• Marchi registrati

5 maggio 2023

Tribunale Milano 05/05/2023 [Marchi registrati - Nullità del contratto di licenza di marchio - Responsabilità precontrattuale della società convenuta per avere intrapreso trattative in riferimento alla stipula di un contratto di franchising]

Marchi registrati - Nullità del contratto di licenza di marchio - Responsabilità precontrattuale della società convenuta per avere intrapreso trattative in riferimento alla stipula di un contratto di franchising - Dolo consistito nel raggiro sul marchio avente ad oggetto l’esclusiva e la mala fede nell’esecuzione del contratto - Inadempimento grave e rilevante da parte della convenuta - Risoluzione del contratto.


 

SENTENZA

n. 3655/2023 pubbl. il 05/05/2023

(Giudice: dott.ssa Simonetta Scirpo)

 

 

nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 21768/2020 promossa da:

M.B. (...), con il patrocinio dell’avv. Costanza Luciana Zavia Quattrocecere, elettivamente domiciliata in Milano, Alzaia Naviglio Grande n. 46, presso lo studio del suo difensore

ATTRICE

 

 

contro

ITALIAN BEAUTY SERVICE S.R.L. (P.IVA …), con il patrocinio dell’avv. Antonello Martinez e dell’avv. Alberto Merlo, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avv. Merlo

CONVENUTA

 

 

CONCLUSIONI

Le parti hanno precisato le conclusioni come da fogli di pc depositati telematicamente.

 

 

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

A sensi degli artt. 132 secondo comma n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c. la motivazione della sentenza consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi. A norma dell’art. 16 bis, comma 9 octies del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 (comma aggiunto dall’art. 19, comma 1, lett. a), n. 2 ter) del D.L. 27 giugno 2015 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015 n. 132), la presente sentenza viene redatta in maniera sintetica, tenendo conto delle indicazioni contenute nel decreto n. 136 in data 14.9.2016 del Primo Presidente della Corte di Cassazione, e delle considerazioni contenute nella Circolare del CSM (adottata il 5.7.2017) di cui alla nota 6.7.2017, Prot. P 12300/17 (secondo cui “la giurisdizione è, notoriamente, risorsa statuale limitata” e “il principio della durata ragionevole dei giudizi deve informare pure l’azione della cd. amministrazione della giurisdizione ... anche con riferimento alle tecniche di redazione dei provvedimenti”). L’esame delle questioni seguirà il criterio della ragione più liquida (Cass. SU 8.5.2014 n. 9936; Cass. 28.5.2014 n. 12002; Cass. 19.8.2016 n. 17214).

M.B. ha citato in giudizio la soc. Italian Beauty Service s.r.l. (per brevità, IBS s.r.l.), ha chiesto la condanna della convenuta tenuto conto, in estrema sintesi, della invocata nullità del contratto di licenza di marchio stipulato in data 22.3.18, in subordine, ha evidenziato la responsabilità precontrattuale della società convenuta che avrebbe intrapreso le trattative in riferimento alla stipula di un contratto di franchising per poi concludere un contratto di licenza di marchio, e avrebbe promesso ricavi non possibili, comunque evidenziando anche l’annullabilità del contratto per dolo consistito nel raggiro sul marchio avente ad oggetto l’esclusiva e la mala fede nell’esecuzione del contratto domandando l’accertamento dell’inadempimento grave e rilevante da parte della convenuta e chiedendo di pronunciare la risoluzione del contratto del 22.3.18 ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1453 e 1458 c.c..   

In definitiva è stata chiesta la restituzione delle somme corrisposte dalla sig.ra M.B. in forza del contratto e il risarcire del danno arrecatole e quantificabile nella complessiva somma di euro 61.000,00 quale corrispettivo contrattuale, euro 6.596,02 quale perdita esercizi 2019-2020, nonché euro 116.380,00 per il mancato utile promesso, o in ciascun diverso importo che, anche in via equitativa, fosse ritenuto di giustizia.      

