27 ottobre 2025
Tribunale Milano (ord.), 27/10/2025 [Marchi registrati - Registrazione in malafede - Requisiti - Rapporto di distribuzione - Interesse ad agire - Nullità del marchio - Registrazione in mala fede ex art. 19, comma 2, c.p.i. - Nozione]
Marchi registrati - Registrazione in malafede - Requisiti - Rapporto di distribuzione - Interesse ad agire - Nullità del marchio - Registrazione in mala fede ex art. 19, comma 2, c.p.i. - Nozione - Mera conoscenza dell’uso del segno da parte di terzi - Insufficienza - Necessità di un intento abusivo o di una condotta contraria alla correttezza professionale - Procedimenti cautelari - Reclamo ex art. 669-terdecies c.p.c. - Legittimazione attiva all'azione di nullità - Art. 122 c.p.i. - Operatori economici del settore - Configurabilità della nullità del marchio per registrazione in malafede, ai sensi dell’art. 19, comma 2, c.p.i. e dell'art. 59, comma 1, lett. b) del Regolamento UE 2017/1001 - Non sufficiente la mera conoscenza, da parte del richiedente al momento del deposito, dell’uso di un segno identico o simile da parte di un terzo per prodotti identici o affini - Richiesta per la malafede la prova di un elemento soggettivo caratterizzato dall'intento del richiedente di impedire al terzo la prosecuzione della commercializzazione di prodotti sotto quel segno, agendo in modo non conforme ai canoni della correttezza professionale e della buona fede.
ORDINANZA
pubbl. 27/10/2025
(Presidente: dott.ssa Idamaria Chieffo - Relatore: dott.ssa Mariachiara Vanini)
nel procedimento per reclamo iscritto al n. r.g. 17686/2025 promosso da:
Parte_1 (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Manno, presso il cui domicilio telematico è elettivamente domiciliata;
Reclamante
Controparte_1 Parte_2 Controparte_2 (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Roberto Manno, presso il cui domicilio telematico è elettivamente domiciliata;
Interveniente
contro
Controparte_3 (...), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Fontanesi, Edoardo Gambaro, Caterina Napoli, Cinzia Merlo e Camilla Di Fonzo, presso i cui domicili telematici è elettivamente domiciliata;
- Reclamata –
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 25.9.2025,
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
A. La prima fase cautelare (r.g. n. 7884/2025).
A.1 Con ricorso ex artt. 129, 130 e 131 c.p.i. e art. 700 c.p.c. del 27.02.2025 [...] Controparte_3 (di seguito anche solo CP_3 ) ha chiesto al Tribunale, inaudita altera parte o - in subordine previa instaurazione del contraddittorio - di: “a) disporre la descrizione al momento dell’arrivo della nave Cosco Shipping Nebula al Porto di Genova previsto in data 26.03.2025, ore 06:00, o nella diversa data e nel diverso luogo che sarà ritenuto di giustizia, di tutti i prodotti “ Parte_3 intero pulito congelato” recanti il marchio contraffatto CP_4 di cui ai container i) Load 30/01/2025, SEGU9451684, B/L number, BL COSU6407074900, e ii) Load 31/1/2025, TEMU9284541, B/L number, BL COSU6407078610, nonché dei packaging interni ed esterni in cui i prodotti sono confezionati, dei relativi documenti/bolle di trasporto e delle relative scritture contabili, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 129 e 130 c.p.i.; b) disporre il sequestro dei predetti prodotti; c) ordinare il ritiro definitivo dal commercio nonché la distruzione immediata, o in alternativa la devoluzione in beneficienza, a spese della Resistente; d) inibire alla Resistente, anche con il ricorso alle Forze dell’Ordine, se ritenuto necessario dall’Ill.mo Giudice, la prosecuzione, anche in futuro, dell’illecito di contraffazione, ai sensi dell’art. 20 c.p.i., lett. A), dei seguenti certificati: Marchio italiano n. 2002901024341 depositato il 07/06/2002, Marchio europeo n. 018793845 depositato il 15/11/2022, Marchio italiano n. 2022000106495 depositato il 13/07/2022, tutti in titolarità di [...] Controparte_3 , e in generale la commercializzazione di prodotti recanti illecitamente il marchio CP_4 , nonché l’utilizzo del marchio CP_4 su packaging/confezioni e in qualsiasi comunicazione commerciale, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 131 c.p.i. e 700 c.p.c.; e) ordinare l’immediata cessazione di qualsiasi condotta, anche futura, concorrenzialmente sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c., e, a titolo esemplificativo, l’utilizzo del marchio CP_4 ; f) fissare una penale pari ad Euro 500,00, o alla diversa somma che sarà ritenuta opportuna, per ogni violazione od inosservanza constatata successivamente all’emanazione dell’ordinanza e di una somma pari a Euro 500,00, o alla diversa somma che sarà ritenuta opportuna, per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento in essa contenuto; g) disporre la pubblicazione dell’ordinanza cautelare; h) con vittoria di spese e compensi.”.
In punto di fatto, la Ricorrente ha allegato:
- di occuparsi dal 1956 di distribuzione di prodotti alimentari e di detenere, assieme alla consociata Controparte_5 una posizione preminente nel campo della distribuzione dei prodotti ittici;
- di offrire calamari surgelati contraddistinti dal marchio italiano e comunitario CP_4 registrato per la classe merceologica n. 29 (doc. 2), in particolare:

- di rifornirsi direttamente in Tailandia, nota per l’alta qualità dei calamari destinati all’esportazione, in particolare dal fornitore Kiang Huat Sea Gull Trading Frozen Food Public Company Limited (di seguito anche solo “KST”);
- di aver scoperto che Parte_4 sua diretta concorrente, è in procinto di immettere nel mercato due carichi di calamari contraddistinti dal segno CP_4 , in contraffazione dei propri marchi;
- che quest’ultima ha già posto in essere condotte sleali, avendo anch’essa contatti con la KST, che le fornisce calamari contraddistinti dal segno CP_4 (docc. 4 - 5);
- che Pt_4 ha pubblicizzato e offerto in Italia calamari a marchio CP_4 contattando i clienti di CP_3 e presentandosi come il “distributore esclusivo per l’Italia” (docc. 6- 12);
- che sono stati spediti dalla Tailandia due grandi container di calamari a marchio CP_4 , trasportati sulla nave “Cosco Shipping Nebula”, attesa al porto di Genova il 26 marzo 2025, a dimostrazione dell’intenzione della Resistente di avviare un’importazione a larga scala (doc. 13);
- che sono previsti in partenza dalla Tailandia ulteriori containers di calamari illecitamente brandizzati CP_4 indirizzati a Pt_4 (vd. comunicazioni di Pt_4 al potenziale cliente CP_6 “Mi riferisco alla mail di cui sotto per comunicarti che abbiamo inviato a CP_4 tutta la programmazione degli imbarchi da adesso fino al 31/3 (quindi per arrivi in Italia fino a metà maggio)” (doc. 6);
- che i prodotti vengono offerti dalla Resistente ad un prezzo di gran lunga inferiore rispetto al prezzo proposto da CP_3 (doc. 14);
- che sussiste il periculum in mora, derivante dall’irreversibile alterazione degli equilibri di mercato e allo sviamento di clientela conseguenti all’illecito utilizzo del marchio CP_4 , dal pregiudizio alla reputazione commerciale di CP_3 e dal rischio di erosione del proprio brand nonché dall’arrivo dei container al porto di Genova previsto il 26.03.2025 (doc. 13);
- la strumentalità del ricorso alle future domande di merito volte a ottenere tutela definitiva dei propri diritti e il ristoro del grave danno subito.
