13 luglio 2005
Tribunale UE 13/07/2005 (causa T- 40/03) [Marchio comunitario — Domanda di marchio comunitario figurativo contenente l’elemento denominativo “Julián Murúa Entrena” — Opposizione del titolare del marchio denominativo spagnolo e internazionale MURÚA]
«Marchio comunitario — Domanda di marchio comunitario figurativo contenente l’elemento denominativo “Julián Murúa Entrena” — Opposizione del titolare del marchio denominativo spagnolo e internazionale MURÚA — Impedimento alla registrazione — Impedimento relativo alla registrazione — Art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento (CE) n. 40/94 — Nome patronimico»
Massime della sentenza
1. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Norme previste dalla direttiva 89/104 relative agli effetti limitati di un marchio nazionale — Presa in considerazione nel procedimento di registrazione di un marchio costituito da un patronimico — Esclusione
[Regolamento (CE) del Consiglio n. 40/94; direttiva del Consiglio 89/104/CEE, art. 6, n. 1, lett. a)]
2. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte del titolare di un marchio anteriore identico o simile registrato per prodotti o servizi identici o simili — Rischio di confusione con il marchio anteriore — Marchio richiesto composto da uno o più patronimici — Valutazione del rischio di confusione secondo gli stessi criteri che si applicano alle altre categorie di marchi
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 8, n. 1, lett. b)]
3. Marchio comunitario — Definizione e acquisizione del marchio comunitario — Impedimenti relativi alla registrazione — Opposizione da parte del titolare di un marchio anteriore identico o simile registrato per prodotti o servizi identici o simili — Rischio di confusione con il marchio anteriore — Marchio figurativo contenente i termini «Julián Murúa Entrena» — Marchio denominativo MURÚA
[Regolamento del Consiglio n. 40/94, art. 8, n. 1, lett. b)]
1. La disposizione dell’art. 6, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 sui marchi, che si riferisce alle limitazioni negli affari del diritto conferito da un marchio nazionale al suo titolare impedendo in particolare a quest’ultimo di vietare ad un terzo l’uso del suo nome e indirizzo purché l’uso sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale, non può essere presa in considerazione in sede di procedimento di registrazione di un marchio comunitario contenente uno o più nomi di persone, poiché essa non conferisce ai terzi il diritto di usare il loro nome o indirizzo come marchio.
(v. punti 45-46)
2. Un segno contenente il nome e i cognomi di una persona fisica non può essere registrato come marchio comunitario quando ad esso osta un impedimento relativo alla registrazione in seguito alla opposizione del titolare di un marchio anteriore.
Infatti, i criteri diretti a valutare l’esistenza di un rischio di confusione fra un tale marchio comunitario di cui viene richiesta la registrazione e un marchio anteriore ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in mancanza di disposizioni contrarie in tale regolamento, sono gli stessi di quelli che si applicano alle altre categorie di marchi.
(v. punti 49-50)
3. Esiste, nella mente del pubblico spagnolo, un rischio di confusione tra il segno figurativo costituito, nella sua parte superiore, da un disegno rappresentante una proprietà agricola circondata da alberi e da vigneti e, nella sua parte inferiore, da stemmi recanti al di sopra i termini «Julián Murúa Entrena» (percepiti come nome e cognomi), la cui registrazione come marchio comunitario è chiesta per «vini» che rientrano nella classe 33 ai sensi dell’Accordo di Nizza, e il marchio denominativo MURÚA (percepito come cognome), registrato anteriormente in Spagna per «tutti i tipi di vino» che rientrano nella stessa classe, in quanto, da un lato, i prodotti designati dai marchi in conflitto sono identici e, dall’altro, i segni in conflitto sono simili, dato che l’elemento dominante del segno denominativo del marchio richiesto e l’unico elemento del marchio anteriore sono identici, di modo che il consumatore medio spagnolo, di fronte a un prodotto recante il marchio richiesto, può attribuire a tale prodotto la medesima origine commerciale di un prodotto provvisto del marchio anteriore.
(v. punti 76, 78)
Nella causa T-40/03,
Julián Murúa Entrena, residente in Elciego (Spagna), rappresentato dall’avv. I. Temiño Ceniceros,
ricorrente,
contro
Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dai sigg. I. de Medrano Caballero e G. Schneider, in qualità di agenti,
convenuto,
controinteressato nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:
Bodegas Murúa, SA, con sede in Elciego, rappresentata dall’avv. J. González Aparicio,
avente ad oggetto un ricorso contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI 9 dicembre 2002 (procedimento R 599/1999-2), relativa ad un procedimento di opposizione tra la Bodegas Murúa, SA, e Julián Murúa Entrena,
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quarta Sezione),
composto dai sigg. H. Legal, presidente, P. Mengozzi e dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka, giudici,
cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale
visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 10 febbraio 2003,
visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 agosto 2003,
visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 luglio 2003,
in seguito alla trattazione orale del 9 marzo 2005,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti della controversia
1 Il 1º aprile 1996 il ricorrente ha chiesto la registrazione di un marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato.
2 Il marchio di cui viene chiesta la registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:
3 I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione del marchio rientrano nella classe 33 dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi per la registrazione dei marchi, come rivisto e modificato, e corrispondono alla seguente descrizione: «vini».
4 La domanda di marchio comunitario è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari 11 agosto 1997, n. 14.
5 Il 10 novembre 1997 l’impresa Bodegas Murúa, SA (in prosieguo: l’«interveniente»), ha proposto opposizione in base all’art. 42 del regolamento n. 40/94.
