27 luglio 2015
Violazione del segreto industriale e concorrenza sleale per sottrazione di dati riservati e know-how
L’art. 98 c.p.i. considera meritorie di tutela le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; abbiano valore economico in quanto segrete e siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete.
Le informazioni presentano un valore economico, non solo quando possiedano un valore di mercato, ma quando il loro utilizzo comporti un vantaggio concorrenziale che consenta di mantenere o aumentare la quota di mercato.
Possono dirsi adottate misure adeguate a mantenere il segreto quando il titolare delle informazioni abbia predisposto dispositivi o presidi atti ad impedire l’accesso ai dati stessi, o abbia reso edotti i propri dipendenti e collaboratori della loro natura e della necessità di mantenere il segreto.
Integra concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3, c.c, la condotta di chi risparmia, sottraendo dati riservati (anche non costituenti segreto industriale), i tempi e i costi di una autonoma ricostruzione delle informazioni industrialmente utili: con il conseguente compimento di atti concorrenzialmente sleali ad ogni acquisizione avvenuta per sottrazione e non per autonoma elaborazione.
Ai fini del risarcimento del lucro cessante da concorrenza sleale per sottrazione di dati riservati e know-how, è necessaria la prova puntuale che il mancato raggiungimento dei livelli di fatturato attesi dal soggetto leso sia dipeso eziologicamente dalla commercializzazione dei prodotti dell’autore dell’illecito.
Ai fini dell’ottenimento della condanna alla retroversione degli utili è necessaria la prova puntuale che gli utili stessi, ove non fosse stata posta in essere l’attività di concorrenza sleale, sarebbero stati conseguiti dall’attore.
Fonte: Giurisprudenza delle imprese