7 luglio 2016
Fendi vs. Coordinamento Roma Pride: diritto o libertà di panorama?
Nel mese di giugno Fendi s.r.l. ha inviato una diffida al Coordinamento del Roma Pride lamentando l’illecita riproduzione dell’immagine del Palazzo della Civiltà Italiana di Roma (c.d. colosseo quadrato) nell’ambito della campagna di comunicazione del Pride 2016.
Dalla lettura del testo della diffida (disponibile sulla pagina facebook del Roma Pride) risulta che la casa di moda ha agito quale “licenziataria esclusiva dell’immagine del Palazzo” di proprietà di Eur s.p.a., società partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e da Roma Capitale/Azienda Agricola del Comune di Roma.
Dopo le critiche e la pubblica presa di posizione degli organizzatori del Pride, la vicenda si è conclusa bonariamente e Fendi ha accettato/tollerato l’utilizzo dell’immagine del palazzo senza preventivo consenso.
“Probabili” retroscena contrattuali
Si può ipotizzare che Fendi, quale “licenziataria esclusiva dell’immagine del Palazzo”, abbia agito sulla base di un contratto con cui il proprietario dell’immobile ha concesso il godimento del bene per un dato tempo e il diritto esclusivo di sfruttamento dell’immagine del palazzo, dietro il pagamento di un corrispettivo. Di conseguenza non è da escludere che, al momento della conclusione del contratto, la quantificazione del corrispettivo pagato da Fendi sia stato determinato anche tenendo conto della concessione del diritto di sfruttamento dell’immagine del palazzo.
In altre parole, se Fendi ha lamentato la violazione di un diritto è perché questo diritto gli era stato trasferito per via contrattuale dal proprietario dell’immobile, che avrà probabilmente incassato un corrispettivo anche per la concessione di tale specifica facoltà di sfruttamento economico.
Esiste la libertà di panorama?
Lasciando da parte le specifiche vicende romane, uno dei temi che si pone è quello del diritto o della libertà di panorama, cioè se la riproduzione (es. fotografica, cinematografica e audiovisiva) e comunicazione al pubblico di un’opera protetta da diritto d’autore collocata stabilmente in un luogo pubblico (es. opere dell’architettura, opere d’arte, sculture, ecc.) debba essere comunque essere autorizzata dall’autore (diritto di panorama) oppure se sia libera (libertà di panorama).
La domanda è se un’opera dell’architettura protetta da diritto d’autore perché non sono trascorsi 70 anni dalla morte dell’autore, sia liberamente riproducibile per il fatto stesso che è posta in un luogo pubblico oppure se, ciononostante, sia applicabile la normativa sul diritto d’autore secondo cui ogni forma sfruttamento di un’opera dell’ingegno, per qualsivoglia fine, deve essere autorizzato dall’autore o dal suo avente diritto (es. dal concessionario o cessionario dei diritti).
In Italia, secondo la legge sul diritto d’autore, la riproduzione di opere tutelate deve essere autorizzata dall’autore, fatti salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge di utilizzazioni libere (es. critica e discussione). Attualmente la libertà di panorama non è prevista tra le ipotesi di libera utilizzazione.
A livello europeo manca una disciplina uniforme: per esempio nel Regno Unito, diversamente da quanto succede in Francia, è possibile fotografare liberamente monumenti e opere d’arte in luoghi pubblici.
Un tema simile si pone rispetto ai monumenti e ai beni non protetti da diritto d’autore, rientranti nel patrimonio culturale ed esposti alla pubblica vista, in consegna ad enti pubblici (per es. Ministero, Regioni, Comuni, ecc.). In questo caso la normativa di riferimento è il Codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22/01/2004, n. 42).
In linea di principio, la natura di bene pubblico destinato alla fruizione collettiva dovrebbe far propendere per la libera riproduzione di questi beni, qualunque sia lo scopo perseguito, senza alcuna autorizzazione preventiva né pagamento di canoni.
Ma così non è, perché politiche territoriali orientate alla valorizzazione del patrimonio culturale, mobiliare e immobiliare, hanno determinato un maggiore controllo sullo sfruttamento dell’immagine di beni culturali pubblici. In questo senso si veda l’esperienza del Comune di Roma, che assicura la fruizione di taluni beni pubblici liberamente visibili (strade del centro, edifici e altre opere specificamente indicate) attraverso il rilascio di permessi per effettuare riprese fotografiche, cinematografiche e televisive professionali, con contestuale pagamento di un canone.
Ancora una volta è possibile analizzare i fatti scegliendo una chiave di lettura: quella strettamente giuridica impone di fare riferimento al quadro normativo sopra sommariamente esposto.
Avv. Raffaella Pellegrino - Studio Legale Pellegrino
Articolo pubblicato originariamente su Artribune