24 gennaio 2017
Riformulazione del brevetto ex art. 79, III, CPI: natura, presupposti, limiti ed effetti
L’art. 33 c.p.c. non legittima uno spostamento della competenza quando sia proposta una domanda verso un convenuto fittizio, ma tale ipotesi si verifica solo quando la domanda appaia prima facie artificiosa e preordinata al fine sopra indicato e – ove non si tratti di competenza territoriale inderogabile – vi sia stata tempestiva eccezione del convenuto, in base alla regola generale stabilita dall’art. 38, 2 comma, c.p.c..
Se è vero che l’art. 79 terzo comma CPI prevede la facoltà di sottoporre al giudice, in ogni stato e grado del giudizio, una riformulazione delle rivendicazioni che rimanga entro i limiti del contenuto della domanda quale inizialmente depositata, tale possibilità si deve risolvere in una istanza contenente una riformulazione precisa in ogni suo punto e non in una proposta di alternative diverse che varrebbero a rimettere al giudice (o al CTU), anziché alla parte, la scelta della formulazione corretta delle rivendicazioni, fino a raggiungere l’effetto della validità della brevettazione. La riformulazione in ogni stato e grado del giudizio ex art. 79 CPI è un potere collegato al diritto sostanziale della parte quale dedotto in giudizio, da esercitarsi, infatti, personalmente o mediante procuratore speciale, in quanto esulante dallo ius postulandi.
Nel momento stesso in cui la parte si avvale del diritto sostanziale di riformulazione del brevetto, il giudice di qualunque grado sia (di merito e di legittimità) non può che prenderne atto, essendosi avuta una limitazione dell’oggetto della domanda mediante disposizione del diritto controverso. Non è questione di mutatio libelli, ma di disposizione del diritto sostanziale, sempre riconosciuta alla parte, purché esercitata con modalità non abusive e compatibilmente con il principio costituzionale del giusto processo, attesi gli accertamenti peritali che normalmente si rendono indispensabili per la natura tecnica della materia successivamente all’esercizio di tale diritto.
La facoltà di cui all’art. 79 comma terzo CPI, che esplicitamente riconosce lo ius poenitendi sostanziale, non può essere esercitata in modo abusivo e reiterato, ma deve esserlo sempre secondo i canoni del giusto processo, anche al fine di evitare e scongiurare il più possibile un’eccessiva durata dello stesso, rendendo necessari continui ed iterativi accertamenti peritali sulle riformulazioni via via avanzate.
Posto che l’art. 76 comma 2 CPI disciplina le cause di nullità che colpiscono solo parzialmente il brevetto, assimilando a tali ipotesi anche quelle di riformulazione del brevetto, medesimo mediante esercizio dello ius poenitendi sostanziale di cui all’art. 79 comma 3 CPI, si può concludere che la norma si occupi sempre e comunque di fattispecie di nullità parziale, quoad partes relativamente alla prima ipotesi contemplata dall’art. 76 comma 2, quoad tempus relativamente alla seconda ipotesi, nella quale il brevetto, inizialmente invalido, diviene valido a seguito della riformulazione e la relativa sentenza di nullità parziale “stabilisce le nuove rivendicazioni conseguenti alla limitazione” evidentemente per il periodo successivo alla stessa.
In tema di contraffazione per equivalenti, il volontario inserimento nelle rivendicazioni di una caratteristica, atta a salvare la validità del trovato, determina una limitazione della rivendicazione che non può comportare, attraverso l’escamotage della contraffazione per equivalenti, l’estensione a un’ipotesi espressamente esclusa attraverso la limitazione stessa.
La contraffazione non è esclusa se la soluzione adottata dal terzo apporti delle modifiche alla precedente invenzione, tali da costituirne un miglioramento (contraffazione evolutiva) o se implichi l’attuazione di una precedente invenzione, costituendo una invenzione dipendente.
Fonte: Giurisprudenza delle imprese