30 novembre 2022
Tribunale Roma 30/11/2022 [Marchi registrati - Contratto di affiliazione commerciale per vendita articoli di abbigliamento da donna con marchio Blue Sand - Violazione dovere di informazione, lealtà e cooperazione - Mancato trasferimento know how]
Marchi registrati - Contratto di affiliazione commerciale per vendita articoli di abbigliamento da donna distinti dal marchio Blue Sand - Violazione del dovere di informazione, lealtà e cooperazione - Mancato trasferimento del know how e violazione dell’obbligo di prestazione di consulenza ed assistenza commerciale - Rigetto domanda riconvenzionale di risoluzione dei contratti.
SENTENZA
n. 17707/2022 pubbl. il 30/11/2022
(Giudice: dott.ssa Maria Luparelli)
nella causa civile iscritta al n. 10348 del Ruolo degli Affari Contenziosi dell’anno 2019 vertente
tra
Fallimento della L & L s.r.l. in liquidazione, in persona del Curatore Avv. Licia Tristano, rappresentato e difeso, in virtù di decreto autorizzazione e nomina del Giudice delegato rapp.to e difeso dal Prof. Avv. Michele Perrino
opponente
contro
DBD S.r.l., con sede in Roma (Rm), in persona dell’amministratore unico, rapp.ta e difesa dall’avv. to Stefano De Luca Musella
opposto
Conclusioni: in atti
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto
A sensi degli artt. 132 secondo comma n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. la motivazione della sentenza consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione.
La società L&L s.r.l. in bonis ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 25201/2018 reso dal Tribunale di Roma, chiesto ed ottenuto da DBD s.r.l. avente ad oggetto il pagamento della somma di euro 40.000,00 pretesa in adempimento di due contratti di affiliazione commerciale conclusi tra le parti in data 29 maggio 2017 ed in data 25 luglio 2017; ha dispiegato inoltre domanda riconvenzionale finalizzata ad accertare l’inadempimento della D&D s.r.l., a pronunciare la risoluzione ex art. 1453 c.c. dei due contratti di franchising ed a condannare l’opposta alla restituzione delle somme percepite indebitamente a titolo di royalties, oltre al risarcimento del danno.
Si è costituita l’opposta con comparsa del 24.5.2019 al solo fine di fare dichiarare l’interruzione del giudizio per l’intervenuto fallimento dell’opponente; riassunta la causa da parte della Curatela, che ha fatto proprie le domande e le difese già proposte dalla società L&L s.r.l., si è costituita l’opposta con comparsa depositata il 2.10.2019, deducendo l’infondatezza delle avverse pretese.
Il tribunale, pronunciata sentenza di improcedibilità nel giudizio di opposizione e dichiarata l’inefficacia del decreto ingiuntivo opposto, ha disposto la separazione della domanda riconvenzionale di risoluzione dei due contratti. Concessi i termini dell’art. 183 comma 6 c.p.c., la causa, documentalmente istruita, è stata infine assegnata a sentenza
La domanda va respinta.
Preliminarmente si rileva la ritualità della comparsa di costituzione e risposta depositata dall’opposta nei venti giorni anteriori all’udienza differita ex art. 168 bis c.p.c., non ravvisandosi nel caso in esame la dedotta duplicazione dell’atto processuale, essendosi la parte costituita in giudizio ed avendo comunicato l’evento interruttivo, senza svolgere alcuna attività difensiva, di seguito ritualmente dispiegata ai sensi dell’art. 167 c.p.c. nei venti giorni anteriori alla data di udienza.
Rileva il tribunale che i rapporti controversi traggono origine da due contratti di affiliazione commerciale, per i quali era prevista durata triennale:
il primo sottoscritto in data 29 maggio 2017 e registrato il 29 maggio 2017 avente ad oggetto la concessione all’affiliata L&L srl, del diritto di vendere, in nome e per conto della DBD srl, articoli di abbigliamento da donna distinti dal marchio Blue Sand, unitamente ad altri servizi quali assistenza e consulenza commerciale, know-how e segni distintivi, presso il punto vendita sito in Palermo al viale Strasburgo n. 276. (cfr. all. n.1);
il secondo, sottoscritto il 25 luglio 2017 e registrato il 27 ottobre 2017, con il medesimo oggetto, riferito alla vendita della merce a marchio Blue Sand presso il punto vendita in Belpasso (Ct) sito presso il centro commerciale “Etnapolis” in contrada Valcorrente (cfr. all. n.2).
