• Marchi di fatto

17 marzo 2022

Corte d'Appello L'Aquila 17/03/2022 [Marchi di fatto - Contratto di cessione di ramo d'azienda - Attività di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione - Domanda per la dichiarazione di nullità e/o l'inefficacia delle registrazioni di marchi]

Marchi di fatto - Contratto di cessione di ramo d'azienda - Attività di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione - Domanda per la dichiarazione di nullità e/o l'inefficacia delle registrazioni di marchi effettuate dalla convenuta - Rapporto fra marchio di fatto anteriore e marchio successivamente registrato - Elementi di prova del presuo e della malafede nella registrazione - Convalidazione dei marchi ex art. 28 c.p.i. - Concorrenza sleale.


SENTENZA

n. 417/2022 pubbl. 17/03/2022

(Presidente realtore: dott.ssa Silvia Rita Fabrizio)


nella causa civile in grado d'appello iscritta al n. 927/2018 R.G., posta in deliberazione all'udienza collegiale del 27.10.2021 svoltasi con trattazione scritta e vertente

TRA

E. SRL

con sede legale in A. (C.), Z. I. S. s.n.c., nella persona del suo legale rappresentante pro-tempore, Sig. F.C., difesa e rappresentata, in virtù di procura a margine della comparsa depositata in prime cure, dagli Avv.ti Maria Francesca Quattrone, Sonia De Grandis e Andrea D'Amico e con essi elettivamente domiciliata presso lo studio dell'Avv. Francesco Camerini sito in Via Garibaldi n. 62, 67100 - L'Aquila (AQ);

- appellante -

E

P. S.R.L., C.D.D. S.N.C. di P.C.,

la prima in persona del legale rappresentante pro tempore P.P., con sede in B., la seconda con sede a B. (M.), Via A. M. n. 128 in persona dei legali rappresentanti pro tempore e soci amministratori P.P., G.P. e A.C., rappresentate e difese dagli Avv.ti Lejanita Desiderio e Giulia Setti, tutti elettivamente domiciliati presso lo studio dell'Avv. Valentino Venta, in L'Aquila, Viale della Croce Rossa n. 237/E, in virtù di procura in calce all'atto introduttivo del giudizio di primo grado;

- appellate -

 

FATTO e DIRITTO
 

Con l'atto di citazione in riassunzione (a seguito della dichiarazione di incompetenza del Tribunale di Roma) P. srl e C. srl hanno adito il Tribunale di L'Aquila, Sezione Specializzata in materia di Impresa chiedendo sostanzialmente dichiararsi la nullità e/o l'inefficacia delle registrazioni di n. 6 marchi effettuate dalla convenuta E. srl, premettendo in fatto che P. s.r.l. aveva stipulato con C. s.n.c. un contratto di cessione di ramo d'azienda con decorrenza 01/01/07-31/12/13, in base al quale la seconda, che dal 2000 esercitava l'attività di disinfezione, disinfestazione e derattizzazione, nonché il commercio delle attrezzature inerenti a tali attività, cedeva alla prima in affitto l'azienda, inclusi tutti i beni strumentali, i beni materiali ed i contratti in corso con i clienti.

Hanno esposto che C. s.n.c. aveva, infatti, ben prima di tale cessione, ideato e realizzato diversi prodotti, tra cui cinque stampi costruiti da una società specializzata sulla base di propri progetti, pagandone la relativa prestazione, tra cui:

- il Mini-Mouse risale al dicembre 2003 con il nome Master-Mouse, poi distribuito anche con il nome di Mini Mouse dal marzo 2005 (docc. nn. 2/3);

- il Top Rat, che risale al gennaio 2005 (doc. n. 4);

- il T-Mouse, che risale al febbraio 2005 (doc. n. 5);

- il Mini-Blat, che risale all'aprile 2005 (doc. n. 6);

- il Mouse & Blat, che risale all'aprile 2005 (doc. n. 7).

Al contempo, aveva cominciato a commercializzare trappole contraddistinte da tali marchi, in particolare da quello Master Mouse/Mini Mouse, cui fecero seguito le altre, vendute, tra le varie aziende, anche ad E. con successo crescente, dimostrato dalle fatture prodotte in atti, trappole che dal 2007, a seguito della cessione, venivano prodotte e vendute da P. srl.

Nel 2008, poi, P. s.r.l. continuava a fornire i predetti prodotti ai propri clienti, tra cui figurava sempre E., anche se a quest'ultima, i cui ordini erano improvvisamente diminuiti, venivano emesse soltanto 3 fatture che neppure venivano pagate, tornando insolute le ri.ba; per contro, questa, in risposta alla lettera di messa in mora del 29.7.2008, comunicava a P. srl che, stante il patto verbale di esclusiva di distribuzione del prodotto denominato TOP-RAT, aveva richiesto la registrazione del marchio TOP-RAT sin dal 14.12.2005, del quale invece C. vantava il preuso ormai da anni, essendo l'ideatrice sia di esso, sia degli altri 4 prodotti con i relativi marchi.

P. srl, con raccomandata a.r. del 07/08/08, non solo sollecitava il saldo delle predette fatture, ma contestava anche l'illiceità della registrazione di tale marchio e l'inesistenza di accordo verbale o scritto di concessione in esclusiva dei predetti 5 marchi, facendo presente, altresì, sia che la registrazione del marchio non era mai stata comunicata prima, sia che E. non l'aveva mai diffidata ad astenersi dalla produzione e vendita del prodotto Top Rat).

Stante il mancato pagamento del dovuto, P. s.r.l. era costretta chiedere ed ottenere, dal Tribunale di Modena, per il mancato pagamento delle fatture, decreto ingiuntivo (n. 2771/2008) per la complessiva somma di € 20.565,50, avverso il quale E. proponeva opposizione in data 25/11/2008, sostenendo, in premessa, che le fatture per cui era stata emessa l'ingiunzione concernevano prodotti denominati Top Rat e T-Mouse, per i quali essa aveva una concessione in esclusiva per il territorio nazionale, come risultante da trattative intercorse tra le parti (seppur momentaneamente interrotte), in forza delle quali essa aveva registrato i marchi dei prodotti di proprietà di C. s.n.c., così accertandosi che, sempre a dicembre 2005, questa aveva richiesto illegittimamente anche la registrazione degli altri 5 marchi, tanto da diffidare la subentrata P. s.r.l. dal distribuire a terzi tali prodotti (v. atto di citazione in opposizione al DI).

Da successive indagini, risultava che E. aveva presentato in data 01/10/08, anche altra richiesta di registrazione del marchio "Top Rat Duo", esattamente identico nella descrizione al marchio "Top Rat" (doc. n. 336), di cui C. s.n.c. rivendicava l'esclusiva titolarità, (nell'evidente scopo di raggirare l'eventuale declaratoria di illegittimità di quest'ultimo).

