• Brevetti per invenzione

6 febbraio 2023

La liquidazione equitativa del danno nel caso di lesione del diritto dell'inventore di un brevetto

Con un'interessante pronuncia la Corte di Cassazione è intervenuta sul tema del diritto al risarcimento del danno e della sua liquidazione per equità a favore del titolare di un brevetto industriale a fronte di un impiego illegittimo del brevetto medesimo da parte di un terzo, nei confronti del quale il brevetto in questione non è stato mai ceduto e quindi non è stato legittimamente trasferito.


Con l’ordinanza n. 1692 del 19 gennaio 2023, la Supresa Corte si è pronunciata, con riguardo ad una complessa vicenda giudiziaria che si è trascinata dal 1992, sul ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di Appello aveva accolto la domanda di accertamento della titolarità del brevetto industriale per l'invenzione del procedimento perfezionato per la produzione di zeoliti, ma aveva rigettato la domanda di risarcimento danni. La Cassazione ha accolto il motivo di ricorso con cui il ricorrente lamentava l’illegittimità della sentenza della Corte di Appello per violazione e/o falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c., degli artt. 2059,1226 e 2056 c.c., in quanto aveva negato il risarcimento del danno (per sussistenza di qualsivoglia pregiudizio, anche nella sola componente non patrimoniale, in favore del ricorrente) pur riconoscendo la titolarità del brevetto industriale al ricorrente.  

In accoglimento di tale motivo la Cassazione ha avuto modo di ricordare che la liquidazione in via equitativa del danno è legittima solo a condizione che l'esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione e che la liquidazione equitativa del danno presuppone l'esistenza di un danno risarcibile certo (e non meramente eventuale o ipotetico), nonché vi sia l'impossibilità, l'estrema o la particolare difficoltà di provarlo nel suo preciso ammontare in relazione al caso concreto (ex multis Cass., n. 5956/2022). Invero, il giudice che opta per questa valutazione deve adeguatamente dar conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito, restando, poi, inteso che al fine di evitare che la relativa decisione si presenti come arbitraria e sottratta ad ogni controllo, occorre che il giudice indichi, anche solo sommariamente e nell'ambito dell'ampio potere discrezionale che gli è proprio, i criteri seguiti per determinare l'entità del danno e gli elementi su cui ha basato la sua decisione in ordine al quantum (Cass., n.12009/2022). 

In particolare, però, in tema di lesione del diritto dell’inventore del brevetto i Giudici di legittimità ricordano che il danno va liquidato sempre tenendo conto degli utili realizzati in violazione del diritto, vale a dire considerando il margine di profitto conseguito, deducendo i costi sostenuti dal ricavo totale. In particolare, in tale ambito, nell'obiettivo di una piena riparazione del pregiudizio risentito dal titolare del diritto di proprietà intellettuale, il criterio della "giusta royalty" o "royalty virtuale" segna solo il limite inferiore del risarcimento del danno liquidato in via equitativa, che però non può essere utilizzato a fronte dell'indicazione, da parte del danneggiato, di ulteriori e diversi ragionevoli criteri equitativi (Cass., n. 5666/2021; Cass., n. 20236/2022). 

A tal riguardo, in epoca antecedente all'emanazione dell'art. 125 c.p.i. e con riguardo all'art. 1226 c.c., la Corte aveva affermato il principio di diritto secondo cui, «in tema di brevetto, il danno cagionato dalla commercializzazione di un prodotto o di un modello in violazione di privativa non è "in re ipsa", ma, essendo conseguenza diversa ed ulteriore dell'illecito rispetto anche alla distorsione della concorrenza da eliminare comunque, richiede di essere provato secondo i principi generali che regolano le conseguenze del fatto illecito, solo tale avvenuta dimostrazione consentendo al giudice di passare alla liquidazione del danno, eventualmente facendo ricorso all'equità» (Cass., n. 5666/2021; Cass., n. 19430/2003; Cass., n. 1000/2013). Dunque, secondo tale giurisprudenza, anche nella materia della proprietà intellettuale, condizioni per il ricorso alla liquidazione equitativa del danno sono sempre:

  • la certezza della sua esistenza;
  • l'assoluta impossibilità pratica di provarne l'ammontare.

Invero, si era ribadito che la valutazione equitativa «non implica alcuna relevatio dall'onere probatorio quanto alla concreta esistenza del pregiudizio patrimoniale, riguardando il giudizio di equità solo l'entità di quel pregiudizio, in considerazione dell'impossibilità o della grande difficoltà di dimostrarne l'esatta misura» (Cass., n. 12812/2016). La Corte (Cass., n. 4048/2016) aveva, già, affermato la regola iuris secondo cui, «in tema di valutazione equitativa del danno subito dal titolare del diritto di utilizzazione economica di un'opera dell'ingegno, non è precluso al giudice il potere dovere di commisurarlo, nell'apprezzamento delle circostanze del caso concreto, al beneficio tratto dall'attività vietata, assumendolo come utile criterio di riferimento del lucro cessante, segnatamente quando esso sia correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo».