25 gennaio 2019
Opere di architettura e interior design: quando scatta la tutela del diritto d'autore?
di Lucilla Margherita
Aumentano le controversie in merito alla tutela delle opere degli architetti, compresa la materia dell'interior design e dei complementi d'arredo. Qual è il confine tra l'atto tecnico della progettazione e l'attività di creazione? Quando l'opera dell'architetto gode della protezione accordata alla proprietà intellettuale con tutte le conseguenze previste dalla legge quali il diritto di menzione quale autore in caso di pubblicazione?
Molti dei casi esaminati dai tribunali italiani mostrano l'esistenza di due diversi approcci in materia di tutelabilità delle opere di architettura, e più in particolare di arredi:
- una teoria più restrittiva, tendente a riconoscere tutela all'opera dell'architetto solo laddove la stessa evidenzi uno spiccato elemento creativo caratterizzato da novità ed originalità, riconoscibilità e distinguibilità per spiccata personalizzazione
- una teoria più ampia, abbracciata dalla Cassazione più recente, in base alla quale la tutela della proprietà intellettuale scatta in presenza anche di un minimo atto creativo.
In un interessante caso sottoposto nel 2018 all'attenzione del Tribunale di Venezia, il giudice del primo grado e il giudice del reclamo hanno rispettivamente aderito al primo e al secondo approccio sopra indicati, dando luogo a due decisioni opposte.
In particolare, come meglio dettagliato nel prosieguo, il tribunale di primo grado ha negato tutela autoriale (e conseguente diritto di menzione quale autore) ad un architetto che aveva curato l'interior design di uno yacht, alla luce del fatto che la sua opera mancasse dell'elemento creativo.
Il giudice del reclamo invece, "ampliando" la soglia richiesta per la tutelabilità dell'.opera (ritenendo sufficiente un minimo atto creativo) e aderendo dunque alla tesi generalmente abbracciata dalla Cassazione, ritiene quanto prodotto dall'architetto meritevole di tutela dal punto della vista della proprietà intellettuale.
I due diversi approcci seguiti dal giudice di primo grado e dal giudice del reclamo, testimoniano quanto complessa sia la valutazione di un'opera intellettuale (nel caso specifico l'opera dell'architetto) ai fini della decisione in merito alla tutelabilità o meno della stessa ai sensi della legge sulla proprietà intellettuale.
Infatti, in base all'attuale scenario giurisprudenziale, decidere quando un'opera sia creativa e "quanta creatività" sia necessaria per renderla meritevole di tutela, presuppone una valutazione necessariamente soggettiva da parte del giudice.
I parametri che appaiono utilizzati dalla giurisprudenza maggioritaria sembrano propendere per una totela molto ampia, accordata in presenza anche di un minimo atto creativo.
Tale approccio, apparentemente in favor dell'architetto, potrebbe condurre al paradosso di svilire l'opera di tale professionista, dal momento che qualsiasi altro architetto potrebbe riprodurla, limitandosi a modificarne alcuni elementi ritenuti da qualche giudice 'minimo atto creativo', e meritare per cio' solo tutela autoriale.
Ci si interroga pertanto sulla efficacia dei criteri seguiti dalla giurisprudenza nell'effettuare il giudizio relativo alla tutelabilità di un'opera architettonica e alla sussistenza dell'elemento creativo e si auspica l'adozione di parametri e metodologie che valorizzino effettivamente l'apporto personale, originale e distintivo dell'architetto nell'elaborazione di un'opera.
L'analisi del caso nel dettaglio
I fatti di causa
Un cliente commissionava presso una nota società di yachting design (d'ora innanzi definita, per semplicità, "cantiere"), la costruzione di uno Yacht, il cui modello era già stato precedentemente prodotto e venduto dal cantiere stesso in vari esemplari, divenuti iconici nel mondo della nautica di lusso. In riferimento a tali precedenti esemplari, il cantiere, oltre a scafo e tuga, aveva fornito ai clienti anche il design dei complementi e l'arredo.
Nel caso in questione invece, il cliente decideva di commissionare al cantiere solo scafo e tuga, e di incaricare direttamente un architetto di propria fiducia della progettazione di tutti i lay-out, disegno e progettazione degli arredi per tutti gli interni, scelta dei materiali e progettazione dell'illuminazione.
La costruzione veniva ultimata ed il committente, preso in consegna lo Yacht, decideva di rivenderlo, affidando allo stesso cantiere produttore l'incarico di brokerage. Il cantiere pertanto esponeva sul proprio sito web immagini e descrizione dello Yacht, senza fare specifica menzione del nome dell'architetto che ne aveva arredati gli spazi.
L'architetto ricorreva allora dinanzi al Tribunale di Venezia, Sezione Specializzata in materia di Imprese, richiedendo l'inibitoria della pubblicazione delle immagini dell'imbarcazione da lui arredata in quanto attività ritenuta lesiva del proprio diritto d'autore nonché atto di concorrenza sleale.
Il cantiere si difendeva argomentando che, tutte le soluzioni di arredamento realizzate dall'architetto non presentavano alcun grado di novità o originalità, trattandosi di combinazioni già viste e ampiamente utilizzate nel settore.
In primo grado il Tribunale, con ordinanza del 17 febbraio 2018, nega tutela autoriale all'opera dell'architetto per assenza dell'elemento creativo.