A sostegno delle domande svolte, parte attrice rilevava che:    

- nel corso del 2017 la sig.ra M.B. veniva invitata ad aderire alla nuova attività di franchising avviata, unitamente al sig. Roberto Delsignore, dal sig. Rocco De Luca, conoscente dell’attrice da oltre vent’anni e proprietario, unitamente allo stesso sig. Roberto Delsignore, di IBS s.r.l;         

- carpita la fiducia della sig.ra M.B. mediante la prospettazione di ingenti guadagni, la stessa decideva di affrontare la spesa di euro 79.000,00 oltre iva per l’avvio del centro estetico e per il noleggio operativo dei macchinari, sottoscrivendo altresì il contratto di locazione dei locali individuati dal sig. De Luca per lo svolgimento dell’attività e affrontando tutte le spese conseguenti;

- in data 22.03.2018 l’attrice concludeva il contratto di affiliazione con l’odierna convenuta, rendendosi conto solo in quel momento che il contratto proposto non era un contratto di franchising, bensì una mera licenza all’uso temporaneo (5 anni) del marchio Skin Medic Beauty Clinic, essendo lo stesso espressamente qualificato come “contratto di licenza di marchio” ed essendo le parti denominate “Licenziante” e “Licenziataria”, senza che vi fosse alcuna menzione al rapporto di franchising;         

- il grado di approssimazione e di superficialità con cui IBS s.r.l. operava pur di conseguire i ricavi dell’affiliazione erano confermati dai soggetti individuati dalla convenuta per affiancare la sig.ra M.B. nella gestione del centro estetico: parenti o conoscenti dei soci di IBS s.r.l. rivelatisi presto inadeguati per scarsa esperienza o incompatibilità;   

- la progettazione e l’adeguamento dei locali venivano realizzati approssimativamente e i macchinari forniti da parte convenuta erano difettosi, con conseguente verificazione di danni a persone e cose;  

- nell’estate del 2019 l’attrice, dopo essersi confrontata con altri affiliati, scoprendo che la maggior parte di loro riscontrava i medesimi problemi ed aveva le stesse forti perplessità sul modus operandi di IBS s.r.l., veniva abbandonata dall’odierna convenuta, che non la coinvolgeva negli incontri formativi organizzati, di fatto costringendola a dover gestire da sola un’attività della quale conosceva ben poco, senza più alcun supporto formativo, informativo e marketing;   

- parte convenuta metteva in atto un vero e proprio raggiro nei confronti dei propri licenziatari, vendendo e noleggiando i protocolli e i macchinari marchiati Skin Medic anche a soggetti terzi non affiliati, sponsorizzando la possibilità di acquisire la tecnologia, i protocolli e la formazione con la formula pay per spot, anche con l’aiuto di una società parallela, con medesima sede di IBS s.r.l., che pubblicizzava e vendeva i trattamenti Skin Medic (facendo, quindi, concorrenza ai licenziatari della convenuta) e che era di proprietà della moglie del sig. Roberto Delsignore e di altra parente;

- IBS s.r.l. poneva in essere un abuso di dipendenza economica mediante l’applicazione di prezzi di materiale di consumo in misura assai più elevata rispetto al mercato;     

- parte convenuta si rendeva responsabile: di malafede precontrattuale, per non aver adempiuto ai generici obblighi di corretta informazione e per aver omesso di riportare fatti e circostanze alla luce dei quali l’odierna attrice mai si sarebbe determinata a concludere il contratto; di pratiche commerciali scorrette, messe in atto con pubblicità fortemente ingannevole alla luce degli artt. 2 e 3 del D.Lgs 145/2007; di falsità delle informazioni, dei dati economici e numerici e del business plan divulgati; di una natura volutamente ambigua del contratto, proponendo l’affiliazione mediante franchising, facendo però sottoscrivere un contratto di licenza marchio per 5 anni; di uno squilibrio contrattuale e di clausole vessatorie, come il recesso, l’esclusione del diritto alla restituzione, obblighi di non concorrenza, risoluzione del contratto con esclusivo riferimento alla licenziante, manleva, obblighi derivanti dalla cessazione del contratto e penali; di dolo, per aver tratto in inganno i licenziatari a causa della predetta falsità delle informazioni pubblicizzate anche con riferimento alla tipologia di contratto di esclusiva sul marchio; di malafede nell’esecuzione del contratto per abuso di dipendenza economica e falsa e ingannevole rappresentazione dei guadagni dell’affiliato.   