L'opponente concludeva con la richiesta di annullamento del decreto ingiuntivo emesso ed in via riconvenzionale per l'accertamento della validità dell'accordo di esclusiva per il territorio nazionale di vendita e distribuzione dei prodotti Top Rat, T-Mouse, Mini Blat, Mouse & Blat e Mini Mouse, quindi per la condanna al risarcimento dei danni meglio quantificati in corso di causa7. P., a questo punto, comprendeva il motivo per cui nel 2008 non soltanto gli ordini di fornitura di E. erano improvvisamente diminuiti, ma anche quelli che erano soliti giungere dalle altre ditte.

P. srl, nel costituirsi in quella sede, chiedeva la conferma del decreto ingiuntivo opposto e, in via riconvenzionale, la condanna di controparte al pagamento della somma di € 32.846,40, oltre iva, non avendo E. adempiuto al contratto di durata annuale del 19/01/2007 che prevedeva la fornitura non in esclusiva di un quantitativo minimo vincolante di 50.000 pezzi di "Top Rat" per l'anno 2007 (doc. n. 338), non avendo questa acquistato il quantitativo minimo di prodotti previsto dal contratto.

Alla prima udienza del 12/05/09, il Giudice concedeva la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, e, in data 27/09/12, il Tribunale di Modena, emetteva la sentenza n. 1469/12, passata in giudicato, con cui rigettava l'opposizione unitamente alla domanda riconvenzionale dell'opponente (non essendo stata fornita alcuna prova dell'esistenza del patto di esclusiva, avendo le prove orali confermato solo l'esistenza di trattative) e confermava il decreto ingiuntivo opposto, condannando E. al pagamento, in via riconvenzionale, della complessiva somma di € 32.846,40 oltre interessi, spese legali per € 5.500,00 ed accessori di legge (doc. n. 345).

Le attrici hanno infine sottolineato che P. s.r.l., comunque, anche durante la causa di opposizione aveva sempre continuato a diffondere i propri 5 marchi, come dimostrano le fatture emesse nel 2009 (docc. nn. 348/399), nel 2010 (docc. nn. 400/452), nel 2011 (docc. nn. 453/535) e nel 2012 (docc. nn. 536/568), senza mai ricevere alcuna contestazione da parte di E., nonostante questa ne fosse a conoscenza, al fine di tentare di non perdere quella parte del mercato che si era conquistata già dal 2004.

All'esito dell'istruttoria documentale, con la sentenza impugnata il Tribunale de L'Aquila, in composizione collegiale, ha accertato in fatto che:

- C. aveva commissionato ed ottenuto gli stampi dei marchi oggetto del contendere (doc. da n. 2 a n. 7 di parte attrice) negli anni dal 2003 al 2005;

- la stessa prima, e la cessionaria P. poi (dal 2007), avevano commercializzato le trappole per topi con tali marchi dal 2004 al 2008, vendendole anche alla convenuta;

- E. in data 14.12.2005 depositava presso l'UIBM la domanda di registrazione di tali marchi e in data 1.10.2008 quella del marchio "Top Rat Duo";

- la convenuta non ha mai contestato l'identicità dei marchi, bensì ha soltanto dedotto che le attrici fossero consapevoli che i marchi di proprio interesse erano già protetti per effetto delle registrazioni rilasciate alla propria partner commerciale;

- le attrici erano informate dell'avvenuta registrazione con lettera del 29/07/2008, e la contestavano con lettera del 07/08/2008, assumendo la totale inesistenza di qualunque patto di concessione dei propri marchi di fatto, ad eccezione del patto commerciale del 2007 di accordo sui quantitativi minimi;

- il Tribunale di Modena, con sentenza n. 1469/2012 aveva accertato l'inesistenza di un patto di esclusiva per lo svolgimento dell'attività oggetto della cessione di ramo di azienda.

Nel merito:

- ha respinto le domande delle attrici di nullità ex art. 12 lett. b) c.p.i. delle registrazioni dei marchi da parte della convenuta, perché la norma non disciplina il rapporto fra marchio di fatto anteriore e marchio successivamente registrato, bensì fra il primo ed altri segni distintivi (ditta, insegna, ecc.), non ravvisando gli estremi per procedere alla riqualificazione della domanda;

-ha dichiarato decorso il termine quinquennale di tolleranza da parte del titolare dei diritti, (sia pur commettendo un errore di calcolo), ma ha ugualmente respinto l'eccezione preliminare della convenuta di intervenuta convalidazione dei marchi ex art. 28 c.p.i. perché, (nonostante l'errata declaratoria di prescrizione), non ha ritenuto sussistente l'ulteriore requisito della buona fede della convenuta, che, avendo acquistato le trappole per topi connotate da tali marchi, era ben consapevole della loro appartenenza ad altro soggetto;

- ha accolto l'ulteriore domanda delle attrici di nullità ex art. 19, comma 2, c.p.i. e 25, lett. b), c.p.i. dei marchi registrati da E., ritenendo sussistente la mala fede qualificata necessaria ad integrare la fattispecie, ravvisandola nella conoscenza delle legittime aspettative vantate da altri sul marchio, nell'avere mirato ad ostacolare il progetto imprenditoriale delle attrici, nell'avere abusato del rapporto di collaborazione intercorrente, anche alla luce dell'Acc. del 19 gennaio 2007;

- ha ordinato alla cancelleria la trasmissione della sentenza all'Ufficio Italiano Marchi e Brevetti ed a quest'ultimo di annotare la sentenza nei propri registri;

- ha ritenuto assorbita dall'accoglimento della precedente domanda, la domanda attorea di censura della condotta ai sensi dell'art. 2598 c.c. per concorrenza sleale;

- ha accolto la domanda di rivendica dei marchi di parte attrice ex art. 118 cpi, con effetto dal 14.12.2005, ritenendo sussistente il preuso connotato da notorietà qualificata (associazione del marchio ad una determinata impresa), che può essere provata mediante meri indizi, stante la copiosa quantità di fatture depositate da parte attrice (soltanto genericamente contestate da controparte, ma mai analiticamente nel loro contenuto, neppure quelle indirizzate ad essa), in ambito territoriale diffuso, ritenendo sussistente il rischio di confondibilità, in quanto provato documentalmente e per ammissione della stessa convenuta che i segni distintivi erano stati usati da società aventi lo stesso oggetto sociale per contraddistinguere gli stessi prodotti; - pur avendo respinto l'eccezione di prescrizione della convenuta, ha respinto la domanda di risarcimento dei danni avanzata dalle attrici, ritenendo non provato il nesso eziologico intercorrente fra il calo del fatturato e la condotta della convenuta nel periodo di riferimento (2008); • ha inibito alla convenuta l'uso dei marchi, ordinato la distruzione a proprie spese di tutte le cose costituenti violazione dei diritti delle attrici, fissando la somma di € 100,00 a carico della convenuta per ogni violazione e per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione della sentenza, trascorsi sei mesi dalla sua pubblicazione.

