• Etichettatura

12 luglio 2024

Lo stato attuale dell’etichettatura nutrizionale ed ambientale per il vino e gli alcolici

Il 25 giugno scorso Sprint Soluzioni Editoriali, in collaborazione con IMERO Technologies GmbH e LJLex Studio Legale hanno organizzato un evento online gratuito intitolato “Lo stato attuale dell’etichettatura nutrizionale ed ambientale per il vino e gli alcolici”. Sicurezza alimentare ed etichettatura, in particolare in riferimento al settore vitivinicolo, nonché etichettatura digitale sono stati i temi principali trattati nel Webinar, in cui grande attenzione è stata data al Regolamento (UE) n. 2021/2117, che impone ai produttori di divulgare le informazioni nutrizionali e l'elenco degli ingredienti nell'etichetta apposta sui prodotti messi in commercio, a partire dalla vendemmia 2024.


Due esperte del settore di riferimento presentano all’interno del Webinar una relazione accurata in ordine al quadro normativo della sicurezza alimentare, intervenendo congiuntamente sul tema: la Dott.ssa Elena Peiretti, specializzata in normativa alimentare e labeling compliance del settore vitivinicolo e la Dott.ssa Giulia Vigoroso, specializzata in ingegneria gestionale e nell'ambito qualità con particolare interesse nei materiali di packaging.

L’intervento chiarisce bene, a livello generale, il tema della sicurezza alimentare e della legislazione alimentare che, in epoca antecedente alla emanazione del Regolamento (UE) n. 2021/2117, era caratterizzata da una serie di norme disordinate con lo scopo di fronteggiare specifiche emergenze (come, per esempio, il fenomeno del metanolo del vino o anche il fenomeno più recente della mucca pazza) e costellata dall’emanazione di direttive verticali (disciplinavano i singoli prodotti) e da alcune direttive orizzontali (es. disciplina etichettatura, controllo ufficiale, igiene prodotti alimentari).

A seguito di queste emergenze, la Commissione europea decise di emanare un Libro bianco dove è stata istituita l'EFSA, European Food Safety Authority, cioè l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, un'autorità indipendente che ad oggi lavora con gli Stati membri in modo da emanare pareri scientifici importanti anche sull'uso, ad esempio, di certi additivi o conservanti, coloranti o certe sostanze che possono essere considerate tossiche sopra una certa soglia.

L'entrata in vigore del Regolamento (CE) n. 178 del 2002 (che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare) ha permesso un maggior livello di tutela della salute umana, della tutela degli interessi dei consumatori, comprese le pratiche leali nel commercio alimentare, tenuto eventualmente conto della tutela della salute e del benessere degli animali, della salute vegetale e dell'ambiente. Oggetto di disciplina sono tutte le fasi della produzione, della trasformazione, della distribuzione degli alimenti e dei mangimi, a partire dalla produzione primaria: “from farm to fork”.

Basti pensare all'ultima PAC del 2023-2027 e all'ottenimento di incentivi economici con il rispetto di certi parametri, tra cui, tra tanti vari, anche il rispetto dell'ambiente e del benessere animale, per cui oggetto della disciplina a tutto tondo è la sicurezza alimentare.

Importante è il chiarimento sul significato stesso di sicurezza alimentare (c.d. “food safety”), che si atteggia a bene giuridico “intermedio” orientato a preservare il bene “finale” della salute, la quale è da considerare, in senso stretto, come sicurezza igienico-sanitaria, intesa come assenza di un pericolo microbiologico, chimico, fisico nell’alimento ed, in senso lato, come sicurezza informativa.

Esempi utili in merito riguardano gli obblighi di tutte le aziende dell'alimentare, tra cui anche quelle del vino, che devono essere in grado di avere, soprattutto nella produzione secondaria e nella distribuzione, un piano HACCP (acronimo di “Hazard Analysis and Critical Control Points”) ben strutturato, al fine di limitare i rischi e avere un ambiente protetto dai pericoli microbiologici, e la sicurezza informativa, che è finalizzata a rendere consapevole il consumatore della presenza di sostanze particolari nel prodotto, come ad esempio allergeni, e comporta che sia garantita la presenza di informazioni obbligatorie sull’etichetta dei prodotti alimentari messi in commercio.