La IBS s.r.l., ritualmente costituita, contestava l’avversa pretesa, chiedendo, nel merito, di rigettare tutte le domande svolte dall’attrice in quanto infondate in fatto e in diritto; ancora nel merito, in via riconvenzionale, chiedeva di accertare e dichiarare l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto di licenza marchio in essere tra le parti e, per l’effetto, di condannare la sig.ra M.B. a provvedere immediatamente alla rimozione del marchio da tutte le attrezzature fornite dalla licenziante, dalle immagini e dagli arredi, nonché alla cessazione dell’utilizzo del marchio in qualsiasi forma e condannare l’attrice a consegnare tutto il materiale promozionale e pubblicitario o di altra natura o, in alternativa, distruggerlo; chiedeva altresì di condannare la sig.ra M.B. a corrispondere in favore di IBS s.r.l. l’importo di euro 150,00 per ogni giorno di ritardo nella rimozione del marchio, a far data dal 19.11.20; chiedeva poi di condannare la sig.ra M.B. a corrispondere in favore di IBS s.r.l. l’importo complessivo di euro 26.482,17, oltre interessi dal dovuto al saldo; in ogni caso, con vittoria di spese, diritti e onorari, oltre spese generali e accessori di legge.       

In particolare, parte convenuta osservava che:        

- molteplici erano le testimonianze positive di altri affiliati;

- dal contratto concluso tra le parti non risultava in alcun modo l’obbligo di IBS s.r.l. di occuparsi della progettazione e dell’adeguamento dei locali: i lavori di ristrutturazione, infatti, erano a carico dell’affiliato;       

- le rotture dei macchinari contestate dall’attrice erano tutte di modesta entità, rientranti nella manutenzione ordinaria necessaria a fronte dell’utilizzo dei macchinari e sempre tempestivamente risolte;

- dal 31.10.2018 la sig.ra M.B. sospendeva i pagamenti dovuti a titolo di royalties e fornitura prodotti sin dal primo anno di affiliazione, rendendosi inadempiente alle proprie obbligazioni di pagamento per un importo pari a euro 26.482,17 totali; 

- l’odierna attrice forniva trattamenti non conformi al metodo Skin Medic e mai autorizzati, pubblicizzando trattamenti di fisioterapia, di microblanding ed epilazione non conformi al Manuale Operativo che era parte integrante del contratto di concessione del marchio nonché utilizzando prodotti acquistati da altre aziende con altri marchi, sempre in palese violazione del dovere di esclusiva previsto nel contratto;   

- parte attrice non subiva alcuna esclusione dai corsi formativi fondamentali per l’attività e non veniva mai abbandonata da IBS s.r.l., la quale dava sempre pronto riscontro a qualsiasi sua richiesta;        

- attese le numerose violazioni contrattuali poste in essere da parte attrice, in data 19.11.2020 IBS s.r.l. comunicava alla sig.ra M.B. l’intervenuta risoluzione di diritto dal contratto di licenza marchio, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 5.2 dello stesso;    

- la sig.ra M.B. si rifiutava di porre in essere spontaneamente tutte le attività previste all’art. 16 del contratto come conseguenti alla cessazione dello stesso;

- lo strumento del contratto di licenza all’uso del marchio era utilizzato dall’odierna convenuta solo nelle fasi inziali del progetto, venendo, invece, le affiliazioni successive realizzate mediante lo strumento del franchising pubblicizzato anche sul sito internet;     

- le clausole vessatorie presenti nel contratto venivano espressamente accettate dalla sig.ra M.B. mediante doppia e specifica sottoscrizione;       

- parte attrice non forniva alcuna prova di quanto sostenuto.     