Ha respinto, per contro, tutte le domande di parte convenuta, non ravvisando alcuna violazione degli art. 20 e 22 c.p.i., né concorrenza sleale da parte delle attrici, sicché nessun risarcimento del danno era riconosciuto, né l'indebito arricchimento (indicato nella misura di € 116.448,99), non provato;- ha infine compensato le spese nella misura del 30%, stante la soccombenza parziale di parte attrice e, applicando lo scaglione "valore indeterminato, complessità alta", ha condannato la convenuta a rifondere la somma di € 10.036,00 a tal titolo alle attrici.

E., ha censurato la decisione, concludendo come in epigrafe, affidando l'appello ai seguenti motivi, che saranno delibati partitamente:

1. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697, 2702, 2704 e 2709 c.c., in merito alla prova dell'asserita mala fede di E., illogicità e contraddittorietà della motivazione, omessa nonché erronea valutazione dei documenti versati in atti: secondo l'appellante il Tribunale , nel valutare la ricorrenza della mala fede, non avrebbe tenuto conto di alcune circostanze documentate per tabulas e comunque pacifiche quali:

a. l'assenza di ogni riferimento ai marchi nella cessione di ramo di azienda sottoscritta fra C. e P., avente decorrenza dal 01/01/2007, che in realtà ritiene la Corte sia del tutto insignificante, vieppiù se si considera che i marchi a quella data non erano stati ancora registrati;

b. l'esistenza di una bozza di contratto di esclusiva, frutto delle trattative tra le parti ai fini della stipula di un più ampio rapporto di collaborazione e in esso (clausola 4.2) si riconosceva che la titolarità dei marchi contestati apparteneva ad essa E.;

In proposito, rileva la Corte che trattavasi di mera bozza, che non ci fu alcun altro accordo tra le parti se non quello del 2007 con la validità di un anno, da queste regolarmente stipulato e sottoscritto, e che già il Tribunale di Modena, con sentenza n. 1469/2012 passata in giudicato, respinse la domanda risarcitoria dell'opponente oggi appellante E. avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalle appellate nei suoi confronti proprio perché non ritenne provato l'allegato patto di esclusiva;

c. il fatto che C. in una comunicazione parlasse genericamente di erogatori ed anche questa è una circostanza del tutto insignificante;

d. il fatto che le attrici abbiano più volte spedito i prodotti recanti tali marchi a clienti di E., circostanza altrettanto insignificante, posto che non si vede perché, se richiesto, chi produce un prodotto non debba venderlo ad altri soggetti.

E. ha quindi evidenziato l'erroneità del punto 2.1. della decisione, che desume la ricorrenza della malafede dalle fatture prodotte dalla parte attrice, ed anche dalla circostanza che essa aveva da questa acquistato le trappole per topi in questione già nel 2005 e, quindi, era a conoscenza che si trattasse di prodotti e di marchi ("Mini Mouse" ecc.) a questa appartenenti, censurando anche il punto 2.2., nel quale il Tribunale trae le proprie conclusioni in merito alla condotta di essa appellante, dichiarando la nullità dei marchi ex artt. 19 comma 2 e 25 lett. b) cpi.

In proposito, ha evidenziato che, per giurisprudenza costante, la malafede non può presumersi, incombendo l'onere della prova sulla parte che la invoca affermando per questo la nullità del marchio, onere non adempiuto dalla controparte, ed ha sottolineato come il valore probatorio di una fattura commerciale sia estremamente limitato, potendo al più dimostrare l'esistenza di un rapporto contrattuale, ma non l'atteggiarsi di questo ed i suoi contenuti. Essa aveva contestato la veridicità e genuinità delle fatture in questione ed il loro valore probatorio con riferimento alla prova che avessero commercializzato un prodotto con un dato marchio di impresa, in difetto di foto, volantini o cataloghi, non avendo controparte prodotto neppure una confezione usata per la distribuzione dei suoi prodotti.

Ha aggiunto che le due fatture considerate significative del preuso dal Tribunale (doc. 17 e 34), nn. 117 del 31.5.2004 e 299 del 31.12.2004, emesse da C. a terze imprese hanno ad oggetto la vendita di trappole denominate "Master Mouse" e, quindi, in modo diverso dai marchi oggetto di causa. Inoltre, molte delle fatture prodotte ex adverso si riferivano a rapporti cui essa era del tutto estranea, non potendo pertanto costituire elemento di prova nei suoi confronti del preuso dei marchi da parte delle attrici.

Doveva pertanto ritenersi non provata la propria malafede.

1.2 Anche le citate allegazioni sono infondate, posto che il preuso, come evidenziato anche in prime cure, ben può essere provato anche a mezzo di indizi e la prova della malafede ben può trarsi dall'atteggiarsi dei rapporti tra le parti e dal significativo dato di fatto che già dal 2004 (e non dal 2005 come erroneamente indicato in sentenza) E. acquistasse da C. i prodotti oggetto dei marchi da questa registrati oltre un anno dopo (14.12.2005), senza considerare le centinaia di fatture emesse da C. srl in generale con riferimento a quei prodotti, commercializzati dunque a livello nazionale (doc. nn. 8/323 fascicolo I grado appellate), avendo parte attrice prodotto anche la documentazione contabile proveniente da terzi (v. doc. da 2 a 7), ossia le fatture e bolle di accompagnamento degli stampi con cui i marchi sono stati commissionati (e quindi ideati), realizzati, consegnati e pagati, mentre l'appellante non ha depositato alcun documento che dimostrasse di avere ideato o acquistato i marchi.

Del resto, l'appellante non ha potuto contestare che essa, come rilevato dal Tribunale, nei propri scritti difensivi non soltanto non contesta l'identicità dei marchi, ma li definisce "di proprio interesse" rivolgendosi proprio a C., dimostrando così la consapevolezza dell'appartenenza e dell'uso dei marchi da parte della Società appellata.

Peraltro, le attrici, a differenza dell'appellante, hanno depositato copiosa documentazione, tra cui proprio le fotografie della trappola Master Mouse/Mini Mouse, con i relativi tasselli per lo stampo (v. doc. n. 572), le fotografie della trappola Master Mouse/Mini Mouse, con tasselli per lo stampo e relativa misurazione (v. doc. n. 573), le fotografie della trappola contraddistinta dal marchio Master Mouse/Mini Mouse, prodotta in verde (v. doc. n. 574), dovendo considerarsi che il marchio Master Mouse indicato in due fatture non è certamente un errore, essendo poi stato modificato in Mini Mouse.

