• Brevetti per invenzione

10 marzo 2021

Corte d'Appello Milano 10/03/2021 [Brevetti per invenzione - Domanda di nullità della porzione italiana del brevetto europeo per mancanza di altezza inventiva - Brevetto riguardante capsule per l'inalazione di un particolare principio attivo]

Brevetti per invenzione - Domanda di nullità della porzione italiana del brevetto europeo per mancanza di altezza inventiva - Brevetto riguardante capsule per l'inalazione di un particolare principio attivo - Brevetto avente ad oggetto non già un nuovo principio attivo, bensì esclusivamente il materiale della capsula nella quale è racchiuso il principio attivo - Applicazione del metodo del "problem solution approach" utilizzato per verificare se un'invenzione sia dotata di carattere inventivo.


SENTENZA

pubbl. il 10/03/2021

(Consigliere relatore: dott.ssa Maria Elena Catalano)

 

nella causa iscritta al n. r.g. 1722/2019 promossa in grado d'appello,

da

B.I.P. GMBH & CO. KG, elettivamente domiciliata in VIA BRERA, 6 20121 MILANO presso lo studio dell'avv. CUONZO GABRIELE, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all'avv. AMPOLLINI DANIELA (...) VIA BRERA, 6 MILANO; TREVISAN LUCA (...) VIA BRERA, 6 20121 MILANO; CAPELLI DONATELLA ANNA (...) Via Brera, 6 20121 MILANO;

- appellante -

 

contro

 

T.P.I. LIMITED, elettivamente domiciliata in VIA TOMMASO GROSSI, 2 20121 MILANO presso lo studio dell'avv. BERGIA STEFANIA, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all'avv. VIGNATI STEFANO (...) VIA GROSSI, 2 20121 MILANO;

T.I. S.R.L. (...), elettivamente domiciliata in VIA TOMMASO GROSSI, 2 20121 MILANO presso lo studio dell'avv. BERGIA STEFANIA, che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all'avv. VIGNATI STEFANO (...) VIA GROSSI, 2 20121 MILANO;

- appellante -

 

 

FATTO

 

 

Il giudizio concerne il brevetto EP 1379220 (di seguito, "EP '220") di titolarità di B.I.P. GMBH & CO. KG (di seguito "BI"), riguardante capsule per l'inalazione di un particolare principio attivo: il tiotropio.

Con atto di citazione ritualmente notificato, T.P.I. LIMITED e T.I. S.R.L. (di seguito, congiuntamente, "T.") convenivano in giudizio BI innanzi al Tribunale di Milano, chiedendo accertarsi la nullità della porzione italiana del brevetto europeo EP '220 per mancanza di altezza inventiva. La causa veniva iscritta al ruolo n. RG 43550/2015.

All'udienza di prima comparizione, celebratasi in data 15 dicembre 2015, BI si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree, dando atto di aver depositato istanza di limitazione delle rivendicazioni di EP '220 presso l'UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi).

In seguito, concessi i termini di cui all'art. 183, comma 6, c.p.c., BI produceva in giudizio la lettera con cui l'UIBM accoglieva l'istanza di limitazione e il Giudice disponeva CTU, nominando il dott. Long e formulando il seguente quesito: "dica: - se la domanda di limitazione ex art. 79 c.p.i., rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di brevetto, inizialmente depositata e non estenda la protezione conferita dal brevetto concesso; - se la frazione italiana del brevetto EP 1379220, di titolarità della convenuta, come emendato con domanda 10 dicembre 2015, accolta in data 26 maggio 2016, presenti tutti i requisiti di validità previsti dalla legge".

Alla conclusione del proprio elaborato peritale, il CTU osservava che: "la domanda di limitazione ex art. 79 c.p.i. rimane entro i limiti del contenuto della domanda di brevetto concesso; la frazione italiana del brevetto EP 1379220, di titolarità della convenuta, come emendato con domanda 10 dicembre 2015, accolta in data 26 maggio 2016, non presenta i requisiti di validità previsti dalla legge, in quanto l'oggetto è privo di altezza inventiva" (cfr. CTU pag. 83).

