11 febbraio 2015
Il Tribunale di Milano condanna le pubblicità di Caleffi per l'utilizzo di elementi evocativi dell'immagine di Audrey Hepburn
Con sentenza n. 766 del 21 gennaio 2015 a conclusione della causa promossa dagli eredi di Audrey Hepburn nei confronti di Caleffi S.p.a., il Tribunale di Milano si è pronunciato in favore della tutela del diritto di immagine dell'attrice, riconoscendo indebito l'utilizzo non del ritratto e delle fattezze della Hepburn, ma di alcuni elementi che, anche se non direttamente riferibili a lei sola, per la loro peculiarità ed il loro valore evocativo sono idonei a richiamare in via immediata nella percezione del pubblico l'attrice, alla quale tali elementi (abbigliamento, ornamenti, acconciatura) sono ormai indissolubilmente collegati.
La decisione conferma un orientamento giurisprudenziale risalente e mai disatteso che riconosce il valore evocativo di quegli elementi iconici che immediatamente richiamino nell’immaginario collettivo personaggi noti al pubblico.
Tra i precedenti, la decisione della Pretura di Roma del 1984 che ha riconosciuto la lesione del diritto d’immagine di Lucio Dalla per essere stati riprodotti in una campagna pubblicitaria un copricapo a zucchetto di lana e di un paio di occhialetti a binocolo (prediletti dal noto cantautore); successivamente, la sentenza della Cassazione n. 2223 del 12 marzo 1997, che aveva disatteso la decisione del giudice di merito e di appello che aveva negato la violazione dei diritti della personalità di Totò da parte di Sperlari, per avere la stessa utilizzato un marchio costituito dalla parola «Totò» e dalla riproduzione stilizzata di alcuni elementi fisionomici (naso storto e occhi a mandorla) tipici del noto attore napoletano, per contraddistinguere una linea di cioccolatini.
La Cassazione ha affermato che in tale caso fosse necessario valutare se l’immagine, ancorché stilizzata e non figurativa dell’attore, risultasse evocatrice della identità personale dello stesso, ancora vivente nella realtà dello spettacolo cinematografico e televisivo, con l’intento di far riverberare la simpatia dei consumatori verso quell’attore sul prodotto reclamizzato, sfruttandone così la notorietà.
La controversia promossa dagli eredi di Audrey Hepburn ha tratto origine dalla campagna pubblicitaria di Caleffi “Il diamante dei sogni”, pubblicata sul settimanale "Io Donna" e sul sito web della società convenuta.
Nella sua campagna Caleffi ha operato una ricostruzione fotografica di un contesto e di un personaggio (interpretato da una modella) che, a detta degli eredi dell'attrice, riprendeva elementi e ambientazione idonei a richiamare nella mente del pubblico l’immagine di Audrey Hepburn nella celebre sequenza dell'opera cinematografica "Colazione da Tiffany" in cui l'attrice, vestita in abiti eleganti, è intenta ad osservare la vetrina della nota gioielleria Tiffany a New York.
Caleffi si è difesa sostenendo che la propria campagna mostrava esclusivamente una modella (non un sosia dell'attrice) che voleva rappresentare una donna elegante intenta ad osservare la vetrina di una gioielleria e che, pertanto, non sussisteva una violazione del diritto di immagine di Audrey Hepburn, non avendo la campagna utilizzato il ritratto o le fattezze dell'attrice.
Il Tribunale di Milano ha accolto invece le domande degli eredi Hepburn, ritenendo che l’intento del fotografo fosse stato al contrario proprio quello di richiamare direttamente l’immagine dell'attrice, così come appare in “Colazione da Tiffany”, simbolo di estrema eleganza e raffinatezza, sia per le naturali doti personali dell'attrice che per le scelte dell'abbigliamento, dei gioielli indossati, dell’acconciatura, che ne hanno consolidato in maniera indelebile, proprio attraverso tale immagine, le peculiarità.