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7 marzo 2022

Caso BMW/Acacia per contraffazione di un disegno comunitario: diritto applicabile alle domande accessorie

Il giudice adito con un ricorso per contraffazione di un disegno o modello comunitario ai sensi dell'articolo 82, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 6/2002, relativo ad atti di contraffazione commessi nel territorio di un unico Stato membro, deve esaminare le domande accessorie all’azione sulla base del diritto di tale Stato membro.


Con la sentenza 3 marzo 2022 (causa C‑421/20), la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha deciso in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale che verte sull’interpretazione del regolamento (CE) n. 6/2002 su disegni e modelli comunitari, nonché dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 864/2007 sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali ("Roma II").

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Acacia s.r.l. e la Bayerische Motoren Werke AG (BMW) relativamente ad un’asserita contraffazione di un disegno o modello comunitario di cui la BMW è titolare.

L’Acacia è una società di diritto italiano che produce, in Italia, cerchioni per autoveicoli e li distribuisce in vari Stati membri.

La BMW, ritenendo che la distribuzione, da parte dell’Acacia, di taluni cerchioni in Germania costituisse una contraffazione di un disegno o modello comunitario registrato di cui essa è titolare, ha intentato un’azione per contraffazione dinanzi ad un tribunale dei disegni e modelli comunitari designato dalla Repubblica federale di Germania. Tale tribunale si è dichiarato competente ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002. Nella sua qualità di convenuta, l’Acacia ha fatto valere che i cerchioni in discussione rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 110 (clausola di riparazione) del predetto regolamento e che, di conseguenza, non sussisterebbe contraffazione.

Il tribunale tedesco ha dichiarato che l’Acacia aveva commesso gli atti di contraffazione dedotti dalla BMW, ha ingiunto che la contraffazione cessasse e, facendo riferimento all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007, ha applicato il diritto tedesco alle domande cosiddette "accessorie" della BMW volte ad ottenere il risarcimento dei danni, la trasmissione di informazioni, la fornitura di documenti, la rendicontazione e la consegna dei prodotti contraffatti ai fini della loro distruzione. Sulla base delle norme contenute in tale diritto nazionale, le domande in parola sono state sostanzialmente accolte.

L’Acacia ha interposto appello dinanzi al giudice del rinvio, contestando l’esistenza di una contraffazione e ritenendo che la legge applicabile alle domande accessorie della BMW sia il diritto italiano.

Il giudice del rinvio constata che la competenza dei tribunali dei disegni e modelli comunitari designati dalla Repubblica federale di Germania deriva, nel caso di specie, dall’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002 e che l’Acacia ha commesso gli atti di contraffazione dedotti dalla BMW. Esso nutre, per contro, dubbi vertenti sull’accertare quale diritto nazionale si applichi alle domande accessorie della BMW. Esso osserva che l’esito della controversia dipenderà in una certa misura da tale questione, dato che le norme del diritto tedesco sulla fornitura di documenti e sulla rendicontazione sono diverse da quelle del diritto italiano.

Il suddetto giudice considera che dall’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007, quale interpretato dalla Corte nella sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo (C‑24/16 e C‑25/16), potrebbe derivare che il diritto italiano si applichi nel caso di specie. Esso osserva, infatti, che il fatto generatore del danno si colloca in Italia, giacché i prodotti controversi sono stati consegnati in Germania in provenienza da tale altro Stato membro.

Ciò posto, i prodotti contraffatti di cui al procedimento principale sono stati venduti in Germania e, a tal fine, sono stati oggetto di pubblicità online destinate ai consumatori che si trovano sul territorio dello Stato membro in parola.

In tale contesto, l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizie UE le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se il giudice nazionale della contraffazione, adito quale giurisdizione internazionale del locus commissi delicti ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002, possa applicare, in caso di contraffazione di disegni e modelli comunitari, la normativa nazionale dello Stato membro sede del giudice medesimo (lex fori) a domande accessorie con riguardo al territorio del proprio Stato membro.

2) In caso di risposta negativa alla prima questione: se il “luogo della contraffazione iniziale”, ai sensi della sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo (C‑24/16 e C‑25/16, EU:C:2017:724) ai fini della determinazione della legge applicabile alle domande accessorie ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento [n. 864/2007], possa essere parimenti individuato nello Stato membro di residenza dei consumatori destinatari di un annuncio pubblicitario su Internet e nel quale vengano commercializzati prodotti costituenti contraffazione di un disegno o modello ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 6/2002, laddove vengano contestati soltanto l’offerta e la commercializzazione nello Stato membro medesimo, e ciò anche nel caso in cui la promozione su Internet alla base dell’offerta e della commercializzazione abbia avuto inizio in un altro Stato membro».