All'udienza di discussione sulle risultanze della CTU, BI chiedeva convocarsi il dott. Long per alcuni chiarimenti; T. si opponeva a tale richiesta e il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, la rinviava all'udienza di precisazione delle conclusioni, celebratasi in data 11 aprile 2018.

In seguito, la causa veniva trattenuta in decisione con l'assegnazione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c.

Con sentenza n. 11023 pubblicata in data 31 ottobre 2018, il Tribunale, ritenendo di condividere le conclusioni del CTU e il metodo noto come "problem solution approach", identificato il problema tecnico oggettivo, l'esperto del ramo e la closest prior art, così decideva:

"1. Dato atto che la convenuta ha depositato presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi in data 10 dicembre 2015 istanza di limitazione, dichiara la nullità della frazione italiana del brevetto EP (...), di titolarità di B.I.P. Gmbh & Co.KG, come emendato.

2. Dichiara cessata la materia del contendere in relazione al brevetto originariamente depositato.

3. Condanna la convenuta B.I.P. GMBH & CO. KG alla rifusione integrale delle spese processuali, liquidate in favore dell'attrice in euro 21.000,00 per compensi, oltre spese generali nella misura del 15% ed oneri di legge.

4. Pone definitivamente a carico della convenuta le spese di CTU.

5. Dispone ai sensi dell'art. 122 CPI la trasmissione di copia di sentenza all'Ufficio italiano Brevetti".

Con atto di citazione in appello notificato in data 29 aprile 2019, BI impugnava i capi della pronuncia del Tribunale di Milano relativi alle rivendicazioni 6 - 11 (nelle quali si identifica quale soluzione al problema tecnico oggettivo l'impiego di capsule in HPMC con contenuto di umidità minore o uguale a 5%), lasciando così passare in giudicato quelli attinenti alle rivendicazioni 1 - 5 (ovvero quelle che suggerivano l'impiego di capsule in gelatina-PEG con contenuto di umidità minore o uguale a 10% e nelle quali il PEG sia presente in quantità pari a 1-10% in peso) e formulando i seguenti motivi di appello:

I. erronea decisione relativa alla ritenuta carenza di altezza inventiva in capo alle rivendicazioni 6-13 di EP 220;

II. errore nella ricostruzione del problem solution approach;

III. errore nella identificazione della closest prior art. Errore di fatto e di diritto. Contraddittorietà della sentenza;

IV. erroneità della sentenza nella identificazione del problema tecnico oggettivo;

V. erroneità della sentenza nell'applicazione del "could/would". Errore di diritto e di fatto;

VI. erroneità della pronuncia in punto di spese legali.

All'udienza di prima comparizione, celebratasi in data 15 gennaio 2020, parte T. si costituiva nel presente grado di giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello ex adverso proposto e la conferma della sentenza di primo grado. Il Collegio rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni e, concessi i termini di cui all'art. 190 c.p.c., la tratteneva in decisione.

La causa è stata decisa alla camera di consiglio del 21.1.2021.
 

DIRITTO
 

Prima di procedere all'analisi dei motivi di impugnazione, sembra opportuno fornire una sintetica descrizione del brevetto oggetto di giudizio.

EP '220 è un brevetto dal titolo "inhalation capsules" ("capsule per inalazione") depositato in data 27 maggio 2002 sulla base della domanda di priorità DE 10126924 del 1 giugno 2001, concesso in data 28 dicembre 2004 e convalidato in Italia in data 24 marzo 2005, mediante il deposito della traduzione n. (...) presso l'Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) (cfr. docc. 1 e 1 bis di T.).

Come riportato nella frase d'esordio della descrizione brevettuale, "l'invenzione riguarda capsule per inalazione (inalette) fatte di materiali specifici per capsule con un contenuto di umidità ridotto, che contengono la sostanza attiva tiotropio in forma di preparato in polvere e sono caratterizzate da una maggiore stabilità".

Essendo il tiotropio un principio attivo c.d. highly potent, esso viene somministrato ai pazienti solo in dosi estremamente basse (in ciascuna capsula sono presenti solo 18 microgrammi di tiotropio) ed è necessario che sia garantita - durante la fase di conservazione del prodotto (cd. "shelf-life") - una esatta riproducibilità della dose rilasciata al paziente.

