7 novembre 2019
Ingresso “a rischio” sul mercato di medicinali generici e revoca del brevetto sul farmaco originatore. La Corte di Giustizia si pronuncia sul risarcimento del danno arrecato da misure provvisorie
di Roberto A. Jacchia e Marco Stillo
In data 12 settembre 2019, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata, nella causa C-688/17, Bayer Pharma AG contro Richter Gedeon Vegyészeti Gyár Nyrt e Exeltis Magyarország Gyógyszerkereskedelmi Kft, sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 7, della Direttiva 2004/48/CE del Parlamento e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale[1].La domanda era stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Bayer Pharma (“Bayer”) e la Richter Gedeon Vegyészeti Gyár Nyrt (”Richter”) e la Exeltis Magyarország Gyógyszerkereskedelmi Kft (“Exeltis”) relativamente al danno che queste due ultime società asserivano di aver subito in seguito a misure provvisorie adottate nei loro confronti su istanza della Bayer.
Nell’agosto 2000, la Bayer aveva depositato una domanda di brevetto per un prodotto farmaceutico contenente un principio contraccettivo presso lo Szellemi Tulajdon Nemzeti Hivatala (Ufficio nazionale della proprietà intellettuale, Ungheria; “Ufficio”), che l’aveva pubblicata nel 2002. Tra il 2009 e il 2010, la Richter e la Exeltis avevano iniziato a commercializzare prodotti contraccettivi in territorio ungherese. Poiché la Bayer aveva nel frattempo ottenuto il brevetto, nel novembre 2010 la Richter aveva presentato all’Ufficio una domanda di accertamento negativo di contraffazione volta a dimostrare che i propri prodotti non interferivano con il monopolio della Bayer. Quest’ultima aveva allora richiesto alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria; “giudice del rinvio”) misure provvisorie che vietassero alla Richter e alla Exeltis di immettere sul mercato i prodotti in questione. La domanda era stata respinta in quanto la plausibilità della contraffazione non era stata dimostrata. Successivamente, la Richter e la Exeltis avevano presentato all’Ufficio una domanda di revoca del brevetto della Bayer.
In accoglimento di una seconda domanda di misure provvisorie della Bayer del 2011, il giudice del rinvio aveva vietato alla Richter e alla Exeltis di immettere sul mercato i prodotti in questione, imponendo loro nel contempo l’obbligo di costituire garanzie. Tali società avevano pertanto presentato appello alla Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest-Capitale, Ungheria), che aveva annullato le ordinanze del giudice del rinvio per vizi di procedura ed aveva rinviato la causa dinanzi a lui. Questi, tenendo conto dello stato di avanzamento del procedimento di nullità del brevetto della Bayer e della revoca di un brevetto europeo equivalente, aveva respinto le domande della Bayer, giudicando l’adozione di misure provvisorie non proporzionata.
Nel giugno 2012, l’Ufficio aveva parzialmente accolto la domanda di nullità del brevetto della Bayer presentata dalla Richter e dalla Exeltis, e quindi nel settembre 2012 aveva dichiarando integralmente nullo il brevetto. Nel 2014, il giudice del rinvio aveva però annullato tale ultima decisione dell’Ufficio ed aveva parimenti dichiarato interamente nullo il brevetto della Bayer. Nel marzo 2017, il giudice del rinvio aveva posto fine al procedimento di contraffazione tra la Bayer e la Exeltis in seguito alla rinuncia della prima, e nel giugno dello stesso anno aveva definitivamente rigettato la domanda di contraffazione della Bayer nei confronti della Richter, sulla base della dichiarazione definitiva di nullità del brevetto. Tuttavia, sia la Richter che la Exeltis avevano chiesto la condanna di quest’ultima al risarcimento del danno che esse ritenevano di aver subito in seguito all’adozione delle misure provvisorie del 2011.
Ritenendo che, in assenza di disposizioni che disciplinavano specificamente le situazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 7, della Direttiva 2004/48[2], le norme generali della polgári törvénykönyvről szóló 1959. évi IV. törvény ungherese (legge n. IV del 1959, che istituisce il codice civile; “codice civile”) relative alla responsabilità civile e al risarcimento del danno[3] dovessero essere interpretate alla luce della normativa europea, il giudice del rinvio aveva deciso di sospendere il procedimento e di chiedere alla Corte se, in sostanza, l’articolo 9, paragrafo 7, della Direttiva 2004/48, ed in particolare la nozione di “adeguato risarcimento del danno”, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede che non si deve risarcire un soggetto per il danno che questi ha subito in conseguenza di una condotta difforme da quella che si può generalmente attendere da chiunque al fine di evitare o di ridurre il proprio danno e in base alla quale, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il giudice non condanna l’attore che ha chiesto le misure provvisorie a risarcire il danno causato da tali misure nonostante il brevetto, sulla cui base queste ultime erano state concesse, sia stato successivamente dichiarato nullo.
