Un marchio deve essere dotato dei requisiti della novità e capacità distintiva (sicché, nel caso di specie, il segno del noto scooter “Innocenti Lambretta” non potrebbe coesistere con il segno “Lambretta Innocenti”). Ma il ricorso per cassazione è inammissibile tutte le volte in cui il motivo si risolva in un’interpretazione del contenuto delle dichiarazioni rese dai testi ammessi in sede d’appello, dunque in una censura di merito (Corte di cassazione, sezione I, sentenza 4 settembre 2017 n. 20717).
In tema di regole sulla descrizione del brevetto e delle caratteristiche di un prodotto, può procedersi all’interpretazione delle rivendicazioni anche alla luce dei disegni, poiché esse devono essere interpretate alla luce del dato tecnico risultante dalla descrizione e dunque anche dai disegni, che sono espressamente richiamati dall’articolo 52, comma 2, c.p.i. (D.Lgs n. 30/2005).
Pur in assenza di un danno emergente, l’attività illecita contraffattiva posta in essere dal concorrente sussiste sotto il profilo del lucro cessante essendo sufficiente la prova dell’avvenuta vendita del prodotto contraffatto, non trovando alcun riscontro la tesi secondo cui l’esibizione delle scritture contabili può essere disposta ai soli fini della liquidazione di un danno già provato e non anche ai fini della prova della sussistenza di un danno. Nell’accertata impossibilità di determinare l’ammontare degli utili conseguiti dal contraffattore, può procedersi alla liquidazione del lucro cessante secondo il criterio della royalty, come previsto dall’articolo 125, comma 2, c.p.i. (Corte di cassazione, sezione I, sentenza 4 settembre 2017 n. 20716).
L’intenzione di impedire a un terzo di commercializzare un prodotto, in talune circostanze, può caratterizzare la malafede del richiedente e ciò si verifica in particolare qualora quest’ultimo abbia fatto registrare come marchio comunitario un segno senza l’intenzione di utilizzarlo, unicamente al fine di impedire l’accesso di altri nel mercato (Corte di cassazione, sezione I, sentenza 4 settembre 2017 n. 20715).
Il “rideposito” del brevetto, compiuto al maturare del periodo di decadenza dalla prima registrazione, di un marchio rimasto inutilizzato per tre anni ex articolo 42 Rd n. 929/1942 ratione temporis, effettuato al solo scopo di impedirne la decadenza, pur esprimendo la volontà di farne prima o poi uso, non è sufficiente a fare superare la sanzione della decadenza del marchio disposta dal legislatore quando il marchio sia già in uso o sia stato registrato da altri nel frattempo, non rilevando, a tale fine, la persistente notorietà del marchio né richiedendosi la perdita completa della sua capacità distintiva (Corte di cassazione, sezione I, sentenza 28 marzo 2017 n. 7970).
Nel campo dei brevetti, tutte le volte in cui le sole rivendicazioni che caratterizzano il trovato non siano di per sé sufficienti a descriverlo chiaramente, i limiti della sua protezione possono individuarsi oltre che per mezzo di esse, ai sensi dell’articolo 52, comma 2, c.p.i. (D.Lgs n. 30/2005), secondo cui nell’interpretazione del brevetto va privilegiata la rivendicazione rispetto alla descrizione, anche attraverso la descrizione dello stesso brevetto (Corte di cassazione, sezione I, sentenza 28 luglio 2016 n. 15705).
Sebbene ogni domanda di brevetto debba avere ad oggetto una sola invenzione, potendo peraltro la domanda consistere in un complesso di più elementi inventivi oggetto di rivendicazioni plurime, qualora sia stata concessa la registrazione relativa a rivendicazioni prive dei requisiti di autonoma proteggibilità, è ammessa la nullità parziale del brevetto, che conserva la validità delle rivendicazioni concorrenti dotate dei requisiti di legge per essere brevettate, anche con riferimento a un brevetto di combinazione (articolo 79 Rd n. 1127/1939) (Corte di cassazione, sezione I, sentenza 23 marzo 2012 n. 4739).