11 settembre 2017
E’ valido il nome a dominio identico all’altrui marchio registrato se non c’è identità o somiglianza tra i prodotti commercializzati dalle due imprese?
La Corte di Cassazione nella sua pronuncia n. 20189 del 18 agosto scorso ha rigettato il ricorso di una società titolare di un marchio registrato che agiva in sede di legittimità contro la decisione dei giudici d’appello, i quali avevano ritenuto valido il nome a dominio identico al marchio della ricorrente registrato da un’altra società che operava in un settore differente.
Secondo la ricorrente, dovrebbe dichiararsi vietato l’uso come nome a dominio di un marchio preusato o già registrato da altri a prescindere dall’affinità tra prodotti/servizi da queste commercializzati, peraltro, nel caso di marchi registrati identici, l’uso esclusivo spetterebbe a chi l’ha utilizzato per primo e questo in particolare in quanto, in tali circostanze, si creerebbe un rischio di associazione da parte del pubblico tra il titolare del nome a dominio e il titolare di nome già registrato e ciò per il fatto «che per il primo titolare del marchio è impossibile l’utilizzo del proprio originario segno su internet».
In realtà, come precisato dalla Cassazione nell’odierna pronuncia, in tali circostanze trova applicazione un principio assunto come costante orientamento dalla giurisprudenza e previsto dalla sentenza n. 10218 in un caso deciso dalla stessa Corte nel 2009, in base al quale “… l’apprezzamento sulla confondibilità va compiuto dal giudice di merito accertando, non soltanto l’identità o almeno la confondibilità dei due segni, ma anche l’identità e la confondibilità tra i prodotti, sulla base quanto meno della loro affinità. Tali giudizi, infatti, non possono essere considerati tra loro indipendenti, ma sono entrambi strumenti che consentono di accertare la cosiddetta “confondibilità tra imprese” (cfr. Cass. n. 24909/08). Ben può, pertanto, escludersi la contraffazione di un marchio nel caso in cui il marchio ad esso simile (come accertato nel caso di specie) si riferisca a prodotti non affini”.
Tale affinità deve valutarsi in base alla comunanza di una qualità ontologica dei prodotti in questione e non tanto in base alla mera appartenenza dei medesimi ad un ambito, di origine culturale o di costume (Cass. 23787/04; Cass. 4295 del 1997; Cass. 1424 del 2000; 6244 del 1983). Peraltro, come più volte confermato dalla stessa giurisprudenza, l’inclusione di due prodotti nella medesima classe merceologica non è idonea a provarne l’affinità, così come, al contrario, non può escludersi l’affinità per il solo fatto che due prodotti siano individuati in classi diverse. (Cass. 442/72, Cass. 4104/74, Cass.1808/60).
Ne consegue, in ragione del principio di unitarietà dei segni distintivi e delle norme del Codice della proprietà industriale che espressamente includono i nomi a dominio tra i beni immateriali, che il titolare del marchio previamente registrato non può vietare di per sé l’uso del segno distintivo in qualsiasi forma, e quindi anche come domain name, ove non sussista la confondibilità dei prodotti o servizi.
Se quindi non sussiste identità o somiglianza tra i prodotti/servizi commercializzati da due imprese, l’impresa che ha registrato il marchio – salvo che il segno non sia notorio e che quindi goda di una tutela ultramerceologica – non può impedire ad un’altra impresa di registrare l’identico marchio come nome a dominio.
Si ricorda che anche sulla rete Internet valgono i medesimi principi normativi e le medesime regole previste per i segni distintivi nel mondo reale, senza eccezione alcuna.
Annalisa Spedicato
Avvocato, si occupa di diritto della Proprietà Industriale e Intellettuale, Diritto dei Nuovi Media, Dati Personali. Area legale “MACROS”