6 Il motivo fatto valere a sostegno dell’opposizione era quello di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94. L’opposizione era basata sull’esistenza, da una parte, del marchio denominativo MURÚA, registrato in Spagna il 20 dicembre 1978 con il numero 865 063, e, dall’altra, del marchio denominativo internazionale MURÚA, registrato il 20 marzo 1984 con il numero 482 779 e tutelato in Germania, Francia, Austria, Svizzera e nel Benelux. Tali marchi designano entrambi i prodotti corrispondenti alla descrizione seguente: «tutti i tipi di vino», rientranti nella classe 33.
7 Il 2 luglio 1999 la divisione d’opposizione ha accolto l’opposizione e ha negato la registrazione del marchio comunitario richiesto.
8 Il 30 novembre 1999 il ricorrente ha proposto un ricorso contro la decisione della divisione d’opposizione presso l’UAMI.
9 Con decisione 9 dicembre 2002 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI ha confermato la decisione della divisione d’opposizione e ha respinto il ricorso.
10 In sostanza, la commissione di ricorso ha considerato che i marchi in conflitto designavano prodotti identici e che la componente denominativa che domina il marchio comunitario la cui registrazione viene richiesta, per il fatto che contiene l’elemento «Murúa» come primo cognome, era identica ai marchi denominativi anteriori dell’interveniente, per cui esisteva un rischio di confusione tra i marchi in conflitto.
Conclusioni delle parti
11 Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:
– annullare la decisione impugnata;
– condannare l’UAMI e l’interveniente, ciascuno per la metà, alle spese.
12 L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:
– respingere il ricorso;
– condannare il ricorrente alle spese.
In diritto
13 Il ricorrente solleva un unico motivo vertente sulla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.
Argomenti delle parti
14 Dopo aver esposto, in maniera generale, che il principio dell’interdipendenza tra la somiglianza dei prodotti e quella dei marchi, che si evince dalla giurisprudenza, potrebbe essere disapplicato in talune circostanze, il ricorrente contesta alla commissione di ricorso innanzitutto di aver erroneamente limitato il suo esame all’elemento denominativo del marchio richiesto senza effettuare un confronto complessivo dei segni in conflitto. Secondo il ricorrente, gli errori fatti dalla commissione di ricorso si manifestano nelle tre fasi – visiva, auditiva e concettuale – del confronto dei segni in conflitto.
15 Quanto al confronto visivo dei segni, il ricorrente ricorda che il marchio richiesto è un marchio figurativo, formato, nella sua parte superiore, da un disegno rappresentante un’azienda agricola circondata da alberi e da vigneti e, nella sua parte inferiore, da stemmi recanti al di sopra i termini «Julián Murúa Entrena». Secondo il ricorrente, la presenza di tali elementi figurativi consente di eliminare il rischio di confusione con il marchio anteriore. Non si può quindi, secondo il ricorrente, effettuare unicamente una valutazione dell’elemento denominativo del marchio richiesto senza violare, come fa la decisione impugnata, il principio del confronto globale dei segni in conflitto. Peraltro, il ricorrente insiste sul fatto che nel settore dei vini, e conformemente al regolamento (CE) del Consiglio 17 maggio 1999, n. 1493, relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo (GU L 179, pag. 1), l’etichetta riveste un significato particolare in quanto elemento di identificazione del prodotto da parte del consumatore. Orbene, l’elemento denominativo e gli elementi figurativi del marchio richiesto, che costituiscono proprio l’etichettatura del vino, devono essere considerati come un insieme unitario.
16 Quanto al confronto auditivo, il ricorrente rileva che i segni in conflitto coincidono solo per la presenza del termine «Murúa», unico elemento denominativo del marchio anteriore, mentre il marchio richiesto è composto dal nome e dai cognomi «Julián Murúa Entrena». Orbene, se il ricorrente ammette che il nome Julián è di uso relativamente comune, esso sostiene, invece, che la combinazione dei patronimici «Murúa» ed «Entrena», molto poco comune, ha un carattere unico e differenziato, facilmente distinguibile dal punto di vista auditivo. Il ricorrente respinge quindi l’affermazione della commissione di ricorso, esposta al punto 17 della decisione impugnata, secondo cui il consumatore spagnolo, di fronte ad un elemento denominativo composto da un nome, nella fattispecie «Julián», e da due cognomi, nella fattispecie «Murúa» e «Entrena», tende a prescindere dal nome e dal secondo cognome. Invece in un ordinamento giuridico come quello spagnolo, in cui lo stato civile delle persone si fonda su due cognomi, ciò che rileva, secondo il ricorrente, è il carattere distintivo di ognuna delle componenti dell’elemento denominativo in questione.
17 Quanto al confronto concettuale, il ricorrente ritiene che vi siano differenze sufficienti tra i segni in conflitto su tale piano, in quanto il marchio richiesto è dopo tutto costituito dal nome proprio del richiedente. Al riguardo, e ad abundantiam, il ricorrente considera che l’interveniente non può appropriarsi a titolo esclusivo del termine «Murùa» in modo da impedire al ricorrente di utilizzare il suo cognome. A sostegno di tale argomento, il ricorrente cita l’art. 6, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU L 40, pag. 1), relativo alla limitazione degli effetti del marchio, nonché la prassi decisionale anteriore dell’UAMI.