A tal proposito nella relazione viene richiamato il Regolamento (UE) n. 1169 del 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che all’articolo 3 detta i principi generali delle informazioni sugli alimenti, in particolare relativamente all’etichettatura dei prodotti alimentari, e all’articolo 9 prevede un elenco delle indicazioni obbligatorie sugli alimenti.

Ai sensi del citato articolo 3: «La fornitura di informazioni sugli alimenti tende a un livello elevato di protezione della salute…, fornendo ai consumatori finali le basi …per utilizzare gli alimenti in modo sicuro» .

L’articolo 9 indica tra le informazioni obbligatorie «le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento»:

a) la denominazione dell’alimento;
b) l’elenco degli ingredienti;
c) qualsiasi ingrediente o coadiuvante tecnologico elencato nell’allegato II o derivato da una sostanza o un prodotto elencato in detto allegato che provochi allergie o intolleranze usato nella fabbricazione o nella preparazione di un alimento e ancora presente nel prodotto finito, anche se in forma alterata;
d) la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti;
e) la quantità netta dell’alimento;
f) il termine minimo di conservazione o la data di scadenza;
g) le condizioni particolari di conservazione e/o le condizioni d’impiego;
h) il nome o la ragione sociale e l’indirizzo dell’operatore del settore alimentare di cui all’articolo 8, paragrafo 1;
i) il paese d’origine o il luogo di provenienza ove previsto all’articolo 26;
j) le istruzioni per l’uso, per i casi in cui la loro omissione renderebbe difficile un uso adeguato dell’alimento;
k) per le bevande che contengono più di 1,2 % di alcol in volume, il titolo alcolometrico volumico effettivo;
l) una dichiarazione nutrizionale.

L’alimento conforme può diventare a rischio quando non sono fornite determinate informazioni, la cui omissione possa portare a pregiudicarne la salubrità (ad esempio la presenza del glutine nell'alimento ed il rischio che l'omissione dell'informazione può comportare per soggetti affetti da celiachia). Gli alimenti a rischio (dannosi per la salute o inadatti al consumo umano) non possono essere immessi sul mercato ai sensi del Reg. (CE) n. 178 del 2002.

A questo punto risulta fondamentale la definizione stessa di “Alimento” che, come chiarito nella relazione, è qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani.

Sono comprese le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti nel corso della loro produzione, preparazione o trattamento, non sono compresi i mangimi; gli animali vivi, a meno che siano preparati per l'immissione sul mercato ai fini del consumo umano; i vegetali prima della raccolta; i medicinali; i cosmetici; il tabacco e i prodotti del tabacco; le sostanze stupefacenti o psicotrope; residui e contaminanti (questi ultimi si trovano accidentalmente negli alimenti).

Tale definizione ha una grande rilevanza perché prima di tutto l'impresa deve tenere ben presente che cosa può produrre e come lo può produrre. Al riguardo, nella relazione emerge la definizione diImpresa alimentare”, che può essere individuale o collettiva e va intesa come ogni soggetto pubblico o privato, con o senza fini di lucro, che svolge una qualsiasi delle attività connesse ad una delle fasi di produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti, rileva quindi ciò che fa.

Vi è poi l’Operatore del settore alimentare” (OSA) che è la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle disposizioni della legislazione alimentare nell'impresa alimentare posta sotto il suo controllo, in capo al quale vige un obbligo di garanzia. Infatti l’OSA è tenuto a garantire che l’alimento che viene immesso sul mercato sia sicuro.

Uno degli altri obblighi a carico dell’OSA è quello della «rintracciabilità», intesa come la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento, di un mangime, di un animale destinato alla produzione alimentare o di una sostanza destinata o atta ad entrare a far parte di un alimento o di un mangime attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione.

La definizione segue l'approccio “un passo indietro un passo in avanti” (one step back, one step forward), in forza del quale gli operatori, al fine di rendere possibile la rintracciabilità di un prodotto, devono disporre di un sistema che consenta la registrazione degli approvvigionamenti di materie prime in entrata e le consegne dei prodotti in uscita, di identificare i fornitori, la natura e quantità di materie prime, di prodotto, di materiale e di confezionamento, il nome e i ricapiti dei fornitori, dei clienti, le date di ricevimento e di consegna, e stabilire un collegamento fra consumatore e prodotto come ad esempio l’apposizione sull’etichetta del lotto di produzione.

