10 maggio 2018
Dracula e risarcimento del danno, un salasso per il distributore cinematografico
di Giacomo Lusardi
Lo scorso gennaio il Tribunale di Roma si è espresso con rigore, in particolare quanto al risarcimento del danno liquidato al produttore, riguardo a uno dei principali obblighi previsti nei contratti di distribuzione di opere cinematografiche, vale a dire quello relativo al numero minimo di sale - o schermi - in cui la proiezione deve avvenire.
Con riferimento alla distribuzione italiana del film “Dracula di Dario Argento”, il produttore aveva contestato al distributore di essere venuto meno all’obbligo contrattuale di proiettare il film in Italia in almeno 200 schermi delle c.d. “città capozona”, oltre a quello di consegnare i rendiconti e versare gli importi dovuti nei termini previsti dal contratto.
Quanto alla prima delle contestazioni sollevate, il distributore replicava tuttavia che le “città capozona” e quindi Roma, Torino, Bologna, Napoli, Bari, Cagliari, Milano, Genova, Padova, Firenze, Catania e Ancona (così definite ai sensi del D. lgs. 28/2004, ora abrogato dalla nuova legge cinema, l. n. 220/2016) dispongono di soli 170 impianti cinematografici e non di 200. Pertanto, ove si fosse collocato il film in 200 schermi nelle città capozona si sarebbe al più ottenuta la proiezione simultanea su più schermi degli stessi impianti cinematografici.
Il Tribunale ha colto l’occasione per chiarire la differenza tra i concetti di “impianto cinematografico” e “sala cinematografica” ovvero “schermo”, precisando che i primi sono strutture dotate di più schermi (i multisala) mentre i secondi si riferiscono a un solo schermo.
Ciò chiarito, e in virtù dell’interpretazione letterale del contratto, il giudice ha ritenuto il distributore inadempiente per non aver fatto proiettare il film nel numero di schermi contrattualmente previsto (i.e. “200 schermi digitali nelle città capozona”), considerando utile e sufficiente per l’adempimento degli obblighi contrattuali anche la proiezione contestuale del film su più di uno schermo del medesimo impianto multisala.
Il Tribunale di Roma ha quindi liquidato a favore del produttore danni per circa € 1.358.000. Come criterio per la quantificazione del danno emergente, il giudice ha preso in considerazione gli incassi effettivi del film, pari a € 330.000,00, detraendone la percentuale del 50%, spettante agli esercenti delle sale cinematografiche. Quanto alla componente di danno per c.d. lucro cessante, lo stesso è stato dal tribunale liquidato in via equitativa sulla base dei parametri proposti dal produttore, prendendo a riferimento l’incasso dei due precedenti film di Dario Argento (“Il Cartaio” e “La terza Madre”), ridotto della metà in considerazione di una presenza media di spettatori più bassa dovuta al periodo di crisi, ossia un incasso andato perso quantificato in € 3.396.157,00 (da cui detrarre il 50% in favore degli esercenti delle sale cinematografiche e la commissione di distribuzione del 20%).
Il parametro utilizzato dal Tribunale per quantificare un risarcimento del danno così cospicuo appare piuttosto aleatorio, in quanto risulta difficile stabilire sulla carta il successo di botteghino di un film soltanto in base alla circostanza che provenga dallo stesso regista, senza – a quanto pare – tenere conto di altri rilevanti fattori quali, ad esempio, le attività promozionali svolte e il periodo di uscita.
La sentenza fa inoltre riflettere sull’importanza delle definizioni contenute nei contratti di distribuzione cinematografica e nei contratti in generale, laddove la scelta di un dato termine al posto di un altro può comportare pesanti conseguenze.