A tal fine, il farmaco deve esser caratterizzato da un elevato grado di stabilità, per fare in modo che il principio attivo non reagisca con gli altri materiali utilizzati nella formulazione (quali ad esempio il materiale delle capsule e/o l'eccipiente), così evitando la degradazione chimica del principio attivo e la diminuzione della efficacia terapeutica del prodotto. Altro aspetto essenziale del prodotto oggetto di brevetto è la precisione del dosaggio e la cd. performance aerodinamica. Occorre cioè assicurare che le particelle di eccipiente e le particelle di principio attivo si separino durante il processo di inalazione, in modo da consentire al principio attivo di continuare il proprio percorso verso i polmoni.

Il brevetto EP '220 insegna che tali obiettivi - per quanto qui di interesse e, quindi, escludendo le rivendicazioni 1-5 non oggetto di impugnazione - possono essere raggiunti attraverso l'impiego di capsule in idrossipropil-metilcellulosa (HPMC), in cui il contenuto di umidità misurato con un preciso metodo (TEWS rimanga al di sotto di una determinata soglia.

Nello specifico, le rivendicazioni 6-13 della frazione italiana di EP '220 - come limitate a seguito dell'accoglimento della relativa istanza in data 26 maggio 2016 (cfr. docc. 3 e 13 di BI) - possono così esser descritte: la rivendicazione indipendente 6 ha ad oggetto formulazioni in polvere di tiotropio in miscela con lattosio in capsule composte di materiale HPMC avente un ridotto contenuto di umidità, pari a o minore del 5% (≤ 5 wt%) in peso come contenuto di umidità TEWS o come contenuto di umidità determinata con essiccatore ad alogeno. Le rivendicazioni dipendenti 7 e 8 riguardano livelli preferibili di umidità delle capsule in HPMC inferiori a, rispettivamente, 4% e 2% in peso (come contenuto di umidità TEWS o come contenuto di umidità determinata con essiccatore ad alogeno). Le rivendicazioni dipendenti 9-11 rappresentano invece forme di realizzazione preferite delle formulazioni in polvere inserite all'interno delle capsule. Le rivendicazioni dipendenti 11-13 riguardano l'uso delle capsule per inalazione secondo una delle rivendicazioni da 1 a 11 e di un inalatore per la preparazione di un medicamento per inalazione e l'uso secondo la rivendicazione 12 per il trattamento dell'asma o di COPD (malattia ostruttiva polmonare cronica).

In sintesi, quindi, EP '220, anche nella sua versione limitata, ha ad oggetto non già un nuovo principio attivo, bensì esclusivamente il materiale della capsula nella quale è racchiuso il principio attivo (tiotropio), che, come si è detto, per quanto rileva nel presente giudizio d'appello, è stato individuato dalle rivv. 6-13 di EP '220 nell'HPMC (nel quale il livello di umidità venga ridotto con una certa modalità entro precisi limiti).

Al termine del giudizio di primo grado il Tribunale ha dichiarato la nullità della porzione italiana del brevetto EP '220, così decidendo: "con riguardo alle rivendicazioni da 6-13, ... la combinazione degli insegnamenti presenti nello stato dell'arte avrebbe permesso ad un esperto del settore, alla data di priorità di EP '220, di giungere alla soluzione rivendicata senza l'applicazione di alcuna attività inventiva" (cfr. decisione, pagg. 12-13).

L'odierna appellante propone impugnazione avverso tale sentenza, denunciando una acritica adesione alle conclusioni del CTU da parte del Tribunale e formulando sei motivi di appello.

