• Marchi registrati

26 luglio 2021

Il nome della cantante Miley Cyrus oggetto di un confronto concettuale dinanzi al Tribunale UE

Con una recente sentenza il Tribunale dell'Unione Europea ha deciso sulla domanda di registrazione del marchio verbale MILEY CYRUS che fa riferimento al nome e cognome della famosa cantautrice e attrice statunitense.

 

Fatti di causa 

Il 21 aprile 2014, la ricorrente, Smiley Miley, Inc., ha depositato una domanda di registrazione di un marchio UE presso l'Ufficio dell'Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) per il segno denominativo MILEY CYRUS. I prodotti e servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano, tra l'altro, nelle classi 9, 16, 28 e 41 dell'accordo di Nizza. L'11 settembre 2014 la controinteressata dinanzi alla commissione di ricorso dell'EUIPO, Cyrus Trademarks Ltd, ha proposto opposizione, ai sensi dell'articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), alla registrazione del marchio richiesto. L'opposizione si basava sul marchio figurativo anteriore dell'Unione europea di seguito riprodotto, depositato il 15 giugno 2010 e registrato il 29 novembre 2010 per i prodotti delle classi 9 e 20.

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Il motivo dedotto a sostegno dell'opposizione era quello di cui all'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001).

Il 30 ottobre 2018 la divisione di opposizione ha accolto parzialmente l'opposizione in quanto sussisteva un rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore per la maggior parte dei prodotti e servizi contraddistinti dal marchio richiesto. In data 19 dicembre 2018 il ricorrente ha proposto ricorso all'EUIPO avverso la decisione della Divisione di opposizione che, con decisione del 2 aprile 2020, la quarta commissione di ricorso dell'EUIPO ha respinto il ricorso e ha constatato l'esistenza di un rischio di confusione in relazione ai prodotti e servizi in questione. Ha rilevato, in particolare, che il livello di attenzione del pubblico di riferimento variava da medio ad alto, che i prodotti e servizi in questione erano identici o simili, che i segni in conflitto erano visivamente e foneticamente simili in misura media e che il il confronto concettuale era neutrale. Alla luce di tali considerazioni, la commissione di ricorso ha concluso per la sussistenza del rischio di confusione.


La decisione del Tribunale UE

Il Tribunale UE, con la sentenza in commento (Tribunale UE sentenza 16/06/2021, causa T‑368/20) ha accolto il ricorso per le motivazioni che seguono.

In via preliminare occorre rammentare che, a sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo vertente sulla violazione dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. In sostanza, essa sostiene che la commissione di ricorso ha commesso diversi errori nella valutazione del rischio di confusione.

Ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, su opposizione del titolare di un marchio anteriore, la registrazione del marchio richiesto è rifiutata se, a causa della sua identità o della sua somiglianza con un marchio anteriore e a causa dell'identità o della somiglianza dei prodotti o servizi che i due marchi designano, esiste un rischio di confusione nella mente del pubblico del territorio in cui il marchio anteriore è protetto. Il rischio di confusione include il rischio di associazione con il marchio anteriore.

Secondo costante giurisprudenza, costituisce rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente collegate. Il rischio di confusione deve essere valutato globalmente, secondo la percezione che il pubblico di riferimento ha dei segni e dei prodotti o servizi in questione, e tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti nel caso di specie e, in particolare, l'interdipendenza della somiglianza dei segni e quella dei prodotti o servizi designati (v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB / UAMI - Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T-162/01).

Ai fini dell'applicazione dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un'identità o somiglianza dei marchi in conflitto, sia un'identità o somiglianza dei prodotti o servizi da essi designati. Si tratta di condizioni cumulative (v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI - easyGroup IP Licensing (easyHotel), T-316/07).

Occorre inoltre ricordare che, per rifiutare la registrazione di un marchio dell'Unione Europea, è sufficiente che un impedimento relativo alla registrazione ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, esista in una parte dell'Unione Europea (v., in tal senso, sentenza del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI - Licorera Zacapaneca (VENADO con cornice e altri), T-81/03, T-82/03 e T-103/03).