Il motivo, pertanto, è del tutto infondato.

2. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 19 e 25 c.p.i. in merito all'asserita mala fede di E.;

L'appellante, in particolare, ha censurato quella parte della sentenza che ha ritenuto essere emerso per tabulas: a) che il registrante in malafede forse a conoscenza delle legittime aspettative vantate dalle attrici sui marchi oggetto di registrazione, b) come essa mirasse ad ostacolare il progetto imprenditoriale di queste ultime e, infine, ritenendo c) che la registrazione dei marchi forse l'espressione dell'abuso del rapporto di collaborazione tra le parti, dimostrato anche dall'Acc. del 19 gennaio 2007.

Ha evidenziato come la registrazione dei marchi fosse stata effettuata nel corso del 2005, dunque in concomitanza con il sorgere del rapporto di committenza con l'appellante, mentre nel 2004 si parla solo di trappole "Master Mouse", che non è tra i marchi oggetto di causa e doveva ritenersi significativo che essa avesse continuato ad approvvigionarsi dalle appellate sino al 2008 e che avesse fatto investimenti per favorire la diffusione dei marchi, a differenza di queste ultime, che non avevano tentato nemmeno di stampare un catalogo, il che dimostrava la propria buona fede.

Il capo della sentenza censurato (2.1.) era, del resto, errato anche in diritto, posto che la malafede deve essere valutata al momento del deposito della domanda di registrazione del marchio e non successivamente a questa, come aveva fatto il primo giudice facendo riferimento all'Acc. del 2007, intervenuto due anni dopo. La controparte, poi, non aveva dimostrato la propria volontà di registrare il marchio, mentre un presupposto della malafede è la consapevolezza di questa volontà e, del resto, l'unico elemento prodotto in tal senso è un contratto di cessione di ramo d'azienda nel quale i marchi non vengono neppure citati. In realtà, come evincibile dalla documentazione allegata, essa aveva avviato con C. un rapporto di collaborazione finalizzata alla produzione di trappole da parte di quest'ultima, che essa rivendeva alla propria clientela con i propri marchi: in buona sostanza, essa commissionava alle attrici la realizzazione materiale delle trappole e, parallelamente, registrava i marchi ai fini di lanciare i prodotti sul mercato e fino al 2008 essa aveva continuato ad acquistare gli erogatori dalla C. prima e dalla P. dopo ponendoli in commercio a proprio nome e con i propri marchi, del che le attrici erano a conoscenza tanto da spedire i loro prodotti a propri clienti.

2.1. Anche questo motivo è infondato.

Va condivisa, invero, la decisione di prime cure nella parte in cui ha ravvisato la mala fede di E. già al momento del deposito della domanda di registrazione, in quanto già in precedenza acquistava tali prodotti connotati dai marchi oggetto del contendere da C., come si evince dalle fatture di vendita dalla stessa emesse dal 2004 nn. 13 del 30.4.2004, 19 del 31.5.2004, 29 del 31.10.2004, 36 del 31.1.2005, 38 del 28.2.2005, 41 del 31.3.2005 relative alla vendita di Master Mouse, Top Rat, T. Mouse, 50 del 31.5.2005 relativa alla vendita di Top Rat, T-Mouse, Mini Blat, Mini Mouse, Mouse & Blat e tante altre), sicché era evidente che fosse a conoscenza dell'uso dei marchi ben prima del deposito della domanda di registrazione, effettuato il 14.12.2005 senza renderne edotte le appellate, tanto da sottoscrivere con P. srl il 19.1.2007 l'accordo di fornitura relativo al quantitativo minimo di pezzi (v. doc. n. 338) da acquistare dalla società, che li produce, così, a)ben conoscendo le legittime aspettative della stessa sui marchi oggetto di registrazione; in tal modo essa ha (d) evidentemente abusato del rapporto di collaborazione e fiducia creatosi così da pregiudicare le altrui legittime aspettative di tutela, a tanto essendosi determinata, evidentemente, per fini anticoncorrenziali (b), ricorrendo dunque i presupposti sub a), b) e d) enucleati dalla giurisprudenza di merito e indicati in sentenza, stante anche la notorietà dei marchi in questione all'atto della registrazione, in ragione della vendita dei prodotti su scala nazionale da parte delle appellate provata dal copioso documentale in atti.

E. s.r.l. ha anticipato nella registrazione C. s.n.c., che da tempo commercializzava su scala nazionale il prodotto, ma soprattutto, lo aveva essa stessa acquistato con i marchi "Mini Mouse" ("Master Mouse" prima del 2005) "Top Rat", "T- Mouse", "Mini Blat" e "Mouse and Blat". La malafede è evincibile, poi, dalla circostanza che l'appellante ha abilmente celato l'avvenuta registrazione dei marchi alle appellate, continuando a richiedere copiose forniture dei loro prodotti, e tanto di evince anche dal contenuto del fax del 18/04/2008 (v. doc. n. 340 fascicolo appellate), in cui la stessa dichiarava che il marchio "T- Mouse" non le interessava più, quando in realtà ne aveva chiesto la registrazione, ed è confermata anche dalla circostanza che, nonostante più volte richiesta, C. si era rifiutata di cederle l'esclusiva dei marchi in questione.

3. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 28 c.p.i. in merito alla domanda di convalidazione dei marchi:

Con il motivo in questione E. si duole del rigetto della propria eccezione preliminare di convalidazione dei marchi ex art. 28 cpi, benché fossero decorsi più di cinque anni alla notifica della citazione, dal momento in cui la controparte aveva avuto contezza del deposito della domanda di registrazione, stante la propria assoluta buona fede e la consapevolezza da parte delle controparti del proprio utilizzo di quei marchi.

.Il Giudicante ha respinto l'eccezione in quanto, pur ritenendo decorso il quinquennio, difettava l'ulteriore requisito della buona fede della convenuta essendosi evidenziata la malafede nella circostanza che essa stessa aveva acquistato dalle attrici le trappole per topi connotate proprio da quei marchi.

