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10 marzo 2020

Brexit: don’t worry!

di Davide Anselmi e Claudio Balboni

Tutto ebbe inizio il 23 giugno 2016: data nella quale si tenne il referendum dove i cittadini del Regno Unito furono chiamati a decidere se rimanere o meno nell’Unione Europea. Come tutti sappiamo, l’esito di tale referendum consacrò la volontà del Regno Unito di uscire dalla UE.

Il giorno dopo il referendum, sembrava che occorresse decidere nel giro di poche ore (per quello che a noi interessa) come comportarsi con i marchi ed i design europei che, in quanto tali, garantivano protezione anche nel Regno Unito, depositati sin dal 1996. Telefonate, e-mail, centinaia e centinaia di newsletter: il panico post-annuncio della futura Brexit si era scatenato! E questo panico si è sistematicamente ripetuto alle scadenze che di volta in volta venivano fissate nei negoziati tra Bruxelles e UK.

A distanza di tre anni e mezzo si è giunti ad un punto fermo: dall’inizio di febbraio di quest’anno, il Regno Unito non appartiene più all’Europa… Ma visto che ci siamo tanto agitati in passato, ora reagiamo (a torto o a ragione) con più pacatezza.

E visto l’accordo di recesso L 29/7 del 31/01/2020, la nostra pacatezza parrebbe più che giustificata.

Vediamo brevemente quali sono le sorti che tale accordo destina a marchi europei, design comunitari e brevetti Europei.

Per quanto concerne questi ultimi, l’uscita dall’Unione Europea da parte della Gran Bretagna non avrà alcun impatto sulla sua appartenenza al sistema di brevettazione Europeo. Infatti, i brevetti Europei sono regolamentati dalla Convenzione sul Brevetto Europeo (EPC) che non è un trattato comunitario. Inoltre, l’EPO non è un’agenzia dell’Unione Europea, ma un’organizzazione internazionale indipendente.

Pertanto, si potrà continuare a perseguire la strada del Brevetto Europeo per ottenere una protezione nel Regno Unito.

Completamente differente è invece la situazione del Brevetto Unitario e della Corte Unificata (UPCA) che non sono ancora entrati in vigore e che sono legati a trattati comunitari. In particolare, la posizione del Regno Unito dovrà sicuramente essere rivista a seguito della ratifica dell’UPCA avvenuta il 26 Arile 2018 e alla recente e contrastante uscita dall’Unione Europea. Alcuni dei potenziali scenari riguardano un possibile accordo collaterale di coesistenza oppure l’esclusione della Gran Bretagna dal sistema Unificato. Staremo a vedere!

Per quanto concerne marchi europei e design comunitari, le norme pertinenti sono gli articoli 54 e seguenti, oltre che gli articoli 97 e 126 dell’accordo di recesso L 29/7 del 31/01/2020.

Innanzitutto, premettiamo che per questi titoli ad oggi non cambia nulla.

Semmai qualcosa dovesse cambiare, cambierà dal 1° gennaio del prossimo anno.

È previsto infatti un “periodo di transizione” che scadrà a capodanno, sempreché le parti non decidano di prorogarlo per uno o due anni. La decisione di proroga deve però essere presa entro il 1° luglio di quest’anno.

Pertanto, se ad oggi possiamo dire che il periodo di transizione terminerà con il presente anno, l’accordo non esclude che la scadenza di tale periodo possa essere prorogata a dicembre 2021 o addirittura a dicembre 2022.

Le situazioni che si potrebbero presentare alla scadenza sono due e riguardano, da un lato, i marchi e design che entro tale data siano già giunti a registrazione e, dall’altro, quelli che entro tale periodo non abbiano completato ancora l’iter di registrazione.

Per i primi, l’Ufficio Inglese creerà un così detto “titolo clone”, ossia un marchio o un design del Regno Unito che rechi la stessa data e che abbia lo stesso contenuto del marchio o design europeo. Questo titolo “clone” scadrà in corrispondenza della scadenza del diritto europeo dal quale deriva, ma dovrà essere rinnovato separatamente dallo tesso, come se fosse un diritto nazionale del Regno Unito.

Dall’altro lato abbiamo i marchi e design che al termine del periodo di transizione non siano ancora giunti a registrazione (o perché depositati al limite della scadenza di tale periodo, o perché hanno ricevuto dei rifiuti dell’Ufficio Europeo o subito delle opposizioni, che siano ancora pendenti alla scadenza del periodo transitorio). Per questi, il relativo titolare avrà 9 mesi (ossia, se la scadenza del 31/12/2020 non dovesse essere modificata, sino al 30/09/2021) per depositare una corrispondente domanda in UK. Se ciò verrà fatto, al titolo UK verrà attribuito il medesimo contenuto del titolo europeo.

Se non venisse invece fatto quanto sopra, il relativo titolare cesserà di avere protezione nel Regno Unito.

L’art 57 riguarda invece un istituto tipico del diritto europeo, ossia il design non registrato. Tale norma afferma che il Regno Unito lo riconoscerà solamente qualora sia sorto prima della fine del periodo di transizione. Se dovesse essere sorto dopo tale periodo, pare che il design di fatto possa vantare solo una protezione in Unione Europea e non nel Regno Unito.

L’accordo di recesso menziona, en passant, anche i marchi e modelli internazionali, per i quali viene detto che il Regno Unito si adopererà per fare sì che chi abbia depositato questi titoli, con l’intendo di avere protezione in UK (evidentemente rivendicando protezione per l’Unione Europea) avrà protezione nel Regno Unito: non viene espressamente detto come, ma la promessa di non perdere diritti c’è.

Queste le principali disposizioni che ci riguardano; ce ne sono ovviamente altre, ma da questo accordo si desume che non c’è intenzione del Regno Unito di fare perdere diritti a chi aveva depositato a livello europeo.

È sì vero che i trattati internazionali vengono rispettati fintanto che gli Stati sovrani lo vogliono, ma è anche vero che è plausibile ritenere che il Regno Unito non desideri inimicarsi tutti coloro che per ventitré anni hanno depositato marchi e design in Europa, confidando sulla loro protezione in UK (e ricordiamo che non si tratta solo di soggetti europei, in quanto moltissimi depositi sono fatti da entità extraeuropee: solo nel 2018 infatti Stati Uniti e Cina hanno preceduto quasi tutti gli stati europei nel deposito di marchi e design comunitari).

Pertanto anche qualora la regolamentazione dovesse cambiare, è plausibile ritenere che disposizioni quantomeno simili verranno adottate… Pertanto, keep calm, and carry on!
 


Ing. Davide Anselmi e Avv. Claudio Balboni
Bugnion S.p.a.