A.2 Con decreto inaudita altera parte emesso in data 11.03.2025, il Giudice ha disposto la descrizione di tutti i prodotti “ Parte_3 intero pulito congelato” recanti il marchio asseritamente contraffatto CP_4 contenuti nei container i) Load 30/01/2025, SEGU9451684, B/L number, BL COSU6407074900, e ii) Load 31/1/2025, TEMU9284541, B/L number, BL COSU6407078610, caricati a bordo della nave Cosco Shipping Nebula, e dei packaging interni ed esterni in cui tali prodotti sono confezionati e/o imballati, nonché dei relativi documenti/bolle di trasporto e delle relative scritture contabili, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 129 e 130 c.p.i. A tal fine il Giudice ha nominato c.t.u. la dott.ssa Persona_1 , ha assegnato i termini di rito e ha rinviato all’udienza del 9.4.2025, al fine di confermare revocare o modificare il provvedimento di descrizione e discutere sulle ulteriori istanze cautelari.
A.3 Con memoria difensiva del 7.03.2025 Parte_1 ha chiesto al Tribunale di: “a) rigettare tutte le domande formulate sub nn. 1 -7, in accoglimento dell’eccezione di nullità per malafede ex art. 19, co.1, c.p.i. e art. 59, co. 1 , lett. B), Reg. UE 2017/1001, rispetto a tutti i marchi nazionali e comunitari azionati; b) per l’effetto, dichiarare che la Ricorrente non ha il diritto di vietare l’immissione in commercio dei prodotti nel paese di destinazione finale; c) disporre la revoca del blocco delle merci da parte delle autorità doganali di Vado Ligure, consentendo alle stesse di poter essere liberamente immesse in commercio; d) in ogni caso, condannare la ricorrente alla refusione, in favore della resistente, delle spese, diritti onorari di causa, oltre accessori di legge.”.
In punto di fatto, la Resistente ha allegato:
- che il segno CP_4 identifica, da sempre, il patronimico del titolare degli stabilimenti thailandesi [i.e. Controparte_7 in cui i prodotti ittici surgelati vengono confezionati ed autorizzati all’export in Europa, secondo un rigido sistema di controlli incrociati tra le autorità di controllo presso lo stato d’origine e quelle dei mercati di destinazione, ossia l’Unione Europea;
- che Controparte_7 è stata una società di diritto tailandese fondata nel 1983 dal Persona_2 , la quale prende la ragione sociale dal nome di questi, ossia dal patronimico CP_4 , assai diffuso in Tailandia, dove il prefisso Per_3 indica una caratterizzazione regionale dello stesso;
- che la Controparte_7 è stata incorporata nel 2021 dalla Kiang Huat Sea Gull Trading Frozen Food Public Company Limited (di seguito “KST”), fornitrice della Pt_1 in forza di un contratto di distribuzione esclusiva del 26.3.2025;
- che i marchi azionati da CP_3 sono nulli in quanto depositati in malafede, posto che questa conosceva del segno CP_4 , usato per indicare l’effettiva fonte produttiva dei calamari, e ha depositato i marchi al fine di alternarne il DNA storico, commerciale e giuridico;
- che gli illeciti attribuiti a Pt_1 (contraffazione del marchio CP_4 e le numerose forme di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. - appropriazione di pregi pubblicità ingannevole, distrazione di clienti, agganciamento, imitazione servile e confusoria), costituiscono legittimo esercizio della libertà di iniziativa economica, ostacolata da CP_3 che ha azionato titoli nulli.
xA.4 All’udienza del 9.4.2025 i difensori delle Parti hanno insistito nelle rispettive difese. Il difensore della Convenuta ha esibito copia: a) del contratto di distribuzione con la Kiang Huat Sea Gull stipulato il 26.3.2025; b) delle fatture emesse dalla Controparte_7 per forniture alla CP_3 risalenti al 2020; quindi, ha chiesto di essere autorizzato al deposito telematico della documentazione esibita.
A domanda del Giudice, il rappresentante legale della Ricorrente ha dichiarato di aver intrattenuto con CP_4 un rapporto di distribuzione/fornitura a partire dalla fine degli anni ‘80; il difensore dell’Attrice ha esibito contratto di licenza esclusiva tra CP_3 e Teppitak Seafood del 17.12.2017, fonte di un rapporto di licenza tra CP_3 (licenziante) e CP_4 (licenziataria) avente ad oggetto l’uso esclusivo del marchio CP_4 registrato nel 2002 nonché i documenti che rappresentano l’arrivo di ulteriori carichi.
Il difensore della Resistente ha contestato la rilevanza del documento esibito, adducendo di averne appreso l’esistenza in quel momento e chiedendo breve termine per il deposito di note di replica; ha, altresì, rappresentato la disponibilità della propria assistita a modificare le confezioni dei prodotti sottoposti a vincolo doganale, eliminando il segno CP_4 e mantenendo il segno “TPT”. In chiusura, le Parti hanno insistito nell’accoglimento delle rispettive domande.
Il Giudice ha autorizzato il deposito della documentazione esibita, assegnando alla Resistente termine sino al 14.4.2025 per replicare al contratto di licenza esibito in udienza e termine alla Ricorrente sino al 16.4.2025 per brevi controrepliche, riservando all’esito la decisione.
A.5 Con ordinanza del 24.4.2025, il Giudice ha confermato il decreto emesso inaudita altera parte il 10.3.2025 in riferimento a tutto il materiale acquisito con la descrizione giudiziale, e ha accolto le domande inibitorie formulate dalla Ricorrente; ha, invece, rigettato le domande volte al sequestro, al ritiro dal commercio e alla distruzione delle merci e alla pubblicazione del provvedimento, ritenendole sproporzionate rispetto alle effettive esigenze di tutela dei diritti della Ricorrente.
Il Giudice ha ritenuto la sussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, atteso che: (i) dalla descrizione giudiziale è emerso che Pt_1 avesse importato un rilevante quantitativo di calamari surgelati contraddistinti dal segno CP_4 ; (ii) l’eccezione di nullità ex art. 19 c.p.i. è infondata, non essendo stata provata la mala fede di CP_3 (non bastando infatti la mera conoscenza da parte di CP_3 dell’uso del segno CP_4 nella denominazione sociale della Controparte_7 peraltro nel solo territorio Tailandese); (iii) non è stato provato il preuso del segno CP_4 nel territorio UE da parte della Controparte_7 o della KST; (iv) non è stata provata alcuna attività preparatoria alla registrazione dei marchi contestati da parte di Controparte_7 o KST, né è stata provata la “notorietà in fieri” del segno nell’ambito del territorio UE, conseguita grazie agli sforzi commerciali della Resistente; (v) l’illecito utilizzo del marchio CP_4 da parte di Pt_1 è idoneo a provocare un’irreversibile alterazione degli equilibri di mercato, con un concreto sviamento di clientela a vantaggio della Resistente.
