• Nomi a dominio

27 dicembre 2019

Concorrenza sleale: utilizzo di un nome a dominio contenente il marchio altrui

di Silvia Di Virgilio

L’utilizzo di un nome a dominio contenente il marchio altrui può integrare una condotta di concorrenza sleale nel caso di due aziende presenti sul mercato dallo stesso tempo? Esiste una tutela giuridica dei nomi a dominio? Sono legittimi il linking, il deep linking e il framing?

 

La qualificazione giuridica di un sito internet è ancora oggi incerta.

Secondo un primo orientamento, il sito internet sarebbe equiparabile a una banca dati, consistendo in una serie di informazioni, dati e contenuti (suoni, immagini, ecc…), organizzati dal gestore del sito e resi disponibili per mezzo di una rete di link ipertestuali, attraverso i quali gli utenti sono in grado di accedere alle singole parti del sito.

In base a tale interpretazione, fatto salvo il diritto degli autori sui singoli contenuti eventualmente incorporati all’interno del sito (un’immagine, un testo, una composizione musicale, ecc…), al soggetto che raccoglie, organizza e rende consultabili i contenuti, la legge conferirebbe un diritto esclusivo sulle operazioni di estrazione e reimpiego dei contenuti del sito medesimo.

Secondo un’altra tesi, il sito internet andrebbe inquadrato nell’ambito delle opere collettive o composte, rappresentando l’unione di più opere o parti di opere provenienti da autori diversi; più in particolare, l’opera sarà collettiva se esiste un soggetto che funge da coordinatore dell’intero sito – generalmente il titolare del sito – mentre negli altri casi l’opera avrà natura composta.

Nell’opera collettiva il diritto di utilizzazione economica spetta all’editore dell’opera stessa – quindi al titolare del sito – fatto salvo il diritto dei singoli autori di utilizzare la propria opera separatamente, osservandoti accordi raggiunti con l’editore.

È, peraltro, frequente la prassi per cui gli autori di singole parti del sito cedono al titolare del sito i relativi diritti di utilizzazione economica: ad es. gli sviluppatori del sito che cedono al committente i diritti sul software e sulle parti grafiche create in esecuzione dell’incarico ricevuto.
 

Nomi a dominio

Da un punto di vista strettamente tecnico il nome a dominio consiste in una sequenza alfanumerica associata all’indirizzo IP a 10 cifre che in rete identifica il computer o il server su cui è ospitato il sito internet.

Considerato che per ognuno di noi è più semplice ricordare un nome rispetto a una mera sequenza numerica, è stato ideato il cosiddetto sistema DNS – Domain Name System – che ha la funzione di associare ad ogni indirizzo IP una sequenza alfanumerica: il nome a dominio.

Per ottenere la registrazione di un nome a dominio occorre rivolgersi alle Registration Authority, che operano sulla base del principio “first come, first served”: il nome a dominio, infatti, previo pagamento dei diritti di registrazione, viene assegnato automaticamente al soggetto che per primo ne faccia richiesta senza alcun tipo di verifica preliminare da parte dell’autorità circa la legittimità o meno della domanda di registrazione.

In passato è stata molto discussa la natura giuridica dei nomi a dominio.

Le tesi erano principalmente due:

  • la prima, muovendo dalla funzione tecnica dei nomi a dominio, li equiparava nella sostanza a indirizzi, alla stregua di quelli che contraddistinguono la residenza di una persona ovvero la sede di una società
  • la seconda, invece, valorizzando l’aspetto del sempre maggiore utilizzo dei nomi a dominio nell’ambito delle attività commerciali dei gestori delle piattaforme, riconosceva agli indirizzi internet il valore di veri e propri segni distintivi dell’impresa.

A seguito della riforma del Codice della Proprietà Industriale, quest’ultima tesi ha prevalso.

Il legislatore ha, quindi, riconosciuto la funzione distintiva del nome a dominio e la conseguente meritevolezza di tutela.

Proprio in quanto segno distintivo, il nome a dominio può essere legittimamente registrato solo nella misura in cui non violi il diritto sui segni distintivi spettanti ad altri soggetti.

In particolare, la registrazione di un nome a dominio costituisce violazione della privativa se riproduce un marchio precedentemente registrato oppure identifica un sito commerciale relativo a prodotti o servizi identici o affini, creando confusione tra gli utenti.

Il titolare di un marchio rinomato può, inoltre, impedire l’uso di un nome a dominio per prodotti e servizi anche non affini, laddove sussista un indebito vantaggio per il soggetto che lo ha registrato.

Nei giudizi di contraffazione, legittimato passivo è il soggetto che utilizza il sito nell’esercizio della propria attività di impresa, a prescindere dal fatto che il nome a dominio risulti eventualmente intestato ad altri.

Tuttavia, in caso di una lunga convivenza sul mercato di due segni simili tali segni non sono suscettibili di confusione.

Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 5368/2019, ha statuito questo principio stabilendo che

"In giurisprudenza, da tempo si è consolidata la convinzione che nel sistema dei segni distintivi esista un generale principio di 'preclusione per coesistenza', per il quale il titolare di un marchio anteriore non può chiedere l’annullamento di un marchio posteriore, o opporsi al suo uso, laddove l’utilizzazione simultanea e di lunga durata è tale da non pregiudicare più la funzione del marchio preregistrato, consistente nel garantire ai consumatori l’origine dei prodotti o servizi".

La convivenza protrattasi per anni determina una diffusa consapevolezza della differente provenienza imprenditoriale, che esclude ogni rischio di confusione.

Pertanto, proprio in considerazione della prolungata coesistenza pacifica e in buona fede di due segni simili, viene in concreto a mancare il rischio di confusione.
 



Avv. Silvia Di Virgilio

Studio legale LexAroundMe