbe ristorare e/o, sotto quello soggettivo, la tendenza del resistente a reiterare il medesimo contegno censurato. Nel caso in esame, oltre al fatto che il giudizio di merito instaurato tra le medesime parti ha ad oggetto, come affermato dalla stessa ricorrente, monili differenti da quelli della presente causa, Parte_1 non ha indicato quali pregiudizi, in concreto, l’avversa condotta le avrebbe arrecato in termini economici da non poter trovare ristoro all’esito di un giudizio di cognizione. * In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Conseguentemente, poiché il presente procedimento è idoneo a definire la controversia, secondo i principi generali in materia di spese, si deve provvedere alla regolamentazione delle spese di lite. In tal senso, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata a rimborsare alla resistente le spese di lite, spese che vengono liquidate per come indicato in dispositivo, tenuto conto dell’attività svolta e del valore della causa, sulla base dei parametri di cui al D.M. 10 marzo 2014 n. 55, aggiornati al D.M. n. 147 del 13/08/2022.
P.Q.M.
Il Tribunale di Firenze, sezione imprese, in persona del giudice dott.ssa Stefania Grasselli, revoca il decreto emesso inaudita altera parte in data 24.02.2025 e, per l’effetto, rigetta il ricorso;
condanna Parte_1 a rimborsare Controparte_1 le spese di lite, che liquida in complessivi € 3.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge.
Si comunichi.
Firenze, 30 aprile 2025
Il Giudice
dott.ssa Stefania Grasselli