In particolare, parte appellante: contesta la accertata e dichiarata carenza di altezza inventiva in capo a EP '220, indicando tale rilievo come I motivo; in secondo luogo, lamenta che la ricostruzione dell'iter del problem solution approach elaborata dal Tribunale sarebbe errata, avendo il Giudice invertito il passaggio dell'individuazione del problema tecnico oggettivo con quello della identificazione del documento di arte nota più vicino (closest prior art) (rilievo indicato come II motivo); ciò avrebbe determinato, tra l'altro, l'erronea individuazione della closest prior art (rilievo indicato come III motivo). In particolare, sostiene parte appellante che, essendo l'ambito tecnico dell'invenzione, così come confermato dal CTU, quello della formulazione di medicinali ed essendosi individuato l'esperto di settore in un esperto formulatore di prodotti medicinali per inalazione, nell'identificare la closest prior art sarebbe stato necessario tenere in considerazione le sole pubblicazioni concernenti studi di formulazioni di farmaci a base di tiotropio (punto c.3 appello) ed escludere le altre. Ne seguirebbe, in tesi, che il tecnico del settore non avrebbe mai considerato Casaburi quale closest prior art, in quanto: (A) pubblicazione concernente l'efficacia terapeutica del tiotropio rivolta a esperti clinici e non a formulatori di medicinali e, comunque, estranea all'ambito tecnico dell'invenzione; (B) non indicherebbe il materiale di utilizzo delle capsule; (C) non descriverebbe il contenuto di umidità del materiale.

Secondo la tesi di parte appellante, la closest prior art sarebbe identificabile in EP '716, documento riguardante le diverse possibili formulazioni di tiotropio, dovendosi ritenere secondaria la significativa anteriorità temporale e, invece, fondamentale l'individuazione del documento caratterizzato da uno scopo o da un effetto simili a quello dell'invenzione.

Dall'erronea individuazione della closest prior art sarebbe altresì dipesa l'erronea e contraddittoria individuazione del problema tecnico oggettivo (rilievo indicato come IV motivo).

Sulla base di tali presupposti, parte appellante denuncia l'erroneità della sentenza nell'applicazione del criterio del "could/would", avendo il Giudice ritenuto che l'esperto del settore, alla luce dello stato dell'arte, non solo "avrebbe potuto" (could), ma sarebbe addirittura "stato spinto/propenso a" (would) giungere al risultato oggetto dell'invenzione (rilievo indicato come V motivo). Ne consegue, da ultimo, il motivo di impugnazione relativo alle spese del giudizio di primo grado (rilievo indicato come VI motivo).

Nell'accingersi ad esaminare i motivi di impugnazione proposti da parte appellante, sembra altresì indispensabile un'osservazione di metodo.

Dal momento che i motivi di appello 2, 3, 4 e 5 altro non sono che le argomentazioni utilizzate dall'appellante a sostegno della contestazione della ritenuta carenza di altezza inventiva (indicata come primo motivo), si ritiene opportuno procedere a una trattazione unitaria dei motivi di appello indicati come I - V, concentrando l'attenzione su quelli che sono gli aspetti cruciali oggetto di dibattito tra le parti.

LA VALENZA DELLA CTU

Anzitutto, la Corte ritiene necessario soffermarsi su un aspetto preliminare dell'impugnazione proposta, ovvero, quello riguardante la funzione svolta dalla CTU nel giudizio de quo e la denunciata acritica adesione alla stessa da parte del Giudice di prime cure.

In merito alla suddetta contestazione, va ricordato che la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel riconoscere ammissibilità e rilevanza alla cosiddetta "consulenza percipiente". In particolare, "Quando i fatti da accertare necessitano di specifiche conoscenze tecniche ... il giudice può affidare al consulente non solo l'incarico di valutare i fatti accertati (consulenza deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulenza percipiente); in tale ultimo caso la consulenza costituisce essa stessa fonte oggettiva di prova ed è necessario e sufficiente che la parte deduca il fatto che pone a fondamento del suo diritto e che il giudice ritenga che l'accertamento richieda specifiche cognizioni tecniche (tra le tante, Cass. civ. Sez. 3, Sent., 26-02-2013, n. 4792)" (Cass. civile sez. III, 08/02/2019, (ud. 23/11/2018, dep. 08/02/2019), n.3717). Quanto sopra, evidentemente, non può che trovare applicazione nella materia dei brevetti farmaceutici, laddove l'operazione di ricostruzione dello stato della tecnica e, in generale, l'esame delle allegazioni delle parti impone in maniera pressoché necessitata l'impiego di particolari competenze tecniche (cfr. Cass. 17685/2016).

Ne discende che correttamente il Tribunale ha deferito al CTU, nei limiti del quesito proposto, il compito di accertare e valutare i fatti oggetto di giudizio.