All’udienza del 13.01.2021 il Giudice assegnava i termini di cui all’art. 183 c. 6 c.p.c.    

All’udienza del 26.05.2021 il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione, la rinviava per la  precisazione delle conclusioni.    

Precisate le conclusioni, depositate le comparse conclusionali e le memorie di replica, la causa passa in decisione.     

 

Il Tribunale osserva    

I rapporti e le obbligazioni tra le parti sono disciplinate nel contratto di licenza di marchio, stipulato in data 22.03.2018 tra la Italian Beauty Service s.r.l. e la sig.ra M.B. (doc. 7 attrice - il contratto); l’oggetto del suddetto contratto fu definito al punto 2 nel conferimento da parte della IBS s.r.l. alla sig.ra M.B. della licenza esclusiva sul Marchio limitatamente ai servizi di centro estetico e benessere, centro epilazione laser, centro dimagrimento, vendita ed utilizzo dei prodotti Skinmedic e Senteales nonché promozione e pubblicità nel punto vendita e sul territorio concesso in esclusiva. 

Quale corrispettivo per la concessione della licenza, la sig.ra M.B. si impegnava a versare alla concedente della licenza l’importo totale di euro 79.000,00 oltre Iva, da corrispondersi euro 29.000,00 oltre Iva a mezzo noleggio Crisfin s.p.a. (macchinari) e ulteriori euro 50.000,00 oltre Iva alla consegna dei locali a titolo di arredamento (pavimentazione, porte, arredamento 4 cabine, reception, attesa, insegne e vetrofanie, zona vendita attrezzata).        

Inoltre, la licenziataria sig.ra M.B. si impegnava a corrispondere alla licenziante la somma di euro 0,0020 oltre Iva per ogni spot dell’utilizzo apparecchiatura Laser Diodo 808 (art. 5.1 doc. 7 attrice).

Pur avendo le parti definito l’accordo contrattuale come Licenza di Marchio, le stesse avevano previsto, all’art. 9 del contratto, tra gli obblighi della licenziante quello di fornire corsi di formazione, corsi di aggiornamento e incontri aventi ad oggetto l’utilizzo del marchio Skin Medic Beauty Clinic e il know how con formazione della durata di cinque giorni per trasferire alla licenziataria tutte le conoscenze teoriche e pratiche fondamentali per lo svolgimento dell’attività. Inoltre, fu altresì previsto un metodo di affiancamento in remoto attraverso l’obbligo di utilizzo di software fornito dalla licenziante oltre ad assistenza tecnica, commerciale e di progettazione continua attraverso supporti in rete nonché alla fornitura di arredamento, abbigliamento, attrezzature, prodotti cosmetici e materiale tipografico vario.

Parte attrice ha lamentato pratiche commerciali scorrette e pubblicità ingannevole da parte della convenuta società, consistite nel carattere non veritiero delle informazioni, dei dati numerici ed economici e del business plan prospettati da IBS s.r.l.    

L’attrice ha inoltre lamentato l’ambiguità del contratto stipulato, definito di licenza di marchio pur avendo punti in contatto con il contratto di franchising, sostenendo che le assunte false informazioni offerte dalla convenuta avrebbero dovuto portare, ai sensi dell’art. 8 L. 129/2004 (legge che ha introdotto nel nostro ordinamento la disciplina dell’affiliazione commerciale, o franchising), all’annullamento del contratto stesso.    

Ritenendo che il contratto di cui è causa sia un vero e proprio contratto di franchising, l’attrice, richiamandosi sempre alle disposizioni della già citata L. 129/2004, ha contestato una serie di violazioni che dovrebbero portare alla sanzione di annullamento del contratto stesso.

