26 maggio 2017
La Corte di Giustizia ricostruisce la nozione di comunicazione al pubblico e di diritto di riproduzione nel caso C-527/15 sui dispositivi elettronici che incorporano collegamenti ipertestuali
Con la sentenza C-527/15 la Corte di Giustizia dell’UE ha ricostruito la nozione di comunicazione al pubblico e di diritto di riproduzione, ampliando la sua portata e confermando la sua applicazione alla vendita di dispositivi che consentono l’accesso a contenuti non autorizzati.
Il tema è il regime giuridico dei collegamenti ipertestuali – ossia i link - che permettono di navigare da un sito web ad un altro, e che, come tali, costituiscono elementi indispensabili per il funzionamento di Internet ed, al contempo, possono facilitare la proliferazione delle violazioni dei diritti d’autore sul web. Infatti, come evidenziato dall’AG nelle sue conclusioni depositate l’8 dicembre 2016, è necessario raggiungere “un equilibrio tra il rispetto della proprietà intellettuale e il libero sviluppo della società dell’informazione”.
Il contesto normativo
In forza dell’articolo 3 della Direttiva 2001/29/CE (“Direttiva Infosoc”), rubricato <<diritto di comunicazione al pubblico, compreso il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti>>, qualsiasi comunicazione di un’opera al pubblico dev’essere autorizzata dal titolare dell’opera.
Inoltre, l’articolo 5, al paragrafo 1 determina un’importante eccezione al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2, giacché sono esentati gli “atti di riproduzione temporanea (…) privi di rilievo economico proprio perché sono transitori o accessori, e parte integrante e essenziale di un procedimento tecnologico, eseguiti all’unico scopo di consentire: a) la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o, b) un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali”.
Ciononostante, continua il paragrafo 5 del suddetto articolo, “le eccezioni e limitazioni di cui ai paragrafi 1, 2, 3 e 4 sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare”.
Il precedente: la decisione C-160/15
Con la sentenza dell’8 settembre 2016, meglio conosciuta come “GS Media” (C-160/15), il Giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di Giustizia di esaminare, in quali circostanze, il fatto di collocare su un sito Internet un collegamento ipertestuale verso opere protette disponibili su un altro sito Internet, senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, costituisce una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE.
La Corte rammenta che la nozione di comunicazione al pubblico consta di due elementi cumulativi, ossia un atto di <<comunicazione>> di un’opera e la comunicazione della stessa ad un <<pubblico>>.[1] Inoltre, precisa la Corte, per valutare l’esistenza della “comunicazione al pubblico” è necessario esaminare i seguenti criteri:
I. Il ruolo dell’utente e il carattere intenzionale del suo intervento;
II. La nozione di pubblico, cioè il numero indeterminato dei potenziali destinatari;
III. Il carattere lucrativo della comunicazione.
Il procedimento principale e le questioni pregiudiziali
L’elemento che contraddistingue la presente decisione è dato dal fatto che, nella fattispecie in esame, non sono inseriti collegamenti ipertestuali su un sito web proprio come nella causa GS Media, bensì sono installate componenti aggiuntive (c.d. add-ons) contenenti collegamenti ipertestuali nel lettore multimediale, offerto al pubblico dal Sig. Wullems, con la denominazione commerciale di <<filmspeler>>.
Attraverso il suddetto lettore multimediale – che funge da intermediario tra una fonte d’immagini e/o di segnali audio e uno schermo televisivo – l’utilizzatore finale è ridiretto, mediante link, verso siti web di streaming gestiti da terzi che forniscono libero accesso a opere (film, serie ed eventi sportivi) protette da diritto d’autore.
Ciò premesso, la controversia investe gli articoli 3 e 5 della Direttiva 2001/29/CE; vediamo, quindi, come la Corte di giustizia ha risposto alle questioni pregiudiziali sollevate dal Rechtbank Midden-Nederland.
- La comunicazione al pubblico ex art. 3 della direttiva 2001/29/CE
La Corte evidenzia che l’articolo 3 della direttiva InfoSoc non precisa la nozione di <<comunicazione al pubblico>>. Occorre, pertanto, determinare il senso e la portata della disposizione in considerazione degli specifici obiettivi perseguiti dalla direttiva e del contesto in cui la stessa si colloca.[2] Di conseguenza, ai fini della sussistenza del suddetto requisito – in ottemperanza alla giurisprudenza della Corte – è necessario valutare la presente fattispecie alla luce dei tre criteri summenzionati: I) il ruolo dell’utente; II) il carattere lucrativo dell’intervento; III) la nozione di pubblico.