Le relazioni contrattuali tra le parti sono state interrotte a seguito della chiusura da parte della L&L srl, nel mese di agosto 2018, di entrambi i punti vendita.
Lamenta l’affiliata plurime violazioni delle obbligazioni contrattuali poste a carico dell’affiliante, in particolare l’inosservanza delle disposizioni ex lege n.129 /2004 e del principio di buona fede ex artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. in sede precontrattuale e contrattuale, che avrebbero impedito alla società affiliata di dare continuità all’attività d’impresa, integranti inadempimento di non di scarsa importanza ex art. 1453 c.c., legittimanti la risoluzione dei contratti ed il diritto al risarcimento del danno, oltre che il diritto alla restituzione di euro 164.986,14 (oltre interessi) versati per royalties nel corso del rapporto.
La doglianza investe la violazione dei dovere di informazione, lealtà e cooperazione sanciti dall’art. 6 della legge n.129/2004 in fase di trattative, in particolare lamentando l’attrice in riconvenzionale l’omessa comunicazione di circostanze rilevanti quali la presenza di un negozio plurimarca in prossimità del punto vendita L&L di Palermo in viale Strasburgo che vendeva anche capi di abbigliamento donna di marca “Blue Sand” a fronte della quale la società affiliante aveva comunicato che entro l’apertura del punto vendita la fornitura di prodotti con il marchio Blue Sand sarebbe stata interrotta.
Si evidenzia che nella premessa dei contratti si legge che l’affiliato dichiara “nel rispetto dell’art. 4 della legge 120/2004, di avere ricevuto per iscritto tutte le informazioni indicate dal predetto articolo e ne ha completa ed esaustiva conoscenza, dichiarando, con la sottoscrizione del presente accordo che, in merito a tali informazioni, nulla può obiettare all’affiliante”
Venendo alla valutazione delle condotte delle parti nell’arco del rapporto, come emergenti dagli atti versati e dalle rispettive asserzioni, si rileva che risulta adempiuta la prestazione principale oggetto dei contratti di franchising sottoscritti, ossia l’inserimento dell’affiliata nella rete di distribuzione operativa e l’utilizzo del relativo marchio nonché dei servizi ad esso legati, come contrattualmente previsto, mentre la genericità delle dedotte violazioni impedisce di identificare quali condotte inadempienti abbiano segnato la sorte di ciascuno dei contratti di affiliazione, riferiti a due diversi punti vendita.
In particolare, con riguardo al contratto relativo al punto vendita di Palermo - ininfluente ai fini della valutazione della condotta contrattuale dell’affiliante riferita al contratto relativo al punto vendita di Catania - non consta la violazione dell’obbligo di informazione, essendo pacifico che la presenza del punto vendita era nota all’affiliata, alla quale fu comunicata, secondo quanto dalla stessa dichiarato.
Non risulta tuttavia, come dedotto dall’opponente, che il negozio abbia continuato a vendere il marchio quasi in via prevalente senza osservare gli standards minimi di arredamento imposti alla L&L.; né le emergenze processuali disvelano violazioni dell’affiliante legittimanti la risoluzione del negozio per inadempimento ovvero generative del diritto al risarcimento del danno; non vi è prova infatti dell’oggettiva erroneità delle informazioni fornite dal franchisor al franchisee durante le trattative, in violazione del dovere di buona fede ex art. 1337 c. c.., né possono enuclearsi comportamenti inosservanti del sinallagma, individuati nella violazione del principio di esclusività territoriale.
Non vi è prova che le parti, con riguardo al contratto relativo al punto vendita di Palermo, pattuirono la cessazione della fornitura al negozio plurimarche a metri 700 di distanza, dovendosi per contro evidenziare che i contratti conclusi non prevedevano l’obbligo di esclusiva territoriale in favore dell’affiliata, ma soltanto pattuizioni di non concorrenza, così allineandosi alla disciplina normativa che all’art. 3 della legge n.129/2004 prevede come eventuale la pattuizione dell’esclusiva territoriale e prescrive che il patto abbia forma scritta a pena di nullità. Deriva che la parte non può invocare che l’apertura del punto vendita in Palermo fosse assistita da un patto di esclusiva, né che la circostanza della promessa cessazione della fornitura di merci ad altro punto vendita plurimarca abbia costituito una violazione incidente sul sinallagma ed integrante inadempimento grave legittimante la risoluzione del contratto.
