• Diritti connessi al diritto d'autore

8 novembre 2022

Abusività della riproduzione di fotografie utilizzate su un sito e-commerce e risarcimento del danno secondo il c.d. prezzo del consenso

Con una recente pronuncia il Tribunale di Torino si è soffermato sul tema della riproduzione abusiva delle fotografie allo scopo di promuovere un prodotto sulla rete internet, anche ai fini della valutazione sul risarcimento del danno cagionato.


Nel caso di specie, il Tribunale di Torino è stato adito da una società per ottenere l'accertamento che le fotografie dei prodotti dell’azienda convenuta utilizzate nel proprio sito e-commerce non rientrano nell’ambito di protezione del diritto d’autore e che, quindi, possono “essere liberamente diffuse … sulla rete internet”, con condanna al risarcimento del danno derivante dalla loro rimozione, effettuata a seguito della diffida ricevuta.

La convenuta ha invece chiesto, in via principale, il rigetto delle domande avversarie e, in via riconvenzionale, la condanna dell’attrice al risarcimento del danno ex art. 158 Lda, “anche ricorrendo al criterio del c.d. prezzo del consenso”.

Il Tribunale torinese, esaminati i fatti di causa, innanzitutto premette che le opere fotografiche possono essere protette ai sensi degli artt. 1 e 2, n. 7, Lda, o beneficiare della più limitata tutela di cui agli artt. 87 e ss. Lda, che disciplinano i “diritti relativi alle fotografie”, con la precisazione che, in base all’art. 87, comma 2, tra esse “non sono comprese le fotografie di scritti, documenti, carte di affari, oggetti materiali, disegni tecnici e prodotti simili”.

Per quanto concerne i presupposti e l’ambito di applicazione di queste norme, la Corte di Cassazione, con riferimento a fotografie di materiale ospedaliero, ha affermato, in primo luogo, che sono prive di tutela, ai sensi dell’art. 87, comma 2, Lda, le fotografie “meccanicamente riproduttive dell’oggetto, con semplice funzione di documentazione del medesimo”; in secondo luogo, che, anche rispetto a fotografie di “oggetti materiali”, opera la protezione degli artt. 87 e ss. “quando … nella fotografia è presente un quid pluris, in quanto la riproduzione fotografica non si esaurisce in un fatto semplicemente documentale, ma è destinata a funzioni ulteriori”, tra cui è compresa quella di “promuovere un prodotto”; infine, che “non è possibile in via di principio escludere l’ipotesi che fotografie di qualcuno di tali oggetti … non soltanto per la perfezione tecnica (esposizione, ambientazione, colore e così via) ma anche per l’intuizione artistica che le ispira e per le emozioni che riescono a trasmettere all’osservatore, vadano oltre la sola tutela dei diritti connessi e presentino un carattere di creatività tale da renderle tutelabili come opere dell'ingegno” (Cass. n. 8425/2000).

In applicazione di questi principi, il Tribunale afferma che, nel caso in esame:

  • è da ritenere operante la tutela di cui agli artt. 87 e ss. Lda, poiché le fotografie in esame assolvono ad una funzione commerciale, in quanto destinate a promuovere la vendita di prodotti, mentre è da escludere che esse abbiano “carattere creativo” ex art. 1 Lda, che non può derivare dalla sola accuratezza tecnica della loro elaborazione;
  • e che esse rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 87, comma, Lda, poiché la loro funzione e le loro modalità di realizzazione, documentate dalla convenuta, dimostrano la sussistenza di un quid pluris rispetto alla riproduzione meccanica di oggetti, eseguita a fini di mera documentazione degli stessi.

Premesso ciò, il Tribunale dichiara la necessità di verificare la sussistenza dei requisiti di cui all’art. 90 Lda, ai sensi del quale le fotografie devono indicare il “nome del fotografo … o del committente” e “la data dell’anno di produzione”, con l’ulteriore previsione che, in assenza di queste indicazioni, “la loro riproduzione non è considerata abusiva … a meno che il fotografo non provi la mala fede del riproduttore”.

Il Giudice torinese ricorda che, secondo la Corte di Cassazione, in mancanza dell’indicazione inerente alla data, la mala fede del riproduttore va “intesa come consapevolezza da parte di questi che la fotografia è ancora tutelata dalla legge, in quanto eseguita da un periodo di tempo inferiore ai 20 anni”, corrispondente alla durata del diritto esclusivo ex art. 92 Lda (Cass. n. 5237/1991).