Pertanto, in accoglimento del ricorso cautelare, il Tribunale ha emesso l’ordinanza n. 3584/2025 del 24.4.2025, così disponendo:
“Visti gli artt. 700 c.p.c., 129 e 130 c.p.i.:
- conferma il decreto di descrizione emesso inaudita altera parte il 10.3.2025;
- vieta alla Parte_1 la commercializzazione in Italia e nel territorio dell’Unione europea di prodotti recanti il segno CP_4 , nonché l’utilizzo del segno CP_4 sul packaging e sulle confezioni dei prodotti e in qualsiasi comunicazione commerciale o pubblicitaria;
- fissa una penale pari ad euro 500,00 per ogni singola violazione od inosservanza del divieto di utilizzo del segno CP_4 , constatata successivamente alla comunicazione della presente ordinanza;
- autorizza la revoca del blocco delle merci di titolarità della Parte_1 da parte delle Autorità doganali di Vado Ligure, una volta rimossi i segni CP_4 attualmente recati dalle confezioni delle merci;
- liquida in favore di CP_3 e a carico della resistente Parte_1 la somma di €8.000, oltre accessori di legge, dovuta per le spese della fase cautelare;
- liquida, ponendole a carico della resistente Parte_1 la somma di €3.500, oltre accessori di legge, a titolo di compenso del CTU, dott.ssa Persona_1 , oltre spese documentate per €180, IVA e C.P.”.
B. La seconda fase cautelare: il presente reclamo.
B.1 Con reclamo al Collegio ex art. 669terdecies c.p.c. in data 30.07.2025, Parte_1 ha chiesto: (i) di accertare la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti comprovanti il deposito in malafede da parte di CP_3 delle domande di marchio CP_4 ; (ii) di inibire a CP_3 di porre in essere qualsiasi ostacolo, contestazione e/o altra iniziativa nei confronti di Parte_5 KST relativa all’utilizzo da parte di queste del segno CP_4 ; (iii) conseguentemente, di revocare l’ordinanza emessa in data 24.04.2025 nel procedimento n. r.g. 7884/2025.
Con il medesimo atto è intervenuta volontariamente in giudizio la società [...] Controparte_8 (di seguito anche solo “KST”), la quale è parte attrice - unitamente a Pt_1 - nel procedimento di merito pendente innanzi a questo Tribunale volto a far dichiarare la nullità per registrazione in malafede dei marchi di CP_3 (n. r.g. 14264/2025, doc. 4; cfr. anche docc. 13-18 alla nota di deposito del 10.04.2025, fasc. caut.).
Motivo di gravame è la falsa applicazione dell’art. 19 c.p.i., a fondamento del quale la Reclamante ha addotto:
- di aver fornito al Tribunale indizi gravi, precisi e concordanti della mala fede con cui CP_3 ha registrato i marchi controversi; invero: (i) CP_3 quando nel 2002 ha registrato il marchio CP_4 , ha dichiarato di aver tratto ispirazione dal cognome dell’ex direttore di Teppitak Seafod Co. Ltd., quindi dalla stessa ragione sociale della società; (ii) in tutte le fatture commerciali tra le Parti il segno CP_4 è sempre presente, in particolare nella ragione sociale e nel nome a dominio, con l’asserita funzione di marchio di fabbrica (docc. 13 e 14 fasc. caut.);
- che la consapevolezza di CP_3 dell’utilizzazione del segno CP_4 da parte di Pt_1 [...] già prima della registrazione avvenuta nel 2002, è documentata (docc. 13 a-b e 14 a-b fasc. caut; docc. 26,27,28,29 fasc. reclamo) e integra la mala fede della controparte;
- che non è necessario dimostrare un preuso nel territorio della registrazione, come stabilito dalla Suprema Corte (Cass. Civ. n. 10390 del 20.04.2018);
- che Pt_1 ha operato sino al 2021 come importatrice esclusiva in Italia e in Europa dei prodotti confezionati negli stabilimenti ittici autorizzati, intessendo con Teppitak Seafood Co. CP_ KST rapporti commerciali riconducibili allo schema dei contratti di distribuzione/agenzia/rappresentanza, gravati da obblighi generali di buona fede e lealtà, nel rispetto dei quali avrebbe dovuto tenere conto degli interessi di queste rispetto al segno CP_4 ;
- che il contratto di licenza del 17.12.2017 (doc. 16) è inefficace, in quanto firmato dal solo Parte_6 , nonostante i certificati rilasciati dall’ufficio del registro delle imprese di Songkhla in Tailandia (n. 014085 del 7.12.2017 – docc. 19,19bis e n. 006577 del 1.06.2020 – docc. 20/20-bis) prevedano la firma congiunta di almeno due amministratori quale condizione di efficacia degli atti della società (cfr. pt. 3 dei certificati);
- che Parte_6 e Persona_4 ossia coloro i quali hanno sottoscritto il contratto di licenza, hanno costituito una società con ragione sociale “Teppitak Marine”, a sua volta titolare di domande di marchio per il segno CP_4 , in palese esecuzione di uno schema avente origini remote, che ha peraltro portato all’estromissione del primo dalla KST (doc. 14 fasc. caut);
- che di tale contratto non vi è traccia alcuna nella contabilità di Controparte_7 e di KST.
La Reclamante ha, dunque, rassegnato le seguenti conclusioni: “a) accogliere il reclamo di [...] Parte_7 e accertare la presenza di indizi gravi, precisi e concordanti comprovanti il deposito in malafede da parte delle domande di marchio CP_4 ex art. 19.2 CPI e 59.1.b Regolamento UE 2017/1001; b) inibire alla CP_3 di porre in essere qualsiasi ostacolo, contestazione e/o altra iniziativa nei confronti di Pt_1 e/o KST relativa all’utilizzo da parte di queste del segno CP_4 , anche e soprattutto in riferimento alle successive importazioni e commercializzazioni dei calamari esportati dalla KST in Italia e nel territorio comunitario sotto il segno CP_4 , da Cont solo o insieme al marchio c) revocare tutti i provvedimenti emessi con l’ordinanza impugnata; d) disporre la pubblicazione della decisione, a spese della Comavicola, presso i principali organi di informazione e sul sito della Comavicola (www.comavicola.com) per un periodo di almeno 15 giorni; e) disporre ogni altra misura idonea a preservare e garantire nel miglior modo possibile i diritti ed interessi delle parti reclamanti; e) condannare Comavicola al pagamento delle spese processuali”.
B.2 Con memoria di costituzione del 9.06.2025, Controparte_3 ha chiesto la conferma dell’ordinanza reclamata e, in via incidentale, la pubblicazione del provvedimento cautelare.
A supporto delle proprie domande, la Reclamata ha dedotto:
- in rito, l’inammissibilità dell’intervento di KST per inesistenza di procura alle liti, poiché priva di valida rappresentanza (essa avrebbe dovuto essere redatta in forma notarile conforme alla legge tailandese e successivamente legalizzata presso la sede consolare o diplomatica italiana, posto che la Tailandia non aderisce alla Convenzione dell’Aja del 1961);
- in rito, l’inammissibilità del reclamo per omessa notifica del ricorso e del decreto nel domicilio eletto presso il difensore costituito, in violazione dell’art. 170 c.p.c.;
- in rito, l’inammissibilità dell’intervento di KST, in quanto soggetto non presente nella prima fase del giudizio cautelare, peraltro non titolare di diritti incompatibili con quanto disposto dall’ordinanza reclamata;
- in rito, l’inammissibilità delle nuove domande formulate dalla Reclamante, poiché mai proposte in fase cautelare e fondate su fatti o documenti sopravvenuti;
- ancora in rito, il difetto di legittimazione attiva di entrambe le Reclamanti a proporre domanda di nullità ex art. 19 c.p.i., giacché non hanno fornito adeguata prova di continuità giuridica con la Controparte_7 cessata nel 2021;
- che Pt_1 in particolare, non è titolare di alcun marchio registrato CP_4 e non fa uso di detto segno nella propria denominazione sociale;
- nel merito, che tra le Parti non è mai intercorso un rapporto di distribuzione/agenzia/rappresentanza: CP_3 è un’impresa indipendente che seleziona fornitori secondo criteri qualitativi propri, rivendendo i prodotti sul mercato nazionale sotto diversi brand di sua esclusiva titolarità, fra cui CP_4 ;
- che il marchio CP_4 non ha una funzione di indicazione geografica: un segno chiamato a svolgere siffatta funzione può al più essere registrato come indicazione geografica protetta o denominazione di origine protetta, ma non come marchio;
- che rispetto alla titolarità della Reclamata del marchio CP_4 sussistono il consenso, la tolleranza e l’acquiescenza delle Controparti, posto che:
o il contratto di licenza, che dimostra la conoscenza e la tolleranza di [...] Parte_8 del marchio di CP_3 è efficace anche se firmato dal solo [...] Persona_5 , giacché la firma congiunta di almeno due amministratori è richiesta per l’esercizio dei poteri di disporre o dismettere asset familiari; nel caso di specie nulla è stato ceduto o trasferito dalla società Teppitak Seafod Co. Ltd., che ha invece “ricevuto” il diritto di utilizzare il marchio di CP_3
o Controparte_10 (odierno rappresentante legale di KST) si è recato a Milano nel maggio 2019 e ha visto il marchio CP_4 apposto su tutti gli espositori ed i materiali di CP_3 senza rivendicare alcunché (foto sub doc. 18);
o più in generale, tra le Parti è intercorsa una collaborazione positiva per più di 23 anni, nel corso della quale la registrazione del marchio del 2002 e l’uso dello stesso da parte di CP_3 sono sempre state circostanze note e accettate;
o KST ha collaborato con CP_3 dal 2021 in poi, realizzando partite di prodotto marchiate CP_4 da fornire alla Reclamata, senza nulla eccepire in ordine alla titolarità del marchio;
- che non c’è prova del pre-uso del segno nel territorio UE, tantomeno tailandese, dove è sempre stato utilizzato solo per la ragione sociale;
- che l’azione ex art. 19 c.p.i. esperita dalla Reclamante costituisce una forma di abuso del diritto (cfr. CGUE C-322/24 del 30.04.2024), la quale ha fatto leva sull’imprescrittibilità dell’azione de qua per aggirare il termine quinquennale previsto per altre azioni;
- in via di reclamo incidentale, che è necessario provvedere alla pubblicazione del provvedimento, unico strumento che può garantire una corretta informazione ai professionisti del settore, ripristinando la verità dei fatti e la reputazione di CP_3
La Reclamata ha, dunque, rassegnato le seguenti conclusioni: “in via preliminare 1) dichiarare l’inammissibilità del ricorso per reclamo per mancata notificazione al domicilio eletto dalla Reclamata, o, in subordine assegnare alla Reclamata un termine integrativo per poter svolgere compiutamente le proprie difese; 2) dichiarare l’inammissibilità dell’intervento di KST nel presente procedimento cautelare di reclamo; 3) dichiarare l’inammissibilità delle domande nuove presentate dalle Reclamanti solo in sede di reclamo e nello specifico le domande b), d), e) dell’atto di reclamo; in via principale 4) rigettare in toto il reclamo proposto da Pt_4 e KST, in quanto infondato in fatto e in diritto, per tutti i motivi descritti in narrativa; e conseguentemente 5) confermare l’Ordinanza cautelare del 24 aprile 2025 emessa dal Giudice Dott. Tota nel procedimento cautelare R.G. 7884/2025; 6) con vittoria di spese e compensi dei due gradi cautelari, oltre rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge. in via incidentale 7) disporre la pubblicazione dell’ordinanza cautelare, integralmente o in sunto o nella sola parte dispositiva, su due quotidiani a tiratura nazionale italiana per due volte, a tutta pagina, a caratteri doppi del normale e con nomi delle parti in grassetto, sia nella versione cartacea, sia nella versione online, oltreché sulla homepage del sito internet della Reclamata e quello di entrambe le Reclamanti, a cura della Reclamata e a spese in solido delle Reclamanti, in subordine 8) nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento del reclamo e riforma dell’Ordinanza del 24 aprile 2025, confermare in ogni caso la descrizione giudiziaria, disposta con decreto inaudita altera parte dell’11 marzo 2025, effettuata il 21 marzo 2025 presso il porto di Vado Ligure e già confermata nell’Ordinanza, in quanto valida e mai contestata dalle controparti neanche in fase di reclamo. in ogni caso con vittoria di spese e compensi oltre rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge”.
B.3 All’udienza collegiale del 12.06.2025, le Parti hanno insistito nelle rispettive ragioni. In particolare, il difensore della Reclamante ha esposto che la procedura di legalizzazione consolare della procura alle liti era in fase di definizione, rimettendosi al Collegio per ogni determinazione, anche ai sensi dell’art. 182 c.p.c.; ha, altresì, esibito e chiesto di depositare la ricevuta della domanda di annullamento del marchio comunitario registrato dalla CP_11
Il Collegio ha autorizzato la produzione della documentazione esibita e, dato atto dello stato della procedura di legalizzazione consolare della procura di KST nonché della richiesta della Reclamata di un termine per dedurre sulla documentazione avversaria, ha rinviato all’udienza del 25.09.2025, assegnando alla Reclamata termine sino al 05.09.2025 per il deposito di memoria difensiva e termine alla Reclamante sino al 15.09.2025 per eventuale replica.
B.4 All’udienza del 25.09.2025 i procuratori delle Parti si sono riportati alle rispettive difese e il Collegio ha riservato la decisione, che si assume con la presente ordinanza.
C. In diritto.
C.1 Pt_1 con l’intervento di KST, ha chiesto al Tribunale la revoca dell’ordinanza emessa nel procedimento n. 7884/2025, adducendo quale motivo di gravame la falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, c.p.i. e dell’art. 59 comma 1 lett. b Regolamento UE 2017/1001, recante la disciplina del marchio registrato in mala fede.
A sostegno del reclamo, Pt_1 ha dedotto di aver fornito indizi gravi, precisi e concordanti circa la mala fede con cui CP_3 ha registrato i marchi CP_4 , e che questi non sarebbero stati considerati adeguatamente in sede di prime cure. Più precisamente, ha sollevato ed articolato le seguenti censure: a) irrilevanza del preuso del segno da parte della CP_12 nel territorio UE ai fini dell’applicazione dell’art. 19 c.p.i.; b) esistenza di lungo e pregresso rapporto commerciale tra le Parti, quale fonte di obblighi di buona fede; c) inefficacia dell’exclusive license agreement del 17.12.2017 e, dunque, la sua inidoneità a rappresentare una forma di autorizzazione/consenso.
C.2 CP_3 regolarmente costituita, ha dapprima eccepito, in rito: a) l’inammissibilità dell’intervento da parte di KST per inesistenza/nullità di procura alle liti; b) l’inammissibilità del reclamo per omessa notifica del ricorso e del decreto nel domicilio eletto presso il difensore; c) l’inammissibilità dell’intervento di KST in sede di Reclamo; d) il difetto di legittimazione attiva di Pt_1 e di KST a eccepire la nullità dei marchi per asserita mala fede.
Nel merito, ha insistito nella conferma dell’ordinanza oggetto di gravame, chiedendo, in via incidentale, di condannare la Reclamante anche alla pubblicazione del provvedimento, reputando detta sanzione essenziale ai fini della neutralizzazione delle distorsioni di mercato verificatesi in conseguenza dei fatti oggetto di giudizio.
Il reclamo è infondato e l’ordinanza emessa nel procedimento n. r.g. 7884/2025 (dott. Edmondo Tota) deve essere integralmente confermata.
C.3 Preliminarmente, occorre esaminare le eccezioni di rito formulate dalla Reclamata.
C.3.1 In primo luogo, la Reclamata ha eccepito l’inesistenza/nullità della procura alle liti di KST, per non essere stata redatta “in forma notarile conforme alla legge tailandese e successivamente legalizzata presso la sede consolare o diplomatica italiana accreditata in Tailandia (posto che la Tailandia non aderisce alla Convenzione de L’Aja del 1961 sull’abolizione della legalizzazione degli atti pubblici esteri, non essendo pertanto sufficiente neppure l’apostille”.
Il vizio deve intendersi sanato e l’eccezione va respinta.
Come risulta anche dal verbale d’udienza del 12.06.2025, il Collegio, in applicazione dell’art. 182 c.p.c., considerando che la procedura di legalizzazione consolare della procura non si era ancora perfezionata, ha rinviato all’udienza del 25.09.2025.
In data 21.08.2025 la Reclamata ha provveduto al deposito della procura alle liti, munita della relativa legalizzazione consolare e sottoscrizione di conformità all’originale.
Pertanto, il vizio è stato sanato e l’eccezione di nullità della procura va disattesa.
C.3.2 La Reclamata ha poi eccepito l’omessa notificazione del ricorso al domicilio eletto presso il difensore e, ad abundantiam, l’omessa indicazione dell’avvocato notificante, in violazione degli artt. 170 c.p.c. e 3bis, co. 5, della l. 53/1994.
L’eccezione va respinta.
La notifica del ricorso fatta alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza, ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291, comma 1, c.p.c. con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156, comma 2, c.p.c., applicabile anche al giudizio di legittimità (Cass. Civ. n. 8114 del 27.03.2025; Cass. n. 24450 del 2017).
Dunque, ai sensi del richiamato art. 291, co. 1, c.p.c. la costituzione del Convenuto o la rinnovazione della notifica entro i termini assegnati dal giudice istruttore producono effetto sanante rispetto alla nullità di cui la notificazione è affetta.
Sicché, applicando i principi suesposti al caso di specie, si osserva che la Reclamata si è costituita nel rispetto dei termini di legge e, dunque, i vizi della notificazione devono intendersi sanati, con conseguente infondatezza dell’eccezione di CP_3
C.3.3 La Reclamata ha altresì eccepito la carenza di legittimazione attiva di Parte_4 e di KST.
Quanto a Pt_1 la Reclamata ha allegato che ella “non è licenziataria del marchio CP_4 e il contratto di distribuzione esclusiva che la lega a KST si riferisce a un marchio del tutto diverso “TPT” (doc. 7a e 7b). Non dispone di alcun diritto sul segno CP_4 , né diretto né derivato, e quindi non può sollevare eccezioni di nullità né difendersi in questo procedimento con tale pretesa”.
In sostanza, Pt_1 non sarebbe legata al marchio CP_4 da alcun titolo e come tale non sarebbe legittima ad agire in giudizio per ottenere una pronuncia di nullità della registrazione.
L’eccezione va respinta.
In materia di legittimazione attiva alla proposizione di domande di nullità e di decadenza di marchio, rileva, anzitutto, l’art. 122 c.p.i., a mente del quale l’azione diretta ad ottenere la dichiarazione di decadenza o di nullità di un titolo di proprietà industriale può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e/o promossa d’ufficio dal pubblico ministero.
Il dato normativo è accompagnato da consolidati principi giurisprudenziali che rimarcano il carattere ampio della legittimazione attiva a proporre le domande in commento, che non deve però essere confusa con una legittimazione tale da ricomprendere la generalità dei consociati, atteso che nel nostro ordinamento non è prevista un’azione popolare di nullità dei titoli di privativa.
Secondo consolidata giurisprudenza, è necessario che l’attore sia portatore di un interesse di natura commerciale, normalmente riscontrabile in capo agli operatori economici presenti nel settore cui la privativa si riferisce, come tali interessati a non essere ostacolati nell’esercizio della loro attività imprenditoriale dalla presenza di un marchio affetto da nullità, anche qualora non abbiano ancora trattato prodotti specificamente interferenti con la privativa (cfr. Trib. Roma, 29 agosto 2013 6106/1; Trib. Torino, 2 aprile 2009 n. 5419; Corte d’App. Milano, 28 marzo 1997, n. 3657/2; Trib. Piacenza, 7 agosto 1989 n. 2614/1).
Nel caso di specie, Pt_1 ben può considerarsi titolare di un interesse qualificato a far valere la nullità dei marchi CP_4 per mala fede del registrante. La società, infatti, è attiva nel commercio di generi alimentari all’ingrosso e al dettaglio, sia in Italia che all’estero e, come si evince dalla visura camerale (doc. 3 fasc. caut.), distribuisce prodotti alimentari su diversi canali, curandone l’importazione e la vendita sul mercato. Peraltro, come ha allegato la stessa Reclamata, Pt_1 è un diretto concorrente di CP_3 che opera nel medesimo segmento di mercato, distribuisce prodotti ittici surgelati e si rivolge agli stessi operatori, adottando medesime dinamiche.