3.1. In realtà, non solo ricorre la malafede per quanto si è detto, ma neppure era decorso il quinquennio all'atto della notifica della citazione, avendo il giudicante visibilmente errato il relativo computo laddove evidenzia che le attrici avevano avuto contezza per la prima volta dell'avvenuta registrazione dei marchi in questione da parte di E. in data 29.7.2008 e che l'atto di citazione è stato notificato a quest'ultima il 3.7.2008, dunque entro - e non oltre - il quinquennio. Ciò non bastasse, andava considerata pure la sospensione dei termini processuali disposta a seguito del sisma avvenuto in Emilia Romagna nel 2012, stabilita dal D.L. 6 giugno 2012, n. 74, recante interventi urgenti per le popolazioni colpite dagli eventi sismici nelle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo il 20 e il 29 maggio 2012, convertito in legge il 1 agosto 2012, n. 122. Entrambe le società attrici, infatti, hanno sede in Bomporto, Comune inserito fra i beneficiati da tale normativa, che all'art. 6, rubricato "Sospensione processi civili, penali, amministrativi e tributari, rinvio delle udienze e sospensione dei termini, comunicazione e notifica di atti", comma 4, dispone: "Per i soggetti che alla data del 20 maggio 2012 erano residenti, avevano sede operativa o esercitavano la propria attività lavorativa, produttiva o di funzione nei comuni interessati dal sisma, il decorso dei termini perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti prescrizioni e decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione, nonché dei termini per gli adempimenti contrattuali è sospeso dal 20 maggio 2012 al 31 dicembre 2012 e riprende a decorrere dalla fine del periodo di sospensione. Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine del periodo."

Il termine finale della sospensione è stato successivamente prorogato fino al 31/12/2013, sicché il termine prescrizionale, comunque non decorso, si sposta ulteriormente di circa un anno e mezzo.

Si è delibato così il corrispondente motivo di appello incidentale delle appellate, del quale si dirà appresso e che, sul punto, è dunque fondato.

4. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2598 c.c.

Il Tribunale considera la domanda delle attrici di censurare la condotta di E. anche per concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2598 c.c., assorbita dall'accoglimento della domanda di nullità ex art. 19 c.p.i., stante la possibilità che si verifichi (come in questo caso) un concorso improprio dei due tipi di tutela.

E. sostiene che non siano stati dimostrati gli atti di concorrenza effettuati, quale confusione si sarebbe ingenerata nel mercato e/o lo sviamento della clientela, l'animus nocendi.

4.1.E’ evidente sul punto l'inammissibilità del motivo per difetto di interesse, proprio per avere il Tribunale ritenuto assorbita una siffatta domanda dopo aver evidenziato i tratti comuni delle due azioni

5. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 12 e 118 c.p.i. in merito all'asserito preuso di C. ed alla rassegnazione dei marchi per cui è causa; contraddittorietà intrinseca ed insanabile:

Ha censurato in proposito il capitolo n. 4 della sentenza laddove il Tribunale ha riconosciuto il preuso dei marchi oggetto di causa in capo a C. desumendolo in particolare dalla copiosa quantità di fatture versate in atti e già in atto alla data del deposito della domanda di registrazione del 14/12/2005, ricorrendo il requisito della "notorietà qualificata" dei marchi, visto che le fatture risultano emesse nei confronti di soggetti con sedi legali in gran parte del territorio nazionale e dal 2004 provano che le attrici hanno utilizzato i marchi in questione nello svolgimento della loro attività commerciale; ha quindi riconosciuto il diritto all'uso esclusivo dei segni distintivi in esame e al trasferimento in capo a C. dei marchi registrati da E. con effetto da 14/12/2005.

In particolare, quest'ultima ha censurato l'assunto circa la ricorrenza della cosiddetta "notorietà qualificata", non potendo essere sufficienti all'uopo le sue fatture prodotte in atti, mancando cataloghi, volantini, pubblicità ed altro e, in proposito, ha nuovamente sottolineato che la C. nel 2004 non aveva usato quei marchi ma soltanto quello denominato "Master Mouse", da questi diverso, mentre neppure il materiale venduto era di quantità rilevante al punto da giustificare l'assunto di un preuso di notorietà qualificata, senza considerare la contraddizione in cui incorre il Tribunale laddove prima dichiara nulli i marchi e, poi, li riassegna a C. in violazione del disposto dell'articolo 118 cpi.

5.1. Il motivo, al pari dei precedenti, è infondato.

Il preuso connotato da notorietà qualificata e diffusa, come correttamente ritenuto in prime cure, ben può essere oggetto di prova indiziaria e, in ogni caso, allo scopo è stata ampiamente idonea la copiosa documentazione contabile all'uopo depositata.

E’ ampiamente documentato, come si è prima osservato, che C. s.n.c., già nel 2004, e, quindi, prima del deposito della domanda di registrazione da parte di E., avvenuta il 14/12/05, aveva posto sul mercato la trappola denominata Master Mouse, che era venduta anche alla stessa E., come risulta dalla tabella allegata dall'appellata (v. doc. n. 8), nonché dalle fatture del 2004 (v. doc. n. 9/34), da cui si evince che il numero degli esemplari venduti è molto elevato (5.765 pezzi) e che il prodotto si era diffuso non soltanto a livello locale, ma su tutto il territorio nazionale, e, in particolare, in Emilia Romagna, Abruzzo, Toscana, Veneto, Lombardia e Puglia.

La stessa trappola, dall'anno successivo (2005) era venduta indifferentemente anche con il marchio Mini Mouse, come documentato dall'appellata, che ha prodotto le fotografie dei relativi stampi, identici tra loro, sicché le fatture relative alla vendita di tale prodotto sono significative di un concreto periodo di preuso del marchio Master Mouse/ Mini Mouse da parte di C..

Sempre nel 2005, C. s.n.c. ha iniziato a diffondere in tutto il territorio nazionale (Emilia-Romagna, Puglia, Abruzzo, Lombardia, Veneto, Toscana, Piemonte e Marche) anche le altre trappole contraddistinte con i marchi Top Rat, Mouse and Blat, T-Mouse e Mini Blat, come dimostrano le copiose fatture emesse sia ad E., sia ad altre aziende (v. docc. nn. 35/84, ibidem), per un numero totale di prodotti venduti pari a 46.360, sicché non vi possono essere dubbi che C. s.n.c. possa vantare e vanti un preuso anche in riferimento a questi ultimi 4 marchi di fatto.

Del resto l'appellata ha prodotto documentazione proveniente da terzi (v. doc. da 2 a 7, ibidem) che gli stampi dei marchi sono stati commissionati (e quindi ideati), pagati da C. e consegnati presso la sua sede, mentre E. non ha certamente fatto altrettanto.