Pertanto, nel caso di specie, la riproduzione delle fotografie deve ritenersi abusiva ai sensi dell’art. 90, comma 2 Lda, in quanto benché le immagini non riportino le indicazioni di cui all’art. 90, comma 1, Lda, il nome del committente si desume dagli oggetti raffigurati; la vigenza della protezione, sotto il profilo temporale, emerge dalla natura dei prodotti, che non possono avere più di vent’anni, come risulta anche analiticamente dalle date della loro messa in commercio, indicate nel documento 11 fascicolo di parte convenuta, non contestato dall’attrice.

Dunque le complessive difese argomentate dalla società attrice non sono idonee a escludere la sussistenza della mala fede, che è provata dagli elementi evidenziati in sentenza.

Ne discendono, conclude il Tribunale, il rigetto di tutte le domande attoree e l’accoglimento della prima domanda riconvenzionale, relativa all’accertamento dell’abusività della riproduzione delle fotografie.

Per quanto concerne le questioni relative alla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno, proposta dalla convenuta ai sensi dell’art. 158 Lda e, segnatamente, dell’ultima parte del comma 2, secondo cui “il giudice può altresì liquidare il danno in via forfettaria sulla base quanto meno dell’importo dei diritti che avrebbero dovuto essere riconosciuti, qualora l’autore della violazione avesse chiesto al titolare l’autorizzazione per l’utilizzazione del diritto”, il Collegio giudicante osserva che, con riferimento all’art. 125, comma 2, c.p.i., il quale introduce anche il criterio della giusta royalty, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la norma non costituisca “una deroga in senso stretto alla regola ordinaria sul risarcimento dei danni e al relativo onere probatorio, ma rappresenti una semplificazione probatoria che pur presuppone un indizio della sussistenza dei danni arrecati, attuali o potenziali”, precisando che la liquidazione non può essere effettuata “sulla base di un’astratta presunzione” e, in applicazione degli artt. 1223 e ss. del codice civile, non si puòdunque prescindere dalla prova di un adeguato rapporto di causalità tra l’atto illecito e i danni sofferti ed allegati, secondo i criteri ordinari probatori” (Cass. n. 24635/2021).

Ciò vale anche per la giusta royalty, poiché “la successione letterale e logica tra le norme dei primi due commi esprime l’intento del legislatore di non sganciare il criterio risarcitorio del 'giusto prezzo del consenso' dalla norma generale di cui al primo comma, che richiama, appunto, i principi generali dettati dagli artt. 1223 e ss., c.c.”.

Sulla base di questi condivisibili principi - che possono essere applicati anche all’art. 158 Lda, poiché entrambe le norme contengono un identico richiamo alle disposizioni degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., seguito da una previsione relativa, rispettivamente, alla giusta royalty o al prezzo del consenso - la domanda di risarcimento del danno deve essere rigettata, essendo stata formulata in termini del tutto generici, senza alcuna specifica allegazione in ordine alla sussistenza e all’entità del danno, anche per quanto concerne il prezzo del consenso, per la cui determinazione non è stata prospettata alcuna circostanza di fatto, neanche con riferimento ai rapporti intrattenuti con altri rivenditori.

A ciò si aggiunga, rispetto all’applicazione degli ordinari criteri probatori, che, come risulta dalla stessa comparsa di risposta, a seguito della diffida del 15 gennaio 2020, le fotografie sono state rimosse dal sito dell’attrice il 30 gennaio 2020.

Tale conclusione non muta tenendo conto del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 39763/2021, nella quale, pur utilizzando, in materia di diritto d’autore, la controversa nozione del “danno in re ipsa”, si afferma comunque che incombe al danneggiato la prova “della sua estensione”, che nella specie non è stata in alcun modo fornita, non potendosi ritenere sufficiente un mero richiamo nominalistico al criterio di legge.

Alla luce delle predette considerazioni, il Tribunale di Torino, con la sentenza n. 3872 pubblicata il 5 ottobre 2022, pur dichiarando abusiva la riproduzione delle fotografie in questione, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla convenuta.