Dalla relazione emerge, a tal proposito, che è necessario distinguere la «tracciabilità» dei materiali e degli oggetti, che è il percorso dalla materia prima al prodotto finito, dalla «rintracciabilità» degli stessi che è, invece, il percorso a ritroso dal prodotto finito alla materia prima e che è garantita in tutte le fasi per facilitare il controllo, il ritiro dei prodotti difettosi, le informazioni ai consumatori e l’attribuzione della responsabilità.

Interessante, infine, è il richiamo al Regolamento (CE) n. 1935/2004 (riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari): esso stabilisce i requisiti generali cui devono rispondere tutti i materiali a contatto con alimenti (MOCA), intendendosi tali tutti i materiali e gli articoli destinati a venire a contatto con alimenti e bevande come contenitori, imballaggi, attrezzi da cucina, posate e piatti. I MOCA sono anche quelli utilizzati nelle attrezzature per lavorazioni alimentari come macchine da caffè o macchinari da produzione alimentare, ma anche i contenitori per il trasporto di alimenti e possono essere prodotti a partire da varie sostanze, ad esempio vetro, plastica, gomma, carta, ceramica e metallo.

Il Regolamento stabilisce che i materiali e gli oggetti, compresi i materiali e gli oggetti attivi e intelligenti, non devono trasferire ai prodotti alimentari componenti in quantità tale da:

  • costituire un pericolo per la salute umana
  • comportare una modifica inaccettabile della composizione dei prodotti alimentari
  • comportare un deterioramento delle caratteristiche organolettiche.


Per quanto riguarda, nello specifico, il tema centrale del Webinar, ossia “Lo stato attuale dell’etichettatura nutrizionale ed ambientale per il vino e gli alcolici”, il primo relatore ad entrare nel vivo dell'argomento è il Dott. Angelo Di Giacomo, perito agrario ed esperto del settore vitivinicolo, che dal 2023 è anche of counsel di LJLex Studio Legale.

Il relatore ricostruisce preliminarmante il quadro normativo del settore di riferimento, richiamando in primis il regolamento comunitario considerato il più importante del settore vitivinicolo, ovverosia il Regolamento (UE) n. 1308/2013 (recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli), chiarendo che oltre alle disposizioni del citato regolamento sull’etichettatura e sulla presentazione, si applicano le regole orizzontali previste da altre normative comunitarie e nazionali relative alle indicazioni libere, al lotto e alle quantità nominali dei prodotti preconfezionati (Reg. n. 1169/2011, che disciplina la materia dell'etichettatura dei prodotti alimentari, D.Lgs. n. 231/2017, n. che riguarda la parte sanzionatoria del regolamento n. 1169/2011, D.M. 05/08/1976, che riguarda i contenitori, il D.Lgs. n. 12/2010, che riguarda le capacità dei contenitori che possono essere utilizzati per il vino).

Tale regolamento è stato modificato dal Regolamento (UE) n. 2021/2117 del 2 dicembre 2021 che modifica anche il Regolamento (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, il Regolamento (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati ed il Reg. (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell'Unione, rendendo obbligatoria l'indicazione della lista degli ingredienti e dei valori nutrizionali in etichetta.

Con l’obbligo di indicare la lista degli ingredienti ed i valori nutrizionali è venuta meno la deroga prevista dall’art. 16, par. 4 del Regolamento UE n. 1169/2011, che esentava i prodotti vitivinicoli, al pari delle altre bevande alcoliche con più di 1,2% vol., dall’obbligo di indicare in etichetta la dichiarazione nutrizionale e la lista degli ingredienti.

Ai sensi dell’art. 119 del Regolamento (UE) n. 1308/2013 le indicazioni obbligatorie della lista degli ingredienti e dei valori nutrizionali si applicano, a partire dall’8 dicembre 2023, ai vini commercializzati nell’Unione o destinati all’esportazione, con la conseguenza che in via generale la dichiarazione nutrizionale e l’elenco degli ingredienti sono obbligatori anche per i vini destinati ai Paesi terzi. Diversamente, tale previsione, ovvero l’obbligo di riportare anche per i prodotti destinati all’esportazione le indicazioni obbligatorie relative alla dichiarazione nutrizionale e all’elenco degli ingredienti, non si applica ai prodotti vitivinicoli aromatizzati.