Il rinvio pregiudiziale verte, pertanto, sulla determinazione del diritto applicabile, nel caso di un’azione per contraffazione proposta ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002, alle domande accessorie a tale azione con le quali il ricorrente chiede, al di fuori dell’ambito di applicazione delle disposizioni sostanziali del regime di disegno o modello comunitario istituito da suddetto regolamento, che sia ordinato al contraffattore di pagare il risarcimento dei danni, di presentare informazioni, documenti e conti, e di consegnare i prodotti contraffatti al fine della loro distruzione.

Nella motivazione della sentenza in esame, la Corte di Giustizia ricorda, innanzitutto, che, conformemente all’articolo 83, paragrafo 2, del regolamento n. 6/2002, un tribunale dei disegni e modelli comunitari adito ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 5, di detto regolamento è competente unicamente a pronunciarsi sugli atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, nel territorio dello Stato membro in cui è situato tale tribunale.

Il richiamato articolo 82, paragrafo 5, prevede un foro alternativo di competenza giurisdizionale che mira a consentire al titolare di un disegno o modello comunitario d’introdurre una o più azioni vertenti, ciascuna, specificatamente su atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, nel territorio di un solo Stato membro (v., per analogia, sentenza del 5 settembre 2019, AMS Neve e a., C‑172/18, punti 42 e 63).

Nel caso di specie, l’azione per contraffazione proposta in Germania verte sulla distribuzione, in detto Stato membro, di taluni prodotti dell’Acacia. Come risulta dagli elementi sottoposti alla Corte, gli atti di contraffazione contestati a tale impresa consistono, da un lato, nell’offerta in vendita dei prodotti in parola mediante pubblicità online indirizzate ai consumatori che si trovano in Germania e, dall’altro, nell’immissione in commercio dei prodotti di cui trattasi in Germania.

Atti del genere possono, infatti, essere oggetto di un’azione per contraffazione che concerne, conformemente all’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002, il territorio di un solo Stato membro. Il fatto che il convenuto abbia adottato le decisioni e le misure finalizzate a tali atti in un altro Stato membro non osta a che siffatta azione sia proposta (v., per analogia, sentenza del 5 settembre 2019, AMS Neve e a., C‑172/18, punto 65).

Poiché, in tale fattispecie, il tribunale dei disegni e modelli comunitari adito statuisce soltanto sugli atti commessi o che il convenuto minaccia di commettere nel territorio dello Stato membro in cui è situato detto tribunale, è, conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 6/2002, la cui applicabilità alle domande volte alla distruzione dei prodotti contraffatti è stata ricordata al punto 32 della presente sentenza, il diritto di suddetto Stato membro quello che si applica al fine di esaminare la fondatezza di una siffatta domanda.

Peraltro, conformemente all’articolo 88, paragrafo 2, di tale regolamento, la legge dello Stato membro cui appartiene detto tribunale si applica parimenti alle richieste di risarcimento dei danni e alla trasmissione di informazioni, di documenti e di conti. Siffatte domande non riguardano l’inflizione di «sanzioni», ai sensi dell’articolo 89 di detto regolamento, ma rientrano, come ricordato al punto 31 della presente sentenza, in «questioni» che non rientrano nell’ambito di applicazione del medesimo regolamento, ai sensi del summenzionato articolo 88, paragrafo 2.

L’articolo 88, paragrafo 2, e l’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 6/2002 precisano che, nei limiti in cui il diritto dello Stato membro in discussione contenga norme di diritto internazionale privato, queste ultime costituiscono parte integrante del diritto applicabile, ai sensi di tali articoli.

Tra siffatte norme di diritto internazionale privato figurano quelle enunciate nel regolamento n. 864/2007, e in particolare l’articolo 8, paragrafo 2, del medesimo. Ai sensi di quest’ultima disposizione, in caso di obbligazione extracontrattuale che deriva da una violazione di un diritto di proprietà intellettuale dell’Unione a carattere unitario, la legge applicabile per le questioni non disciplinate dal relativo strumento dell’Unione è «quella del paese in cui è stata commessa la violazione».

Tale regola, in un caso in cui la contraffazione o la minaccia di contraffazione che può essere esaminata si situa nel territorio di un solo Stato membro, non può essere intesa nel senso che riguarda l’applicabilità del diritto di un altro Stato membro o di quello di un paese terzo. Poiché la legge applicabile è, in forza dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007, quella in vigore nel luogo di una siffatta violazione, tale legge coincide, nel caso di un’azione per contraffazione proposta in forza dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002 e vertente, quindi, su atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, sul territorio di un solo Stato membro, con il diritto di detto Stato membro.

