2 febbraio 2021

Connessioni

Connessioni? Se non sei connesso non esisti. Nell’immaginario collettivo, questa espressione ai giorni nostri è indissolubilmente legata alla Rete, dominio della comunicazione assicurato dall’avvento della tecnologia informatica alla quale tutti hanno facile e necessitato accesso. Necessitato perché il linguaggio scritto e orale sembra soppiantato dalla pratica telematica in ragione della sua rapidità, facilità, efficacia e diffusibilità nettamente superiori.

Perno della connessione è l’immagine, leviatano che tutto assorbe e divora, facilitato da un contesto sociale in cui la cultura, la competenza e l’etica sono espulse in nome di una pretesa morale tecnologica che induce l’utente, inconsapevolmente, alla solitudine. Ecco, dunque, perché la connessione finisce per essere la condizione della sopravvivenza esistenziale, l’illusorio riscatto dalla solitudine che ingenera.

Ma la connessione e il gesto del connettere ne esauriscono davvero il contenuto?

In realtà il termine ‘connessione’, in generale, sta per unione, legame, collegamento; esprime un’intima unione fra due o più cose, idee, esperienze o sensazioni, mentre declinato nell’informatica ha il significato specifico di un’operazione o sequenza con cui un computer od altro device si collega a una rete e ne diviene parte.

Partendo da quella definizione generale, un approccio cognitivo porta invece ad identificare diversi sotto-sistemi la cui analisi può risultare utile nelle sue eventuali implicazioni nella Proprietà Intellettuale.

A parte le applicazioni nella matematica, la fisica e la meccanica, e limitandoci all’area giuridica, ci imbattiamo innanzi tutto nell’accezione specifica della ‘connessione di cause’, la relazione che lega nel diritto processuale civile due cause distinte e può influenzare l’andamento dello svolgimento di una lite (art.107 C.p.c.).

Si distingue tra connessione soggettiva (in cui gli elementi soggettivi sono in comune) e la connessione oggettiva. La connessione oggettiva si articola, a sua volta, tra connessione propria e impropria. In particolare, nella cd. connessione propria vanno identificati la causa petendi ed il petitum per verificarne natura e grado della connessione.

È quindi di tutta evidenza che tale operazione implica una interpretazione e comparazione che presuppone e rimanda al criterio dell’associazione mentale. Grazie al metodo associativo, infatti, possiamo valutare – con ragionevole approssimazione – se una causa petendi o un petitum possono assimilarsi nel contesto di due cause in modo che possa ipotizzarsi tra loro una connessione giuridicamente rilevante.

Della connessione informatica si è occupata a più riprese anche la giurisprudenza, nazionale e comunitaria, senza entrare nei suoi meccanismi, ma configurandola nei suoi aspetti patologici, specialmente in relazione alle violazioni delle opere protette dal diritto d’autore nei casi di condivisione di file attraverso un servizio di peer-to-peer (cfr. CGUE C-149/17,18/10/2018). Da notare che si comincia parlare di ‘diritto di connessione’, introducendo in tal modo un vero e proprio statuto giuridico di questo istituto.

Il riferimento al ‘link’ (nesso) lo ritroviamo nella giurisprudenza comunitaria in punto di tutela di marchio di rinomanza (cfr. CGUE C-252/07, 27/11/2008, Intel: “un certo grado di somiglianza tra il marchio anteriore e quello posteriore, a causa del quale il pubblico interessato associa l’un marchio all’altro, vale a dire stabilisce un nesso tra loro, pur non confondendoli”).

Del resto, il termine ‘associazione’ figura espressamente nella disciplina del diritto di marchio a proposito della confondibilità (“il rischio di confondibilità, incluso quello per associazione...”). Nel diritto sul design, viceversa, il legislatore preferisce il termine ‘impressione’ (dell’utilizzatore informato) ma si tratta pur sempre di risolvere il problema della comparazione tra due entità risultanti da un processo creativo ricorrendo alle regole della percezione tra le quali l’apporto della funzione associativa è ineludibile. Analogamente nella patologia delle opere tutelate dal diritto d’autore l’espressione associazione è ricorrente.