Il regolamento è entrato in vigore l’8 dicembre del 2023, ma tutti i vini prodotti prima di tale data potranno essere commercializzati fino ad esaurimento delle scorte. Successivamente è intervenuta la rettifica del Regolamento (UE) n. 2021/2117 che ha tolto la parola “etichettate”, per cui l'importante è che alla data del 7 dicembre 2023 i vini erano in carico sul registro come vini o vini spumanti, per cui questi vini, potranno usufruire della deroga di essere commercializzati senza l'obbligo di riportare la lista degli ingredienti e i valori nutrizionali.

Nel caso in cui il vino subisca una trasformazione (es. da vino a spumante), anche se viene utilizzato un vino base che precedentemente era esentato, siccome è stato trasformato in un altro prodotto, si è obbligati a riportare la lista degli ingredienti e i valori nutrizionali.

La norma comunitaria prevede che un prodotto vitivinicolo non conforme, cioè vuol dire che non riporta un'etichettatura regolare, non può essere né detenuto né commercializzato né esportato all'interno dell'Unione (l’art. 42 del Regolamento n. 2019/33). Tale normativa potrebbe essere applicata altresì alla lista degli ingredienti non corretta, all'indicazione del valore nutrizionale non corretto, con la conseguenza che il prodotto anche in questi casi se è considerato riportare un’etichettatura irregolare non può essere né detenuto né commercializzato né esportato.

Specifica poi l’art. 24 della Legge n. 238/2016, la quale disciplina tutto il settore vitivinicolo, che i mosti e i vini in bottiglia o in altri recipienti di contenuto non superiore a 60 litri, muniti di chiusura e di etichetta, si intendono posti in vendita per il consumo, anche se detenuti nelle cantine e negli stabilimenti enologici dei produttori e dei commercianti all'ingrosso (in altri termini anche se il prodotto si trova in cantina ed è munito di etichetta e di chiusura, si considera come posto in vendita, cioè come se fosse al supermercato).

Dalla relazione emerge la definizione comunitaria di «etichettatura» che ricomprende i termini, le diciture, i marchi di fabbrica o di commercio, le immagini o i simboli figuranti su qualsiasi imballaggio, documento, cartello, etichetta, nastro o fascetta che accompagnano un dato prodotto o che a esso si riferiscono. Sono da considerare «etichettatura» le informazioni riportate su siti, brochure e altri supporti di comunicazione nonché qualsiasi informazione trasmessa ai consumatori tramite il condizionamento del prodotto, inclusi la forma o il tipo di bottiglie.

Le indicazioni che possono essere riportate nell’etichetta dei prodotti vinicoli messi in commercio si distinguono in:

  • indicazioni obbligatorie: sono quelle previste per le diverse categorie di prodotti vitivinicoli e tra esse rientra in primis la denominazione del prodotto (vino, vino spumante, vino spumante di qualità), menzione tradizionale, il volume nominale, il tipo di prodotto (es. dolce, brut o extra dry), titolo alcolico effettivo, lotto, imbottigliatore (produttore o venditore per lo spumante) l’importatore e la provenienza del prodotto, gli allergeni e, ad oggi, la lista dei valori nutrizionali. Le diciture obbligatorie devono sempre essere riportate nel medesimo campo visivo del consumatore ad eccezione del “lotto” e dell’ «importatore»;
  • indicazioni facoltative regolamentate: i partecipanti al circuito commerciale, il tipo di prodotto (secco amabile per i vini), colore, anno di raccolta (obbligatorio per i vini DOP, esclusioni liquorosi frizzanti e spumanti), sottozona o menzione geografica aggiuntiva, vigne, marchi commerciali e metodi di produzione;
  • indicazioni libere: le altre indicazioni veritiere, documentabili e non regolamentate, tali da non indurre in errore il consumatore, ad esempio il sito web, email, telefono, raccomandazione per l'uso, etc. (aspetto disciplinato principalmente dal Regolamento n. 1169/2011).

Le indicazioni obbligatorie e facoltative, se espresse in parole, figurano in una o più delle lingue ufficiali dell’Unione ex art. 121 Reg. UE 1308/2013, tuttavia se il prodotto contiene solfiti deve essere indicato anche nelle lingue di destinazione del vino. Mentre le informazioni obbligatorie sugli alimenti (es. sugli allergeni) devono apparire in una lingua facilmente comprensibile da parte dei consumatori degli Stati membri nei quali l’alimento è commercializzato ex art. 15 del Regolamento n. 1169/2011.


