22 dicembre 2025
Contraffazione di varietà vegetali: la distinzione tra equa compensazione e risarcimento del danno alla luce del Reg. CE n. 2100/94
di Domenico Anacleto
Con sentenza del 12 novembre 2025, la Sezione Specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Venezia ha fornito un’interpretazione di notevole rilievo in materia di tutela dei diritti di privativa su varietà vegetali, soffermandosi in particolare sul contenuto dell’obbligo di diligenza gravante sugli operatori professionali del settore sementiero e sulla corretta applicazione dell’art. 94 del Reg. CE n. 2100/94.
La pronuncia riveste particolare importanza poiché rappresenta uno dei primi contributi giurisprudenziali a pronunciarsi sulla distinzione tra l’“equa compensazione”, prevista dal primo comma dell’art. 94, Reg. CE n. 2100/94, e il risarcimento del danno, regolato dal secondo comma dello stesso articolo. Tale distinzione si fonda su una lettura rigorosa del concetto di ‘negligenza’, che comporta l’applicazione di uno standard elevato di diligenza professionale per gli operatori della filiera sementiera e, in generale, per chiunque intenda moltiplicare o riprodurre varietà vegetali protette da diritti di privativa.
I fatti di causa
La controversia trae origine dall’azione promossa da Limagrain Europe S.A.S., titolare della privativa comunitaria sulla varietà di pisello proteico denominata “Audit”, nei confronti di una società sementiera italiana. A quest’ultima era stata contestata la moltiplicazione e commercializzazione di semi della stessa varietà, effettuate senza alcuna autorizzazione né del titolare né, nello specifico, della licenziataria italiana Limagrain Italia S.p.a. o della mandataria francese Sicasov.
In particolare, la convenuta, in concorso con altre due imprese sementiere, aveva acquistato in Germania, presso un distributore autorizzato da Limagrain Europe, sementi di “prima riproduzione” (o “R1”) della varietà protetta. Successivamente, tali sementi erano state trasferite in Ungheria, dove erano state illecitamente moltiplicate. In seguito, il materiale così ottenuto era stato reintrodotto sul mercato italiano e venduto come sementi di “seconda riproduzione” (o “R2”) destinate alla risemina.
Citata in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, la convenuta non aveva svolto contestazioni in punto di fatto, ma aveva eccepito la propria buona fede, sostenendo di non essere stata informata dal distributore ufficiale che la varietà “Audit” fosse protetta da diritti di privativa. Aveva quindi ritenuto che, non avendo agito in modo deliberato o negligente, le conseguenze della violazione dovessero limitarsi alla corresponsione di un’equa compensazione, come previsto dal primo comma dell’art. 94, Reg. CE n. 2100/94, escludendo così il più gravoso obbligo di risarcimento del danno previsto dal secondo comma dello stesso articolo.
La normativa di riferimento e l’interpretazione fornita dal Tribunale di Venezia
Il fulcro della decisione del Tribunale di Venezia risiede nell’analisi dell’articolo 94, Reg. CE n. 2100/94, che disciplina le conseguenze della violazione dei diritti del costitutore di una varietà vegetale protetta a livello europeo.
La norma prevede un doppio livello di tutela: il primo comma stabilisce che chiunque compia, senza l’autorizzazione del titolare, uno degli atti di sfruttamento esclusivo elencati all’art. 13 del medesimo Regolamento (come la produzione, la moltiplicazione e la commercializzazione di costituenti varietali) può essere convenuto in giudizio affinché sia disposta la cessazione della violazione, la corresponsione di un’equa compensazione, oppure entrambe le misure. Questa tutela prescinde da qualsiasi elemento soggettivo (dolo o colpa) dell’autore della violazione.
Il secondo comma prevede invece che, qualora l’autore della violazione abbia agito deliberatamente o per negligenza, egli è tenuto anche a risarcire il danno subito dal titolare. In questo caso, è necessario un accertamento della colpa dell’agente e, in caso di colpa lieve, il risarcimento può essere ridotto in misura non inferiore al vantaggio ottenuto dall’autore dell’infrazione.
Il Tribunale di Venezia, nel decidere quale delle due previsioni dovesse applicarsi al caso concreto, ha anzitutto chiarito che, ai fini dell’applicazione dell’obbligo risarcitorio di cui all’art. 94, comma 2, Reg. CE n. 2100/94, non rileva lo stato soggettivo di buona o mala fede, ma è sufficiente accertare che l’autore della condotta abbia agito con negligenza.