18 Benché il ricorrente, poi, si dichiari consapevole che le decisioni dei giudici nazionali non vincolano né l’UAMI né il Tribunale, egli attira tuttavia l’attenzione di quest’ultimo sugli elementi di fatto che differenziano la presente controversia da quella che ha dato luogo alla sentenza del Tribunal Supremo (Corte di cassazione spagnola) 20 giugno 1994, n. 599, pronunciata tra le medesime parti. In particolare, il ricorrente evidenzia che il marchio nazionale spagnolo Julián Murúa Entrena, in questione in tale causa e la cui nullità è stata pronunciata dal Tribunal Supremo, era composto unicamente degli elementi denominativi citati, contrariamente al marchio controverso nella presente fattispecie, e sostiene che la legislazione spagnola applicata in tale causa è obsoleta.
19 Infine, benché il ricorrente ammetta che l’interveniente ha acquistato una parte dei marchi di cui è titolare presso il padre del ricorrente, quest’ultimo si meraviglia del fatto che si possa considerare, come fa l’interveniente, che esiste un rischio di confusione tra marchi che sono pacificamente coesistiti in Spagna, e in Danimarca, per un lungo periodo. Peraltro, il ricorrente presenta diversi documenti allegati al suo ricorso miranti a dimostrare l’esistenza di numerose registrazioni spagnole contenenti tutte i termini «Murúa» e che, a suo avviso, metterebbero in luce la possibilità di una pacifica coesistenza dei marchi in conflitto sul mercato. Il ricorrente allega al suo ricorso anche altri documenti che dimostrerebbero che nel settore vinicolo coesistono numerose registrazioni sul mercato, benché diverse di queste contengano elementi denominativi comuni.
20 In via preliminare, l’UAMI rileva che i documenti allegati al ricorso diretti a dimostrare l’asserita coesistenza pacifica di numerose registrazioni spagnole contenenti il termine «Murúa» vengono presentate per la prima volta dinanzi al Tribunale e sono quindi irricevibili.
21 Quanto al merito, dopo aver ricordato che la commissione di ricorso ha esaminato solo il rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella mente del consumatore spagnolo, l’UAMI rigetta le pretese del ricorrente.
22 L’UAMI sostiene, in primo luogo che, per quanto riguarda il marchio richiesto, l’elemento denominativo «Julián Murúa Entrena» ne costituisce l’elemento dominante a causa della sua posizione preponderante in tale segno. Invece l’UAMI sostiene che gli elementi figurativi che lo compongono hanno un carattere decorativo o accessorio, in quanto sono abitualmente usati nelle etichette di vini.
23 Fornita tale precisazione, l’UAMI considera, in secondo luogo, che dal confronto dell’elemento denominativo dominante del marchio richiesto con il marchio anteriore emerge una certa somiglianza visiva. Sebbene esso condivida la valutazione del ricorrente sulla particolare importanza dell’etichetta nel settore vinicolo, ciò non toglie, sempre secondo l’UAMI, che il consumatore è abituato a ricordare come segno distintivo di un vino l’elemento denominativo che lo identifica.
24 Quanto al confronto auditivo, benché l’UAMI noti che la decisione impugnata non fornisce una conclusione a tale proposito, esso considera tuttavia che i segni in conflitto sono foneticamente simili.
25 Per quanto attiene alla somiglianza concettuale, l’UAMI sostiene che, di regola, una tale somiglianza esiste qualora il pubblico di riferimento percepisca che i due segni in conflitto condividono una componente semantica identica o simile. Nella fattispecie, secondo l’UAMI, l’elemento concettuale comune ai due segni in conflitto è costituito dal fatto che essi contengono nomi propri e cognomi di origine spagnola, riconosciuti come tali dal pubblico di riferimento, e il nome «Murúa» che si rivela essere l’elemento predominante della componente denominativa del marchio richiesto, mentre è l’unico elemento del marchio anteriore.
26 Inoltre, pur ammettendo che, dal punto di vista dello stato civile spagnolo, le persone fisiche sono identificate da due patronimici, l’UAMI ritiene tuttavia che il primo cognome predomini sul secondo, in quanto il pubblico di riferimento è abituato a identificare le persone unicamente dal primo cognome. Ne consegue, secondo l’UAMI, che esiste un elevato grado di somiglianza concettuale tra i due segni in conflitto, a causa della presenza del termine «Murúa» in tali segni.
27 L’UAMI ne conclude che esiste un rischio di confusione tra i due marchi in conflitto, tenuto conto dell’identità, non contestata dal ricorrente, tra i prodotti designati dai marchi in conflitto e della somiglianza tra i segni in conflitto rilevata dalla decisione impugnata. In particolare, l’UAMI sostiene che il consumatore che conosce i vini designati dal marchio anteriore corre il rischio obiettivo di considerare il vino identificato dall’etichetta contenente la denominazione «Julián Murúa Entrena» come un nuovo prodotto proveniente dalla medesima impresa che mette in commercio i vini designati dal marchio anteriore. Peraltro, l’UAMI sottolinea che l’osservazione del ricorrente relativa all’esclusione, in talune circostanze, del principio dell’interdipendenza tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti è irrilevante, in quanto il ricorrente non chiarisce in alcun modo le dette circostanze.
