19 febbraio 2016
La comparazione tra prodotti concorrenti, tra le aspettative di informazione del pubblico e i limiti della leale concorrenza
Con sentenza n. 14685/2015 del 23.12.2015, il Tribunale di Milano Sezione Specializzata in materia di imprese si è pronunciato sui limiti entro i quali è possibile, per un imprenditore, presentare un proprio prodotto accostandolo e comparandolo con quello, già presente sul mercato, di un concorrente.
Il Tribunale è stato investito della questione da una nota società italiana che produce motoveicoli e che ha lanciato nel 2006 il primo scooter italiano a tre ruote.
L’attrice ha lamentato infatti che un’impresa concorrente – costituita da due società, di cui una di diritto svizzero, avvalendosi di un ex collaboratore che aveva collaborato con l’attrice alla definizione stilistica del concept dello scooter a tre ruote poi sviluppato e commercializzato da quest’ultima – aveva presentato nel 2010/11 un proprio motociclo a tre ruote tramite la pubblicazione sul proprio sito internet di articoli di stampa specializzata, dichiarazioni e video, nei quali venivano ripetutamente citati senza autorizzazione il marchio dell’attrice e dei suoi motoveicoli lasciando sottintendere che vi fosse una continuità tra i motocicli in questione e, soprattutto, che quello realizzato dalla convenuta avesse una tecnologia più sicura ed efficiente rispetto al primo.
Secondo l’attrice una tale condotta comportava un indebito vantaggio dalla notorietà della sua immagine e costituiva violazione dei propri marchi e atto di concorrenza sleale in quanto le modalità di presentazione creavano nei consumatori disorientamento ed agganciamento, nonché denigrazione dei propri prodotto, con conseguente richiesta al Tribunale di accertare gli illeciti commessi e condannare la convenuta al risarcimento di tutti i danni, con contestuale ordine di inibitoria e di pubblicazione della sentenza di condanna.
La convenuta si è costituita eccependo la carenza di legittimazione passiva, in quanto le dichiarazioni contestate non erano direttamente riconducibili a quest’ultima, e sostenendo la liceità della propria condotta e il conseguente rigetto delle domande avversarie.
Nel giudicare, il Tribunale ha in via preliminare esaminato l’eccezione del difetto di legittimazione passiva, a detta della convenuta non contestato anche nei successivi scritti dall’attrice che ne avrebbe così riconosciuto il fondamento, ritenendo tale eccezione infondata alla luce della documentazione (anche societaria) prodotta in causa e rilevando, in merito all’asserito riconoscimento, come in un processo fondato sul principio di oralità della trattazione è sufficiente ad assolvere l’onere di contestazione delle argomentazioni difensive svolte dalla convenuta nella comparsa di costituzione proporre controdeduzioni in forma sintetica nel contesto della prima udienza (tanto più se scritto difensivo è particolarmente voluminoso), come accaduto nel caso in esame.
Secondo la Corte, infatti, “Diversamente opinando, infatti, il principio di trattazione orale sarebbe integralmente snaturato, trasformando di fatto l’udienza di prima comparizione e trattazione nella sede destinata a raccogliere a verbale in forma analitica e dettagliata tutte le possibili controdeduzioni dell’attore, per consentire e questi di scongiurare ogni rischio di incorrere in ipotetiche acquiescenze su qualsiasi aspetto delle difese avversarie”.
Nel merito il Tribunale ha ritenuto che la convenuta, nella presentazione del proprio prodotto accostandolo a quello del concorrente, ha superato i limiti della concorrenza leale, sotto più profili; da un lato, amplificando il reale apporto fornito dall’ex collaboratore al motoveicolo a tre ruote dell’attrice, svilendo in tal modo l’immagine e la portata dell’autonoma attività di ricerca e sviluppo svolta da quest’ultima e, dall’altro, veicolando l’idea di una sorta di continuità evolutiva tra i due prodotti, con indebito travaso a favore della convenuta del frutto degli investimenti aggiuntivi che l’attrice aveva invece effettuato in modo autonomo. Il profilo sotto il quale la convenuta ha maggiormente superato i limiti è stato però, secondo il Tribunale, quelle di presentare nel proprio prodotto una superiorità tecnica, affermata sulla base di alcuni dati prestazionali comparativi ovvero con uno svilimento delle pregresse attività progettuali della attrice, finendo così per attribuire al modello di quest’ultima un’inferiorità di prestazioni e di sicurezza nella guida senza tuttavia indicare elementi concreti a supporto e proponendo un semplice punto di vista come verità acclarata (per altro risultata confutata dalla prova su strada effettuata a cura di una rivista di settore).
Per tali ragioni il Tribunale ha condannato la convenuta al risarcimento dei danni, liquidati in via equitativa e ricomprendenti, a titolo di danno emergente, anche le spese vive sostenute per il tempo dedicato dal personale interno per la ricostruzione e documentazione dei fatti oggetto di causa, inibendo la prosecuzione della condotta sancita e disponendo la pubblicazione della sentenza su una rivista di settore; quanto alle contestazioni in merito alla pretesa violazione dei marchi dell’attrice, il Tribunale ha ritenuto che tali contestazioni non presentassero autonomi profili lesivi e dovessero essere integralmente assorbite negli illeciti concorrenziali accertati.
Massime estrapolabili dalla Sentenza:
(i) “In un processo fondato sul principio di oralità della trattazione, la proposizione nel contesto della prima udienza di controdeduzioni in forma sintetica alle ampie argomentazioni difensive svolte dalla convenuta nella comparsa di costituzione è del tutto sufficiente ad assolvere l’onere di contestazione (tanto più se lo scritto difensivo è particolarmente voluminosi). Diversamente opinando, infatti, il principio di trattazione orale sarebbe integralmente snaturato, trasformando di fatto l’udienza di prima comparizione e trattazione nella sede destinata a raccogliere a verbale in forma analitica e dettagliata tutte le possibili controdeduzioni dell’attore, per consentire e questi di scongiurare ogni rischio di incorrere in ipotetiche acquiescenze su qualsiasi aspetto delle difese avversarie”;
(ii) “Le spese vive sostenute per il tempo dedicato dal personale interno per la ricostruzione e documentazione dei fatti oggetto di causa sono risarcibili a titolo di danno emergente”.
Fonte: IPyard