9 luglio 2024
Il Tribunale di Parigi ha ordinato a Google, Cloudflare e Cisco il blocco di siti pirata
di Stefano Leanza
Il Tribunale di Parigi, accogliendo le domande di Canal+, ha pronunciato due sentenze con cui ha ordinato a Google, Cloudflare e Cisco di adottare ogni misura necessaria a impedire l’accesso degli utenti a siti pirata. Particolare attenzione è stata posta sui resolver DNS delle tre società, che consentono l’elusione dei blocchi già disposti dai tribunali francesi.
Dalla giurisprudenza francese giungono due provvedimenti significativi in materia di pirateria online e responsabilità degli Internet Service Provider (ISP). Per comprendere meglio di cosa si tratta, partiamo dai fatti di causa.
I fatti di causa
Nell’ottobre del 2023, la società Canal+ ha intrapreso un’azione legale nei confronti di Google, Cloudflare e Cisco volta a tutelare i propri diritti rispetto a un centinaio di siti che trasmettono illegalmente match del campionato francese di Rugby, della Champions League e della Premier League. In particolare, la piattaforma televisiva di proprietà della media company Vivendi deduceva che numerosi siti internet accessibili dalla Francia trasmettono in live streaming, in modo sistematico e gratuito, match di varie competizioni sportive. Non solo: nonostante le misure di blocco già disposte dai tribunali francesi e messe in atto da diversi fornitori, i siti restano accessibili attraverso i resolver di DNS alternativi - una sorta di “directory” che converte i nomi di dominio inseriti dagli utenti in indirizzi IP dei server in cui sono memorizzate le pagine - offerti dalle società Google, Cisco e Cloudflare. Per intendersi, le società convenute non gestiscono direttamente i contenuti illeciti, bensì il percorso per raggiungerli: non il “barattolo della marmellata”, bensì il “passaggio segreto” per arrivarvi.
Tali ISP, infatti, nell’ambito dei molteplici servizi offerti, consentono un escamotage ben noto agli utenti web: pur essendo stato ordinato ai principali operatori francesi di impedire l’accesso a un servizio di streaming illegale, gli utenti possono agevolmente eludere il blocco impostando sul proprio device DNS “alternativi” come quelli offerti da Google, Cisco, e Cloudflare, che, almeno secondo la difesa di Canal+, coprirebbero 3/4 del mercato.
La domande di Canal+, l'inquadramento giuridico nell'ordinamento francese
In concreto, Canal+ domandava che, accertata la violazione, venisse ordinato alle società convenute di mettere in atto, nell'ambito dei loro rispettivi servizi di risoluzione dei nomi di dominio (Google Public DNS, Open DNS o Cisco Umbrella, e DNS Cloudflare), tutte le misure di blocco necessarie per impedire l’accesso ai siti, con ogni mezzo efficace e in particolare attraverso il blocco di una serie di nomi di dominio.
Con due sentenze in data 16 maggio 2024, sostanzialmente identiche nei contenuti, l’una relativa alla Champions League e l’altra alla Premier, il Tribunal Judiciaire de Paris ha dunque accolto le domande della Société Groupe Canal+ che si fondavano, in particolare, sull’Article L333-10 del Code du sport. Ai sensi di quest’ultimo, infatti, i titolari di diritti di sfruttamento audiovisivo sulle competizioni sportive sono legittimati a ottenere “ogni misura proporzionata” atta a prevenire o a far cessare la violazione, nei confronti di qualsiasi persona “suscettibile di contribuire a porvi rimedio”. Come si può notare, una formulazione ampia, idonea a ricomprendere ogni specifica soluzione tecnica.
Le difese delle convenute: le misure sarebbero "inefficaci" e la definizione del ruolo di "intermediario" nel diritto dell'UE
Le difese delle società convenute si sono basate fondamentalmente su due argomenti: l’uno di carattere tecnico-sociale, l’altro di natura giuridica.
In primo luogo, infatti, le difese di Cisco e Google, come pure aveva fatto Cloudflare, hanno sostenuto che i provvedimenti domandati da Canal+ sarebbero comunque “inefficaci”, in quanto aggirabili mutando rapidamente DNS e adottando una VPN. Secondo il Tribunal di Parigi, tuttavia, il numero di utenti che utilizzano effettivamente un servizio DNS alternativo per accedere a un sito che trasmette il contenuto contestato, nonché l’esistenza di altri servizi idonei ad aggirare il provvedimento, è del tutto irrilevante rispetto alla facoltà della società ricorrente di richiedere il blocco DNS di tali siti che diffondano contenuti di cui sia proprietaria.