Il primo e il secondo criterio possono essere affrontati simultaneamente. Analizzando i fatti della controversia emerge che il Sig. Wullems, mediante gli add-on installati nel lettore multimediale, fornisce libero accesso a opere protette da diritto d’autore; pertanto, consapevole del fatto che gli add-on contenessero link verso contenuti digitali caricati su Internet – senza autorizzazione dei titolari del diritto o con autorizzazione subordinata alla sottoscrizione di un abbonamento – ha agito con evidente scopo di lucro e con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento. [3] In particolare, secondo l’Avvocato Generale, non sussiste la tesi sostenuta dal Sig. Wullems volta ad evidenziare il carattere neutro e non decisivo del lettore multimediale <<filmspeler>>, poiché si limita a fornire un accesso indiretto a contenuti già reperibili online. La Corte, difatti, si è già espressa in proposito disponendo che, il fatto di mettere a disposizione su un sito Internet dei link verso opere protette, pubblicate senza alcun limite di accesso su un altro sito, offre un accesso diretto agli utilizzatori.[4] Analogamente, il filmspeler non può essere considerato una <<mera attrezzatura fisica>> ai sensi e agli effetti del considerando 27 della Direttiva InfoSoc, semmai <<una modalità di comunicazione al pubblico di opere protette dal diritto d’autore, precedentemente caricate in modo illegittimo>>.[5] Riprendendo le parole dell’Avv. Gen.: “Ritengo che non vi siano differenze significative tra l’atto di collocare su un sito web collegamenti ipertestuali verso opere protette e l’atto di collocarli in un dispositivo multimediale progettato precisamente per essere utilizzato su Internet. (…) la fornitura di collegamenti verso tali contenuti protetti, la loro messa a disposizione del pubblico costituisce un elemento comune ad entrambi i comportamenti, il cui carattere apparentemente accessorio o ausiliario non può nascondere che si tratta di attività dirette a consentire a chiunque di fruire, semplicemente attivando il collegamento ipertestuale, delle opere protette”.[6]
Per quanto riguarda il terzo criterio (i.e. la nozione di pubblico), per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, è necessario che la comunicazione sia compiuta con una determinata tecnica diversa da quelle utilizzate fino a quel momento o, in mancanza, che la diffusione abbia luogo presso un <<pubblico nuovo>>, cioè i destinatari non presi in considerazione nel momento in cui è stato manifestato il consenso alla diffusione da parte dei titolari dei diritti.[7] A parere dell’AG, la tecnica utilizzata nel lettore multimediale <<filmspeler>> non presenta alcun elemento innovativo, semmai costituisce “un’aggregazione di elementi esistenti”; inoltre, mediante la preselezione dei siti web che consentono la visione gratuita dei contenuti digitali, il lettore multimediale amplia il perimetro e la cerchia dei potenziali destinatari assicurando, così, un agevole accesso anche ad utenti poco esperti. È da notare, a tal proposito, che il lettore multimediale è stato acquistato da un numero considerevole di persone che possono accedere in modo contestuale alle opere mediante streaming; pertanto, la <<comunicazione>> riguarda tutti i potenziali acquirenti del lettore multimediale che dispongono di una connessione Internet, ossia un numero indeterminato e considerevole di potenziali destinatari. Né consegue che le opere sono effettivamente comunicate ad un <<pubblico>> ai sensi dell’articolo 3 della direttiva InfoSoc.
- L’utilizzo legittimo ex art. 5 della Direttiva 2001/29/CE
Con la presente questione pregiudiziale, il Giudice del rinvio intende sapere se la condotta dell’utilizzatore finale – ossia la riproduzione temporanea mediante streaming di un’opera protetta – possa beneficiare della tutela offerta dall’articolo 5, paragrafi 1 e 5, della Direttiva InfoSoc.