C. s.n.c ha provato dunque di aver ideato i cinque stampi dei predetti marchi, facendoli realizzare da una società specializzata e che i relativi prodotti sono stati diffusi in maniera costante ed a livello nazionale, tanto da venderne ingenti quantità in diverse regioni italiane (Emilia Romagna, Abruzzo, Toscana, Veneto, Lombardia, Puglia, Piemonte e Marche), sia quanto al marchio Master Mouse/Mini Mouse nel 2004 (pezzi venduti 5.765) che per tutti i marchi Mini Mouse, Top Rat, T Mouse, Mini Blat e Mouse and Blat nel 2005 (pezzi totali venduti 46.360), vendite che tra l'altro continuano ancora oggi (v. docc, nn. 144/254 - 255/323 - 348/568) sicché non vi sono dubbi circa la ricorrenza del preuso, con conseguente nullità della successiva registrazione (e come si vedrà, anche per la mancanza del requisito della novità di cui all'art. 12 c.p.i.)e del diritto di C. prima e di P. srl poi all'uso esclusivo del marchio in questione.

D'altra parte, l'infondatezza della tesi di E. si evince anche dal fatto che non si sia mai opposta (fino all'introduzione del presente giudizio di merito e, quindi, per 8 anni), al fatto che i prodotti venissero venduti indistintamente anche agli altri clienti delle attrici.

C. s.n.c., per contro, ancor prima che i rapporti commerciali con la convenuta iniziassero, si era già distinta da tempo sul mercato come produttrice e venditrice di trappole in genere e, in particolare, per ratti, che venivano distribuite su tutto il territorio nazionale a chi ne faceva richiesta.

6. Sul rigetto della domanda riconvenzionale di E..

L'appellante ha censurato il punto 7 della sentenza impugnata, nella parte in cui ha respinto la propria domanda riconvenzionale, in quanto, alla luce di quanto appena evidenziato, non ricorreva alcuna violazione da parte delle attrici degli artt. 20 e 22 cpi né alcuna ipotesi di concorrenza sleale e così ha motivato anche la reiezione della domanda di Ecommerce di risarcimento del danno per euro 116.448,99, somma richiesta anche a titolo di indebito arricchimento della controparte in caso di accoglimento della domanda di nullità dei marchi oggetto di causa e di trasferimento degli stessi in favore degli attrici, non essendo stato provato alcun loro indebito arricchimento ed il conseguente depauperamento della convenuta.

In proposito, E. ha osservato che, una volta accertata la propria assenza di malafede, il contegno delle appellate non poteva che essere ritenuto illegittimo, avendo fatto uso dei propri marchi, registrati tutti in data 17/11/2008, sicché dalle fatture in atti emergeva che, dalla data di notifica dell'atto di citazione, le due società avevano venduto a terzi n. 40.728 erogatori recanti marchi contraffatti di essa E. per un fatturato complessivo di € 86.448, 99, cui andava sommato un importo di 30.000,00, quale somma spesa per la registrazione e la promozione dei marchi Mini Mouse, Top Mouse e Mouse Blat, assumendo le fatture un chiaro valore confessorio delle condotte illegittime delle attrici.

Ricorreva pertanto un duplice danno: mancata vendita di pezzi che avrebbe dovuto vendere essa stessa agli acquirenti delle attrici e il danno emergente derivante dal detrimento della propria immagine e reputazione commerciali connesso alla circolazione non autorizzata di erogatori contraddistinti dai propri marchi registrati e l' "annacquamento" degli stessi, apparendo dunque giustificata la condanna al ristoro con retroversione degli utili indebitamente conseguiti da queste ai sensi dell'art. 125 cpi o comunque in via equitativa. Ha chiesto quindi che, fermo il risarcimento dei danni, fosse inibito alle appellate l'uso dei marchi in questione, con un'adeguata penale e la pubblicazione del provvedimento favorevole su almeno due quotidiani e su una rivista di settore di tiratura nazionale.

In subordine, in ipotesi di rigetto della domanda riconvenzionale principale, ha insistito per il riconoscimento dell'indebito arricchimento, da ritenersi indubbio a seguito della riassegnazione dei marchi in favore delle appellate.

6.1. Anche il motivo in questione è infondato e, del resto, il rigetto dello stesso si impone alla luce della conclamata infondatezza dei motivi precedenti, sicché difetta proprio il presupposto della domanda riconvenzionale proposta, ossia la condotta illegittima delle società appellate, essendo per contro illegittima quella dell'appellante per quanto si è detto, dovendosi pure evidenziare, quanto alla richiesta di rimborso delle spese di registrazione e di pubblicizzazione dei marchi di € 30.000,00 e comunque documentate con fatture ultra-quinquennali per importi di gran lunga inferiori, che la controparte ne ha eccepito la prescrizione.

Sono pertanto assorbite le eccezioni di prescrizione quinquennale e del ne bis in idem (stante la sentenza del Tribunale di Modena n. 1469/2012, passata in giudicato, che ha respinto l'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dalle odierne appellate ai danni di E. e la sua stessa domanda riconvenzionale di danni).

Le appellate, nel costituirsi in giudizio, hanno proposto appello incidentale per i seguenti motivi:

I I. Violazione e/o falsa applicazione dei principi di interpretazione della domanda per avere il Tribunale rigettato la domanda di nullita’ ex art. 12 c.p.i.:

A) Domanda di nullità dei primi 5 marchi registrati

In proposito, le appellate hanno evidenziato che il Tribunale ha respinto le proprie domande di nullità, ex art. 12 lett. b) c.p.i. delle registrazioni dei marchi da parte della convenuta perché la norma citata, alla lettera b), disciplina il rapporto fra marchio di fatto anteriore ed altri segni distintivi (ditta, insegna, ecc.) rilevando che, in realtà, tale statuizione non tiene conto della domanda formulata in concreto, a prescindere dal fatto che il richiamo alla lettera b) dell'art. 12 c.p.i. fosse errato e dovuto ad un mero errore materiale, posto che, nella formulazione in vigore fino alla modifica dell'articolo disposta dal D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 131, la lettera b) riguardava proprio il rapporto fra marchio di fatto e marchi registrati identici o simili, successivamente diventato lettera a) del suddetto articolo; peraltro, la domanda era stata qualificata e spiegata sin dalle motivazioni contenute nel capo 2 dell'atto di citazione (pag 7-12), ed anche in tutti i successivi scritti difensivi, che rendevano evidente che le attrici sostenessero la mancanza del requisito della novità dei marchi registrati in riferimento a marchi di fatto, e non ad altri segni distintivi dell'impresa, sicché nulla ostava all'ammissione della stessa.