Subentra poi nel dibattito Erica Giorgetti, che si occupa del mercato italiano per IMERO Technologies GmbH, illustrando le caratteristiche della nuova piattaforma, denominata E-label.eu, realizzata in ottemperanza al nuovo Regolamento (UE) n. 2021/2117, che permette ai produttori di aderire alla nuova normativa europea sulla dichiarazione degli ingredienti, dei valori nutrizionali e, per quanto riguarda il mercato italiano, anche del marchio di qualità ecologica.

Il regolamento riguarda i vini che si considerano prodotti dopo le seguenti date:

  • vino (vino comune, quindi vino bianco, vino rosso, vino rosato): inizia con l’annata 2024 e si considera prodotto a fermentazione ultimata;
  • vino spumante: inizia con l’annata 2023 e si considera prodotto quando la presa di spuma è terminata e la pressione minima a 20° C è di 3 bar;
  • altro (es. Prosecco ma anche vini colati e vini aromatizzati): inizia con l’annata 2023 e si considera prodotto quando il prodotto è carbonizzato/aromatizzato/dealcolizzato.

Come chiarito dalla relatrice, a seguito del Reg. (UE) 2021/2117, a partire dall'8 dicembre 2023, i vini e i prodotti vitivinicoli aromatizzati devono fornire una dichiarazione nutrizionale e un elenco degli ingredienti, stampato, appunto per esteso, quindi riportando tutto sulla retro-etichetta, oppure sotto forma di "e-label" o "off-label" tramite codice QR sull'etichetta (“etichettatura digitale”).

Il codice QR in questione dovrà quindi riportare obbligatoriamente la dicitura degli ingredienti e dei valori nutrizionali, con l’indicazione obbligatoria del valore energetico espresso per 100 ml sia in kilojoule che in chilocalorie (in aggiunta a grassi, carboidrati, zuccheri, proteine, sale). In etichetta dovrà essere riportato anche il riciclaggio, in quanto a livello nazionale tutti i prodotti di vini a partire dal gennaio 2023 devono anche riportare il marchio di qualità ecologica (“etichettatura ambientale”).

Scansionando il QR Code appare al cliente la pagina di atterraggio virtuale con tutte le informazioni contenute nell'etichetta. Deve essere presente la dicitura marchio di qualità ecologica” e devono essere presenti gli allergeni, la gradazione alcolica e il formato del prodotto. La misura minima per il codice QR è di 1 cm per 1 cm.

L’e-label non deve essere riportata sul proprio sito web, in quanto non è consentito il tracciamento o il marketing, ossia l'etichetta elettronica non deve effettuare datatracking, quindi dati dei clienti non possono essere raccolti, e non può e non deve riportare elementi di marketing.

La relatrice evidenzia poi che le nuove norme pongono importanti sfide ai viticoltori che consistono nella riprogettazione delle etichette, sia tramite codice QR sia tramite imprinting, quindi sia retro-etichetta che un’eventuale etichetta virtuale, nonché nell’integrazione delle informazioni nel negozio online e nel listino prezzi.
 

Infine, l'ultima relazione, a chiusura del Webinar, è illustrata dall’Avv. Duilio Cortassa, esperto di diritto alimentare e vitivinicolo e partner fondatore di LJLex Studio Legale, che nel suo intevento approfondisce il tema della disciplina sanzionatoria sull’etichettatura che specificamente riguarda i prodotti vitivinicoli.

A tal proposito richiama il Testo Unico del vino, che è la Legge n. 238/2016, relativa alla Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino” ed, in particolare, l’articolo 74 del T.U., rubricato Violazioni in materia di designazione e di presentazione”, inserito nel Capo II, “Violazioni in materia di etichettatura e presentazione”, del Titolo VII, Sistema sanzionatorio”.

Il I comma prevede sanzioni per chi detiene o vende prodotti in violazione delle disposizioni previste dalla parte II, titolo II, capo I, sezione 3, del regolamento (UE) n. 1308/2013, dal T.U. e dai decreti ministeriali attuativi in materia di designazione, denominazione e presentazione dei prodotti vitivinicoli.

Il II comma prevede sanzioni per chi produce, vende, pone in vendita o comunque distribuisce per il consumo vini a DO (Denominazioni di origine) o IG (Indicazioni geografiche) che non rispettano i requisiti previsti dai rispettivi disciplinari di produzione produzione.