Ribadito che i contratti conclusi non prevedevano l’esclusiva a favore dell’affiliata, non vi sono elementi conoscitivi attendibili, con riferimento al contratto relativo al punto vendita di Palermo, in ordine all’esistenza di un patto orale con il quale l’affiliante si obbligava a fare cessare l’approvvigionamento dei prodotti dello stesso marchio al negozio vicino, né può ravvisarsi uno sviamento della clientela in violazione degli obblighi di collaborazione fra l’affiliante e l’affiliato che costituisca un inadempimento contrattuale grave idoneo a giustificare la risoluzione del rapporto.
Manca altresì la prova del nesso eziologico tra la descritta vicenda e l’insuccesso commerciale delle due operazioni, in particolare la riconducibilità alla condotta scorretta dell’affiliante della chiusura dei due esercizi commerciali.
Invero nella fitta interlocuzione tra le parti nel periodo di vigenza dei contratti l’amministratrice della L&L s.r.l. dott.ssa Di Paola ha ripetutamente riferito in ordine alla difficoltà nel dare impulso all’attività commerciale, e solo dopo un anno dalla conclusione dei contratti, nella mail del 17 luglio 2018, rivolgendosi all’ incaricato dell’affiliante Di Nepi, metteva in evidenza la presenza di un negozio a pochi metri di distanza.
In difetto dell’evidenza dell’intenzionale scorretta distribuzione dei punti vendita, che se provata avrebbe costituito inesatto adempimento dell’obbligo di curare l’organizzazione complessiva della rete, anche in senso commerciale, il profilo considerato non può integrare o concorrere ad integrare l’inadempimento imputabile.
Ha lamentato l’affiliata, inoltre, in violazione dell’art. 2 della legge, il mancato trasferimento del know how e la violazione dell’obbligo di prestazione di consulenza ed assistenza commerciale.
Elemento essenziale del contratto di franchising è il trasferimento all’affiliato del know how, ex art. 1 della legge n.1290/2004, quale “patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall’affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato”; nei contratti di franchising sottoscritti dalle parti vengono elencati gli “obblighi dell’affiliante” in ordine alla prestazione di consulenza per l’avvio dell’attività e del punto vendita, per la efficace e proficua commercializzazione dei prodotti e per il buon esito dell’impresa.
La società affiliante ha provato che l’assistenza commerciale e la formazione sul marketing aziendale fu apprestata nei mesi di apertura dei due punti vendita (maggio e luglio 2017) mentre l’ultimo incontro è documentato il 19 gennaio 2018 (cfr mail del 17 luglio 2018). Su tale punto, l’affiliante, gravato dell’onere della prova dell’esatto adempimento, ha offerto prove convincenti di una assistenza adeguata nei confronti di un affiliato che, peraltro, era fornito di esperienza imprenditoriale nel settore commerciale delle vendite.
L’affermazione secondo la quale la DBD srl abbia violato le descritte obbligazioni, privando la società affiliata della possibilità di acquisire il bagaglio di informazioni essenziali ai fini della proficua prosecuzione dell’attività di impresa e determinando le perdite dei due esercizi, riportate nel conto economico della società alla data del 31 luglio 2018, pari a complessivi euro 153.500,05, è pertanto priva di riscontro.
Per contro la fitta interlocuzione tra la dott.ssa Di Paola per la società affiliata e gli organismi dell’affiliante, testimoniata dalla sequenza di mails prodotte dalle parti, evidenzia che la formazione e la collaborazione tra affiliante ed affiliata si realizzò, mentre le difficoltà incontrate nella commercializzazione del marchio ed in generale delle scarse vendite appaiono riconducibili, alla luce delle stesse asserzioni dell’affiliata, a difficoltà e problematiche legate al contesto commerciale. Con riguardo alle royalties, l’art. 1 della legge n. 129 / 2004 stabilisce che esse costituiscono una percentuale che l’affiliante richiede all’affiliato commisurata al giro di affari del medesimo o in quota fissa, da versarsi anche in quote periodiche.
