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24 luglio 2017

I marchi dei tennisti: un diritto al servizio dei giocatori

GILBERTO CAVAGNA - ILARIA GARGIULO

Da sempre i grandi tennisti suscitano entusiasmo e ammirazione in stuoli di fans che ne supportano le carriere e ne esaltano prestazioni e rivalità. I nomi dei singoli campioni evocano sfide ed imprese e il loro nome costituisce un riferimento e un forte richiamo a stili e modi di gioco.

Da diversi anni i giocatori di tennis hanno cominciato a sfruttare la propria immagine per iniziative di sponsorizzazione e merchandising. Il nome dei tennisti più conosciuti costituisce infatti un marchio rinomato, carico di suggestioni, appetibile e richiesto da aziende e enti per la promozione dei loro prodotti in una sorta di agganciamento alle caratteristiche dei titolari.

Un campione - anche fuori dal campo - nel promuovere se stesso è sicuramente Roger Federer, che via via negli anni ha affiancato il proprio nome ad alcuni prestigiosi partner commerciali come Nike, Rolex, Gillette, Moet & Chandon e Wilson; secondo la rivista Forbes il marchio di Roger Federer è divenuto il terzo marchio sportivo più famoso al mondo, dietro ai golfisti Tiger Woods e Phil Mickelson, e il logo “RF”, valutato dalla stessa rivista ben 27 milioni di euro, non ha nulla da invidiare alle celebri “GG” di Gucci o le “CC” di Chanel. In campo femminile Maria Sharapova, nonostante le recenti vicende sportive, costituisce ancora un potente volano di promozione, non limitato all’ambito tennistico; la giocatrice russa, infatti, non solo ha legato la sua immagine a diversi sponsor ma ha lanciato con grande risalto mediatico una linea di dolciumi, denominati Sugarpova, legati alla sua immagine e alla assonanza fonetica con il nome.

Lo sfruttamento dell’immagine del nome o di particolari segni grafici che comunque richiamano il singolo tennista rappresenta, almeno per i giocatori più quotati, una fonte di incasso superiore agli stessi monte premi ufficiali guadagnati nei tornei.

Per poter meglio preservare tali assets e il loro sfruttamento, molti giocatori hanno cominciato a depositare marchi con il proprio nome e/o particolari loghi che li evocassero.

I diritti che derivano dalla registrazione di un marchio consentono infatti di farne uso esclusivo, in relazione ai paese e ai prodotti e/o servizi per i quali il segno è stato depositato, e di vietare ai terzi di usare nella propria attività economica segni identici o simili al marchio registrato per prodotti o servizi identici o affini, che potrebbero determinare un rischio di confusione nel pubblico consistente anche nella erronea associazione dei segni e/o del marchio ad un diverso titolare.

Sebbene alcuni ordinamenti, come il nostro, prevedano ad alcune condizioni una certa tutela anche per i marchi “di fatto”, ovvero quelli semplicemente utilizzati, la registrazione di un marchio costituisce un punto importante per la tutela dei propri segni distintivi soprattutto a fini probatori, consentendo in caso di controversie di disporre di un diritto certo dimostrabile tramite la mera esibizione del certificato rilasciato dagli uffici competenti, e rende maggiormente agevole ai titolari la monetizzazione del valore del diritto esclusivo tramite, ad esempio, la concessione in licenza a soggetti terzi.

Difficilmente una persona (ma anche una società) dispone delle capacità produttive e finanziarie tali da poter sfruttare il proprio marchio in molti paesi e per una grande varietà di prodotti e servizi; tramite l’attività di licensing del marchio, invece, il titolare del segno distintivo può garantirsi una fonte aggiuntiva di reddito permettendo a terzi di sfruttare il proprio marchio in aree geografiche o settori di mercato che singolarmente non sarebbe in condizioni di soddisfare, a fronte del pagamento di un compenso, generalmente una royalty. Inoltre, un’attività di licensing ben condotta e disciplinata contrattualmente consente al marchio stesso di accreditarsi e di aumentarne la notorietà, accrescendo la forza del segno e garantendo al titolare un rendimento anche per il futuro.

Sebbene legata alle singole privative nazionali, la legislazione dei marchi ha caratteristiche tutto sommato uniformi e la quasi totalità dei paesi prevede la possibilità di registrare nomi e ritratti. In Italia, e così in modo analogo a livello comunitario, la registrazione di nomi di persona (così come di pseudonimi e nomi di fantasia) è libera; tuttavia, “I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di portare tali nomi” (così art. 8  comma 1 del codice della proprietà intellettuale, “CPI”); non solo, salvo il caso di preuso e/o di registrazione anteriore in buona fede, “Se notori, possono essere registrati o usati  come marchio solo dall’avente diritto, o con il consenso di questi,… i nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico, politico o sportivo…” (art. 8 co. 3 CPI). Le norme mirano infatti a preservare il valore suggestivo dei segni in capo a chi ne ha il diritto e a vietare attività parassitarie in danno ai legittimi titolari; questo perché un segno, oltre ad essere un indicatore di provenienza, è anche e soprattutto portatore di un messaggio che è del tutto indipendente dall’uso del segno stesso come marchio. Per un tennista, ad esempio, sarà un messaggio carico di tutto quanto legato alla propria carriera, per cui il requisito del carattere notorio dovrà essere inteso in senso ampio e costituisce un parametro diverso dal requisito di buona fama; anche un eventuale giocatore “scorretto”, se noto, può infatti beneficiare della norma. Tale notorietà non deve in genere poi necessariamente sussistere nel paese in cui si chiede la registrazione del marchio purché, se acquisita all’estero, abbia avuto riflesso anche nel paese in questione.