Il III comma prevede sanzioni per chi usurpa, imita o evoca una DOP, o il segno distintivo o il marchio, anche se l'origine vera del prodotto è indicata, o se la DOP è una traduzione non consentita o è accompagnata da espressioni quali gusto, uso, sistema, genere, tipo, metodo o simili, ovvero impiega accrescitivi, diminutivi o altre deformazioni o comunque fa uso di indicazioni illustrative o segni suscettibili di trarre in inganno l'acquirente.

Il IV comma estende le sanzioni alle situazioni in cui le suddette parole o le denominazioni alterate ovvero usurpative o comunque mendaci sono poste sugli involucri, sugli imballaggi e sui documenti ufficiali e commerciali.

Precisa il relatore che il legislatore del 2016 ha risolto una volta per tutte il concetto di definizione del luogo esatto dove possa essere indicata in modo alterato o usurpativo la denominazione, che è oggetto della sanzione, quindi non soltanto sul prodotto o sull'etichetta, ma anche sugli involucri, sugli imballaggi (es. cartone che contiene le bottiglie di vino) e sui documenti ufficiali e commerciali (es. documento di trasporto o fattura). In questi ultimi casi la dichiarazione risulta mendace indipendentemente dal fatto che la denominazione sul prodotto o l'etichetta del prodotto sia corretta.

Il V comma prevede che le sanzioni si applichino anche in caso di indicazioni non consentite, false o ingannevoli relative alla provenienza, alle menzioni geografiche aggiuntive, alle menzioni tradizionali protette, alle sottozone, al vitigno, all'annata e alle altre caratteristiche definite nei disciplinari .

Quindi non soltanto è sanzionato chi utilizza una denominazione in modo mendace, ma anche chi si limiti ad utilizzare una menzione geografica aggiuntiva in modo mendace, che per esempio non corrisponde all'area specifica in cui sono state raccolte le uve o che riguardi l’indicazione dell’annata o della varietà di vite utilizzata per quel prodotto vitivinicolo.

Il VI comma punisce la violazione delle disposizioni relative alla produzione e alla commercializzazione dei vini a IGP ovvero DOP designati con la qualificazione «novello».

Il VII comma punisce la contraffazione o alterazione dei contrassegni stampati dall'Istituto Poligrafico o da tipografie autorizzate; l’acquisto o l’uso comunque di contrassegni alterati o contraffatti; la contraffazione o alterazione dei codici di identificazione alternativi ai contrassegni; l’acquisto o comunque l’uso di codici alterati o contraffatti; l’uso del medesimo codice su più recipienti.

Il comma VIII invece sanziona chi immette al consumo vini a DOP senza contrassegni o, in alternativa, il numero di lotto.

La fascetta o contrassegno di Stato, che nei fatti è una strisciolina di carta stampata dall'Istituto poligrafico o da tipografie autorizzate e che normalmente vediamo messa a “cavaliere” sul collo della bottiglia, ha un ruolo importantissimo perché permette di verificare la rispondenza tra il prodotto imbottigliato, o meglio, il prodotto venduto e il vino in cantina.

Il IX comma prevede una sanzione amministrativa pecuniaria, salvo ipotesi di reato e salva ogni non conformità ai disciplinari di produzione, alla normativa UE e al TU, per chi adotti una denominazione di origine o un'indicazione geografica come ditta, ragione o denominazione sociale, ovvero le utilizzi in associazione ai termini «cantina», «fattoria» e simili.

Questa disposizione disciplina tutti i casi in cui il produttore cerca in qualche modo di agganciare il nome della propria cantina alla denominazione o all'indicazione geografica del vino che produceNaturalmente sono fatte salve le situazioni pregresse, come ad esempio Cantine dei Marchesi di Barolo, la cooperativa Terre del Barolo, Cantina Sociale Colline del Chianti e Geggiano e Duca di Salaparuta, per citarne alcune, mantengono la denominazione sociale nonostante l’approvazione delle DOP «Barolo», «Chianti» e «Salaparuta».

L’XI comma prevede una sanzione, salvo ipotesi di reato, per chi nell'etichettatura, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto trasformato utilizza il riferimento a una DOP ovvero a una IGP in prodotti composti, elaborati o trasformati a partire dal relativo vino a DOP o IGP, senza l'autorizzazione del Consorzio di tutela riconosciuto o, in caso di mancanza del consorzio, dell'autorizzazione del Ministero.