La DBD s.r.l., sin dai primi mesi dall’apertura dei due punti vendita ha avuto contezza del trand negativo di vendita e della mancanza di ricavi utili a sostenere l’adempimento delle royalties, e dopo alcuni mesi dall’avvio dell’attività ha modificato l’importo percentuale a titolo di royalties, passando da un 40% di margine percentuale ad un 44%; consta tuttavia anche dopo il ridimensionamento la società affiliata non riusciva a coprire i costi contrattuali.
Escluso che esista un obbligo per l’affiliante di rivedere le royalties qualora gli affari dell’affiliato non abbiano un andamento favorevole, si rileva che l’affiliante ha modificato l’importo percentuale a titolo di royalties, in senso favorevole all’affiliato, passando da un 40% di margine percentuale ad un 44%, con una scelta che non rispecchia la dedotta violazione di un obbligo contrattuale specifico o del generale canone di buona fede contrattuale.
Esaminando le condotte delle parti e comparandole,, si osserva che nell’ambito dei contratti in esame le garanzie avrebbero dovuto essere rilasciate mediante una polizza fideiussoria bancaria a prima richiesta a beneficio dell’affiliante (art. 16 di entrambi i contratti di franchising ) entro quindici giorni dalla sottoscrizione, ma che esse, pacificamente, non furono rilasciate, e che la società affiliante consentì la prosecuzione dei rapporti, prestando tolleranza pure a fronte del mancato adempimento della descritta ‘obbligazione.
A fronte delle difficoltà di pagamento dell’affiliata, la società affiliante, su richiesta dell’affiliata, concesse delle dilazioni e tollerò ritardi; ridimensionò le royalites, non richiese la prestazione della garanzia fideiussoria.
Invero nel corso del rapporto, in numerose mails la responsabile degli esercizi chiedeva di dilazionare i pagamenti, fino alla definitiva presa d’atto dell’insuccesso dell’iniziativa economica; le criticità, con un ritardo di quattro settimane nelle scadenze di pagamento si manifestarono già nel settembre 2017, a pochi mesi dall’apertura dei punti vendita.
L’interlocuzione tra le parti evidenzia che l’attività stentò a decollare e le difficoltà, fin dai primi mesi, furono espresse univocamente dall’amministratrice della società, la quale con email del 17 aprile 2018 riconosceva che i bassi incassi fossero dovuti all’inadeguatezza del centro commerciale Etnapolis, del quale lamentava la scarsa affluenza di clienti, nonché agli alti canoni d’affitto pagati per il negozio di Palermo.
Nel maggio 2018, per la prima volta, l’affiliata indicava la DBD come corresponsabile del danno economico di oltre euro 100.000,00 per entrambi i punti vendita, chiedendo che l’affiliante si “accollasse” parte del debito (cfr. doc. 17 prod. opposta), mentre prima di allora non aveva manifestato contestazioni o lamentato inadempienze, anzi, aveva adempiendo la propria obbligazione di pagamento in parte, riconoscendo il proprio inadempimento e promettendo di porvi rimedio.
In epoca successiva alla chiusura dei punti vendita, avvenuta nell’agosto 2018, con email del 4 ottobre 2018, la DBD s.r.l. riepilogava la situazione debitoria e chiedeva l’invio della fattura per gli stigli da detrarre alla complessiva situazione debitoria, che veniva quantificata in € 40.044,12; nella mail di riscontro la Di Paola non contestava di dovere la somma (cfr. doc. 18) e, in data 10 ottobre 2018, rilasciava gli assegni n. 2040006545-00 e n. 2040006543-03, rimasti impagati.
La descritta condotta della società L& L contraddice le doglianze, tanto che nonostante i lamentati inadempimenti essa rilasciava i due assegni - impagati - dell’importo di € 20.000,00 ciascuno, oggetto della pretesa monitoria.
Non ravvisandosi condotte inadempienti legittimanti la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c., assorbita ogni questione, la domanda va rigettata.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 25021/2018, così provvede:
Rigetta la domanda riconvenzionale;
Condanna il Fallimento della società L&L s.r.l. al pagamento delle spese processuali, che liquida in euro 7.890,00 compresi compensi professionali e spese, oltre accessori come per legge.
Roma, 29 novembre 2022
Il Giudice
dott.ssa Maria Luparelli