In particolare, il Tribunale chiarisce che le opere di architettura (di cui all'articolo 2 della Legge 633/1941 (legge italiana sul diritto d'autore o "LDA") sono tutelabili in concreto, solo se fornite di carattere creativo.
Nel caso in questione, sottolinea il tribunale, la parte dell'opera dell'architetto avente ad oggetto la "ripartizione e allestimento degli spazi interni" rientra nel concetto di "arredo", comunque tutelato dalla LDI (e in particolare nelle opere "di architettura" laddove richiedano una particolare progettazione oppure in una categoria distinta e autonoma comunque tutelata ai sensi dell'articolo 2 LDA).
La corte fornisce i seguenti chiarimenti:
- Essendo gli "arredi" spesso realizzati con oggetti reperibili sul mercato, o tramite soluzioni facenti parte di un patrimonio di conoscenze e di applicazioni comunemente noti, gli stessi possono acquisire "dignità" di produzione tutelabile ai sensi della legge sul diritto d'autore solo a seguito di una particolarmente scrupolosa valutazione del carattere della creatività.
- Non basta come tale il fatto di avere progettato, cioè pianificato¸ tutto l'arredo dello scafo, scegliendo luci e colori, maniglie e accessori, per fare opera creativa;
- La riorganizzazione degli spazi interni in base alle personali esigenze del committente, sulla base di nuova progettazione, non significa, per ciò solo, dotare quanto si progetta di creatività, cioè di qualcosa che riveli l'impronta personale di chi progetta, ciò che solo dà luogo ad un quid protetto dal diritto d'autore. "Progettare" è il mero atto tecnico necessario in ogni nuova realizzazione, mentre "creare" si riferisce esclusivamente ad una progettazione dotata di originalità.
Nel caso in questione, specifica il tribunale, la documentazione progettuale offerta, unitamente al materiale fotografico, mostrano gli allestimenti interni, ma non si scorge la creazione di particolari di arredo nuovi ed originali, né si vedono soluzioni che si presentino come frutto di un concetto unitario dell'arredo in quanto tale riconoscibile e distinguibile, per spiccata personalizzazione, da altri, tale da rivelare una inconfondibile impronta personale dell'autore.
La Corte respinge quindi il ricorso dell'architetto evidenziando come le soluzioni dallo stesso proposte non siano affatto sconosciute nel settore della nautica e come lo stesso abbia fatto un lavoro di buon gusto, incrementando, rispetto ad altre soluzioni proposte dalla produttrice dello scafo, l'eleganza dell'arredo complessivo, in particolare con la scelta di materiali, colori e illuminazioni che appaiono più pregiati di quelli proposti dalla casa produttrice, e quindi abbia creato un effetto unitario estremamente gradevole, grazie all'impiego diffuso di tali materiali interni ed esterni, operando una oculata scelta dei colori, nell'ambito di una gamma disponibile, e scelta di soluzioni di illuminazione eleganti. L'architetto non ha, però, a parere della corte, fatto opera che possa dirsi creativa, tale da meritare tutela autoriale.
L'architetto propone reclamo avverso l'ordinanza ed il tribunale, esaminati i fatti di causa, con ordinanza del 7 agosto 2018, ribalta la decisione del giudice di primo grado, accordando all'architetto la tutela prevista della proprietà intellettuale.
Alla base della decisione della corte, le seguenti argomentazioni:
- In base all'orientamento giurisprudenziale prevalente, il concetto giuridico di "creatività" di cui all'Articolo 1 LDA, non coincide con quello della creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi per converso, alla mera riconducibilità ad un atto creativo, seppur minimo.
- La creatività non può essere esclusa solo perché l'opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre la creatività non è costituita dall'idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività.
- Un'opera architettonica, per essere tutelabile, non deve necessariamente risultare connotata da originalità e novità assolute, ma, pur percorrendo soluzioni progettuali già esplorate, deve proporsi quale contributo personale dell'autore, quale particolare espressione della creatività dell'autore anche riguardo elementi già noti e utilizzati.
- La tutela delle opere architettoniche può ritenersi estesa anche agli arredi di interni, tanto più qualora si tratti di arredi che siano frutto di un'elaborazione progettuale da parte dell'autore. In tale settore, ciò che rileva non è tanto la realizzazione di elementi di arredo da valutarsi nella loro singolarità, quanto piuttosto la progettazione ed interpretazione di elementi già conosciuti, secondo la personalità dell'autore.
- Pertanto, in materia di arredo d'interni, va condiviso l'orientamento secondo cui nelle opere di architettura, ove la progettazione costituisce un risultato non imposto dal problema tecnico funzionale che l'autore vuole risolvere, il requisito necessario per la tutela può essere valutato in base alla scelta, coordinamento ed organizzazione degli elementi dell'opera, in rapporto al risultato complessivo conseguito.
Applicando i summenzionati principi all'opera del ricorrente, conclude il tribunale ritenendo la sua qualificazione come opera completa, costituita da vari elementi attinenti sia alla distribuzione degli spazi che alla personalizzazione degli interni; tali elementi assumono nel complesso la valenza di uno stile che li distingue, e che come tale configura il carattere della creatività richiesto dal diritto d'autore.
In conclusione, all'opera dell'architetto viene accordata la tutela della proprietà intellettuale, con conseguente diritto in capo a tale professionista ad essere riconosciuto quale autore in eventuali pubblicazioni.
Avv. Lucilla Margherita
PG Legal