Sul punto, si osserva che l’oggetto del contratto di franchising è concettualmente più ampio di quello della licenza di marchio. Vale a dire che nel caso di contratto di franchising il know how assume un carattere fondamentale e tale Know how riguarda tutta l’attività imprenditoriale (metodo di presentazione dei prodotti, promozioni commerciali) e non solamente un manuale esplicativo e degli incontri di formazione su come utilizzare il know-how relativamente ai macchinari del marchio skin care. Anche tenuto conto dell’art. 9 del contratto (Obblighi della licenziante) si osserva come il know how abbia avuto una formazione dalla durata limitata (5 giorni). Con la conseguenza che i richiami alla normativa del contratto tipico di affiliazione commerciale disciplinato dalla citata L. 129/2004 non si ritengono applicabili alla fattispecie di cui è causa. 

Parte attrice ha invocato la responsabilità precontrattuale della IBS s.r.l., sostenendo che non avrebbe stipulato il contratto se la società convenuta non avesse posto in essere, nella fase precedente alla stipulazione, comportamenti in violazione della buona fede di cui all’art. 1337 c.c., tacendo cause di invalidità del contratto come disciplinato dal successivo art. 1338 c.c.         

Tale doglianza appare infondata. 

In particolare, riferisce la sig.ra Bazzini di essersi determinata a sottoscrivere il contratto che aveva ad oggetto la concessione di licenza d’uso e non un franchising poiché ormai si era esposta finanziariamente per il contratto di affitto che impediva il recesso anticipato e la ristrutturazione del locale. Tenuto conto delle premesse riassunte e cioè trattative per un contratto di franchising e stipulazione di un contratto di licenza all’uso temporaneo, la richiesta di tutela nei termini invocati non può essere accolta. Ci si riferisce al fatto che, in assenza di tempestive contestazioni sulla difformità tra quanto oggetto di trattative e quanto contenuto nel testo contrattuale, la sottoscrizione del contratto deve far propendere per la libera determinazione della parte contraente alla stipulazione di quello specifico contratto. In casi simili la contraente che ritiene che il testo contrattuale sia differente dalle trattative trova tutela, appunto, tramite la responsabilità precontrattuale (ascrivibile all’art. 2043 c.c.) da una parte, non stipulando il contratto e, al contempo, ottenendo il risarcimento del danno per le spese sostenute (nel caso in oggetto locazione e ristrutturazione).

Per quanto attiene il richiamo all’art. 1338 c.c., non è emerso in causa che IBS s.r.l. abbia taciuto alla controparte una causa di invalidità del contratto determinante la nullità del contratto.

Non si può concordare con l’affermazione secondo cui la sig.ra M.B. sarebbe stata privata della possibilità di valutare la convenienza alla stipulazione del contratto a causa di una pubblicità di IBS s.r.l. in mancanza di precise e credibili garanzie di traguardi commerciali di cui, d’altra parte, non ve ne è traccia nel contratto stipulato tra le parti.     

Il richiamo alla normativa sulla pubblicità ingannevole fatto da parte attrice è privo di valore in quanto la documentazione prodotta (docc. 3, 4 e 25) è interamente riferita a contratti di franchising e con data successiva a quella del contratto, mancando in causa documenti precedenti al marzo 2018 e relativi a contratto di cessione di marchio e non - come risulta dalle produzioni - a contratto di franchising.       

Altra e distinta doglianza di parte attrice è rappresentata dall’assunto squilibrio contrattuale e dalla presenza di clausole vessatorie che porterebbe alla nullità delle stesse.        

L’art. 1341 c. 2 c.c. prevede l’inefficacia, se non approvate specificamente per iscritto, delle condizioni di contratto che stabiliscono, a favore di chi le ha predisposte, limitazioni di responsabilità (art. 15 del contratto) o facoltà di recedere dal contratto (art. 4.3 del contratto), ovvero, a carico dell’altro contraente, decadenze o limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni (art. 5.1 del contratto) o restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi (art. 12 del contratto).