Ciò permette di ritenere sussistente un interesse concreto in capo a Pt_1 volto all’utilizzo del marchio CP_4 di titolarità di CP_3 interesse che può essere coltivato anche tramite azioni giudiziarie volte a far emergere vizi di nullità del marchio medesimo. E, del resto, a prescindere dalla loro conformità alla legge, le stesse condotte allegate dalla qui Reclamata in sede di prime cure devono essere considerate elementi che testimoniano in modo inequivocabile l’esistenza di un interesse della Pt_1 allo sfruttamento del marchio CP_4 (cfr. pag. 4 e ss. del ricorso).
In conclusione, e alla luce delle ragioni appena esposte, l’eccezione di carenza di legittimazione attiva di Pt_1 deve essere rigettata.
C.4 Ciò posto, si osserva che il reclamo è infondato per le ragioni che si vanno di seguito ad illustrare.
La Reclamante ha lamentato la falsa applicazione dell’art. 19, comma 2, c.p.i., invocando la disciplina della nullità del marchio per malafede del registrante. In tesi, sarebbero stati forniti indizi gravi, precisi e concordanti della mala fede di CP_3 in fase di registrazione del marchio CP_4 e questi non sarebbero stati considerati adeguatamente dal Giudice di prime cure.
Occorre, dunque, compiere una valutazione complessiva degli elementi forniti dalla Reclamante a sostegno della malafede della Controparte e, dunque, della nullità dei marchi CP_4 .
C.4.1 In termini generali, si parla di marchio registrato in mala fede nei casi in cui un soggetto, già a conoscenza dell’altrui scelta di operare la registrazione di un marchio, preceda l’interessato nel perfezionamento della fattispecie acquisitiva del diritto, ledendo in tal modo non già quest’ultima posizione giuridica (che ancora non esiste, in quanto non si è perfezionata), ma la legittima aspettativa verso il segno il cui valore è ascrivibile a un soggetto diverso rispetto al registrante (e cioè a chi, avendolo concepito, e semmai utilizzato, si avviava a registrarlo). Secondo autorevole Dottrina, ratio della norma è, da un lato, quella di accordare una sorta di tutela anticipata a chi, pur avendo già destinato il segno a fungere come proprio marchio, non vi abbia ancora provveduto e, dall’altro, quella di negarla a chi avendo conoscenza di tale destinazione frapponga ostacoli in mala fede a tale programma, depositando a proprio nome “l’altrui” segno.
L’istituto trova riconoscimento sia a livello europeo che a livello nazionale.
Segnatamente, nell’Unione Europea, rileva l’art. 59, par 1., lett. b), RMUE, che classifica la registrazione in mala fede di un marchio quale motivo assoluto di nullità (“su domanda presentata all'Ufficio o su domanda riconvenzionale in un'azione per contraffazione, il marchio UE è dichiarato nullo allorché: a) [..]; b) al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede”).
Pur menzionandola espressamente, il legislatore UE non ha offerto una definizione del concetto di mala fede. Di qui l’intervento della giurisprudenza comunitaria, a giudizio della quale la mala fede cui si riferisce la norma va anzitutto intesa secondo il significato attribuitole dal linguaggio corrente, quindi come presenza di una disposizione d’animo o di un’intenzione disonesta (C-104/18 emessa il 12.11.2019, pt. 45; C-371/18 emessa il 29.01.2020, pt. 74), tenendo tuttavia conto del contesto del diritto dei marchi, che è un contesto di commercio: devono quindi potersi riscontrare indizi gravi, precisi e concordanti del fatto che il titolare di un marchio UE ha presentato la domanda di registrazione non con l’obiettivo di partecipare in maniera leale alle vicende della concorrenza, ma con l’intenzione di pregiudicare, in modo non conforme alla correttezza professionale, gli interessi di terzi, o con l’intenzione di ottenere, senza neppur mirare ad un terzo in particolare, un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli rientranti nelle funzioni di un marchio, quale la funzione essenziale di indicare l’origine (cfr. da ultimo C-T-250/21, emessa il 6.07.2022, ptt. 23,24,25; cfr. anche Tribunale I grado UE sez. VI, 21/04/2021, n.663; cfr. anche Cass. n. 5866/2024, che ha espressamente richiamato la definizione elaborata dal Tribunale UE).
Sul piano nazionale, invece, la disciplina del marchio registrato in mala fede è prevista dall’art. 19, comma 2, c.p.i. secondo cui non può ottenere una registrazione per marchio di impresa chi abbia fatto la domanda in mala fede; la norma è poi espressamente richiamata dall’art. 25 c.p.i., recante l’elenco dei casi di nullità del marchio, che a sua volta, e ai sensi dell’art. 122 c.p.i., può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse.
La giurisprudenza nazionale ha chiarito che il deposito in mala fede non è quello di chi semplicemente è consapevole di violare un diritto altrui – essendo tali casi già previsti aliunde come ipotesi di invalidità – ma costituisce un’autonoma causa di nullità che abbraccia tutte le ipotesi in cui si intenda consapevolmente ledere la legittima aspettativa di altri sul segno (ad esempio, in caso di notorietà non ancora conseguita o in itinere o di conoscenza di investimenti altrui per lanciare un logo) mediante appropriazione dello stesso, in una prospettiva anticoncorrenziale di creazione di ostacoli all’attività di altri imprenditori del settore (Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa, 12/10/2021; cfr. in senso conforme anche Tribunale Bologna, Sez. spec. Impresa , 22/12/2022 , n. 3184; Tribunale Bologna, Sez. spec. Impresa , 01/04/2022).
In questo senso, si è affermato che al fine di riconoscere la mala fede non risulta in sé decisiva la semplice conoscenza dell’esistenza del marchio anteriore altrui, occorrendo tener conto delle specifiche circostanze di fatto in cui è stata operata la registrazione del marchio posteriore (Tribunale Napoli, Sez. spec. Impresa, 05/11/2021).
Atteso il difetto di un’elencazione tassativa o esemplificativa dei casi che la integrano, l’interprete ha il compito di valutare caso per caso quando ricorre la fattispecie del marchio registrato in mala fede. Nondimeno, possono essere isolati alcuni principi di applicazione consolidata e ricorrente.
Anzitutto, la mala fede non può essere presunta: la nozione di mala fede dell’art. 19, comma 2, c.p.i. trae origine dalla nozione civilistica, il che rende applicabile all’istituto i principi generali dell’ordinamento tra cui quello in base al quale la buona fede si presume. Di conseguenza, l’onere di fornire indizi gravi, precisi e concordanti circa la consapevolezza del registrante di ledere l’altrui legittima aspettativa sul marchio grava su chi invoca la nullità della privativa.
Quanto al contenuto e alla portata di detti indizi, la Corte di Giustizia ha affermato che il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti i fattori pertinenti propri del caso di specie ed esistenti al momento del deposito della domanda di registrazione di un segno come marchio comunitario, in particolare:
a) il fatto che il richiedente sappia o debba sapere che il terzo utilizza, in almeno uno Stato membro, un segno identico o simile per un prodotto identico o simile e confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione;
b) l’intenzione del richiedente di impedire a tali terzi di continuare ad utilizzare il segno;
c) il grado di tutela giuridica di cui godono il segno del terzo e il segno di cui viene chiesta la registrazione (Corte di Giustizia, C-529/07; cfr. anche C-T-250/21).