A.1.Il motivo è fondato, avendo il giudicante liquidato come erronea la domanda sol perché nelle conclusioni aveva fatto riferimento all'art. 12 lett. b) cpi senza considerarne il chiaro contenuto, del quale invece avrebbe dovuto tener conto essendo indicato in citazione il testo della norma di cui le attrici invocavano l'applicazione, che, seppur sostituita da diverso testo con la riforma del 2010 (D.Lgs. n. 31 del 2010), ben faceva intendere il petitum, che era quello indicato nell'art. 12 lettera b) ora trasfuso nella lettera a). Questo il chiaro testo del passo della citazione di cui a pagina 8: "la novità prevista dall'articolo 12 cpi stabilisce che non sono considerati nuovi ai sensi dell'articolo 7 cpi quei segni che alla data del deposito della domanda possono:

a) consistere esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio;

b) essere identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza tra i segni e dell'identità o affinità tra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni."

Di contenuto identico è il comma di cui all'odierna lettera a) della medesima norma come modificata dal D.Lgs. n. 31 del 2010 (Art. 12. - Novità - "1. Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni che alla data del deposito della domanda:

a) siano identici o simili ad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza tra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischiodi associazione fra i due segni")

Il Tribunale, essendo chiaro il contenuto della domanda proposta, doveva quindi entrare nel merito e decidere sulla base degli atti, il che non è avvenuto e deve essere fatto in questa sede, avendo il giudice del merito il potere- dovere di valutare il contenuto sostanziale della pretesa (Cass. n. 19653/2004).

La domanda è evidentemente fondata, dovendosi dichiarare la nullità delle registrazioni dei marchi Top Rat, Mini Mouse, T Mouse, Mini Blat e Mouse and Blat per mancanza del requisito della novità come richiesto dalle attrici, stante il riconoscimento del preuso connotato da notorietà generale dei marchi, dell'identicità fra questi e quelli registrati da E., nonché della sua consapevolezza della sussistenza di tale situazione, ben potendosi determinare un rischio di confusione per il pubblico, visto che dal 2004 essa era tra gli acquirenti di prodotti contrassegnati con quei marchi dalla C. snc., che li vendeva su tutto il territorio nazionale, essendo qui il caso di nuovamente evidenziare che il marchio Master Mouse, oggetto delle fatture del 2004 sopra citate, altro non era che quello di Mini Mouse, rimandandosi per il resto a quanto osservato in sede di delibazione del II motivo di appello principale.

B) Nullità del marchio Top Rat Duo

Le appellate hanno quindi riproposto - evidenziata la necessità di interpretare la domanda sostanziale della parte - la domanda di nullità del marchio "Top Rat Duo", svolta soltanto ai sensi dell'art. 12 c.p.i. poiché trattasi di marchio simile, se non identico al marchio "Top Rat" e modificato semplicemente aggiungendo l'inciso "Duo" all'unico scopo di evitare la declaratoria di illegittimità del marchio Top Rat, precedentemente registrato, in conseguenza della contestazione delle attrici (nota del 7/08/08, doc. 329), che erano state appena edotte da E. (con la lettera del 29/7/2008, doc. 327) dell'avvenuto deposito, sin dal 14.12.2005, della domanda di registrazione del marchio "Top Rat".

B.2. La domanda è fondata e deve essere accolta, posto che il preuso vantato da C. s.n.c. - e di cui si è detto delibando i primi due motivi dell'appello principale - rende nulla anche la registrazione del 6^ marchio, denominato "Top Rat Duo". Essa è stata depositata, significativamente, l'1.10.2008 (doc. n. 336), poco dopo la nota di contestazione del 7/08/08 inviata dalle attrici alla E., nell'evidente scopo di eludere la declaratoria di illegittimità del marchio Top Rat, precedentemente registrato, in conseguenza della contestazione delle attrici del 07/08/08 (v. doc. 329).

L'art. 12 c.p.i. non prevede soltanto il divieto di registrare i marchi identici, ma anche quelli similiad un segno già noto come marchio o segno distintivo di prodotti o servizi fabbricati, messi in commercio o prestati da altri per prodotti o servizi identici o affini.

Questo marchio, quindi, essendo simile al Top Rat, ideato e venduto da C. s.n.c. e riferendosi evidentemente ad una tipologia di prodotto, se non identica quantomeno simile a quella del Top Rat, non poteva essere registrato sempre per la mancanza del requisito della novità, essendo senz'altro idoneo a creare confusione tra i consumatori sol che si consideri che il prodotto contraddistinto dal marchio Top Rat, tra l'altro, ancora oggi è uno tra i più venduti dalla P. s.r.l., come si evince dalle fatture dal 2009 al 2012 (v. docc, nn. 144/254 - 255/323 - 348/568).

Da ciò consegue che la richiesta formulata per questo marchio deve a maggior ragione essere interpretata in quanto, a differenza degli altri, è addirittura un marchio "copia di copia".

Diversamente si consentirebbe ad E. di commercializzare un prodotto praticamente identico semplicemente apponendo un inciso, in forza di una registrazione addirittura successiva temporalmente alla contestazione ricevuta dovendosi evidenziare che l'inciso "duo" richiama il precedente marchio "Top Rat" delle attrici.

C) Errata statuizione per avere il Tribunale considerato decorso il termine quinquennale ex art. 28 c.p.i.

Il motivo, che è fondato, stante l'evidente errore materiale in cui è incorso il Tribunale, è stato delibato in occasione della delibazione dell'omologo motivo (n. 3) di cui all'appello principale, cui si rimanda.

D) Errata valutazione delle risultanze probatorie in ordine alla domanda di risarcimento del danno attoreo:

Le società appellanti si dolgono del rigetto della loro domanda di risarcimento dei danni , per avere il Tribunale ritenuto non provato il nesso eziologico intercorrente fra il calo del fatturato e la condotta della convenuta, poiché tale calo sarebbe coinciso con l'inizio della crisi economica, così dimenticando il valore probatorio di principio di prova scritta costituita dalla relazione contabile depositata con i relativi allegati, in particolare il bilancio di P. (v. doc. n. 569) ed i bilanci di E. ed Apice (v. doc. n. 578 e 584), per cui - nel dubbio - avrebbe dovuto ammettere le richieste istruttorie formulate da questa difesa, ovvero CTU contabile ed ordine di esibizione in giudizio a parte convenuta.

a) Omessa pronuncia sul danno all'immagine di C. e P.

In particolare, hanno censurato la decisione per non aver proprio considerato che la domanda risarcitoria era in primis per il danno all'immagine derivante dall'avvenuta illecita registrazione dei marchi, in favore della titolare dei marchi, ovvero C. snc, e dell'unica legittimata al loro utilizzo, ovvero P. srl, visto che il Tribunale non si è pronunciato sul punto. Ha all'uopo evidenziato che all'ideatrice e titolare esclusiva dei marchi, a cui spettava di registrarli, nonché alla legittima utilizzatrice avrebbe dovuto essere liquidato un risarcimento ravvisandosi il danno nell'indebita lesione della sua immagine commerciale, da liquidarsi secondo equità.