Ebbene nel contratto prodotto in atti furono specificamente sottoscritti ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c. i sopra citati articoli (4.3, 5, 12 e 15), con la conseguenza che le suddette condizioni contrattuali devono considerarsi pienamente efficaci tra le parti; mentre le condizioni sub artt. 14 (risoluzione contrattuale), 16 e 17 (penali) non possono essere considerate clausole vessatorie, ma in ogni caso anch’esse sono state espressamente firmate con specifica sottoscrizione ai sensi degli art. 1341 e 1342 c.c.    

Invero, il distinto e chiaro richiamo a ciascuna condizione contrattuale con l’espressa indicazione dell’oggetto della stessa integra il disposto dell’art. 1341 c.c. e rende pienamente efficace ognuna delle citate condizioni.

Parimenti priva di fondamento appare l’ulteriore doglianza attorea relativa ad un assunto dolo da parte di IBS s.r.l., tale da determinare l’annullamento del contratto.

Ai sensi dell’art. 1439 c.c., il dolo è causa di annullamento del contratto nel caso in cui i raggiri usati da uno dei contraenti siano stati tali che, senza di essi, l’altra parte non avrebbe contrattato.      

Si evidenzia come sia la stessa attrice a contraddirsi quando riconosce che, prima ancora di sottoscrivere il contratto di licenza di marchio (22.03.2018), aveva già preso in locazione i locali siti in Milano, viale Col di Lana n. 6 (dicembre 2017), aveva già versato la somma di euro 13.173,07 per la locazione del negozio e avviato la ristrutturazione dei locali, evidenziando cioè la difficoltà in cui sarebbe incorsa per la condotta contrattuale della controparte, ma al tempo stesso dimostrando di aver appreso la definitiva portato dell’accordo del 22.3.18.        

Risulta pertanto evidente che alla fattispecie di causa non possa essere applicata la disciplina degli artt. 1427 e 1439 c.c. in quanto la scoperta del preteso dolo deve necessariamente essere successiva alla stipulazione del contratto. Nel caso di specie, gli asseriti raggiri posti in essere dalla convenuta erano emersi - secondo l’assunto di parte attrice - prima che la stessa sottoscrisse il contratto, con conseguente possibilità di tutela in sede di risarcimento di danno precontrattuale, come sopra già scritto. 

Se, infatti, la sig.ra M.B. era convinta di stipulare un contratto di franchising, la lettura del contratto poi dalla stessa sottoscritto avrebbe dovuto indurla a non firmare, con la conseguenza che la sottoscrizione del contratto di licenza di marchio fu consapevolmente apposta, non potendosi quindi affermare la sussistenza di raggiri ignoti alla contraente. Vale a dire che, tenuto conto delle premesse, appare plausibile che la parte attrice abbia comunque accettato consapevolmente che quello che stava sottoscrivendo era un contratto diverso da quello per il quale vi erano state (in tesi) delle trattative, trattative finalizzata a descrivere le condizioni contrattuali e descrivere i prodotti.    

L’attrice qualifica poi quale raggiro l’esclusiva contrattualmente data a livello territoriale al licenziatario, essendo emerso che la società convenuta avrebbe consentito a terzi il noleggio, l’acquisto, la rivendita e l’utilizzo delle attrezzature e dei macchinari marchiati Skin Medic.

Si deve rilevare come anche questa tesi appaia infondata. Dalla lettura delle condizioni del contratto di licenza di marchio di cui è causa appare che IBS s.r.l. abbia concesso all’attrice la licenza esclusiva sul marchio limitatamente al territorio in esclusiva definito contrattualmente (art. 6 contratto).

Ne consegue che, in mancanza della prova, che non risulta offerta da parte attrice, che IBS s.r.l. abbia consentito a terzi il noleggio, l’acquisto, la rivendita e l’utilizzo delle attrezzature e dei macchinari marchiati Skin Medic nel territorio concesso in esclusiva alla sig.ra M.B., non si potrà ritenere violata l’esclusiva territoriale di cui al contratto, non potendosi conseguentemente definire “raggiro” la messa in vendita dei prodotti della società convenuta.