La nozione di ‘negligenza’ assume dunque un ruolo decisivo nel discriminare tra le due forme di tutela: solo attraverso un’interpretazione sostanziale del concetto di ‘diligenza professionale’ è possibile applicare coerentemente la gradazione di responsabilità prevista dalla norma. In tal senso, la valutazione della negligenza non si esaurisce nell’accertamento della buona o mala fede soggettiva, ma richiede di verificare se l’operatore abbia adottato tutte le cautele che, secondo gli standard del settore, erano ragionevolmente esigibili per evitare la violazione.
Il Tribunale di Venezia ha fornito una definizione puntuale del concetto di ‘negligenza’ in questo contesto, precisando che:
“Il concetto di negligenza deve essere valutato tenendo conto della diligenza media richiesta all’operatore del settore di riferimento e quindi, nel caso di specie, di imprenditori dediti al commercio di sementi e di varietà vegetali, i quali certamente sono tenuti non solo a conoscere l’esistenza della disciplina che vieta gli atti di riproduzione di varietà vegetali senza l’autorizzazione del titolare ma anche ad informarsi preventivamente nonché a verificare se i prodotti che intendono commercializzare o riprodurre siano o meno coperti da privativa, al fine di evitare di incorrere nelle sanzioni di legge”.
Secondo il Giudice veneziano, la convenuta, prima di procedere alla moltiplicazione delle sementi, aveva l’onere di verificare, tramite l’accesso alle banche dati pubblicamente disponibili, se si trattasse di una varietà protetta. E ciò a maggior ragione nel caso di specie ove la fattura del distributore ufficiale tedesco di Limagrain Europe, da cui la convenuta aveva acquistato semi di prima riproduzione, riportava a chiare lettere l’esatta denominazione (“Audit”) della varietà.
La circostanza, addotta dalla convenuta, che il venditore non avesse segnalato l’esistenza di diritti di privativa sulla varietà, è stata ritenuta ininfluente e non idonea a escludere la colpa. L’obbligo di informazione grava direttamente sull’operatore che intende sfruttare economicamente la varietà, il quale non può fare affidamento passivo sulle dichiarazioni o omissioni di terzi.
In altri termini, la sentenza in commento individua un onere di diligenza qualificata per le imprese che operano nell’ambito della riproduzione/moltiplicazione e commercializzazione del materiale di propagazione di varietà vegetali, che impone un obbligo di verifica della sussistenza di diritti di privativa varietale prima di procedere alla eventuale moltiplicazione. Di conseguenza, l’omissione “negligente” di tale verifica determina la responsabilità per colpa ai sensi del secondo comma dell’art. 94, Reg. CE n. 2100/94.
In forza dell’accertamento della condotta negligente della convenuta, il Tribunale di Venezia ha quindi riconosciuto in capo a Limagrain Europe il diritto al pieno risarcimento del danno, applicando i criteri previsti dalla legislazione nazionale (art. 125 CPI), come previsto dall’art. 97, Reg. CE n. 2100/94. Inoltre, è stata pure inibita alla convenuta la prosecuzione dell’attività illecita con fissazione di una penale per ogni eventuale violazione successiva alla pronuncia del provvedimento di inibitoria.
Conclusioni
La sentenza del Tribunale di Venezia segna un punto fermo nella tutela delle privative vegetali in Italia. Essa chiarisce in modo inequivocabile che l’ignoranza circa l’esistenza di un diritto di privativa non costituisce un’esimente per un operatore professionale del settore, essendo gli strumenti per acquisire tale conoscenza facilmente disponibili.
La decisione eleva la diligenza richiesta, trasformandola in un vero e proprio onere di verifica preventiva, la cui omissione costituisce di per sé negligenza.
Questa interpretazione rafforza significativamente la posizione dei titolari di diritti di privativa, consentendo loro di accedere più agevolmente alla tutela risarcitoria piena prevista dal secondo comma dell’art. 94, Reg. CE n. 2100/94, superando la mera “equa compensazione” di cui al primo comma del medesimo articolo. Inoltre, la pronuncia offre un’applicazione pratica dei meccanismi di interazione tra normativa comunitaria e nazionale, chiarendo come, una volta accertata la colpa, il titolare possa beneficiare dei più ampi rimedi previsti dall’ordinamento interno, inclusa la retroversione degli utili del contraffattore ai sensi dell’art. 125, comma 3, CPI.
Il principio affermato dal Tribunale di Venezia – certamente applicabile a qualsiasi controversia riguardante diritti di privativa su varietà di qualunque specie – rappresenta, dunque, un importante deterrente contro la circolazione e lo sfruttamento non autorizzato di varietà protette, imponendo a tutti gli operatori della filiera un più elevato standard di correttezza e responsabilità professionale.
Avv. Domenico Anacleto
Trevisan & Cuonzo