Nella propria pronuncia, la Corte ha preliminarmente rilevato come l’articolo 9, paragrafo 7, della Direttiva 2004/48 sia rivolto agli Stati membri, ed imponga loro di prevedere nel proprio diritto nazionale l’insieme delle misure da esso disciplinate[4]. Pertanto, spetta agli Stati membri, nella loro legislazione, il compito di conferire ai giudici competenti la facoltà di ordinare all’attore, su richiesta del convenuto, di risarcire il danno arrecato da misure provvisorie indebitamente concesse. Inoltre, tale facoltà può essere esercitata qualora le misure provvisorie siano revocate o decadano in seguito ad un’azione o ad un’omissione dell’attore, oppure qualora successivamente si constati che non vi è stata violazione o minaccia di violazione di un diritto di proprietà intellettuale, fermo restando che tale facoltà deve riguardare il danno eventualmente arrecato dalle misure in questione e che l’eventuale indennizzo deve essere corrisposto sotto forma di un “adeguato risarcimento”.
In merito alla nozione di “adeguato risarcimento”, la Corte ha ricordato come, qualora una disposizione del diritto dell’Unione non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo significato e della sua portata, è necessaria un’interpretazione autonoma e uniforme che tenga conto del contesto della disposizione stessa e dello scopo perseguito dalla normativa di che trattasi[5], che nel caso di specie consiste nel ravvicinare le legislazioni degli Stati membri al fine di assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno[6]. Pertanto, poiché l’articolo 9, paragrafo 7, della Direttiva 2004/48 impone agli Stati membri di conferire in tal caso ai giudici nazionali il potere di corrispondere al convenuto, alle condizioni previste da tale disposizione, un adeguato risarcimento, spetterà a tali giudici nazionali valutare le circostanze specifiche della causa al fine di decidere se in effetti occorra condannare l’attore a corrispondere al convenuto un risarcimento adeguato, vale a dire giustificato alla luce delle circostanze. Tuttavia, quand’anche le condizioni per l’esercizio del potere loro conferito fossero soddisfatte, secondo la Corte ciò non implica che i giudici nazionali siano automaticamente ed in ogni caso tenuti a condannare l’attore a risarcire il danno eventualmente subito dal convenuto.
Nel caso concreto, il brevetto era stato concesso solo dopo che la Richter aveva iniziato a commercializzare i propri contraccettivi, e dunque quando la Bayer aveva richiesto le misure provvisorie per la prima volta nel 2010 e nuovamente nel 2011, era già titolare di tale brevetto. Parimenti, a quella medesima data, la Richter e la Exeltis avevano già presentato una domanda di nullità del brevetto dinanzi all’Ufficio. Inoltre, dopo essere state inizialmente concesse dal giudice del rinvio, le misure provvisorie erano state annullate dal giudice dell’appello, e il giudice del rinvio, pur riconoscendo che le due società erano entrate nel mercato in violazione del brevetto della Bayer, non le aveva rinnovate in considerazione dello stato di avanzamento del procedimento di nullità del brevetto e della revoca di un brevetto europeo parallelo, procedimento che si era concluso, per l’appunto, con la nullità di tale brevetto.
Nelle circostanze del caso concreto, la normativa nazionale ungherese non consentiva al giudice di ordinare all’attore di risarcire il danno che egli aveva arrecato al convenuto mediante le misure provvisorie poi revocate. Pertanto, secondo la Corte si rende necessaria l’interpretazione della nozione di “adeguato risarcimento del danno” di cui all’articolo 9, paragrafo 7, della Direttiva 2004/48, da effettuarsi alla luce del contesto e della finalità della normativa di cui tale disposizione fa parte[7].
Poiché le misure provvisorie previste dall’articolo 9 appaiono particolarmente giustificate nei casi in cui viene accertato che un ritardo potrebbe arrecare un danno irreparabile al titolare del diritto di proprietà intellettuale, la constatazione dell’infondatezza di una domanda di misure provvisorie presuppone, in primis, l’assenza del rischio che un danno irreparabile sia causato al titolare del diritto di proprietà intellettuale in caso di ritardo nell’adozione delle misure che egli ha richiesto. Secondo la Corte, la commercializzazione dei propri prodotti da parte del convenuto nonostante fosse stata presentata una domanda di brevetto o esistesse un brevetto che poteva ostacolare tale commercializzazione può essere considerata, prima facie, un indizio oggettivo dell’esistenza di tale rischio, e pertanto la conseguente domanda di misure provvisorie presentata dal titolare del brevetto non può, a priori, essere qualificata come infondata. Parimenti, il fatto che le misure provvisorie nel caso concreto fossero state poi revocate non può essere considerato, di per sé, come un elemento determinante dell’infondatezza della domanda originaria di misure provvisorie.
In ogni caso, rimane fermo l’obbligo per il giudice nazionale di verificare se, in un determinato caso, l’attore non abbia utilizzato in modo abusivo le misure, le procedure e i mezzi di ricorso predisposti per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale[8]. A tale scopo, egli dovrà prendere in considerazione tutte le circostanze oggettive della causa, ivi compresa la condotta delle parti.