Applicando le suddette coordinate ermeneutiche, i giudici nazionali, ad esempio, hanno riconosciuto la mala fede in soggetti che, essendo a conoscenza delle attività preparatorie e di investimento di un altro soggetto relativamente ad un segno distintivo, ne ostacolino il progetto imprenditoriale provvedendo alla preventiva registrazione (Tribunale Bologna Sez. spec. Impresa, 01/04/2022; Tribunale Milano, 23/02/2016 e 19/03/2012). Ancora, sono stati ritenuti integrati casi di mala fede a fronte di depositi di marchi oggetto di notorietà non ancora conseguita o in itinere o in caso di conoscenza da parte del depositante di investimenti altrui per lanciare un logo (Tribunale Milano Sez. spec. Impresa, 12/10/2021).
L’elemento comune delle diverse casistiche è la consapevolezza, da parte del soggetto che deposita il segno, della concreta volontà del terzo di utilizzarlo e di sfruttarlo in qualità di marchio di impresa. Tale concreta volontà non può però essere genericamente allegata, ma deve essere supportata da circostanze precise e concordanti, quali il compimento, ad esempio, di attività preparatorie alla registrazione o di investimenti per il miglioramento e la diffusione nel pubblico del segno.
In conclusione, devono segnalarsi anche orientamenti giurisprudenziali che riconoscono quali espressione di mala fede ipotesi che prescindono dalla lesione di posizioni di riserva sul segno e che sono accomunate dalla natura anticoncorrenziale dell’iniziativa posta in essere dal soggetto in mala fede. Vengono in questione le ipotesi in cui l’attività risulti non tanto diretta a ledere l’aspettativa di un soggetto ben determinato, quanto, piuttosto, a creare un intralcio più o meno diffuso alla registrazione del segno, come si riscontra nel caso dell’accaparramento dei marchi, finalizzato a creare difficoltà ai concorrenti nella individuazione di un segno distintivo da impiegare nella loro attività imprenditoriale. In tale prospettiva di carattere generale, può ricordarsi che la Corte di giustizia, pronunciandosi sull’ipotesi di registrazione in mala fede prevista dall’art. 51.1, lett. b), reg. 40/94/CE, abbia considerato tale il deposito del marchio senza l’intenzione di usarlo, ma solo per impedire che un terzo entri nel mercato (Cass. Civ. 30/04/2018 n. 10390; CGUE C-529/07 del 2009 - Controparte_13 ).
C.4.2 Alla luce di quanto suesposto, il Collegio ritiene che la decisione cautelare impugnata risulti congrua e coerente con il quadro normativo e giurisprudenziale appena esposto.
Si rammenta che il Giudice di prime cure ha escluso la sussistenza della mala fede in capo a CP_3 adducendo:
- che “la prova della conoscenza da parte di CP_3 della denominazione sociale della Controparte_7 – nome utilizzato esclusivamente in Thailandia – non è tuttavia sufficiente a provare la mala fede di CP_3 al momento della registrazione dei marchi nella sua titolarità”;
- che “non è stata provata alcuna utilizzazione del segno CP_4 nel territorio dell’Unione europea, da parte della Controparte_7 o della KST, anteriormente alla registrazione dei marchi contestati di CP_3 ;
- che “non è stato provato che al momento del deposito della domanda di registrazione dei marchi contestati (il marchio italiano n. 2002901024341 depositato il 07/06/2002 e registrato il 25/01/2006, il marchio europeo n. 018793845 depositato il 15/11/2022 e registrato il 13/04/2023 e il marchio italiano n. 2022000106495 depositato il 13/07/2022 e registrato il 12/01/2023), la Controparte_7 o la Kiang Huat stessero preparando la registrazione del marchio CP_4 nell’Unione europea né è stata provata la “notorietà in fieri” del segno CP_4 nell’ambito dell’Unione conseguita grazie agli sforzi commerciali della resistente; - la Parte_9 ha depositato solo il 30.4.2024 la domanda di registrazione del seguente marchio UE”.
C.4.3 Il primo profilo censurato dalla Reclamante riguarda l’esistenza di un preuso del segno CP_4 da parte di Parte_8 nel territorio dell’Unione Europea.
La doglianza è infondata.
Invero, dagli atti di causa emerge unicamente che Controparte_7 utilizzava Controparte_7 [...] ” quale ragione sociale, avendo registrato nel 1991 tale denominazione presso il registro delle imprese tailandese (doc. nn. 22 e 22b reclamo); manca, però, la prova sia dell’utilizzo del segno in veste di marchio (anche di fatto) da parte della società sia dell’esecuzione di attività preparatorie a tal fine volte.
C.4.4 La Reclamante ha poi censurato l’ordinanza cautelare nella parte in cui non ha preso in adeguata considerazione i rapporti commerciali tra Teppitak Seafood Co. Ltd./KST e CP_3 nonché, conseguentemente, la legittima aspettativa di Controparte_7 KST su un ipotetico marchio CP_4 da registrare.
Anche questa doglianza è priva di fondamento alla luce di quanto suesposto.
La mera conoscenza, infatti, dell’esistenza del segno e di un suo uso da parte Controparte_7 [...] KST nella ragione sociale non è di per sé sufficiente ad integrare la malafede, mancando qualsiasi prova di una consapevolezza in capo a CP_3 dell’altrui attività diretta all’uso e alla registrazione di CP_4 come marchio.
La documentazione versata in atti da Pt_1 – sia nella prima fase (fatture sub docc. 13 a-b e 14 a-b) che in sede di reclamo (in particolare i docc. 23,24,26,28,29, 33) – può al più dimostrare che CP_3 fosse a conoscenza della ragione sociale di Controparte_7 ma nulla prova in ordine ad un eventuale e concreto interesse di quest’ultima ad utilizzare e registrare il segno in veste di marchio.
In particolare:
- il doc. 23 (screenshot del sito) dimostra solo l’uso del segno nella ragione sociale e nel nome a dominio;
- i docc. 24,26,29,33 raffigurano unicamente scatole di diverse dimensioni (peraltro, prive di qualsiasi riferimento temporale o spaziale) sulle quali è apposta la dicitura “export by/packed by Teppitak Seafoods co. Ltd”, sicché ancora una volta non si evince null’altro che la ragione sociale;
- il doc. 28, avente ad oggetto “opuscoli aziendali, dei primi anni ’90, riportanti i marchi aziendali della Controparte_7 , e corrispondenti a quelli esposti nelle fatture già allegate”, reca il segno CP_4 solo nella ragione sociale (scritta in verticale).
Dagli atti, dunque, non emerge in alcun modo che Controparte_7 utilizzasse la parola CP_4 ” come marchio di fatto, anzi dai predetti documenti si rinviene che la società utilizzasse - al più- segni del tutto differenti come propri marchi (cfr. doc. 28 Pt_1 di cui di seguito si riporta un estratto).

