1 settembre 2014
L'Economist attacca la lentezza del sistema giudiziario italiano. Un gruppo di giuristi risponde.
Il 17 luglio, il settimanale inglese The Economist, aveva dedicato all'Italia un articolo dal titolo eloquente, "Justice denied?", dove metteva in evidenza il fatto che la lentezza della giustizia è uno dei fattori che frenano l'economia italiana.
Lo stesso articolo sosteneva che ci sono aziende che esportano in tutta Europa ma non in Italia spaventate dall'alto tasso di contraffazione e dai tempi lunghi per ottenenere un eventuale risarcimento.
Secondo i dati citati di (fonte OCSE) la durata media di un processo civile in Italia e di circa 3 volte quello medio dei paesi OCSE, addirittura 6 volte quello del Giappone.
Il 14 agosto quattro avvocati e giuristi italiani (Daniela Mainini avvocato e presidente del dipartimento anticontraffazione del Centro Studi Grandi, Marina Tavassi presidente della sezione specializzata di Milano, Cesare Galli avvocato e professore di diritto della proprietà industriale presso l'Università di Parma e Antonio Salerno avvocato e professore associato al Politecnico di Milano), hanno inviato in risposta a quell'articolo una lettera al direttore del settimanale sostenendo che, il sistema giudiziario italiano (con alcune eccezioni) è lento, ma sostenere che le aziende non esportano in Italia per evitare contraffazioni e risarcimenti incerti, è un'affermazione eccessiva e non documentabile.
I quattro sottolineano come dal 2003 siano state istituite le sezioni specializzate nelle principali città italiane e che le questioni urgenti in materia di proprietà intellettuale vengono deliberate in breve tempo. Non solo, l'Italia è tra i paesi europei che riconoscono i risarcimenti per danni più alti.
Infine essi sostengono che la fiducia nel sistema delle aziende italiane e straniere è dimostrata dal numero di brevetti richiesti e rilasciati che vede l'Italia al quarto posto in Europa e al quindicesimo nel mondo.