28 In terzo luogo, quanto alla decisione del Tribunal Supremo, menzionata al punto 18 supra, l’UAMI sostiene che, pur non essendo vincolato dalle decisioni dei giudici nazionali, gli elementi di fatto e di diritto all’origine della decisione del Tribunal Supremo possono essere utili per la risoluzione della controversia. In particolare, l’UAMI considera che, da una parte, tale decisione confuta gli argomenti del ricorrente secondo cui i marchi in conflitto sarebbero coesistiti pacificamente sul territorio spagnolo e, dall’altra, evidenzia l’intenzione del ricorrente di voler registrare come marchio comunitario, e stavolta anche in un marchio figurativo, il segno denominativo che ha dato luogo alla sentenza del Tribunal Supremo.
29 Infine, l’UAMI respinge anche la censura che il ricorrente basa sull’asserita appropriazione del suo patronimico da parte dell’interveniente, precisando che la limitazione degli effetti del marchio rileva solo una volta che questo sia registrato. Inoltre, l’UAMI sostiene che la libera disposizione dei nomi propri si deduce dalle indicazioni fornite dalla sentenza del Tribunal Supremo citata, secondo cui un patronimico non sfugge all’esame del rischio di confusione quando un operatore economico vuole usarlo come marchio. Di conseguenza, secondo l’UAMI, la commissione di ricorso ha correttamente considerato, nella fattispecie, che la limitazione degli effetti del marchio non incideva affatto sulla valutazione del rischio di confusione tra i marchi in conflitto.
30 In via preliminare, l’interveniente ricorda di essere diventata titolare del marchio anteriore in seguito ad un contratto di cessione, concluso in virtù del diritto spagnolo, con il padre del ricorrente. L’interveniente sostiene, di conseguenza, che il ricorrente non può ora ostacolare l’uso esclusivo di tale marchio. Del resto, l’interveniente si oppone anche all’affermazione del ricorrente secondo cui il marchio anteriore sarebbe coesistito per un lungo periodo sul territorio spagnolo con il marchio denominativo spagnolo anteriore del ricorrente Julián Murúa Entrena, che comprendeva il medesimo elemento denominativo del marchio richiesto. Infatti, tutte le circostanze di fatto all’origine della sentenza del Tribunal Supremo citata, intervenuta tra le medesime parti, indicherebbero proprio il contrario.
31 Per quanto riguarda la valutazione relativa al confronto dei segni in conflitto effettuata dalla commissione di ricorso, l’interveniente, in sostanza, si associa alla posizione espressa dall’UAMI. Quanto all’importanza del primo cognome nella fattispecie, essa aggiunge che, in passato, per il periodo nel quale il ricorrente ha usato il marchio denominativo spagnolo Julián Murúa Entrena − prima che questo venisse annullato dalla sentenza del Tribunal Supremo citata − il ricorrente non ha mai inteso utilizzare il suo secondo cognome, mentre avrebbe usato più volte il suo primo patronimico.
32 Sul rischio di confusione tra i marchi in conflitto, l’interveniente rileva che tale rischio è effettivo poiché, oltre all’analisi effettuata dalla commissione di ricorso che merita di essere approvata, tale confusione sarebbe già stata riconosciuta in passato. A tale riguardo, le considerazioni del ricorrente a proposito dell’importanza dell’etichettatura e dell’esistenza di marchi che includerebbero il termine «Murúa» sarebbero irrilevanti. Quanto al primo punto, l’interveniente ritiene, infatti, che l’etichetta, che viene sempre preparata dopo la registrazione di un marchio, sarebbe, nel caso di registrazione del marchio richiesto, un fattore supplementare di confusione in quanto recherebbe non solo il nome del titolare del marchio, ma anche del luogo della sede dell’impresa. Ebbene, nella fattispecie, la sede del ricorrente e quella dell’interveniente si troverebbero nel medesimo luogo. Il pubblico di riferimento potrebbe quindi ritenere che i prodotti designati dai marchi in conflitto provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate. Quanto al secondo punto l’interveniente ritiene che i marchi evocati dal ricorrente non siano pertinenti, poiché designano tutti dei prodotti diversi dal vino per i quali nulla osta, in linea di principio, a che vengano registrati.
Giudizio del Tribunale
33 Ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa della sua identità o somiglianza con il marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato.
34 Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate tra loro. Secondo la medesima giurisprudenza il rischio di confusione deve essere quindi valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, e prendendo in considerazione tutti i fattori pertinenti del caso di specie, in particolare l’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati [v. sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T-162/01, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), Racc. pag. II-2821, punti 31-33, e giurisprudenza citata].
35 Come emerge anche da una costante giurisprudenza, la valutazione globale del rischio di confusione deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visiva, auditiva o logica dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta da questi ultimi, in considerazione, in particolare, dei loro elementi distintivi e dominanti [sentenza del Tribunale 14 ottobre 2003, causa T-292/01, Phillips-Van Heusen/UAMI – Pash Textilvertrieb und Einzelhandel (BASS), Racc. pag. II-4335, punto 47, e giurisprudenza citata].
Sul pubblico di riferimento
36 Nella fattispecie, per quanto riguarda i marchi anteriori, come è stato indicato supra al punto 6, l’opposizione si fonda contemporaneamente sul marchio denominativo n. 865 063, registrato in Spagna, e sul marchio denominativo internazionale n. 482 779, tutelato in Germania, Francia, Austria, Svizzera e nel Benelux. Pertanto, il pubblico di riferimento è, in linea di principio, il pubblico presente sui territori spagnolo, tedesco, francese, austriaco, svizzero e degli Stati del Benelux.
