3 novembre 2017
Nessuna volgarizzazione per Google, il marchio è salvo!
Recentemente la Corte distrettuale degli Stati Uniti si è pronunciata su un caso di volgarizzazione di marchio che ha riguardato la società Google. I giudici statunitensi infatti sono stati chiamati a decidere se la parola Google è entrata nel linguaggio comune americano e usata come termine generico per indicare l’esecuzione della ricerca su Internet o se invece esso mantiene ancora le caratteristiche richieste dalla legge per potersi parlare di marchio d’impresa ed essere protetto come tale.
Il concetto di “volgarizzazione” (genericide negli USA) nel settore dei marchi d’impresa (lo abbiamo spiegato qui per chi avesse interesse ad approfondire) si riferisce a quelle situazioni in cui un marchio nato per identificare il prodotto/servizio di un’impresa, inizia ad essere impiegato dal pubblico come nome comune, riferito ad una categoria generica di prodotti/servizi. Nella sostanza, con la volgarizzazione, il marchio perde la sua funzione di identificatore dell’origine (non viene più usato per individuare il titolare dello stesso) e finisce per essere impiegato per descrivere il prodotto/servizio indipendentemente dall’impresa che lo commercializza. Un esempio è la biro, un tempo questo termine era nato per identificare una specifica penna ideata da un’impresa e non, come invece accade oggi, indistintamente tutte le penne a sfera, stesso discorso per termini quali il kleenex o ancora il cellophan o il nylon.
I fatti
Il caso ha preso le mosse da un’azione legale per cybersquatting intentata da Google contro due ragazzi che avevano acquistato più di 700 nomi a dominio che incorporavano la parola google. I due ragazzi, dopo essere stati condannati (e i domini riassegnati), hanno chiesto ai giudici dell’Arizona di dichiarare la nullità del marchio Google per intervenuta volgarizzazione, sostenendo che la parola google negli USA è diventata un termine generico e, pertanto, non può considerarsi ancora protetta dalla legge sui marchi.
La questione dibattuta davanti ai giudici statunitensi è stata, nella sostanza, quella di chiarire se il marchio Google fosse volgarizzato o meno.
Il fatto è che negli Stati Uniti il termine google viene spesso anche impiegato come verbo transitivo per identificare l’esecuzione di una ricerca sui motori di ricerca online (per noi in Italia, accade a volte nel gergo giovanile spesso si sentono i più giovani dire “googlare”), ma la Corte nella sua pronuncia ha chiarito che una cosa è il verbo google che può essere anche divenuto sinonimo di ricerca su Internet; altra cosa, completamente differente, è il nome “Google”, che deve essere considerato ancora un segno distintivo e, per questo motivo, giace sotto la protezione della legge sui marchi.
Confermando la sentenza di primo grado, la Corte d’appello ha chiarito che se anche google è una parola usata come verbo, ciò non significa in automatico che il marchio sia volgarizzato; la volgarizzazione si verifica quando il termine descrive in maniera totale tutti i prodotti o servizi di una specifica categoria, rendendo impossibile per i concorrenti identificare un prodotto o un servizio simile attraverso un altro termine; non esiste invece alcun sostituto disponibile per la parola google come termine generico; un singolo concorrente (o un consumatore), dicono i giudici, non chiama il suo motore di ricerca “un google” e i consumatori riconoscono e si riferiscono ai diversi “motori di ricerca su internet” non con il verbo google.
Questa conclusione, favorevole al colosso di Mountain View, è stata recentemente confermata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che, il 16 ottobre scorso, si è rifiutata di riesaminare la decisione della Corte d’appello statunitense.
Il marchio Google è quindi salvo e non ha subito una volgarizzazione. E’ un segno protetto come marchio d’impresa a livello internazionale e questo grazie a tutti gli atti, gli interventi e le strategie in comunicazione e non solo, adottate dall’impresa titolare.
Annalisa Spedicato
Avvocato, si occupa di diritto della Proprietà Industriale e Intellettuale, Diritto dei Nuovi Media, Dati Personali. Area legale “MACROS”