Peraltro, pare opportuno precisare anche come più volte la Cassazione abbia chiarito che "il giudice di merito non è tenuto ad argomentare diffusamente la propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio, mentre ha l'obbligo di esaminare i rilievi mossi alla consulenza ove essi risultino specifici e argomentati, vuoi per verificarne la fondatezza mediante il rinnovo della indagine, vuoi per disattenderli con adeguata confutazione delle tesi ivi esposte (Cass. 12406/02); ..." (Cassazione civile sez. I, 23/03/2012, n. 4739).

Nel caso di specie, "l'obbligo di esaminare i rilievi mossi alla consulenza" non può che risolversi nell'analizzare i rilievi mossi alla CTU e nel verificare se tali osservazioni trovino o meno adeguata e motivata risposta nelle opinioni di segno diverso espresse dal consulente dell'ufficio.

Quanto sopra chiarito, può procedersi all'esame dei motivi di impugnazione.

 

I, II, III, IV e V MOTIVO DI APPELLO

I motivi di impugnazione formulati non possono essere accolti per le ragioni di seguito esposte.

Giova anzitutto osservare come il Giudice di prime cure nell'affrontare i fatti oggetto di causa abbia aderito al metodo originariamente elaborato dall'EPO e noto come problem solution approach.

Tale metodo viene utilizzato per verificare se un'invenzione sia dotata di carattere inventivo, requisito richiesto per la validità del brevetto dall'art. 48 del codice della proprietà industriale. In base a tale norma, "un'invenzione è considerata come implicante un'attività inventiva se, per una persona esperta del ramo, essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica".

Come statuito dalla Corte di Cassazione, 26 febbraio 2016, n. 3805, "In tema di brevetto per invenzione, il requisito dell'altezza inventiva deve essere identificato con il superamento del confine dell'ovvio, secondo le conoscenze proprie di una persona esperta del ramo tecnico in cui si inserisce l'invenzione, garantendo una soluzione innovativa che non risulti evidente allo stato della tecnica. Tale requisito deve essere necessariamente valutato ex post sulla base di metodi di analisi formalizzati in guidelines conosciuti come "problem solution approach".

Così identificato il metodo del problem solution approach, questa Corte procede all'analisi delle varie contestazioni mosse da BI alla decisione del Tribunale.

In primo luogo, parte appellante sostiene che il Giudice di prime cure sarebbe pervenuto all'esclusione della presenza di altezza inventiva in capo ad EP '220 a causa dell'erronea applicazione dei diversi passaggi del test e, in particolare, avendo identificato il problema tecnico oggettivo prima di individuare la closest prior art (II motivo di appello).

Secondo tesi, tale mutamento di ordine falserebbe tutto il ragionamento e condurrebbe a conclusioni necessariamente erronee.

La Corte osserva che l'appellante non spiega in alcun modo come e perché l'allegata "inversione" (da parte del primo giudice) degli step di cui si compone il "problem solution approach abbia portato a conclusioni erronee.

In ogni caso, preme evidenziare che, all'atto di applicare il più volte citato test, il Tribunale di Milano ha ben identificato il problema tecnico, soltanto dopo aver individuato il documento di arte nota più vicino, seguendo quindi quello che anche l'appellante indica come il corretto ordine logico e temporale degli step del "problem solution approach".

Infatti, il Tribunale ha proceduto in modo corretto - punto 7.4 della sentenza - a riportare quanto il brevetto afferma circa il compito dell'invenzione e la soluzione tecnica, ad individuare la figura del tecnico del ramo e il documento di arte nota più vicino - rispettivamente ai punti 7.5 e 7.6 - e al punto 7.7 a spiegare in che cosa consista il problema tecnico oggettivo.

In buona sostanza, il Tribunale sul presupposto (non contestato) dell'identificazione dell'esperto del ramo nell' "esperto di formulazioni per inalazione di polveri", individua la closest prior art, prima, e, il problema tecnico oggettivo, poi.

Quindi, il rilievo dell'appellante risulta meramente formale e privo di qualsiasi rilevanza sostanziale ai fini della decisione.