In secondo luogo, Cloudflare e Cisco hanno sostenuto di non poter essere considerati intermediari, non fornendo servizi di trasmissione secondo il diritto dell’Unione Europea, e in particolare secondo l’art. 8 § 3 della direttiva 2001/29/CE, alla luce del quale dovrebbe essere interpretato il citato art. L333-10. Inoltre, secondo le resistenti, tale ultimo articolo costituirebbe l’attuazione nell’ordinamento francese della direttiva dell'articolo 3 § 4 della direttiva 2000/31/CE e dell'articolo 11 della direttiva 2004/48/CE, applicazione da considerarsi “non conforme” alle direttive citate.
I provvedimenti del Tribunale di Parigi: impedire l'accesso ai siti "con ogni misura efficace" e rendere contro alla ricorrente
Il Tribunale di Parigi ha rigettato entrambe le argomentazioni. Non solo l'articolo L. 333-10 del Codice dello Sport non rappresenta la trasposizione di tali direttive, costituendo una “innovation nationale” perfettamente compatibile con il diritto dell’UE, ma, in ogni caso, i diritti di sfruttamento audiovisivo delle competizioni sportive sono diritti connessi a quelli di proprietà intellettuale e le autorità giudiziarie nazionali sono legittimate (rectius tenute) a pronunciare ingiunzioni volte a vietare il perpetrarsi di una violazione ai sensi dell'art. 11 della direttiva 2004/48/CE.
Pertanto, il Tribunale di Parigi ha ordinato ai citati ISP, fra l’altro, di mettere in atto tutte le misure necessarie per impedire l'accesso ai siti identificati individuati da Canal+ nonché ai siti non ancora identificati alla data della sentenza, dal territorio francese, con ogni mezzo efficace, in particolare attraverso il blocco dei nomi di dominio e dei sottodomini associati. Come si può notare, dunque, si tratta di un ordine generico e dinamico. Di più: alle società convenute viene ordinato di informare dettagliatamente Canal+ della implementazione di tali misure e delle possibili difficoltà tecniche, restando inteso che nel caso in cui tali difficoltà si manifestino, o anche solo per esigenze di aggiornamento, la parte più diligente potrà adire l'autorità giudiziaria, in via d'urgenza o su richiesta.
Uno sguardo alla giurisprudenza italiana: il ruolo di Cloudflare nel "caso Sony"
Gettando uno sguardo alla giurisprudenza italiana, in una prospettiva che peraltro può essere definita solo parzialmente “comparativistica”, stante la comune appartenenza all’ordinamento dell’UE, si notano simmetrie particolarmente interessanti. Ad esempio, con ordinanza del 22.9.2022, il Tribunale di Milano, nell’ambito del “caso Sony”, rispetto ai servizi di “risoluzione” di DNS offerti proprio da Cloudflare, confermava una propria precedente ordinanza dell’11.7.2022 con cui aveva ordinato alla stessa società di San Francisco di “adottare immediatamente le più opportune misure tecniche al fine di inibire a tutti i destinatari dei propri servizi l’accesso” ad alcuni servizi individuati. Nella stessa sede, il Tribunale di Milano aveva avuto modo di chiarire che “Non è al riguardo configurabile alcun onere preventivo a carico delle parti ricorrenti, né alcun obbligo in capo all’AG all’atto della pronuncia dell’ordine cautelare, di descrivere le specifiche modalità tecniche di esecuzione dell’ordine, ove – ritenuta la sussistenza dell’attività che è ordinato inibirsi – è la parte cui è rivolto l’ordine inibitorio che potrà rappresentare eventuali difficoltà tecniche nell’ambito dello specifico procedimento ex art. 669 duocecies cpc”.
Conclusioni
Anche alla luce di tali significative convergenze, in attesa del giudizio di Appello sui provvedimenti “gemelli” del Tribunale di Parigi, è indubbio che questi ultimi vadano a costituire un ulteriore tassello nel mosaico della giurisprudenza dei Paesi UE in materia di pirateria e responsabilità degli ISP. Un mosaico i cui contorni appaiono agli occhi dell’interprete progressivamente sempre più certi.
Avv. Stefano Leanza
Studio Previti Associazione Professionale