La Corte, innanzitutto, rileva che per usufruire della deroga è necessario che l’atto soddisfi cinque requisiti, ossia dev’essere: I) temporaneo, II) transitorio o accessorio, III) parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico IV) eseguito all’unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l’intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un’opera o di altri materiali, V) privo di rilievo economico. Peraltro, per costante giurisprudenza, i suddetti requisiti hanno carattere cumulativo – la mancata osservanza di uno solo di essi comporta l’esclusione della deroga – ed inoltre, in ottemperanza del paragrafo 5 del suddetto articolo, l’esenzione è applicata esclusivamente in determinati <<casi speciali>> che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi dei titolari del diritto. Come evidenziato dall’AG, in siffatta ipotesi, non si può parlare di utilizzo legittimo poiché l’utilizzatore finale accede a contenuti digitali la cui diffusione è stata vietata o limitata dai titolari del diritto – si tratta, quindi, di un illecito utilizzo – di conseguenza la mancanza di questo requisito rende superfluo l’accertamento degli altri criteri sanciti dall’articolo 5, paragrafo 5, della Direttiva InfoSoc.[8] Ciononostante, non ricorre neppure il criterio dei meri <<casi speciali>>, giacché il dispositivo commercializzato dal Sig. Wullems dà luogo a un numero illimitato di download di contenuti digitali senza il consenso dei titolari dei diritti – il diritto di riproduzione dei contenuti digitali è stato concesso esclusivamente dietro abbonamento o formula analoga – e la simultanea visualizzazione in streaming, senza un corrispettivo, implica una riduzione delle transazioni legali e del numero di abbonati, cui consegue – a sua volta – un <<pregiudizio al normale sfruttamento delle opere>> e una lesione ingiustificata degli <<interessi legittimi del titolare del diritto d’autore>>.
- La soluzione delle questioni pregiudiziali
Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Giustizia dell’UE risponde alle questioni pregiudiziali sollevate dal Rechtbank Midden-Nederland con la seguente formulazione:
1) La nozione di <<comunicazione al pubblico>>, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, deve essere interpretata nel senso che essa ricomprende la vendita di un lettore multimediale, come quello di cui al procedimento principale, nel quale sono state preinstallate estensioni, disponibili su Internet, contenenti collegamenti ipertestuali a siti web liberamente accessibili al pubblico sui quali sono state messe a disposizione del pubblico opere tutelate dal diritto d’autore senza l’autorizzazione dei titolari di tale diritto.
2) Le disposizioni dell’articolo 5, paragrafi 1 e 5, della direttiva 2001/29 devono essere interpretate nel senso che atti di riproduzione temporanea, su un lettore multimediale come quello di cui al procedimento principale, di un’opera tutelata dal diritto d’autore ottenuta via streaming su un sito web appartenente a un terzo che offre tale opera senza l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore non soddisfano i requisiti indicati nelle menzionate disposizioni.
1) V. sentenze del 13 febbraio 2014, Svensson e a., C-466/12; del 19 novembre 2015, SBS Belgium, C-325/14; nonché C-117/15 Reha Training, del 31 maggio 2016.
2) Dal combinato disposto dei considerando 9 e 10 della direttiva 2001/29 emerge che l’obiettivo principale è la realizzazione di un elevato livello di protezione a favore degli autori, consentendo ai medesimi di ottehere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere.
3) Ciò risulta, in particolare, dagli annunci pubblicitari con i quali il Sig. Wullems ha promosso il lettore multimediale <<filmspeler>>. Di conseguenza, l’offerta del suddetto lettore multimediale è stata realizzata allo scopo di trarne profitto, giacché l’utilità realizzata dal consumatore finale consiste nell’accesso diretto alle opere protette disponibili su siti Internet senza l’autorizzazione dei titolari del diritto d’autore.
4) V. Svensson e a., C-466/12; BestWater International C-348/13; GS Media C-160/15.
5) Considerando 27 della direttiva 2001/29/CE: “la mera fornitura di attrezzature fisiche atte a rendere possibile o ad effettuare una comunicazione non costituisce un atto di comunicazione al pubblico ai sensi della presente direttiva”.
6) Paragrafo 51 delle sue conclusioni.
7) Per costante giurisprudenza il requisito del pubblico nuovo deve ricorrere solo se la comunicazione dell’opera protetta non è effettuata con una tecnica specifica, diversa da quelle utilizzate fin ad allora. V. Ordinanza del 21 ottobre 2014, BestWater International (C-348/13).
8) A tal fine il Sig. Wullems ricorda che lo <<streaming è un atto temporaneo, transitorio e accessorio, che forma parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnico. (…) Nello stesso ordine di idee, la vendita del dispositivo non fornisce un accesso diretto, bensì indiretto, ai contenuti digitali, di modo che il collegamento tra il lettore multimediale e la messa a disposizione del pubblico delle opere è tenue, in quanto parte di una catena di trasmissione più ampia>>. Tuttavia, a parere dell’Avv. Gen., con una simile modalità di riproduzione, <<la copia del file è sostituita dal download nel buffer dell’utente, quest’ultimo consuma il prodotto in parallelo con la sua visualizzazione. (…) Si potrebbe sostenere che siffatta riproduzione, pur non essendo fissata su uno specifico supporto informatico e apparendo solo sullo schermo, ha una durata eccessiva per poter essere qualificata transitoria>>.
Francesco Mastroianni
Fonte: Media Laws