Con riferimento alla closest prior art, il Tribunale (questione presentata come oggetto del III motivo), rifacendosi sempre alle conclusioni del CTU, la indica in 'Casaburi', perché tale pubblicazione "è dedicata solo al tiotropio e descrive una formulazione in polvere in cui la sostanza ausiliaria è proprio il lattosio, cioè l'eccipiente indicato sia nella rivendicazione 1 che nella rivendicazione 6 del brevetto della convenuta come elemento essenziale. Casaburi et al., inoltre, è una pubblicazione immediatamente antecedente la data di priorità di EP '220, a differenza di EP '716 - invocato dalla difesa della convenuta come closest prior art, tema questo sul quale si tornerà - che, pur appartenendo allo stato della tecnica, è di dieci anni precedente rispetto a Casaburi" (cfr. sentenza impugnata, pag. 11).

Pare opportuno precisare che il CTU aveva espressamente escluso che "un tecnico esperto di formulazioni non avrebbe preso in considerazione pubblicazioni anteriori relative a studi clinici sul tiotropio quale Casaburi. Piuttosto, il tecnico formulatore, con in mente il compito di sviluppare una nuova formulazione di tale principio attivo, si sarebbe documentato su tutta la letteratura, brevettuale e non, in cui veniva comunque citata una formulazione per inalazione di tiotropio in polvere, il che avrebbe costituito il punto di partenza per il suo lavoro" (pag. 41 CTU).

Sempre sul punto, il Tribunale aveva altresì puntualmente indicato le ragioni per cui riteneva di non poter individuare in EP '716 la closest prior art. "Si richiamano integralmente le osservazioni del CTU, riconducibili essenzialmente 1 alla datazione della pubblicazione Casaburi (2000), immediatamente antecedente alla data di priorità di EP '220 (1 giugno 2001), 2 all'oggetto dell'invenzione, che si occupa specificamente di tiotropio e descrive una formulazione in polvere in cui la sostanza ausiliaria è proprio il lattosio, come in EP '220. Viceversa, EP '716 non è unicamente dedicato al tiotropio, ma ad un'ampia gamma di composti analoghi e non descrive espressamente una formulazione per inalazione di polveri ed è inoltre un'anteriorità ben più risalente (1990), di dieci anni anteriore rispetto a Casaburi (CTU p. 62; si veda supra 7.6 sullo stato dell'arte). 3 A corroborare tali conclusioni, va altresì rammentato che Casaburi è stato ritenuto documento di arte nota più vicina anche in altre decisioni in sede europea (sub doc. 59, Tribunale de I'Aja e, sub doc. 58, Tribunale di Oslo). Quanto poi alla circostanza, dedotta dalla convenuta, secondo la quale l'anteriorità Casaburi non farebbe riferimento a capsule per inalazione, il documento smentisce tale affermazione, giacché Casaburi afferma espressamente che lo studio è stato condotto usando capsule per inalazione" (cfr. sentenza, pagg. 13-14).

Fermo restando, quindi, che il tecnico del settore (esperto di formulazioni) non avrebbe ragionevolmente escluso l'esame della pubblicazione Casaburi solamente perché si trattava di uno studio clinico, tale documento è stato correttamente individuato dal Giudice di prime cure, sulla scorta delle conclusioni del CTU, quale documento di arte nota più vicina.

Sotto diverso aspetto (con riferimento al rilievo indicato come IV motivo), la Corte ritiene, così come osservato dallo stesso CTU, che il problema tecnico oggettivo coincida sostanzialmente con quello identificato nel brevetto (cfr. CTU, pag. 62) e che, quindi, esso sia stato correttamente individuato dal Tribunale (si osserva, inoltre, che la presenza, all'interno dell'articolata decisione di primo grado, di definizioni leggermente diverse nella forma, ma identiche nella sostanza, non comporta alcuna contraddittorietà interna).

Ne discende l'infondatezza dell'impugnazione anche sotto questo profilo.

Va altresì rigettato anche il successivo motivo di appello, costruito e argomentato sul non condiviso presupposto dell'errata individuazione della closest prior art (V motivo), da ritenere assorbito per le ragioni già esposte.

In ogni caso, il motivo risulta infondato anche sotto un differente profilo.