Non è inoltre condivisibile la contestazione di abuso di dipendenza economica, essendo i corrispettivi dei materiali concordati tra le parti.

Di recente la Suprema Corte nella sentenza n. 1184\2020 ha enunciato i presupposti per l’applicazione della norma in esame, statuendo che “è necessario: 1) in primo luogo, con riguardo alla sussistenza della situazione di dipendenza economica, indagare non se sussista una situazione di mero squilibrio o “asimmetria” di diritti e di obblighi, ma se lo squilibrio sia “eccessivo” (art. 9, comma 1, I. n. 192 del 1998) e se l’altro contraente fosse realmente privo di alternative economiche sul mercato (rilevando, ad esempio, la dimensione della società dipendente, che non permetta agevolmente di differenziare la propria attività, o l’avere adeguato l’organizzazione e gli investimenti in vista di quel rapporto); 2) in secondo luogo, indagare la condotta arbitraria contraria a buona fede, ovvero l’intenzionalità di una vessazione perpetrata sull’altra impresa, in vista del perseguimento di fini esulanti dalla lecita iniziativa commerciale retta da un apprezzabile interesse economico dell’impresa dominante (quale potrebbe essere, ad esempio, la legittima esigenza di modificare le proprie strategie di espansione, di adattare il tipo o la quantità del prodotto, ma anche di spuntare legittimamente migliori condizioni), in quanto volta, al contrario, essenzialmente a cagionare il pregiudizio altrui”. La Suprema Corte ha rilevato, infatti, “che non ogni situazione di dipendenza economica può dirsi vietata, ma unicamente quella che sia abusivamente sfruttata dalla parte dominante, al fine di trarne vantaggi ulteriori rispetto a quelli derivanti dal legittimo esercizio della propria autonomia negoziale”; ha statuito, infine, che “l’onere della prova di tali presupposti resta a carico dell’attore che invochi le tutele ex art. 9 della legge n. 192 del 1998 (Cass. n. 1184/2020).

Inoltre, l’errore sui margini di guadagno, traducendosi in un mero calcolo matematico, non può assurgere a raggiro o pubblicità ingannevole, tanto che la stessa parte attrice lo ha rilevato senza difficoltà.

Ne consegue che le domande formulate dalla sig.ra M.B. di declaratoria di nullità o di annullamento del contratto di cui è causa per dolo ex art. 1439 c.c. sono infondate e andranno rigettate.

Parimenti dovrà essere rigettata la richiesta di annullamento del contratto - così come formulata ex art. 1440 c.c. - che deve essere interpretata quale domanda di annullamento delle clausole che l’attrice afferma di aver accettato a seguito dei raggiri.

Esaminando la domanda di declaratoria di risoluzione per inadempimento di parte convenuta, si rileva che la sig.ra M.B. ha lamentato una serie di gravi e volontari inadempimenti alle obbligazioni contrattuali da parte della IBS s.r.l.

Lamenta infatti l’attrice che tale società, in aperta violazione delle obbligazioni contrattuali, non abbia offerto il know how né la formazione continua né la costante assistenza da remoto.

Premesso che i riferimenti di parte attrice a giurisprudenza di merito riguardano il diverso contratto di franchising, la cui disciplina non è applicabile alla fattispecie di cui è causa, si rileva come le inadempienze imputate alla società convenuta si riferiscano alla esclusione dell’attrice da alcuni eventi formativi on line, alla disattivazione della casella di posta elettronica istituzionale, alla sospensione dell’assistenza tecnica in relazione ai macchinari e alla omessa comunicazione del sequestro sanitario di integratori alimentari. 

Ebbene, per quanto attiene l’assunta esclusione dagli eventi formativi della società convenuta, quest’ultima ha documentato il costante invito rivolto anche alla sig.ra M.B. per gli eventi formativi, ad esclusione degli incontri organizzati durante la pandemia covid che non rivestivano la finalità formativa, bensì erano diretti a “incoraggiare i licenziatari durante la chiusura forzata delle attività”.

