24 febbraio 2020
Utilizzo di un marchio altrui e concorrenza sleale
di Silvia Di Virgilio
Anche l’utilizzo di un marchio può di per sé concretizzarsi in pubblicità ingannevole e concorrenza sleale. Sono, infatti, sanzionati come illeciti concorrenziali:
- l’uso di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente utilizzati da altri
- l’imitazione servile dei prodotti di un concorrente o
- il compimento di atti idonei a creare confusione con i prodotti o l’attività di un concorrente.
Rientra in questa categoria l’imitazione della comunicazione pubblicitaria altrui. Imitazione intesa come l’insieme delle attività promo-pubblicitarie poste in essere da un’impresa per promuovere l’offerta dei propri prodotti o servizi.
Secondo la giurisprudenza ricorre l’illecito in caso di imitazione delle campagne pubblicitarie di un concorrente, integralmente o negli elementi caratterizzanti, come ad esempio lo slogan.
Allo stesso modo è illecito l’imitazione dei materiali promozionali, dei cataloghi, delle confezioni di un concorrente. Anche l’utilizzazione, nel proprio materiale pubblicitario, delle fotografie di prodotti altrui o l’imitazione degli automezzi usati da un concorrente per la distribuzione dei prodotti.
Anche l’imitazione sistematica dei vari elementi caratterizzanti l’azienda di un concorrente, quali l’arredo dei punti di vendita e l’assortimento degli articoli è una condotta illecita.
E’ vietata, anche, qualsiasi imitazione servile della comunicazione commerciale di terzi, anche se relativa a prodotti non concorrenti. In particolare se idonea a creare confusione con l’altrui comunicazione commerciale.
E’ ovviamente vietato qualsiasi sfruttamento del nome, del marchio, della notorietà e dell’immagine aziendale altrui se inteso a trarre per sé un ingiustificato profitto. Anche a prescindere dalla sua idoneità a creare confusione con i prodotti e con l’attività di un altro soggetto. Che sia un concorrente o meno.
La confondibilità, quindi, non è considerata un elemento costitutivo della condotta illecita, ma un elemento rafforzativo del giudizio di imitazione servile di un messaggio pubblicitario.
La giurisprudenza ha ritenuto rilevante sotto il profilo della concorrenza sleale [1]:
- la pubblicazione in una brochure e in un sito Internet di un disegno tecnico riproducente il disegno di un concorrente relativo a una tecnologia da quest’ultimo brevettata (Tribunale di Torino 27 marzo 2012, in Giurisprudenza Annotata di Diritto Industriale).
- l’imitazione pedissequa di depliant di un concorrente nelle facciate interne, nelle scelte cromatiche, nella disposizione delle fotografie, nell’assemblaggio delle immagini e nella stessa filosofia comunicativa adottata dal concorrente (Corte d'Appello di Roma 1° dicembre 2008, in SPRINT sistema proprietà intellettuale).
Non ha, invece, considerato integrante gli estremi della concorrenza sleale [2]:
- l’utilizzo di un medesimo concetto alla base di una campagna promozionale se, al di là della possibilità di individuare una corrispondenza riguardo alla concezione ed al processo di rappresentazione del messaggio, il risultato espressivo del modello pubblicitario non sia stato oggetto di una imitazione confusoria (Tribunale di Roma 14 febbraio 2014, in SPRINT sistema proprietà intellettuale).
- l’utilizzo di iniziative pubblicitarie che, seppur imitative di quelle di un concorrente, risultino comuni e di estrema diffusione nel settore di appartenenza dei prodotti pubblicizzati (Tribunale di Torino, ordinanza, 8 luglio 2014, in Giurisprudenza Annotata di Diritto Industriale).
La comunicazione, oltre che nel messaggio, deve potersi distinguere anche nel marchio che si utilizza. E nel modo in cui lo si fa.
[1] Guida “Proprietà industriale, intellettuale e IT” AA. VV., Trevisan&Cuonzo, Ed. IPSOA
[2] Guida “Proprietà industriale, intellettuale e IT” AA. VV., Trevisan&Cuonzo, Ed. IPSOA
Avv. Silvia Di Virgilio
Studio legale LexAroundMe