37 Ebbene, è sufficiente che l’esistenza di un rischio di confusione sia constatata nella mente del pubblico interessato di uno degli Stati membri menzionati sopra affinché si applichi l’impedimento alla registrazione di cui all’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94.
38 Tuttavia, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha esaminato solo la somiglianza tra i segni in conflitto e il rischio di confusione secondo la percezione del pubblico spagnolo, traendo la conclusione implicita che il risultato di tale esame si estendeva a tutti i «marchi» anteriori dell’interveniente.
39 Senza che occorra pronunciarsi sulla legittimità di una tale impostazione, va precisato che qualsiasi considerazione relativa al grado di somiglianza tra il marchio richiesto e il marchio internazionale anteriore dell’interveniente può rilevare solo nel caso in cui il Tribunale escluda, in base ad argomenti invocati dal ricorrente – contrariamente a quanto ha fatto la commissione di ricorso – l’esistenza di un rischio di confusione per il pubblico spagnolo tra il marchio richiesto e il marchio anteriore registrato in Spagna.
40 Occorre, di conseguenza, verificare se, come sostiene il ricorrente, la commissione di ricorso, concludendo per il rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella mente del pubblico spagnolo, abbia violato l’art. 8, n. 1, lett. b), del detto regolamento.
41 Nella fattispecie, oggetto della controversia è il confronto dei segni. L’identità dei prodotti designati dai marchi in conflitto non è contestata.
Sulla somiglianza dei segni
42 È pacifico che il pubblico spagnolo percepirà l’elemento denominativo che compone il marchio richiesto come un nome proprio (nome e cognomi) e il marchio anteriore come un cognome. È anche pacifico che il primo cognome che costituisce l’elemento denominativo del marchio richiesto e l’unico elemento del marchio anteriore sono identici.
43 La controversia verte quindi principalmente sulla questione se, come sostiene il ricorrente, la presenza degli elementi figurativi, del nome e del secondo cognome nel marchio richiesto basti a escludere qualsiasi rischio di confusione nella mente del consumatore spagnolo o se, al contrario, la presenza del termine «Murúa» nel marchio richiesto ne costituisca l’elemento dominante nella percezione del pubblico di riferimento, che potrà confondere il marchio richiesto con il marchio anteriore.
44 Prima di esaminare tale questione, occorre formulare due osservazioni preliminari.
45 Da una parte, quanto all’argomento del ricorrente relativo all’art. 6, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104, occorre ricordare che tale disposizione si riferisce alle limitazioni negli affari del diritto conferito da un marchio nazionale al suo titolare, impedendo in particolare a quest’ultimo di vietare ad un terzo l’uso del suo nome e indirizzo, purché l’uso sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.
46 Di conseguenza, tale disposizione non può essere presa in considerazione in sede di procedimento di registrazione di un marchio comunitario, in quanto non conferisce ai terzi il diritto di usare il loro nome o il loro indirizzo come marchio, come sembra rivendicare il ricorrente [v. sentenza della Corte 16 settembre 2004, causa C-404/02, Nichols, Racc. pag. I-8499, punto 33, e quanto all’art. 12 del regolamento n. 40/94, sentenza del Tribunale 31 marzo 2004, causa T-20/02, Interquell/UAMI – SCA Nutrition (HAPPY DOG), Racc. pag. II-1001, punto 56].
47 D’altra parte, va precisato che la giurisprudenza menzionata supra ai punti 34 e 35 si applica pienamente alla richiesta di registrazione come marchio comunitario di un segno composto di uno o più patronimici.
48 Infatti va ricordato che, ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 40/94, «possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, (…) a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».
49 Pertanto, una richiesta di registrazione come marchio comunitario di un segno che contiene, in tutto o in parte, uno o più nomi di persone non si sottrae ai criteri di valutazione relativi alla registrazione applicabili alle altre categorie di marchi. Infatti, se segni di questo tipo possono costituire marchi comunitari, ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 40/94, a condizione che siano idonei a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, nessuna disposizione del regolamento n. 40/94 prevede criteri di valutazione diversi per la registrazione di questo tipo di segni rispetto agli altri segni idonei a costituire un marchio comunitario. Quindi, così come è stato affermato che i criteri per la valutazione del carattere distintivo di marchi costituiti da un nome di persona sono gli stessi di quelli applicabili alle altre categorie di marchi (sentenza Nichols, punto 46 supra, punto 25), altrettanto dicasi, in mancanza di disposizioni contrarie nel regolamento n. 40/94, dei criteri diretti a valutare l’esistenza di un rischio di confusione tra un marchio comunitario di cui viene richiesta la registrazione e un marchio anteriore, ai sensi dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [v., in tal senso, sentenza del Tribunale 1º marzo 2005, Fusco/UAMI – Fusco International (ENZO FUSCO), T-185/03, Racc. pag. II-715, punto 45].
50 Ne consegue che un segno contenente il nome e i cognomi di una persona fisica non può essere registrato come marchio comunitario quando ad esso osta un impedimento relativo alla registrazione in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore.
51 Effettuate tali precisazioni preliminari, occorre anzitutto constatare che non può essere accolto l’argomento del ricorrente secondo cui la commissione di ricorso avrebbe erroneamente limitato il confronto dei segni in conflitto ai loro soli elementi denominativi.