La mancata convocazione dell’attrice è stata giustificata dall’atteggiamento della stessa nei confronti di IBS s.r.l. e dal suo inadempimento al pagamento dei corrispettivi contrattualmente corrisposti.

Al di là della valenza di dette giustificazioni, resta la considerazione che i soli incontri in vigenza di covid di cui sopra non possono essere qualificati quali eventi formativi di cui al contratto di licenza, con la conseguenza che l’omessa lamentata convocazione non costituisce inadempimento grave che possa giustificare la risoluzione del contratto.   

Per quanto attiene l’assunta disattivazione della posta elettronica istituzionale, verificatasi per altro solo una volta, è emerso dalla stessa documentazione di parte attrice come la IBS s.r.l. abbia in pochi giorni provveduto a ripristinare il servizio imputabile al server (e nessuna prova è stata fornita dall’attrice che la sospensione della posta elettronica fosse imputabile alla società convenuta).

Per quanto riguarda la lamentata carenza di assistenza tecnica dei macchinari, parte convenuta ha dimostrato di aver fornito, a seguito di richiesta, la propria assistenza ogni qualvolta le è stata richiesta. In conclusione, si deve affermare che le doglianze espresse da parte attrice e tendenti sostenere il grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali della convenuta IBS s.r.l. non sono provate o, là dove potrebbero essere considerate in parte sussistenti, non sono tali da legittimare la risoluzione del contratto di licenzia di marchio ex artt. 1453 e 1455 c.c.

Ne deriva l’integrale rigetto delle domande formulate nel presente giudizio dalla sig.ra M.B. nei confronti di parte convenuta.    

In relazione alla domanda riconvenzionale formulata da parte convenuta, il credito azionato in via monitoria non risulta documentalmente provato non risultando sufficiente la produzione delle semplici fatture prodotte da IBS s.r.l. sub doc. 17.   

Le suddette fatture, tra l’altro, contengono oltre al riferimento di merce consegnata la voce “royalties per concessione marchio” che non fu prevista contrattualmente e quindi non risulta dovuta. Il solo documento di trasporto consegnato è quello di cui al doc. 25 ma si riferisce esclusivamente a “Consegna tecnologia d’urto”. 

A fronte della formale contestazione da parte dell’attrice sul debito azionato da IBS s.r.l., la stessa società avrebbe dovuto offrire la prova del suo credito in relazione a ciascuna voce e va evidenziato che dalla lettura del contratto non emerge l’obbligo di fornire alla clientela i soli servizi estetici legali la licenza di marchio, al riguardo nulla specificano i citati art. 8.2 e 10.1. del contratto, come invece sostenuto in sede di costituzione dalla società convenuta.        

In tale situazione non può essere accolta la domanda di parte convenuta relativa alla condanna della sig.ra M.B. al pagamento della somma di euro 26.482,17.    

La comunicazione da parte di IBS s.r.l. della risoluzione del contratto di licenza di marchio fin dal 19.11.2020 per inadempimento dell’attrice ai sensi dell’art. 5.2 del contratto di licenza (doc. 18), alla luce delle emergenze documentali di causa, appare pertanto priva di valore per l’addebito della risoluzione alla sig.ra M.B..

Le spese di lite, stante la reciproca soccombenza, vengono compensate tra le parti.        

 

 

P.Q.M.       

il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:        

1) rigetta le domande tutte formulate dall’attrice, sig.ra M.B., nei confronti della convenuta Italian Beauty Service s.r.l.;

2) rigetta, per i motivi esposti, le domande riconvenzionali formulate da parte convenuta;

3) compensa tra le parti le spese di lite, stante la reciproca soccombenza delle stesse.

 

 

Milano, il 4.5.23

 

 

il Giudice

Dott.ssa Simonetta Scirpo

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