23 gennaio 2017
La Corte di Giustizia chiarisce la portata del diritto del titolare del marchio UE nei cinque anni successivi alla registrazione
Con sentenza del 21 dicembre 2016 (causa C-654/15) la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha chiarito che in caso di rischio di confusione, nei cinque anni successivi alla registrazione di un marchio UE, il titolare vanta il diritto di vietare a terzi di usare in commercio un marchio successivo, identico o simile al proprio marchio per prodotti o servizi identici o simili, anche in assenza della prova di uso effettivo del marchio anteriore.
Dal testo della decisione si evince che in caso di uso, o superato il primo quinquennio di registrazione durante il quale il titolare può iniziare l’uso del marchio, il giudizio di confusione va effettuato in concreto e non più sulla sola base della registrazione, interpretazione oramai consolidata anche nella nostra giurisprudenza nazionale (cfr., di recente, Trib. Milano 15 settembre 2016; Trib. Milano 25 febbraio 2016 e Trib. Milano 24 febbraio 2016).
La controversia alla base del rinvio pregiudiziale disposto dalla Corte Suprema svedese vedeva contrapposte una impresa operante nei settori bancario, di investimento fondi e assicurativo, titolare di un marchio figurativo dell'Unione Europea registrato nelle classi 36 e 37 della classificazione di Nizza (la Länsförsäkringar AB) e una impresa la cui attività principale consiste nella produzione e montaggio di case in legno (la Matek A/S).
La Länsförsäkringar aveva inizialmente convenuto in giudizio la Matek per l'accertamento della contraffazione del proprio marchio registrato ad opera della convenuta e per la pronuncia di inibitoria a carico di quest'ultima dell'utilizzo del marchio oggetto di lite.
A fronte dell'accoglimento in primo grado delle domande di parte attrice, la Corte di Appello di Svea ribaltava la decisione del primo giudice, affermando che ai fini dell'accertamento della contraffazione non è sufficiente fare riferimento alla registrazione formale del marchio che si presume contraffatto, ma occorre basarsi sul suo utilizzo effettivo.
La Länsförsäkringar adiva allora la Corte Suprema svedese, sostenendo che nel periodo di cinque anni successivo alla registrazione di un marchio, la valutazione del rischio di confusione deve essere effettuata sulla base della registrazione stessa, indipendentemente dall'uso reale del marchio.
La Corte Suprema svedese sospendeva il procedimento e disponeva rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, la quale nel giudizio in oggetto ha fornito la propria interpretazione dell'art. 9, par. 1, lett. b), del regolamento CE n. 207/2009 in relazione alle modalità operative del giudizio di confondibilità tra un marchio registrato dell'Unione Europea e un segno ritenuto in contraffazione di esso, nel periodo quinquennale successivo alla registrazione.
In particolare, secondo i giudici comunitari la lettura congiunta degli artt. 15, par. 1, e 51, par. 1, lett. a), del regolamento CE n. 207/2009 stabilirebbe un vero e proprio periodo di grazia di cinque anni decorrente dalla registrazione a favore del titolare del marchio dell'Unione Europea, durante il quale quest'ultimo non può essere dichiarato decaduto dai suoi diritti né per una parte, né per la totalità dei prodotti e servizi rivendicati.
Alla luce di ciò, la Corte di Giustizia ha affermato che, nel corso del periodo di cinque anni successivo alla registrazione di un marchio dell'Unione Europea, al fine determinare se i prodotti o i servizi dell'asserito contraffattore presentino identità o somiglianza con quelli oggetto della registrazione in questione, occorre fare riferimento ai prodotti e ai servizi rivendicati con la registrazione del marchio e non ai prodotti o servizi in relazione ai quali il marchio sia stato effettivamente utilizzato.
La Corte di Giustizia ha pertanto pronunciato il seguente principio di diritto: in virtù del combinato disposto tra l'art. 9, par. 1, lett. b), del regolamento CE n. 207/2009, l'art. 15, par. 1, e l'art. 51, par. 1, lett. a), del medesimo regolamento, nei cinque anni successivi alla registrazione di un marchio dell'Unione Europea, il suo titolare può vietare ai terzi l'uso di un segno confondibile per prodotti o servizi identici o simili a quelli oggetto della propria registrazione, senza dover dimostrare l'uso effettivo del proprio marchio in relazione a quei prodotti o servizi.