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4 aprile 2023

Settore vinicolo e tutela delle denominazioni di origine: Bolgheri vince contro Bolgaré dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea

Nell'ambito della controversia che ha visto le ragioni del Consorzio per la tutela dei vini con denominazione di origine Bolgheri e Bolgheri Sassicaia contrapporsi alla domanda di registrazione del marchio bulgaro Bolgaré, presentata nel 2017 da Domaine Boyar International, il Tribunale dell’Unione Europea ha affermato che il marchio Bolgaré è evocativo della denominazione Bolgheri.

 

La decisione è stata adottata con ordinanza del 23 marzo 2023 (causa T‑300/22), con cui il Tribunale UE ha respinto il ricorso proposto da Domaine Boyar International, la maggiore azienda vinicola della Bulgaria.

Il 2 maggio 2017 Domaine Boyar ha presentato all'EUIPO una domanda di registrazione di marchio dell'Unione europea per il seguente segno figurativo:

La registrazione del marchio è richiesta per i prodotti designati rientranti nella classe 33 ai sensi dell'Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 (Bevande alcoliche, tranne le birre e Preparati alcolici per fare bevande).

Il 9 agosto 2017 il Consorzio per la tutela dei vini a denominazione di origine Bolgheri e Bolgheri Sassicaia ha proposto opposizione alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti predetti. L'opposizione si fondava in particolare sulla denominazione di origine protetta (DOP) «Bolgheri».

Il 18 settembre 2019 la divisione di opposizione dell'EUIPO ha integralmente respinto l'opposizione presentata. Il 21 agosto 2017 il Consorzio per la tutela dei vini a denominazione di origine Bolgheri e Bolgheri Sassicaia ha proposto ricorso dinanzi all'EUIPO avverso la decisione della divisione di opposizione.

Con la decisione impugnata, la commissione di ricorso EUIPO accoglieva il ricorso e respingeva la domanda di registrazione del marchio richiesto ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4 bis, del regolamento n. 207/2009 , ritenendo che:

  • il Consorzio avesse dimostrato l'esistenza della DOP «Bolgheri»;
  • il Consorzio fosse un soggetto autorizzato, in forza del diritto italiano, all'esercizio dei diritti derivanti da tale DOP;
  • il marchio richiesto facesse riferimento a tale DOP ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento (UE) n. 1308/2013 relativo all'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli.

La Domaine Boyar, che ha impugnato la decisione della commissione di ricorso EUIPO dinanzi al Tribunale UE, sostiene quanto segue:

  • la commissione EUIPO ha violato l'articolo 46, paragrafo 1, lettera d), del regolamento 2017/1001, in combinato disposto con l'articolo 7, paragrafo 2, lettera e), del regolamento 2018/625, ritenendo, a torto, che l'interveniente, ossia il Consorzio, fosse abilitato all'esercizio dei diritti derivanti dalla DOP «Bolgheri»;
  • la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio richiesto evocasse, ai sensi dell'art. 103, n. 2, lett. b), del regolamento n. 1308/2013, la DOP «Bolgheri» sulla sola base dell'esame delle somiglianze visive e fonetiche. La ricorrente sostiene che tale commissione doveva tener conto di tutte le circostanze pertinenti. A tal riguardo, in primo luogo, rileva che i nomi che designano il popolo bulgaro derivano dalle parole «bulgar» e «bolgar» e sono foneticamente molto simili. Ne deduce che il pubblico di riferimento assocerà tale marchio alla parola italiana «bulgari», che designa il popolo bulgaro. In secondo luogo, la ricorrente afferma che esiste una tradizione vinicola in Bulgaria, cosicché il pubblico di riferimento assocerà tale marchio alla Bulgaria. In terzo luogo, rileva che la combinazione delle lettere "g", "h" ed "e" è tipica della lingua italiana. In tal modo, ritiene che il pubblico di riferimento noterà le differenze visive e fonetiche risultanti rispettivamente da tale combinazione delle lettere «g», «h» ed «e» nella DOP e dalla combinazione delle lettere «g» e «a» nel marchio contestato. Inoltre, sostiene che le somiglianze visive e fonetiche sono puramente casuali.