D.a.2 La domanda non può essere accolta in difetto di allegazioni di sorta in merito ad un siffatto tipo di danno, non avendo le attrici indicato in cosa esso sia consistito nel concreto, né avendo provato di aver in qualche modo dovuto modificare i normali assetti produttivi aziendali in virtù della condotta della controparte. L'allegazione circa una siffatta modifica da parte di P. srl negli anni successivi al 2008 per compensare la contrazione degli utili registrata nel 2008 così introducendo sul mercato nuovi prodotti rivelatisi validi quanto i primi non è suffragata da elementi di prova, dovendo pertanto considerarsi - venendo così a delibarsi la dedotta b) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2724 n. 1 c.c. in ordine alla domanda di P. per perdita di fatturato - che una siffatta circostanza indebolisce l'assunto relativo alle perdite procurate dalla condotta della controparte, che non può dirsi dunque adeguatamente provato, come ritenuto in prime cure, dovendosi evidenziare che queste vi furono solo nel 2008, il che, peraltro e forse significativamente, coincise con l'ingresso di P. srl nel settore in questione a seguito dell'affitto del ramo di azienda da parte di C. srl. Non vi sono pertanto elementi sufficienti per disporre gli accertamenti istruttori richiesti dalle società appellate.

Il motivo sub D pertanto, si rivela infondato, non potendosi a tanto ovviare con la richiesta CTU contabile in difetto di elementi univoci.

E. Errata statuizione in ordine alla liquidazione delle spese;

Le appellanti incidentali si dolgono della liquidazione delle spese di lite, effettuata, seppur di poco, in misura inferiore alla media da parte del Collegio, che ha così statuito "le spese di lite del presente giudizio, liquidate come in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza" (pag. 11 della sentenza) ed ha considerato le attrici soccombenti quanto alla domanda di nullità del marchio Top Rat Duo ex art. 12 c.p.i. ed alla domanda risarcitoria giustificando una compensazione parziale tra le parti, nella misura del 30%, applicando, per la complessità elevata della materia trattata, lo scaglione relativo a "valore indeterminabile - complessità alta".

Nel dispositivo, poi, "condanna la convenuta alla refusione del 70% delle spese di lite del presente giudizio in favore delle attrici, che liquida nella complessiva ed unica somma di € 10.036,00, di cui € 1.036,00 per esborsi materiali ed € 9.000,00 per compensi, oltre R.S.G. (15%), CPA (4%) I.V.A. (22%)" e le appellate hanno rilevato, in proposito, che la tariffa intera (100% € 12.857,14) considerata è al di sotto della media (€ 13.430,00), nonché l'erronea indicazione delle spese vive, liquidate nell'importo di € 1.036,00, a fronte di esborso di € 1.216,00.

Il motivo in questione, con riferimento alle spese (quelle vive di primo grado sono documentate nella misura di € 1.063,00) e in ogni caso è assorbito dalla nuova liquidazione, che deve essere unitaria con riferimento ai due gradi del giudizio, in ragione del globale esito della lite, dovendosi riformare la sentenza impugnata in ragione del rigetto dell'appello principale e del parziale accoglimento dell'appello incidentale.

In proposito, ritiene la Corte, stante il rigetto integrale dell'appello principale e il parziale accoglimento dell'appello incidentale, che le spese dell'intero giudizio, che si liquidano per l'intero come in dispositivo secondo lo scaglione - valore indeterminabile - complessità alta, vadano compensate tra le parti nella misura di 1/5, con condanna della E. a rifonderle alle controparti nella misura dei restanti 4/5.

L'appello principale, pertanto, deve essere respinto e tale esito comporta l'applicazione della sanzione di cui all'art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 (comma introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 ), posto che detta sanzione (costituita dal versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione ) si applica (comma 18 dello stesso art. 1. l cit) " ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data (1/1/2013 n.d.r. ) di entrata in vigore della presente legge", locuzione che va interpretata (Cass. n. 26566/2013) come riferita anche alle impugnazioni, come quella in esame, proposte in epoca successiva al 31.1.2013.

L'appello incidentale è accolto con riferimento alla dichiarazione di nullità dei marchi Mini Mouse, T-Mouse, Mini Blat ,Mouse and Blat , Top Rat e Top Rat Duo ex art. 12 cpi, in relazione alla quale vanno disposte le medesime misure come richieste dalle attrici e disposte in prime cure.



P.Q.M.

La Corte di Appello di L'Aquila,

definitivamente pronunciando sull'appello proposto avverso la sentenza emessa dal Tribunale di L'Aquila il 15.5.2018 n. 411/2018, così decide nel contraddittorio delle parti:

1) respinge l'appello principale;

2) in parziale accoglimento dell'appello incidentale, dichiara la nullità ex art. 12 lettera a) cpi delle registrazioni dei marchi della convenuta Mini Mouse, T-Mouse, Mini Blat ,Mouse and Blat , Top Rat e Top Rat Duo;

3) dispone, ai sensi dell'art. 122 comma 8 c.c., che la cancelleria trasmetta all'ufficio Italiano Marchi e Brevetti copia della presente sentenza;

4) ordina ai sensi dell'art. 122 comma 5 cpi all'ufficio Italiano Marchi e Brevetti di annotare la presente pronuncia nel relativo registro;

5) inibisce alla convenuta l'utilizzo del prodotto contraddistinto dal marchio Top Rat Duo;

6) ordina ad E. srl, ex art. 124 comma 3 cpi la distruzione e proprie spese di tutte le cose costituenti la violazione dei diritti delle attrici,

7) fissa in euro 100,00 la somma dovuta alle attrici per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata rispetto alle statuizioni del presente provvedimento e per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione dello stesso da parte della convenuta, una volta che sia decorso il termine di sei mesi dalla data di pubblicazione della presente pronuncia;

8) ai sensi dell'art. 126 cpi, ordina la pubblicazione del dispositivo della presente sentenza, per due volte non consecutive, nell'arco di un mese, su una rivista specializzata di settore, spese della parte convenuta, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente sentenza;

2) compensa nella misura di un quinto tra le parti le spese dell'intero giudizio, che liquida per l'intero, quanto al primo grado, in € 13.430,00, oltre € 1.063,00 per spese vive, nonché rimborso spese generali ed accessori di legge e , quanto al presente grado, in € 13.635,00, oltre € 1.581,00 per spese, nonché rimborso spese generali ed accessori di legge;

3) dichiara che E. srl è tenuta al pagamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello già dovuto per l'impugnazione.

 

Così deciso nella Camera di Consiglio del 16 marzo 2022

Depositata in cancelleria il 17 marzo 2022