Da una ricerca condotta la prima settimana di maggio 2017 nella banca dati disponibile online dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), estesa ai registri nazionali della maggior parte degli stati del mondo, risulta che tra i top ten del tennis solo alcuni giocatori hanno provveduto a depositare propri marchi. Infatti, adottando come parametri di ricerca per titolare e/o contenuto del segno i nomi dei primi dieci giocatori e giocatrici del circuito (in base alle classifiche ATP e WTA della stessa settimana), risulterebbero aver registrato uno o più marchi tra gli uomini i “fab four” (Federer, Nadal, Diokovick e Murray) e Wrawinka mentre, tra le donne, avrebbero provveduto in tal senso Serena Williams, Cibulkova e Halep.

Sebbene le banche dati disponibili su Internet non siano sempre aggiornate, i portafogli marchi più “corposi” sembrerebbero stati depositati da Federer, Nadal e Diokovic. In particolare, il campione svizzero ha tutelato sin dai primi anni 2000 con diverse registrazioni in Europa, Svizzera inclusa, e vari paesi del sud est asiatico, il proprio nome, la firma e il noto segno grafico “RF”; mentre l’eterno rivale Nafa Nadal, attraverso la propria fondazione e la società controllata dalla famiglia Aspemir, ha registrato sia il marchio “Fundacion Rafa Nadal” che, tra gli altri, i marchi “Rafa Nadal Sports Centre” e “Rafa Nadal Academy”. Novak Diokovic invece, in modo ampio ed esteso, ha registrato a suo nome firma, nome e un logo (con una D stilizzata), non solo in Europa ma anche in molti paesi del mondo, inclusi Giappone, Russia e Australia; quanto al marchio “Andy Murray”, risulta depositato in Europa, Australia e Stati Uniti a nome di 77 Management Limited, la società inglese che gestisce le attività del campione inglese (e che prende il nome dagli anni di attesa per un vincitore britannico a Wimbledon). A differenza degli altri campioni, Stanislas Wawrinka non risulterebbe tuttavia aver depositato il proprio nome ma i – ben più facili da ricordare - soprannomi “Stan the Man” e “Stanimal”, entrambi a livello europeo.

A livello femminile, dalle banche dati online risulta la registrazione di un marchio americano con la firma di Serena Williams (e una particolare raffigurazione grafia che riprende un cuore) a nome della pluricampionessa, un marchio europeo figurativo che ricomprende la firma “Domi” accanto al nome esteso di Dominika Cibulkova intestato ad una omonima società e il marchio denominativo di Simona Halep, sempre a livello europeo. Sebbene non più in top ten ma stabilmente nelle prime posizioni per lo sfruttamento della propria immagine, Maria Sharapova, tramite la società SW 19 (la denominazione riprende il cap postale di Wimbeldon) e Sugarpova, risulta aver sin dal 2005 registrato il proprio nome e dal 2012 il marchio “Sugarpova”, anche nella connotazione grafica con le labbra stilizzate.

I giocatori italiani sembrano aver avuto meno attenzione alla registrazione come marchi dei propri nomi e/o segni distintivi. Tra i primi dieci giocatori in classifica, sia uomini che donne, risulterebbero aver depositato propri marchi solo Fabio Fognini e Sara Errani; il campione di Arma di Taggia ha depositato a livello europeo un marchio figurativo che riproduce le sue iniziali sopra una pallina da tennis mentre la finalista del Roland Garros 2012 ha depositato, come marchio italiano e europeo, la propria denominazione e la propria firma.

Per lo più i marchi dei tennisti sono stati depositati per contraddistinguere capi di vestiario, prodotti legati al tennis (dalle racchette alle palline) e oggetti di merchandising; in alcuni casi, gli stessi nomi sono stata estesi ad attività formative, linee di profumi, sino a giochi e prodotti alimentari.

Il numero dei marchi depositati riferiti ai campioni di tennis manifesta la crescente attenzione di questi ultimi alla tutela del loro nome, in un’ottica di migliore sfruttamento e tutela legale della immagine di campioni che supporta la crescita, anche economica, del mondo del tennis. Un diritto, quello dei marchi, che sembra essere ben al servizio dei giocatori (anche) di questo sport.

 


Avv. Ilaria Gargiulo - Avv. Gilberto Cavagna di Gualdana
Studio Legale Milalegal