Né la Reclamante ha fornito indizi di prova volti a dimostrare l’esecuzione da parte di [...] Controparte_7 di atti preparatori volti alla registrazione del marchio CP_4 ovvero la sua concreta volontà di procedere a tale registrazione.
Insomma, nulla dimostra l’utilizzo del segno CP_4 da parte di Controparte_7 con finalità distintiva, tanto più che la parola CP_4 ” è molto diffusa in Thailandia sia per identificare una specie di calamaro sia all’interno del diffuso cognome Persona_2 ”.
L’unica iniziativa in tal senso è giunta a distanza di oltre vent’anni dalla prima registrazione del marchio CP_4 da parte di CP_3 allorquando le Reclamanti in data 9.6.2025 hanno presentato all’ CP_14 domanda di annullamento ex art. 59(1)(b) RMUE e art. 8(3) RMUE del marchio figurativo CP_4 n. 018793845 di CP_3 (documento prodotto con nota del 30.06.2025).
La circostanza è, dunque, irrilevante rispetto all’oggetto del contendere, dato che, da una parte, si è verificata a distanza di oltre vent’anni dalla prima registrazione del marchio e, dall’altra, per valutare la mala fede del registrante rilevano unicamente gli elementi ed i comportamenti dello stesso al tempo della registrazione.
Anche questa censura, dunque, è priva di fondamento e va respinta.
C.4.5 Infine, è dirimente osservare che proprio il lungo rapporto commerciale tra CP_3 e Controparte_7 manifesta (più che la mala fede) la conoscenza e l’acquiescenza della titolarità dei marchi CP_4 da parte di CP_3
Si rammenta che CP_3 è da oltre vent’anni titolare del marchio italiano CP_4 n. 2002901024341 (depositato il 07/06/2002 e registrato il 25/01/2006), oltre che del marchio europeo n. 018793845 (depositato il 15/11/2022 e registrato il 13/04/2023) e del marchio italiano (n. 2022000106495 depositato il 13/07/2022 e registrato il 12/01/2023), come emerge dal seguente schema.

Orbene, nel corso di più di 20 anni di collaborazione commerciale, Controparte_7 non si è mai opposta all’utilizzo dei segni né ha mai rivendicato alcun diritto sugli stessi; e ciò nonostante avesse la piena consapevolezza della titolarità dei marchi in capo a CP_3
A ulteriore conferma di ciò, si richiama la fotografia sub doc. 18 della Reclamata che raffigura Parte_10 (oggi legale rappresentante di KST) alla fiera di Milano del 2019, circondato da espositori e materiali promozionali recanti i marchi CP_4 di CP_3

(doc. 18 Pt_11
Ancora, depone a favore della conoscenza e dell’acquiescenza della titolarità dei marchi CP_4 in capo a CP_3 il contratto di licenza (doc. 16 CP_3 , oggetto della terza censura, in forza del quale CP_3 ha concesso in licenza a Controparte_7 il marchio CP_4 , da utilizzare in Tailandia.
Si tratta di un documento piuttosto rilevante, atteso che da esso può desumersi – perlomeno in questa sede cautelare e ferma ogni più approfondita valutazione in sede di merito – una titolarità del marchio sin dagli anni 1990 in capo a CP_3 nota e accettata da Controparte_7 tanto che quest’ultima, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, ha prestato il consenso a divenire licenziataria dell’utilizzo del marchio (come si evince chiaramente dall’estratto del contratto di seguito riportato – doc. 16 CP_3 .

Né assume rilevanza – lo si ripete, in questa sede sommaria – il fatto che il contratto di licenza sia firmato solo dall’executive director di Controparte_7 circostanza che per la Reclamante è causa di inefficacia del contratto dato che le disposizioni contenute nei certificati rilasciati dall’ufficio del registro delle imprese di Songkhla, Tailandia (n. 014085 del 7.12.2017 – docc. 19,19bis e n. 006577 del 1.06.2020 – docc. 20/20-bis) impongono la firma congiunta di almeno due amministratori quale condizione di efficacia degli atti che vincolano la società (cfr. pt. 3 dei certificati).
A prescindere, infatti, dalla fondatezza di tale censura e dall’asserita inefficacia del contratto di licenza, qui il contratto assume rilevanza non con riferimento alle obbligazioni che da esso derivano, bensì quale elemento indiziario dal quale dedurre -in sede cautelare- l’utilizzo prolungato del segno CP_4 da parte di CP_3 e la conoscenza/acquiescenza di tale circostanza da parte di Controparte_7
In conclusione, anche la censura sollevata dalla CP_15 in relazione all’exclusive license agreement del 17 dicembre 2017 è infondata.
C.5 Ad abundantiam, si osserva che sia la natura cautelare del procedimento sia il contesto fattuale di riferimento – in cui, da una parte, CP_3 utilizza il marchio CP_4 da oltre trent’anni e, dall’altra, sono pendenti contenziosi di merito volti ad accertare la nullità del marchio CP_4 – suggeriscono un approccio prudenziale e un’adeguata ponderazione degli interessi in gioco, di talché appare anche in via precauzionale preferibile mantenere la situazione di fatto, ferma ogni diversa valutazione in sede di merito.
C.6 Infine, quanto alla domanda articolata dalla Reclamata in via incidentale, si ritiene che non debba essere ordinata la pubblicazione dell’ordinanza cautelare, dato che le misure cautelari ivi disposte già soddisfano in modo equo e proporzionato le esigenze di tutela della Reclamata. La domanda incidentale della Reclamata va, quindi, rigettata.
C.7 Per tutte le ragioni suesposte, l’ordinanza emessa nella prima fase cautelare (r.g. n. 7884/2025 - giudice dott. Edmondo Tota) deve essere integralmente confermata.
D. Le spese di lite.
D.1 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo secondo i parametri previsti dal D.M. n. 55 del 2014, come modificato con D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto del valore della causa, della complessità delle questioni giuridiche affrontate e dell’attività difensiva concretamente svolta.
D.2 Deve infine darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della CP_15 dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il reclamo, a norma del comma 1 bis dell’art. 13 del DPR n. 115 del 2002.
P.Q.M.
1. rigetta il reclamo proposto da Parte_1 e da Kiang Huat Sea Gull Trading Frozen Food Public Company Limited;
2. per l’effetto, conferma l’ordinanza emessa in data 24.04.2025 nel procedimento cautelare avente n. R.G. 7884/2025, rel. dott. Edomondo Tota;
3. rigetta il reclamo incidentale proposto da Controparte_3
4. condanna in solido Parte_1 e da Kiang Huat Sea Gull Trading Frozen Food Public Company Limited a rifondere a Controparte_3 le spese del presente giudizio che liquida in euro 6.000,00, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e CP come per legge;
5. dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della CP_15 dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il reclamo, a norma del comma 1 bis dell’art. 13 del DPR n. 115 del 2002.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del 26 settembre 2025.
Il Giudice Relatore
dott.ssa Mariachiara Vanini
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