52 Occorre considerare che, secondo la giurisprudenza, un marchio complesso può essere considerato simile ad un altro marchio, identico o simile ad una delle componenti del marchio complesso, solo se quest’ultimo costituisce l’elemento dominante nell’impressione globale prodotta dal marchio complesso. Ciò si verifica quando tale componente può da sola dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento ricorda, in modo tale che tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta [sentenze del Tribunale 23 ottobre 2002, causa T-6/01, Matratzen Concord/UAMI – Hukla Germany (MATRATZEN), Racc. pag. II-4335, punto 33, e 6 luglio 2004, causa T-117/02, Grupo El Prado Cervera/UAMI – Héritiers Debuschewitz (CHUFAFIT), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 45].
53 Tale approccio non significa prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi di cui trattasi, ciascuno considerato nel suo complesso. Tuttavia, ciò non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (sentenza MATRATZEN, punto 52 supra, punto 34).
54 Quanto alla valutazione del carattere dominante di una o più componenti determinate di un marchio complesso, occorre tenere conto, in particolare, delle qualità intrinseche di ciascuna di tali componenti paragonandole con quelle di altre componenti. Inoltre, ed in via accessoria, può essere presa in considerazione la posizione relativa delle diverse componenti nella configurazione del marchio complesso (sentenza MATRATZEN, punto 52 supra, punto 35).
55 Nella fattispecie, occorre ricordare che, al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che l’elemento figurativo del marchio richiesto, rappresentante un’azienda agricola tipica circondata da vigneti ed alberi, avesse un debole valore distintivo per i prodotti designati dal marchio richiesto e che, di conseguenza, l’elemento denominativo di tale marchio, vale a dire «Julían Murúa Entrena», dominasse l’impressione complessiva prodotta da tale segno.
56 Tale giudizio non può non essere condiviso. Infatti, per quanto riguarda un prodotto come il vino, la rappresentazione di un’azienda agricola circondata da vigneti e alberi non costituisce un elemento che permette al pubblico di riferimento di ricordare tale componente figurativa come dominante l’immagine che esso ricorderà del marchio richiesto. Invece, come l’UAMI ha fatto correttamente valere, i consumatori sono abituati a designare e a riconoscere il vino in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarlo, dato che tale elemento designa in particolare il viticoltore o la proprietà su cui il vino è prodotto.
57 Tale giudizio va esteso alla presenza degli stemmi situati sotto l’elemento denominativo del marchio richiesto. Inoltre, va rilevato che, tenuto conto del luogo e delle dimensioni della rappresentazione dei detti stemmi nel marchio richiesto, questi ultimi costituiscono unicamente un elemento decorativo senza portata reale, come indicato dalla divisione d’opposizione. Pertanto, tale elemento non può dominare l’immagine che il pubblico di riferimento ricorderà del marchio richiesto.
58 Peraltro, la censura che il ricorrente basa sull’importanza dell’etichettatura dei vini nella Comunità europea, che priverebbe l’UAMI del diritto di determinare gli elementi dominanti e distintivi del marchio richiesto, è inoperante.
59 È certamente vero che, conformemente alle disposizioni del regolamento n. 1493/1999, l’etichettatura costituisce un modo essenziale per designare dei vini interessati da tale regolamento.
60 Tuttavia, tale caratteristica non osta a che, ai fini dell’applicazione del regolamento n. 40/94, quando l’etichettatura contiene un marchio, come un marchio comunitario di cui viene richiesta la registrazione, detto marchio possa essere oggetto, nell’ambito di un procedimento d’opposizione avviato in applicazione di tale regolamento, di un esame da parte dell’UAMI in modo da determinarne l’elemento o gli elementi dominanti e distintivi.
61 Del resto, va rilevato che l’esame effettuato dall’UAMI non rimette in questione l’importanza dell’etichettatura ai fini della tutela dei consumatori, obiettivo a cui fa esplicitamente riferimento il regolamento n. 1493/1999. Al contrario, tale esame fa parte della loro protezione consentendo di assicurare che un marchio contenuto nell’etichetta di un vino non possa creare un rischio di confusione nella mente del consumatore, in particolare quanto all’identità delle persone fisiche o giuridiche che partecipano all’elaborazione o al circuito commerciale del prodotto, ai sensi dell’art. 48 e dell’allegato VII, punto F, del regolamento n. 1493/1999.
62 Ciò posto, il primo argomento del ricorrente deve essere respinto.
63 Il ricorrente sostiene poi che la commissione di ricorso ha erroneamente considerato che nel marchio richiesto il primo cognome «Murúa» costituiva l’elemento dominante del gruppo di termini «Julián Murúa Entrena».
64 Occorre ricordare che, per determinare il carattere dominante del cognome «Murúa» nel marchio richiesto, la commissione di ricorso ha indicato, al punto 17 della decisione impugnata, quanto segue:
«(…) in Spagna, il primo cognome ha un’importanza particolare in un marchio composto dal nome e dai cognomi del suo titolare, dato che il consumatore medio è abituato ad omettere il nome e il secondo cognome. Di conseguenza, l’elemento dominante del marchio di cui viene chiesta la registrazione e quello [del] marchio [sul quale] si basa l’opposizione sono identici».
65 Occorre constatare che la motivazione della decisione della commissione di ricorso quanto alla preminenza, in Spagna, del primo cognome ha un carattere sistematico a cui vale la pena accennare. Infatti, non si può escludere che, secondo le circostanze del singolo caso di specie, un segno, composto di un nome e di due cognomi, oggetto di una richiesta di registrazione come marchio comunitario, possa, per il pubblico spagnolo, presentare un carattere distintivo a causa, in particolare, della presenza del secondo cognome, il quale costituirà così l’elemento dominante del segno in questione.