Secondo BI, il Tribunale di Milano non avrebbe debitamente considerato che, alla data di priorità di EP '220, il tecnico del settore incontrava due pregiudizi tecnici, il superamento dei quali dimostrerebbe - contrariamente a quanto sostenuto dalla sentenza impugnata - la sussistenza del requisito dell'attività inventiva. Parte appellante sostiene infatti che alla luce della common general knowledge in nessun modo si sarebbe potuto sostenere che l'esperto del settore sarebbe stato spinto (would) a giungere alla soluzione proposta da BI.

In particolare (A), secondo le Common general knowledge relative alle capsule utilizzate in formulazioni per DPI: (a) niente avrebbe suggerito al tecnico del settore l'impiego di capsule in HPMC per una formulazione di tiotropio da somministrare per inalazione (i documenti/le pubblicazioni che riguardavano il tiotropio somministrato - e quindi formulato - non descrivevano le tecniche e i dettagli della formulazione né i materiali usati, né il grado di umidità); (b) alla data di priorità tutte le formulazioni in capsule per inalazione utilizzavano capsule in gelatina pura (non capsule in HPMC), anche per principi attivi simili al tiotropio. L'esperto del settore, quindi, sarebbe stato indotto all'impiego di tali capsule. Precisa parte appellante che la pubblicazione Ogura et al. tratterebbe di capsule in HPMC, ma per farmaci da somministrarsi per via orale e non per inalazione, il che escluderebbe che il tecnico del settore della formulazione di medicinali in polvere per inalazione potesse prenderla in considerazione.

Inoltre, sempre secondo parte appellante (B), anche la Common general knowledge sul contenuto di umidità nelle formulazioni in polvere per inalazione avrebbe escluso l'ovvietà della scelta di BI di impiegare capsule in HPMC con un ridotto contenuto di umidità. In particolare, osserva BI che era opinione genericamente condivisa che condizioni di umidità inferiori al 40% avrebbero aumentato la presenza di cariche elettrostatiche nella polvere per inalazione, comportando l'incapacità delle particelle di principio attivo di staccarsi dalle particelle dell'eccipiente. Per opinione comune, era quindi necessario evitare condizioni di bassa umidità e l'esperto del settore che si fosse posto "il problema di come migliorare la stabilità chimica e le proprietà aerodinamiche di una polvere per inalazione a base di tiotropio non sarebbe stato indotto ad intervenire per l'abbassamento del livello di umidità mediante essiccazione" (punto 137 appello); in ogni caso, non certamente sino ai livelli rivendicati da EP '220.

Secondo questa Corte, tutte le contestazioni svolte dalla parte appellante e sopra riportate trovano puntuale e argomentata risposta nella CTU espletata nel primo grado del giudizio.

In particolare, quanto alla contestazione (A), il CTU osserva che alla priorità di EP'220 erano già noti diversi materiali aventi un basso contenuto di umidità per la realizzazione di capsule per l'inalazione di farmaci. Così è a dirsi per:

1) la gelatina in miscela con PEG ("gelatina-PEG") che veniva utilizzata per realizzare capsule ad uso farmaceutico (Ogura: doc. 19; Chiwele: doc. 26; JP2000-143502: docc. 27 e 27 bis tutti prodotti dalle appellate); la gelatina in miscela con 1-10% in peso di PEG ha un contenuto di umidità inferiore al 10% (JP2000-143502: nostri docc. 27 e 27 bis, la cui tabella 2, paragrafo 0024 mostra capsule di gelatina con un 10% di PEG 1000 aventi un contenuto di umidità inferiore al 10%, e mostra anche capsule di gelatina con un 3% di PEG aventi umidità di circa il 10%);

2) l'HPMC (idrossipropilmetilcellulosa) che veniva anch'essa utilizzata come materiale per realizzare capsule per inalazione aventi contenuto di umidità tra il 2% e il 5%. Al riguardo, si vedano ad esempio le anteriorità costituite dalla pubblicazione di Ogura et al (doc. 19, p. 34, colonna di sinistra), dall'abstract di Nagata (doc.30) e dalla brochure Qualicaps (doc. 29, Tabella 1 a p. 3).

Il CTU ha accertato che la pubblicazione Ogura et al., "contrariamente a quanto sostenuto dalla convenuta, prevede anche l'utilizzo di HPMC in capsule per inalazione" (CTU, pag. 83).

