• Disegni e modelli

20 aprile 2015

Il letto “Nathalie” di Vico Magistretti tra valore artistico e valore sostanziale della forma e l’automatica disapplicazione di periodi di “grazia” ex art. 239 CPI superiori ai 5 anni per le copie delle opere di design tutelabili

Nella vertenza che vede tuttora contrapposte la società Flou, licenziataria esclusiva dei diritti di sfruttamento economico della forma del letto “Nathalie” (disegnato nel 1978 dal M° Vico Magistretti) ed una serie di imprese che negli anni hanno posto in commercio prodotti dotati di forme analoghe, il Tribunale di Milano ha recentissimamente emesso una sentenza non definitiva con cui ha riconosciuto la tutelabilità della forma in questione sotto il profilo autorale e la interferenza con essa dei prodotti contestati.

Il procedimento è stato poi rimesso in istruttoria per la necessaria quantificazione del danno patito dalla società attrice ed è tuttora pendente.

La pronuncia in questione risulta particolarmente interessante perché, nel confermare la sussistenza del requisito del “valore artistico” in capo alla forma oggetto di causa, ha richiamato la necessità di “dare un fondamento concreto ed il più possibile oggettivo” a tale tipo di valutazione, valorizzando a tal fine “la percezione dell’opera agli occhi del pubblico e degli ambienti più specializzati nel settore, tra cui il conferimento di particolari riconoscimenti” (elementi questi, in realtà già da tempo valorizzati dalla più attenta giurisprudenza, specie con riferimento agli ambienti specializzati e all’esposizione dell’opera in musei d’arte), chiarendo però come tale approccio non comporti in alcun modo una valutazione ex post della sussistenza dei requisiti di legge, dato che simili riconoscimenti “non integrano il fatto costitutivo dell’attribuzione del valore artistico dell’opera di design, che è e deve essere connesso all’atto creativo” ma vengono considerati semmai come “un indicatore oggettivo della sussistenza del valore artistico sin dalla creazione dell’opera, testimoniando una diffusa e consolidata opinione che colloca l’opera stessa nel novero delle opere d’arte, tutelabili dal diritto d’autore”.

Nell’esame delle varie eccezioni formulate dai convenuti, il Tribunale di Milano ha avuto altresì modo di chiarire da un lato come (anche alla luce del nota sentenza della Corte di Giustizia CE nel caso C-168/09) la tutela autorale del design sia certamente applicabile anche alle forme che non siano mai state registrate come disegno o modello anteriormente all’aprile 2001 e ciò in ragione del chiaro dettato sia dell’art. 2 l.d.a. che dell’art. 5 della Convenzione di Berna i quali, come noto, non richiedono alcuna formalità per l’accesso alla tutela autorale di un’opera.

Dall’altro ha poi chiarito come la versione attualmente in vigore dell’art. 239 CPI (nella parte in cui prevede un grace period di tredici anni, nei limiti del preuso, per quei soggetti che avevano iniziato la produzione dei prodotti interferenti con una forma proteggibile con il diritto d’autore anteriormente all’aprile 2001) sia in contrasto con il diritto comunitario con sua conseguente ed automatica disapplicazione in favore della versione precedente di tale norma (nella quale tale grace period era limitato a soli cinque anni, ossia sino all’aprile 2006, e sempre nei limiti del preuso) e come la stessa non possa in alcun modo essere applicata a quei soggetti che si siano limitati a commercializzare un prodotto fabbricato da terzi.

La sentenza in commento ha peraltro indagato anche il rapporto tra tutela autorale e tutela quale marchio di forma dell’opera, escludendone la cumulabilità sulla base del condivisibile ragionamento per cui la riconosciuta sussistenza del valore artistico in capo alla forma su cui si vorrebbe rivendicare anche un marchio, le attribuisce di converso quel “valore sostanziale” ossia una “preponderante…valenza estetica” che ne esclude la tutelabilità come marchio ex artt. 9 CPI e 7 lett. E) Reg. CE 207/09.

Proprio questo concetto di “preponderanza” è stato tuttavia approfondito dal Tribunale, che ha comunque chiarito come non basti il valore sostanziale in sé per escludere la tutelabilità come marchio di una forma, occorrendo che tale valore sia in ogni caso prevalente rispetto alla altrettanto sussistente forza distintiva della forma stessa, sottolineando quindi che affinché una forma “bella” possa essere tutelata anche come marchio occorre che essa “svolga prevalentemente la funzione tipica del marchio, ossia quella distintiva, piuttosto che una funzione estetico-ornamentale”.

 


Avv. Marina Lanfranconi
Studio Legale Milalegal - Mina Lanfranconi & Associati