4 maggio 2021
La Cassazione decide sull'annullamento della registrazione del marchio “Premio Lucio Dalla” per l’indebito agganciamento al nome notorio
La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere sulla legittimità di un provvedimento disposto d’ufficio in autotutela dall’Ufficio italiano brevetti e marchi per l’annullamento della registrazione di un marchio, in assenza di un formale atto di opposizione e semplicemente a seguito della segnalazione dei controinteressati alla registrazione, contestata in quanto avente ad oggetto un segno distintivo molto particolare poiché collegato, nominativamente e graficamente, al celebre cantautore Lucio Dalla senza che gli eredi avessero mai prestato il loro consenso all’utilizzo del nominativo del congiunto scomparso.
Il caso
I fatti in causa originano dall’annullamento della registrazione del marchio “Premio Lucio Dalla”, in quanto riproducente un nome notorio in campo artistico e rilasciato senza il consenso previsto dall’art. 8, comma 3, del D.Lgs. n. 30/2005, disposto dall’Ufficio italiano brevetti e marchi a carico del registrante il segno distintivo, Maurizio Meli, con provvedimento comunicato allo stesso in data 11 luglio 2014.
Il titolare del marchio si oppone all'esito della decisione proponendo ricorso presso la Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi, la quale, non discostandosi dalla decisione contestata, respinge il ricorso proposto con la sentenza n. 8/2016 depositata il 02/02/2016.
A questo punto la parte soccombente decide di ricorrere in Cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., per l’annullamento della sentenza della Commissione ricorsi, in ragione del carattere giurisdizionale e della conseguente impugnabilità delle relative decisioni per violazione di legge o per difetto di giurisdizione, presentando quale motivo di doglianza principale
- l’asserita irregolarità, a monte, del provvedimento di annullamento della registrazione del proprio marchio disposto dall’UIBM in regime di autotutela senza che - a dire della parte attrice - ne ricorressero i presupposti previsti dall’art. 21-nonies della legge 241 del 1990 (ragioni di interesse pubblico, comparazione degli interessi e decorso di un termine ragionevole), trattandosi piuttosto di una decisione resa all’esito di una segnalazione degli eredi del noto cantautore - peraltro non notificata ai controinteressati - in assenza di un vero e proprio interesse pubblico all’annullamento in autotutela e trascorsi 22 mesi dalla registrazione (superando il limite dei 18 mesi normativamente previsto per l’esercizio del potere di autotutela)
e quale ulteriore motivo di contestazione
- la violazione e falsa applicazione dell’art. 176 del D.Lgs. n. 30 del 2005, per l’asserita impossibilità dell’organo decidente di accogliere l’opposizione alla registrazione del proprio marchio in mancanza di un ricorso formale che la proponesse.
La decisione della Suprema Corte
A giudizio della Corte di Cassazione non ha pregio l’assunto di negare la qualificazione di autoannullamento d’ufficio, attribuita al provvedimento censurato, mostrando piena adesione all’impianto argomentativo e motivazionale della decisione adottata dalla Commissione ricorsi definito inattaccabile.
Infatti, la stessa ha sapientemente evidenziato che, in conseguenza del riscontro dell’illegittimità di una registrazione, sia pure su segnalazione di terzi, non sia in alcun modo precluso all’UIBM (quale ente pubblico) di procedere, alla stregua delle norme generali del procedimento amministrativo, all'annullamento d'ufficio in autotutela, ai sensi dell'art. 21-nonies della L. n. 241 del 1990, a seguito di adeguata ponderazione dell'interesse leso in rapporto all'insieme degli interessi coinvolti.
Tale potere discrezionale, evidenzia la Commissione ricorsi, non è limitato per la mera esistenza del procedimento di opposizione alla registrazione ex artt. 176 ss. D.Ls. n. 30 del 2005.
La Corte di Cassazione rafforza la presa di posizione della sentenza impugnata rilevando che, in assenza di disposizioni di segno contrario, sussiste il generale potere della p.a. di agire a tutela dell'interesse pubblico, anche rivedendo sue precedenti determinazioni, attraverso l'esercizio del potere di autotutela rispetto all'atto di primo grado, il quale può essere, a seconda dei casi, revocato ex nunc oppure annullato ex tunc.
In particolare, al fine dell'esercizio del potere di annullamento d'ufficio si richiede la previa valutazione dell'eventuale prevalente interesse a riconsiderare la decisione, in quanto esista un provvedimento illegittimo e la contestuale sussistenza dell'interesse pubblico al ritiro del provvedimento.
Il suddetto criterio è evidentemente applicabile al caso in questione in quanto la p.a. esercita un potere volto al perseguimento dell'interesse generale alla correttezza e liceità dei marchi registrati.
Né è vietato alla p.a. di attivarsi dietro un esposto o una denuncia, procedendo poi all'annullamento di un determinato provvedimento amministrativo, che resta effettuato nell'esercizio del potere di autotutela e costituisce un provvedimento d'ufficio emesso per il raggiungimento di finalità di pubblico interesse.
Sebbene sia poi mancato l'avviso ai sensi dell’art. 7 della legge 241 del 1990, come sottolineato dalla Commissione ricorsi, la natura vincolata del provvedimento non lo avrebbe potuto rendere diverso, atteso l'agganciamento indebito del marchio contestato a nome notorio e, nella parte grafica, alla sua fisionomia, estremamente palese, con perpetrata usurpazione del nome notorio altrui.
Anche la censura relativa al lasso temporale, trascorso prima dell'esercizio di tale potere, non ha pregio, perché lo stesso giudice amministrativo ha chiarito che, con riferimento al termine di 18 mesi previsto dall'art. 21-nonies, L. n. 241 del 1990, per l'esercizio del potere di autotutela, detta norma si interpreta nel senso che il superamento del rigido termine di diciotto mesi, entro il quale il provvedimento amministrativo illegittimo può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, è consentito, fra l'altro, quando l'(acclarata) erroneità dei ridetti presupposti del primo provvedimento risulti imputabile allo stesso richiedente, nel qual caso non sarebbe ragionevole pretendere dalla amministrazione il rispetto di tempi stringenti nella gestione della iniziativa in autotutela.
Tale assunto ha ancora più valore nella fattispecie considerata perché, in concreto, nell'economia dello sfruttamento di un simile marchio non potrebbe dirsi irragionevolmente ponderato l'interesse a porne nel nulla la registrazione, avvenuta usurpando un nome notorio, senza il consenso degli aventi diritto.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto deduce la violazione di una disposizione di legge - l'art. 176 D.Lgs. n. 30 del 2005 - che non è stata applicata dalla sentenza impugnata.
In conclusione, con l’ordinanza n. 11227 pubblicata il 28 aprile 2021, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto avverso la sentenza della Commissione dei ricorsi contro i provvedimenti dell'Ufficio italiano brevetti e marchi confermativa della decisione dell’UIBM di annullare la registrazione del marchio “Premio Lucio Dalla”.