Alla luce di tali conoscenze (anteriori) circa i materiali con cui realizzare le capsule e partendo dall'insegnamento contenuto in Casaburi et al., sarebbe stato dunque ovvio per l'esperto del ramo utilizzare la miscela di "gelatina-PEG" oppure l'HPMC per realizzare capsule per l'inalazione del tiotropio, come indicato nelle attuali rivendicazioni 6-8 del brevetto di cui è causa.

Con riferimento alla contestazione (B), sempre il CTU ha chiarito che lo stato dell'arte, alla data di priorità di EP '220, invitava a ridurre il contenuto di umidità sotto certe soglie, seppur con diverse modalità: "lo stato dell'arte identificato nei documenti JP '502 (per gelatina-PEG) e Ogura et al. (per HPMC) invitava ad abbassare il grado di umidità del materiale delle capsule, suggerendo quindi che tale pregiudizio fosse superabile almeno entro certi limiti. JP'502 evidenzia il problema di un elevato contenuto di umidità delle capsule e della fragilità della gelatina a basso contenuto d'umidità, ma lo risolve suggerendo l'aggiunta di PEG. Ogura et al. suggerisce l'uso di essiccanti per abbassare ulteriormente il contenuto di umidità di HPMC (in Ogura tra l'altro HPMC è detto avere un normale contenuto di umidità del 2-5%, per cui, anche considerando l'indeterminatezza di tali valori per le ragioni viste in precedenza, è altamente probabile che un contenuto del 2% citato in Ogura et al. possa corrispondere ad un valore inferiore al 5% come calcolato in EP'220).

In secondo luogo, le prove sperimentali presentate da BI (Expert Report del dott. W.) riguardano capsule ... in HPMC con contenuto di umidità di 4,1-4,4% (documento 6a, pag. 33, tab. 1). Non vi è alcuna evidenza quindi che anche a contenuti inferiori di umidità (ad esempio 1% o ancora meno) il pregiudizio sia stato superato, cioè che non si evidenzino i problemi che l'esperto del settore si sarebbe aspettato. I valori di umidità delle prove sono infatti solo poco inferiori alla soglia recitata nelle rivendicazioni (rispettivamente 10% e 5%), per cui non vi è alcuna evidenza che il problema sia risolto in tutto l'ambito rivendicato" (CTU, pagg. 79-80).

Per tutte le ragioni sopra esposte, i motivi di appello I - V non possono trovare accoglimento, con conseguente conferma della sentenza di primo grado.

 

VI MOTIVO DI IMPUGNAZIONE: ERRONEITÀ DELLA PRONUNCIA IN PUNTO SPESE

Al termine del Giudizio di primo grado il Tribunale ha condannato parte convenuta al pagamento delle spese di lite in favore di parte attrice, applicando il criterio della soccombenza.

Parte appellante, "considerata la quantomeno parziale validità del brevetto BI", richiede che le spese di lite (anche) di primo grado siano poste a carico di T. o, in subordine, compensate.

Ritiene la Corte che, in ragione della ritenuta nullità del brevetto di BI, così come limitato, la condanna alle spese in primo grado debba esser confermata e che, ugualmente, le spese del presente grado debbano seguire la soccombenza.

Le spese del presente giudizio sono dunque liquidate, ex D.M. n. 55 del 2014 e D.M. n. 37 del 2018, tenuto conto del valore indeterminato della controversia di complessità alta.

Sussistono i presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicché va disposto il versamento, da parte dell'impugnante soccombente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).


P.Q.M.
 

La Corte d'Appello di Milano, definitivamente pronunciando, così dispone:

1. rigetta l'appello proposto da B.I.P. GMBH & CO. KG avverso la sentenza n. 11023/2018, resa dal Tribunale di Milano in data 31 ottobre 2018, sentenza che per l'effetto conferma;

2. condanna B.I.P. GMBH & CO. KG al pagamento, in favore di T.P.I. LIMITED e T.I. s.p.a., delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in euro 14.000,00, per compensi, oltre 15% spese generali, IVA e CPA;

3. sussistono i presupposti per l'applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in capo alla parte appellante.

 

Così deciso in Milano, il 21 gennaio 2021

Depositata in cancelleria il 10 marzo 2021