• Diritti d'autore - Software

12 luglio 2016

Oracle v. Google: la “fair use” ha salvato i programmatori web!

Il 26 maggio 2016 una giuria nel Northern District of California ha deciso all’unanimità che l’utilizzo da parte di Google delle API appartenenti ad Oracle costituisce fair use ai sensi dello U.S. Copyright Act. La battaglia tra Oracle e Google è iniziata nel 2010, quando Oracle ha citato in giudizio Google per aver utilizzato senza permesso le API JAVA, di cui il primo è proprietario.

API sta per “Interfaccia di Programmazione di un’Applicazione” (Application Programming Interface) e consiste in un insieme di istruzioni che consentono a differenti tipi di software di comunicare tra loro. Quando Google ha iniziato l’implementazione del suo sistema operativo Android (Android Operating System, ovvero “Android OS”), sebbene avesse scritto la propria versione di JAVA, ha copiato alcune caratteristiche delle API appartenenti ad Oracle, al fine di facilitare gli sviluppatori web, che avevano già dimestichezza con queste ultime, nel lavoro di creazione di programmi per Android. Pertanto Oracle ha rivendicato il copyright sulle API JAVA e la violazione di tale diritto da parte di Google.

Il 31 maggio 2012 il giudice Alsup del Northern District of California ha stabilito che le API non possono essere protette da copyright ai sensi dello U.S. Copyright Act, il quale non protegge beni puramente funzionali, ovvero “un processo, un sistema o metodi operativi” (17 U.S. Code § 102). Il giudice ha motivato la sua decisione sostenendo che nella situazione in questione la tassonomia “risulta composta interamente da un sistema di comandi volti ad eseguire specifiche funzioni del computer”, quindi “accettare la richiesta di Oracle significherebbe consentire a chiunque di rivendicare il copyright su una versione di codice finalizzato ad attuare un sistema di comandi, con la conseguenza di impedire a chiunque altro di scriverne diverse versioni per eseguire interamente o parzialmente gli stessi comandi”.

Oracle ha proposto appello e il 9 maggio 2014 la U.S. Court of Appeals for the Federal Circuit ha invertito il giudizio stabilendo che le API JAVA sono protette da copyright, mentre ha lasciato aperta la possibilità di una cosiddetta “fair use defense” a favore di Google. Il Federal Circuit ha motivato la propria conclusione evidenziando che “una serie di comandi finalizzati ad istruire un computer ad eseguire le operazioni desiderate possono costituire espressione di un'idea e quindi essere meritevoli di tutela tramite copyright”. Pertanto secondo la Corte, sebbene un programma per elaboratore sia funzionale per definizione, può essere soggetto a copyright nella misura in cui possiede il carattere dell’originalità e l’idea che ha alla base avrebbe potuto essere espressa in numerosi modi da parte dell’autore.

Ad Ottobre 2014 Google ha presentato una petizione alla Suprema Corte degli Stati Uniti domandando la revisione della decisione del Federal Circuit, che tuttavia è stata negata. La questione è quindi tornata alla District Court e una giuria ha concordemente stabilito che l'implementazione da parte di Google delle API JAVA è protetta da fair use.

Tale decisione costituisce un grande sollievo per tutti i programmatori, poiché ordinariamente scrivono le proprie implementazioni delle altrui API. Un diverso verdetto da parte della giuria avrebbe rischiato di gettare nel caos "l'universo degli sviluppatori web”, potendo provocare l’inizio di una serie di rivendicazioni con conseguente rallentamento del progresso tecnologico, almeno nel lungo termine.

A rigore, la decisione più fondata sembra essere quella del giudice Alsup del 2012. Infatti tutti i programmi sono funzionali per loro stessa natura, pertanto la considerazione che uno stesso scopo funzionale possa essere attuato da una molteplicità di software non è rilevante al fine di stabilirne la tutelabilità tramite copyright. Ciò che rileva da un punto di vista giuridico è il fatto che nei programmi per elaboratore non vi è una reale (ma solo fittizia) dicotomia tra idea ed espressione (requisito essenziale ai fini della tutela tramite copyright), le quali invece si fondono, con la conseguenza che le API non dovrebbero essere considerate soggette a copyright.

In ogni caso Oracle ha in programma di proporre appello, restiamo in attesa degli sviluppi futuri!

 

Fonti:

 


Dott.ssa Elisabetta Coronel Vera, Intellectual Property Law LL.M. '13 (Benjamin N. Cardozo School of Law, New York, USA).
Traduzione da IPlens, a critical blog - Testo originale disponibile al seguente link