La Corte ha pertanto statuito che:
“L’articolo 9, paragrafo 7, della direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, segnatamente la nozione di «adeguato risarcimento del danno» prevista da tale disposizione, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che non si debba risarcire una persona per il danno che quest’ultima ha subito in conseguenza del fatto che essa non ha agito come ci si può generalmente attendere da chiunque al fine di evitare o di ridurre il suo danno e in base alla quale, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, il giudice non condanna l’attore che ha chiesto le misure provvisorie a risarcire il danno causato da tali misure nonostante il brevetto, sulla cui base queste ultime erano state chieste e concesse, sia stato successivamente dichiarato nullo, purché tale normativa consenta al giudice di prendere debitamente in considerazione tutte le circostanze oggettive della causa, ivi compresa la condotta delle parti, al fine, segnatamente, di verificare che l’attore non abbia utilizzato in modo abusivo le suddette misure”.
Al di là delle peculiarità del caso concreto, la pronuncia della Corte potrebbe prestarsi ad applicazioni significative nei casi, sempre più frequenti, di ingresso prematuro (cd. “a rischio”) nel mercato di medicinali generici, ancora durante la validità di un brevetto che protegge il corrispondente medicinale originatore. L’ingresso “a rischio” presuppone la probabilità che il brevetto possa venire dichiarato nullo e che gli atti di contraffazione posti in essere dal genericista cessino ex post, ma con effetto retroattivo, di essere tali. Ci si domanda se il genericista entrante prematuro sul mercato che ha subito un’inibitoria ad iniziativa del titolare del brevetto, abbia sempre titolo a vedersi risarcire il danno causato dalla misura cautelare, se il brevetto viene poi dichiarato nullo. La sentenza Bayer Pharma interpreta l’articolo 9.7 della Direttiva 2004/48/CE, introducendo un test soggettivo di diligenza della condotta del contraffattore putativo, che potrebbe vedersi negare il risarcimento del danno causato dall’inibitoria, qualora l’ingresso prematuro sul mercato non risponda a dei criteri di ordinaria prudenza e diligenza nel valutare la situazione brevettuale ed agire di conseguenza per mitigare il proprio pregiudizio.
[1] GUUE L 157 del 30.04.2004.
[2] L’articolo 9 della Direttiva 2004/48, denominato “Misure provvisorie e cautelari”, al paragrafo 7 così dispone: “... Qualora le misure provvisorie siano revocate o decadano in seguito ad un'azione o omissione dell'attore, o qualora successivamente si constati che non vi è stata violazione o minaccia di violazione di un diritto di proprietà intellettuale, l'autorità giudiziaria ha la facoltà di ordinare all'attore, su richiesta del convenuto, di corrispondere a quest'ultimo un adeguato risarcimento del danno eventualmente arrecato dalle misure in questione...”.
[3] L’articolo 339 del codice civile al paragrafo 1 così dispone: “... Chiunque cagiona illecitamente un danno ad altri è obbligato a risarcirlo. È esonerato da tale obbligo colui che dimostra di aver agito come era generalmente da attendersi da chiunque nella situazione in questione...”. Inoltre, l’articolo 340 del codice civile al paragrafo 1 così dispone: “... La persona lesa deve agire come era generalmente da attendersi da chiunque nella situazione in questione per evitare o ridurre il danno. Il danno che è la conseguenza del mancato rispetto di tale obbligo da parte della persona lesa non è risarcibile...”.
[4] Il considerando (22) della Direttiva 2004/48 così dispone: “... È altresì indispensabile definire misure provvisorie che consentano la cessazione immediata della violazione, senza la necessità di attendere la decisione nel merito, nel rispetto dei diritti della difesa, assicurando la proporzionalità delle misure provvisorie in funzione delle specificità di ciascuna situazione e avendo adottato tutte le garanzie necessarie a coprire le spese o i danni causati alla parte convenuta in caso di domande infondate. Queste misure appaiono particolarmente giustificate nei casi in cui è debitamente accertato che un ritardo potrebbe arrecare un danno irreparabile al titolare del diritto...”.
[5] CGUE 21.10.2010, causa C‑467/08, Padawan, punto 32.
[6] Il considerando (10) della Direttiva 2004/48 così dispone: “... L'obiettivo della presente direttiva è di ravvicinare queste legislazioni al fine di assicurare un livello elevato, equivalente ed omogeneo di protezione della proprietà intellettuale nel mercato interno...”.
[7] CGUE 06.06.2018, causa C‑49/17, Koppers Denmark, punto 22.
[8] L’articolo 3 della Direttiva 2004/48, denominato “Obbligo generale”, al paragrafo 2 così dispone: “... Le misure, le procedure e i mezzi ricorso sono effettivi, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi...”.
Avv. Roberto A. Jacchia - Dott. Marco Stillo - Studio Legale De Berti Jacchia Franchini Forlani
Fonte: dejalexonbrexit.eu