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7 aprile 2016

Il Tribunale di Milano sancisce la nullità del marchio italiano “logo vacchetta”

Nel corso dell’anno 2009 alcune associazioni di categoria francesi operanti nel settore del calzaturiero e della pelletteria in generale, instauravano presso il Tribunale di Milano, Sezione Impresa, una causa di merito volta ad ottenere la declaratoria di nullità e/o decadenza dei marchi di titolarità della associazione UNIC – Unione Nazionale Industria Conciaria (di seguito UNIC).

Tali marchi collettivi erano costituiti dal “logo vacchetta” da solo, come raffigurato nell’immagine del marchio UNIC  ed accompagnato da espressioni verbali quali “vera pelle”, ”vero cuoio”, nonché da ulteriori varianti meno note quali “vero cuoio italiano”, “vera pelle italiana”, “cuoio tradizionale ad alta qualità”.

Tali segni, seppur registrati negli anni 70, solo attorno agli anni 2007-2008, avevano iniziato ad essere concessi in licenza a titolo oneroso da parte dall’associazione UNIC titolare dei marchi - nelle varianti solo logo e logo accompagnato dalle espressioni “vera pelle” e “vero cuoio”. Nei confronti delle imprese che non avevano aderito a tali contratti, erano stati effettuati numerosi blocchi doganali e sequestri di calzature provenienti dall’estero recanti il logo della vacchetta.

Nel frattempo la Direttiva Europea 94/11/CE, recepita in Italia nel 1996, aveva regolato a livello europeo le modalità di etichettatura delle calzature, individuando dei simboli capaci di identificare i materiali per realizzare tali prodotti. Il simbolo scelto dalla Direttiva per identificare i prodotti in pelle, è quello della forma stilizzata della pelle di animale. Tale normativa impone infatti l’applicazione di un simbolo, () raffigurato in maniera esattamente sovrapponibile al marchio di UNIC “logo vacchetta” per identificare i prodotti in pelle/cuoio.

La causa era stata quindi instaurata al fine di ottenere non solo la nullità dei marchi in oggetto, ma anche la declaratoria di nullità dei contratti di licenza imposti da UNIC, in quanto costituenti una violazione delle norme in materia di libera concorrenza.

Sentenza parziale di primo grado

Come precedentemente pubblicato su Lexology il Tribunale di Milano con sentenza parziale e non definitiva nel 2013 ha dichiarato la nullità del marchio collettivo costituito dal “ logo vacchetta” in quanto carente del requisito di novità al momento del deposito del marchio nel 1977, stante la comprovata diffusione del segno in ambito internazionale sin dalla fine del 1800. La nullità è stata altresì dichiarata in quanto il segno risulta contrario alla legge, a causa l’incompatibilità del monopolio di UNIC con la normativa europea in materia di etichettatura delle calzature Dir. 94/11/CE. La decisione aveva rimesso invece il procedimento in istruttoria con riferimento agli altri marchi di titolarità di UNIC, nonché relativamente ai profili concorrenziali.

Appello avverso la sentenza parziale

La sentenza parziale di cui sopra è stata impugnata da UNIC dinnanzi alla Corte d’Appello di Milano: la relativa procedura si è conclusa con il rigetto dell’impugnazione e l’integrale conferma della sentenza di primo grado – nullità del logo vacchetta per carenza di novità e contrarietà alle norme di legge. UNIC ha quindi proposto ricorso per Cassazione – il relativo procedimento risulta attualmente pendente.

Sentenza finale di primo grado

Il procedimento di primo grado intanto è giunto a conclusione. Con sentenza del 15 gennaio 2016 il Tribunale di Milano ha dichiarato la nullità del marchio di UNIC ”logo vacchetta” depositato dall’associazione UNIC in corso di causa, identico a quello risalente agli anni 70, già dichiarato nullo con sentenza parziale di primo grado e confermata in appello. La declaratoria di nullità si fonda, analogamente alla decisione parziale, sulla carenza di novità del marchio (divenuto di uso generale sin dagli inizi del’900) nonché sulla contrarietà alla legge dello stesso.

Il Tribunale ha altresì statuito che il monopolio di UNIC risulta del tutto incompatibile con la vigente normativa, affermando la retroattività della direttiva comunitaria, possibilità riconosciuta in situazioni eccezionali nelle quali lo scopo da raggiungere prevale sulla certezza del diritto. Nel caso di specie lo scopo perseguito dalla direttiva, la libera apposizione da parte degli operatori del settore del logo della vacchetta, qualora i loro prodotti corrispondano ai requisiti legali, non consente la monopolizzazione del segno.

 Il Tribunale ha quindi accertato l’illiceità dei comportamenti di UNIC volti ad impedire il libero utilizzo sul territorio italiano del “logo vacchetta” sin dall’entrata in vigore in Italia della legge sull’etichettatura delle calzature (1996), inibendo all’associazione UNIC la prosecuzione delle condotte di cui si tratta.

La sentenza di primo grado ha invece rigettato le domande di nullità dei marchi collettivi complessi contenenti le altre le espressioni “vera pelle” e “vero cuoio” ritenuti validi nonostante la valenza descrittiva degli elementi che li compongono, nonché le altre domande formulate dalle attrici.

Con riferimento ai marchi complessi costituiti dal logo accompagnato dalle espressioni” vera pelle” e “vero cuoio” il Collegio, pur giudicandoli validi, ha preso tuttavia una chiara posizione affermando che UNIC non potrà aggredire gli operatori del mercato che utilizzino il logo vacchetta accompagnato da locuzioni “cuoio” o “pelle”, con diversa collocazione e carattere grafico rispetto a quella indicata nei marchi delle convenute.

Conclusioni

La sentenza in esame, ancora soggetta a possibile appello, risulta di primaria importanza a livello nazionale ed internazionale in quanto l’inibitoria disposta dal Tribunale di Milano in capo ad UNIC è provvisoriamente esecutiva. Pertanto tale decisione stabilisce la possibilità di usare il logo della vacchetta, anche accompagnato dalle definizioni “pelle/cuoio” (purchè non in modalità coincidenti con i marchi UNIC tuttora validi), con riferimento a prodotti in pelle destinati al mercato italiano, nel solo rispetto della normativa di settore.

 


Studio Legale Jacobacci & Associati

Fonte: Lexology