66 Tuttavia, la commissione di ricorso ha correttamente considerato, nella fattispecie, che il cognome «Murúa» conferiva al marchio richiesto il suo carattere distintivo e ne costituiva quindi l’elemento dominante.
67 In primo luogo, va ricordato che la percezione di segni costituiti da nomi di persone può variare nei diversi Stati della Comunità europea (sentenza ENZO FUSCO, punto 49 supra, punto 52).
68 Nella fattispecie, il ricorrente ha ammesso che il nome «Julián», che figura nel segno denominativo del marchio richiesto, era relativamente diffuso in Spagna e che per questo non aveva un carattere distintivo particolare.
69 Quanto alla questione se in Spagna il pubblico di riferimento attribuirà generalmente maggiore attenzione al cognome «Murúa» che al cognome «Entrena» nel marchio richiesto, il Tribunale considera che la giurisprudenza di tale Stato, benché non sia vincolante per gli organi comunitari, può fornire indicazioni utili.
70 A tale riguardo si deve tener conto della sentenza del Tribunal Supremo 20 giugno 1994, n. 559, intervenuta tra le parti del presente procedimento e che era stata prodotta nel corso del procedimento amministrativo dinanzi all’UAMI.
71 Occorre ricordare che, in tale causa, che opponeva il ricorrente e l’interveniente, il Tribunal Supremo ha affermato che il marchio denominativo Julián Murúa Entrena, registrato in Spagna e che si riferiva a prodotti identici a quelli designati dal marchio richiesto, doveva essere annullato a causa del rischio di confusione nella mente del pubblico spagnolo con il marchio denominativo anteriore MURÚA, di cui è titolare l’interveniente e che ha parimenti fondato l’opposizione dinanzi all’UAMI. Più precisamente, il Tribunal Supremo ha rilevato che dalla registrazione successiva dei marchi Viñas Murúa e Murúa emergeva che il cognome «Murúa» costituiva l’elemento predominante di tale marchio. Il rischio di confusione era dimostrato dal fatto che persone estranee al convenuto (vale a dire il ricorrente nella presente causa), e senza l’intervento di quest’ultimo, nel classificare i vini della Rioja facevano confusione tra i marchi Murúa e Bodegas Murúa, SA, da una parte, e Bodegas Murúa Entrena, SA, dall’altra, e attribuivano il vino designato dal marchio Murúa alle due imprese, come aveva ammesso il convenuto, pur imputando l’errore a terzi. In tale contesto, il Tribunal Supremo ha deciso che, «dato che il termine “Murúa” costitui[va] l’elemento di identificazione dei vini e che [era] questo termine che [aveva] provocato, su richiesta del convenuto, la mancata registrazione dei marchi “Murúa Gangutia” e “Heredad Murúa Gangutia”, [era] chiaro che si sarebbe dovuto rifiutare, in sede amministrativa, anche la registrazione del marchio “Julián Murúa Entrena” e che [occorreva], ora, in sede giurisdizionale, pronunciar[ne] l’annullamento».
72 Ebbene, va considerato che, in mancanza di prova contraria, la percezione che il pubblico di riferimento ha del marchio richiesto non può essere diversa da quella, constatata dal Tribunal Supremo, che tale medesimo pubblico ha avuto del marchio denominativo Julían Murúa Entrena. Infatti, nonostante la presenza di elementi figurativi nel marchio richiesto, questi, come è stato affermato ai punti 56 e 57 supra, non possono dominare l’immagine che il pubblico di riferimento ricorderà di tale marchio.
73 In secondo luogo, va rilevato che, sul piano visivo, il termine «Murúa» figura al centro dell’elemento denominativo del marchio richiesto e forma un allineamento verticale con gli elementi figurativi di tale marchio, in particolare con i suoi elementi araldici. Tale configurazione del marchio richiesto è diretta ad evidenziare il cognome «Murúa» rispetto al nome e al secondo cognome.
74 In terzo luogo, anche se va certamente constatato che, sul piano auditivo, l’elemento denominativo del marchio richiesto differisce dal marchio anteriore per la presenza del nome «Julián» e del cognome «Entrena», occorre tuttavia precisare che, come ha fatto valere il ricorrente in udienza attraverso diversi esempi di denominazioni di vini, il consumatore spagnolo non pronuncerà, di regola, la denominazione completa di un vino, ma avrà invece tendenza ad abbreviarla. Tale circostanza, ugualmente evidenziata dalla divisione d’opposizione, basta per considerare che, sul piano auditivo, il consumatore spagnolo avrà, di regola, tendenza a pronunciare il marchio richiesto abbreviandolo, il più delle volte con riferimento al nome «Murúa», primo cognome del ricorrente.
75 Ne consegue che, nella fattispecie, non va invalidato il giudizio della commissione di ricorso, condiviso anche dalla divisione d’opposizione, secondo cui il cognome «Murúa», primo cognome del ricorrente che compone il segno denominativo del marchio richiesto, dominerà l’immagine che il pubblico spagnolo ricorderà di tale marchio.
76 Di conseguenza, la commissione di ricorso ha correttamente considerato che i segni in conflitto sono simili in quanto l’elemento dominante del segno denominativo del marchio richiesto e l’unico elemento del marchio anteriore sono identici.