Respinto il primo motivo d'impugnazione in quanto manifestamente privo di qualsiasi fondamento in diritto, il Tribunale UE ricorda che, ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 4 bis, del regolamento n. 207/2009, una domanda di denominazione di origine o di indicazione geografica conferisce il diritto di vietare l'uso di un marchio successivo.

Inoltre, ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1308/2013:

"Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette e i vini che usano tali denominazioni protette in conformità con il relativo disciplinare sono protette contro:

(...)

b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l'origine vera del prodotto o servizio è indicata o se la denominazione protetta è tradotta, trascritta o traslitterata, oppure è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “sapore”, “gusto” o simili, anche nel caso in cui tali prodotti siano utilizzati come ingredienti; (...)".

Con riferimento alla determinazione della nozione di «evocazione», la Corte di Giustizia ha precisato che il criterio determinante è quello di sapere se il consumatore, in presenza di un nome contestato, sia indotto direttamente a pensare, come immagine di riferimento, ai prodotti che beneficiano della DOP (v. sentenza del 9 settembre 2021, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑783/19, punto 58 e cause citate). L'uso di un tale nome deve quindi produrre, nella mente del pubblico di riferimento, un nesso sufficientemente diretto e univoco tra tale nome e la DOP. L'esistenza di questo legame può derivare da diversi elementi come, in particolare, l'incorporazione parziale della denominazione protetta.

Pertanto, secondo la Corte, può sussistere un'evocazione di una DOP quando, per quanto riguarda prodotti di aspetto simile, esiste un rapporto fonetico e visivo tra la DOP e il segno contestato (v. sentenza del 9 settembre 2021, Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne, C‑783/19, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

Nel caso di specie, occorre rilevare che:

  • la ricorrente non contesta che il pubblico di riferimento possa, ai fini della presente causa, essere limitato al pubblico italiano in generale;
  • la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che i termini «bolgaré» e «bolgheri» fossero composti da un numero simile di lettere, vale a dire rispettivamente sette e otto lettere, e che fossero composti dalle stesse prime quattro lettere così come la stessa penultima lettera;
  • il carattere tipografico della parola «bolgaré» che costituisce il marchio richiesto era solo debolmente stilizzato. Di conseguenza, si deve ritenere che esista un rapporto visivo tra la DOP «Bolgheri» e tale marchio, nonostante il fatto, asserito dalla ricorrente, che il pubblico di riferimento noterà che tale DOP contiene, a differenza di tale marchio, la combinazione del lettere "ghe" che sarebbero tipiche della lingua italiana;
  • è pacifico che la combinazione delle lettere «gh» del termine «bolgheri» e della lettera «g» del termine «bolgaré» sarà pronunciata, dal pubblico di riferimento, allo stesso modo. Di conseguenza, si deve ritenere che esista un rapporto fonetico tra la DOP «Bolgheri» e il marchio richiesto;
  • contrariamente a quanto suggerito dalla ricorrente, la commissione di ricorso non si è limitata a valutare il rapporto visivo e fonetico tra la DOP «Bolgheri» e il marchio richiesto. Tale commissione ha altresì rilevato, correttamente, che i prodotti in questione erano caratterizzati dal fatto di essere tutti bevande alcoliche.

Ciò premesso, il Tribunale dell'Unione Europea ritiene che il pubblico di riferimento sarà portato, in presenza del marchio richiesto, ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, i prodotti che beneficiano della DOP «Bolgheri». Pertanto, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che tale marchio facesse riferimento a tale DOP ai sensi dell'articolo 103, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1308/2013 .

Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dal fatto, asserito dalla ricorrente, che il pubblico di riferimento percepirà il marchio richiesto come un riferimento alla Bulgaria. Tale circostanza, ammesso che sia accertata, non è sufficiente per impedire a tale pubblico di avere in mente, in presenza di tale marchio, anche come immagine di riferimento, i prodotti che beneficiano della DOP «Bolgheri».