Questa norma va letta insieme all’art. 27 del Regolamento (UE) 2024/1143 relativo alle indicazioni geografiche dei vini, delle bevande spiritose e dei prodotti agricoli, nonché alle specialità tradizionali garantite e alle indicazioni facoltative di qualità per i prodotti agricoli, il quale prevede che i produttori di un alimento preimballato, che contiene come ingrediente un prodotto designato da una indicazione geografica, che desiderano utilizzare tale IG nel nome dell’alimento preimballato o nel materiale pubblicitario (relativo a quell’alimento), forniscono una notifica preventiva scritta al gruppo di produttori riconosciuto, se tale gruppo esiste, per l’IG in questione.

Ovverosia i produttori di un siffatto alimento, contenente, quindi, come ingrediente un prodotto designato da una IG, lo dovranno notificare al gruppo di produttori riconosciuto, in sostanza, al Consorzio di tutela per quella denominazione o per quella indicazione geografica. A tal proposito basti pensare al caso relativo al sorbetto allo champagne e la sua interferenza con la DOP “Champagne”, su cui si è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 20/12/2017 (causa C‑393/16).

I commi da XII a XV prevedono che alle violazioni sulla designazione e presentazione dei prodotti vitivinicoli, anche quando previste da altre norme orizzontali dell'UE e nazionali, si applicano esclusivamente queste sanzioni; che qualora la violazione sia relativa a indicazioni obbligatorie non riferite alla DOP o all'IGP e riguardi esclusivamente la forma e le dimensioni del carattere, la sanzione è ridotta; una sanzione contenuta per chi ponga in vendita in «Pulcianella», «Bottiglia Marsala» o «Fiasco toscano» vini diversi da quelli cui sono riservati; infine, una sanzione per chi utilizzi denominazioni o raffigurazioni che richiamano la vite, l'uva, il mosto o il vino non per sciroppo e succo di uve; bevande spiritose a base prodotti vitivinicoli e prodotti vitivinicoli aromatizzati; mosto cotto e vino cotto.

L’ultimo comma, il XVI, sanziona l'uso della denominazione di origine nella ragione o nella denominazione sociale di un'organizzazione diversa dal Consorzio di tutela incaricato con decreto del Ministro, con la sanzione amministrativa pecuniaria e con la sanzione accessoria dell'inibizione all'uso della ragione o della denominazione sociale.

Infatti, ci possono essere casi in cui il nome della denominazione è utilizzato non per ingannare il consumatore sull'origine del prodotto, ma semplicemente per richiamare per la propria attività un determinato prodotto. In merito si pensi al caso Amarone Arte”, in cui i principali produttori di Amarone avevano costituito tra di loro un'associazione, una società consortile anche chiamata Famiglie dell’Amarone d’Arte”, senza scopo di lucro, caso deciso dal Tribunale Venezia (sentenza n. 2283/2017 pubbl. il  24/10/2017) e dalla Corte d’Appello di Venezia (sentenza n. 4333/2019 pubbl. il 10/10/2019), che hanno sostenuto che non si può utilizzare una denominazione di origine (nella fattispecie Amarone”) in una denominazione sociale, anche se non c'è lo scopo commerciale immediato, per cui la denominazione sociale è successivamente diventata “Le Famiglie Storiche”.

Infine l’art. 83 del T.U. disciplina la Competenza all'irrogazione delle sanzioni” e al comma I dispone che la potestà di irrogare le sanzioni previste dal T.U. è attribuita all’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari), eccezion fatta per le sanzioni previste dall’art. 69, commi da 1 a 6 e comma 8, di competenza delle Regioni (tra cui il divieto di impianti vigneti, difformità di superficie, l'idoneità alla rivendicazione).

E’ stato introdotto con il T.U. (art. 85 del T.U.) l’istituto del ravvedimento operoso per alcune fattispecie riguardanti le comunicazioni e le dichiarazioni da effettuarsi da parte degli operatori del settore. La ratio dell’istituto, fino a quel momento applicato limitatamente al settore tributario, è quella di determinare effetti deflattivi del contenzioso in materia, consentendo agli operatori di regolarizzare spontaneamente errori/omissioni, prima che sia avviata l’attività di accertamento degli organi preposti, mediante il versamento di una sanzione pecuniaria di importo sensibilmente ridotto rispetto a quello edittale.
 

Per ulteriori approfondimenti sugli interventi dei relatori è disponbile la videoregistrazione del webinar insieme alle slides redatte dai medesimi relatori nella piattaforma FORMAZIONE PI, sezione Eventi.