A ben guardare tutte le forme rappresentative della Proprietà Intellettuale sono riconducibili allo stesso fil rouge, quello del paradigma della somiglianza tra due forme date: se la seconda non è autorizzata ed è simile alla prima, la sua riproduzione non sarà lecita. Se invece le due forme verranno considerate dissimili potranno concorrere e coesistere e il diritto di esclusiva sulla prima non risulterà violato.

Alla luce delle considerazioni svolte il concetto di connessione va peraltro approfondito, specie nella sua modulazione associativa.

Quando ci connettiamo in Rete con qualcuno o qualcosa entriamo in un mondo virtuale, dominato dalle immagini, in cui la percezione della realtà è sospesa, come se fossimo in uno stato di sonnambulismo. Questa costruzione può prender spunto da un pensiero, un’idea o un’esperienza per essere estesa dalla nostra immaginazione (come nella realtà aumentata che ci fa vedere il Colosseo com’era) o interamente inventata (come nelle fake news). La nostra attenzione razionale, comunque, viene rimossa per essere sostituita da una continua rêverie (LOCKE), un girare intorno e a lato della verità, secondo una percezione e un motivo parallelo in cui non vale la forma, ma il suo profilo.

La nostra narrazione, in ogni forma di connessione, crea o lascia aperti degli spazi di razionalità e di creatività, come avviene nei momenti di distrazione, che, sotto tale aspetto, viene sdoganata dalla connotazione negativa (PROUST) che dai tempi di CARTESIO l’accompagna.  

Siamo distratti e non siamo mai soli (HALBWACHS), ma se le continue, invasive e divergenti connessioni di cui quotidianamente viviamo debbono consentire e favorire la produzione di quelle creazioni che interessano la Proprietà Intellettuale debbono sussistere tra le due entità a confronto tre condizioni: a) debbono essere autonome, ma associabili; b) vanno selezionate le essenzialità; c) le creazioni debbono essere utili (POINCARE’).

La connessione, il rapporto, il nesso implica una inter-relazione tra due enti distinti tra i quali è configurabile una qualche associazione mentale. Tra i componenti delle entità occorre individuare l’essenziale distinguendolo dall’irrilevante (BERGSON). I risultati delle creazioni, infine, devono essere utili rispettando le aspettative della collettività e l’interesse delle imprese. Seguendo queste linee direttrici potremo orientarci nel valutare ciò che è lecito da ciò che non lo è, applicando correttamente il paradigma della connessione per associazione.

Prendiamo il caso di un profumo il cui marchio sia ‘Via col vento’.  Qui la connessione attiva una associazione diretta ed immediata con il celebre film e la nostra mente comincia a vagare riandando alle immagini e la narrazione del film. Parafrasando MONTAIGNE ‘non procediamo, vagabondiamo, piuttosto, e giriamo qua e là passeggiando sui nostri passi’.

La realtà non è negata, ma velata. Il marchio, secondo il paradigma del gradiente giuridico semantico (gli altri due sono quello visivo e quello fonetico) sarebbe ‘forte’, non avendo il segno nulla a che fare di per sé con il profumo. Ma la sua intensità distintiva ne resta leggermente offuscata, per effetto della connotazione di ogni processo associativo: realtà sospesa ed estensione di senso.

Pensiamo invece al segno ‘Vai col vento’, sempre per profumi. Il segno sarebbe anche più forte di ‘Via col vento’, ma se lo compariamo al primo non potrebbe negarsi una sua assonanza visiva e fonetica. In questo caso non scatta alcuna associazione semantica tra i due segni se non remota, dovuta per lo più alla grande notorietà nell’immaginario collettivo della pellicola hollywoodiana.

In sostanza, l’esempio conferma che la contestualizzazione della connessione, una volta approfonditone il significato, non è irrilevante nell’interpretazione e comparazione tra le forme della Proprietà Intellettuale.

Chi non sa popolare la sua solitudine, non sa neppure essere solo in una folla indaffarata” (BAUDELAIRE).


@2020 - Prof. Avv. Stefano Sandri