21 novembre 2014
Le neuroscienze approdano a Lussemburgo
Chi scrive si occupa da anni dei processi percettivi che interessano il consumatore quando viene coinvolto nel rischio di confondibilità tra due marchi simili. La giurisprudenza comunitaria, nel corso del tempo, ha mostrato di prendere sempre più in considerazione gli aspetti comportamentali del consumatore, vero referente e protagonista nei giudizi di confondibiltà.
Con sentenza del 12 novembre, T-524/11 e T-525/11, il Tribunale Generale motiva per la prima volta il rigetto dell’opposizione proposto da una impresa (nella fattispecie la VOLVO) che aveva asserito la confondibilità del suo marchio VOLVO con il marchio LOVOL, traendo argomento dalle neuroscienze.
VOLVO, tra l’altro, aveva infatti sostenuto che tra i due marchi poteva esserci una connessione, perché nella mente dei consumatori c’è un dizionario visualè che si sviluppa con l’apprendimento della lettura dei vocaboli, basandosi su un articolo scientifico, 'Skilled Readers Rely on Their Brain’s “Visual Dictionary” to Recognize Words’, pubblicato dalla George Washington UNI, il 14/11/2011.
Secondo i ricercatori statunitensi, test sperimentali avrebbero comprovato che - contrariamente a quanto da altri sostenuto - l’effetto sonoro e quello visivo non operano a livello cerebrale congiuntamente, ma separatamente.
Quando una parola è memorizzata attraverso la lettura, sarebbe sufficiente per il ricordo la mera immagine che viene elaborata nel dizionario visualè. Il Tribunale si è andato a leggere l’articolo e ha preso in castagna la VOLVO, notando che:
the authors of the article stress that, even where several letters in two words coincide, the differences between the remaining letters mean that reading those words activates different neurones in the human brain. For example, from the point of view of an experienced reader, the distance between the English words'hair’ and'hare (lepre) is the same as between the words'hair’ and'soup’, despite the fact that'hair’ and'harè are pronounced identically.
In sostanza, l’argomento scientifico per cui l’assonanza fonetica tra due marchi verbali comporterebbe anche la somiglianza visiva, non troverebbe riscontro - alla luce delle risultanze delle neuroscienze rettamente intese - nella struttura cerebrale del consumatore.