Sul rischio di confusione
77 Secondo una costante giurisprudenza, la valutazione del rischio di confusione implica una certa interdipendenza tra i fattori che entrano in considerazione, in particolare la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi (v., per analogia, sentenza della Corte 29 settembre 1998, causa C-39/97, Canon, Racc. pag. I-5507, punto 17, e, quanto all’applicazione del regolamento n. 40/94, sentenza GIORGIO BEVERLY HILLS, punto 34 supra, punto 32).
78 Nella fattispecie, va ricordato che, da una parte, è pacifico che i prodotti designati dai marchi in conflitto sono identici e che, dall’altra, i segni in conflitto sono simili. Tale circostanza consente di concludere per l’esistenza di un rischio di confusione tra i marchi in conflitto, in quanto il consumatore medio spagnolo, di fronte a un prodotto recante il marchio richiesto, può attribuire a tale prodotto la medesima origine commerciale di un prodotto provvisto del marchio anteriore. Del resto, occorre sottolineare che è parimenti pacifico che il cognome «Murúa», comune ai segni in conflitto, ha la medesima origine, vale a dire il padre del ricorrente, che ha ceduto il marchio anteriore, registrato in Spagna, all’interveniente. Ebbene, il rischio che il consumatore spagnolo attribuisca ai prodotti del ricorrente e a quelli del titolare del marchio anteriore la medesima origine commerciale è rafforzato da tale circostanza di fatto. Per questo stesso motivo, è peraltro molto probabile, come ha fatto valere l’UAMI, che il pubblico interessato veda nell’aggiunta del nome e del cognome «Entrena» nel marchio richiesto solo un modo di distinguere una gamma di vini provenienti dall’impresa titolare del marchio anteriore o, perlomeno, da un’impresa economicamente collegata all’interveniente.
79 Tale valutazione non può essere invalidata dagli altri argomenti del ricorrente.
80 Innanzitutto, quanto all’affermazione del ricorrente secondo cui il principio giurisprudenziale dell’interdipendenza tra la somiglianza dei prodotti e quella dei marchi potrebbe essere escluso in talune circostanze, basta constatare che, pur supponendo una tale esclusione possibile, il ricorrente non ha fornito alcun elemento idoneo a suffragare tale affermazione.
81 Quanto poi ai documenti allegati al ricorso introduttivo del procedimento che sarebbero diretti a provare l’asserita pacifica coesistenza di marchi contenenti il termine «Murúa», va rilevato che tali documenti, invocati per la prima volta dinanzi al Tribunale, sono irricevibili senza che occorra esaminarne il valore probatorio [v., in tal senso, sentenze del Tribunale 12 dicembre 2002, causa T-247/01, eCopy/UAMI (ECOPY), Racc. pag. II-5301, punto 49, e 3 luglio 2003, causa T-129/01, Alejandro/UAMI – Anheuser-Busch (BUDMEN), Racc. pag. II-2251, punto 67]. In ogni caso, qualora tali documenti si riferiscano alla pretesa del ricorrente, avanzata in udienza, secondo cui il marchio denominativo spagnolo Julián Murúa Entrena e il marchio anteriore sarebbero coesistiti sul mercato spagnolo, è giocoforza constatare che l’annullamento del marchio denominativo citato del ricorrente da parte del Tribunal Supremo, sulla base del rischio di confusione nella mente del pubblico spagnolo fra tale marchio e il marchio anteriore, basta a dimostrare che l’asserita «pacifica coesistenza» fra tali marchi non era reale.
82 Occorre anche dichiarare irricevibile la parte essenziale dei documenti allegati al ricorso diretti a dimostrare la pacifica coesistenza sul mercato del settore vinicolo di registrazioni aventi elementi denominativi comuni a molte di queste, in quanto sono stati invocati per la prima volta nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale.
83 Invece, per quanto riguarda i documenti allegati al ricorso relativi ai patronimici Faustino, Medrano e Palacios, che sono stati invocati dinanzi all’UAMI, essi sono ricevibili. Essi sono tuttavia inoperanti. Infatti, le registrazioni nazionali menzionate in tali documenti riguardano marchi che non hanno rapporto con i marchi in conflitto. Tali documenti e gli argomenti che essi mirano a supportare sono irrilevanti ai fini dell’analisi del rischio di confusione tra i marchi in conflitto nella fattispecie (v. sentenza BUDMEN, punto 81 supra, punto 63).
84 Infine, per quanto riguarda la pretesa del ricorrente secondo cui vi sarebbe una pacifica coesistenza tra i marchi in questione in Danimarca, basta rilevare che tale argomento è inoperante, in quanto il marchio anteriore dell’interveniente non è tutelato in Danimarca.
85 Poiché il rischio di confusione esiste in uno Stato membro, nella fattispecie in Spagna, ciò basta per negare la registrazione del marchio richiesto, com’è stato ricordato al punto 39 supra. Non occorre dunque pronunciarsi sul rischio di confusione accertato dalla commissione di ricorso tra il marchio richiesto e il marchio internazionale anteriore tutelato in Germania, Francia, Austria, Svizzera e nel Benelux.
86 Poiché il motivo unico relativo alla violazione dell’art. 8, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 non è fondato, il ricorso va respinto.
Sulle spese
87 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorrente è rimasto soccombente, egli va condannato alle spese, conformemente alle conclusioni dell’UAMI e dell’interveniente.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)
dichiara e statuisce:
1) Il ricorso è respinto.
2) Il ricorrente è condannato alle spese.
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 13 luglio 2005.
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