Sebbene non si possa escludere che il disegno o modello comunitario in questione sia stato del pari leso anche in altri Stati membri o in paesi terzi, resta comunque il fatto che tali eventuali violazioni non sono oggetto della controversia intentata ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002. Gli obiettivi di certezza del diritto e di prevedibilità, posti in rilievo ai considerando 14 e 16 del regolamento n. 864/2007, non sarebbero rispettati se i termini «paese in cui è stata commessa la violazione» del disegno o modello comunitario fatto valere fossero interpretati nel senso che designano un paese in cui si sono verificati atti di contraffazione che non sono oggetto della controversia di cui trattasi.

L’interpretazione dell’espressione «legge del paese in cui è stata commessa la violazione [del diritto in discussione]», in conformità all’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007, nel senso che designa la legge del paese sul solo territorio del quale il ricorrente fa valere, a sostegno della sua azione per contraffazione proposta in forza dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002, il disegno o modello comunitario di cui trattasi consente, peraltro, di preservare il principio «lex loci protectionis», che riveste, come risulta dal considerando 26 del regolamento n. 864/2007, particolare importanza nel settore della proprietà intellettuale.

Occorre, al riguardo, distinguere l’ipotesi di cui trattasi nel procedimento principale da quella esaminata nella sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo (C‑24/16 e C‑25/16), che era caratterizzata dal fatto che erano contestati ad un medesimo convenuto, nell’ambito di una stessa azione giudiziaria, atti di contraffazione commessi in diversi Stati membri.

L’interpretazione fornita dalla Corte in detta sentenza, secondo la quale, in tali circostanze, i termini «legge (...) del paese in cui è stata commessa la violazione [del diritto in discussione]», ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento n. 864/2007, designano la legge del paese in cui l’atto di contraffazione iniziale è stato commesso (sentenza del 27 settembre 2017, Nintendo, C‑24/16 e C‑25/16, punto 111), consente di garantire l’applicabilità di una sola legge al complesso delle domande accessorie ad un’azione per contraffazione che sia proposta in forza dell’articolo 82, paragrafi 1, 2, 3 o 4, del regolamento n.6/2002, giacché un’azione del genere consente, in conformità all’articolo 83, paragrafo 1, di summenzionato regolamento, al tribunale adito di pronunciarsi su fatti commessi nel territorio di qualsiasi Stato membro.

Orbene, siffatta interpretazione non può essere trasposta al caso in cui il titolare di un disegno o modello comunitario proponga non un’azione in forza di detto articolo 82, paragrafi 1, 2, 3 o 4, bensì scelga di avviare una o più azioni mirate, riguardanti ciascuna atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, nel territorio di un solo Stato membro, in forza del paragrafo 5 dell’articolo in parola. In quest’ultimo caso, non si può pretendere che il giudice adito verifichi se esista, nel territorio di uno Stato membro diverso da quello su cui verte l’azione, un atto di contraffazione iniziale e che esso si fondi sull’atto di cui trattasi per applicare la legge di tale altro Stato membro, laddove tanto il summenzionato atto quanto il territorio di detto Stato membro non sono interessati dalla controversia in discussione.

Occorre ancora aggiungere che il titolare del disegno o modello comunitario non può, con riguardo agli stessi atti di contraffazione, cumulare azioni fondate sul paragrafo 5 dell’articolo 82 del regolamento n. 6/2002 e sugli altri paragrafi di detto articolo. Non vi è rischio, pertanto, che sussistano situazioni in cui domande accessorie ad un’azione per contraffazione aventi il medesimo oggetto siano esaminate nell’ambito di più procedimenti sulla base di diverse leggi.

Alla luce delle predette osservazioni, la Corte di Giustizia risponde come segue sulle questioni pregiudiziali sottoposte al suo esame:

L’articolo 88, paragrafo 2, e l’articolo 89, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari, nonché l’articolo 8, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 864/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 luglio 2007, sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»), devono essere interpretati nel senso che i tribunali dei disegni e modelli comunitari investiti di un’azione per contraffazione, ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 5, del regolamento n. 6/2002, riguardante atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, nel territorio di un solo Stato membro, devono esaminare le domande accessorie a tale azione, volte ad ottenere il risarcimento dei danni, la trasmissione di informazioni, documenti e conti, nonché la consegna dei prodotti contraffatti ai fini della loro distruzione, sul fondamento del diritto dello Stato membro nel territorio del quale gli atti che recano asseritamente pregiudizio al disegno o modello comunitario fatto valere sono stati commessi, o si minaccia di commettere, il che coincide, nelle circostanze di un’azione proposta in forza di suddetto articolo 82, paragrafo 5, con il diritto dello Stato membro in cui i tribunali in parola sono situati.