Dopo un'attenta analisi del pubblico di riferimento e delle somiglianze fonetiche, visive e concettuali, il Tribunale ha annullato la decisione dell'EUIPO accogliendo il ricorso della ricorrente.

In particolare, con riferimento al confronto visivo e fonetico, viene affermato dal Tribunale che la somiglianza tra i segni in conflitto non è debole.

In ordine al confronto concettuale, la commissione di ricorso ha ritenuto che il confronto concettuale tra i marchi in conflitto fosse neutro. In particolare, ha osservato che la notorietà del nome Miley CYRUS ha certamente influenzato la percezione del pubblico di riferimento. Tuttavia, il fatto che il marchio richiesto corrisponda al nome di un famosa cantante non costituisce un «significato» ai sensi della comparazione concettuale dei marchi. Inoltre, poiché i prodotti e i servizi in questione sono destinati al pubblico in generale, è probabile che una parte significativa del pubblico non stabilisca tale collegamento quando si confronta con tali prodotti e servizi. La ricorrente sostiene, in sostanza, che la commissione di ricorso, pur ammettendo che è possibile che il pubblico di riferimento percepisca il gruppo di termini «miley cyrus» come riferiti alla famosa cantante americana, avrebbe dovuto ritenere che il marchio richiesto aveva un significato chiaro e distinto da quello del marchio anteriore e che esisteva quindi una differenza concettuale tra di essi.

L'EUIPO contesta gli argomenti del ricorrente e sostiene che, sebbene risulti certamente da costante giurisprudenza che il confronto concettuale resta possibile quando il nome o cognome in questione è divenuto simbolo di un concetto a causa, in particolare, della celebrità della persona portanti tale nome o cognome, risulta altresì dalla giurisprudenza della Corte che, nel raffronto dei marchi costituiti da nomi e cognomi, occorre tener conto degli elementi specifici della specie e, in particolare, del fatto che il cognome in questione è poco diffuso o, al contrario, molto diffuso. Tuttavia, poiché né "miley" né "cyrus" costituiscono un nome o un nome frequente, ciò presupporrebbe che il pubblico di riferimento che comprenderà il marchio richiesto per MILEY CYRUS come un riferimento ad una cantante famosa possa anche percepire il solo cognome come la versione abbreviata del nome completo, designando così la stessa persona. Ciò distinguerebbe così la presente causa da quelle che hanno dato luogo alle sentenze del 24 giugno 2010, Becker/Harman International Industries (C‑51/09 P), del 22 giugno 2004, Ruiz-Picasso e altri / UAMI - DaimlerChrysler (PICARO) (T-185/02) e del 26 aprile 2018, Messi Cuccittini / EUIPO - JM.-EV e hijos (MESSI) (T-554/14, inedito) citato dalla ricorrente.

Al riguardo, il Tribunale UE rileva che la notorietà di Miley CYRUS, come cantante e attrice, è sostanzialmente riconosciuta dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata. L'esistenza di tale notorietà non è messa in discussione dalle parti. Inoltre, poiché la signora  Miley Cyrus è una figura pubblica di fama internazionale nota alle persone più informate, ragionevolmente attente e ben informate che leggono la stampa, guardano la televisione, vanno al cinema o ascoltano la radio, dove si può vedere e sentire cantare o di cui si parla regolarmente, ne consegue che il pubblico di riferimento comprenderà il marchio richiesto come designante il nome della famosa cantante e attrice americana.

Pertanto, anzitutto, sulla questione se la commissione di ricorso abbia correttamente ritenuto che una circostanza del genere non possa essere assimilata ad un «significato» ai sensi di una comparazione concettuale dei marchi, si deve ricordare che lo scopo del confronto concettuale consiste nel confrontare i «concetti» contenuti nei segni in conflitto. Il termine "concetto" significa, secondo la definizione data, ad esempio, dal dizionario Larousse, «idea generale e astratta che la mente umana ha di un oggetto di pensiero concreto o astratto, e che le permette di mettere in relazione a questo stesso oggetto le varie percezioni che ha di esso, e di organizzare la sua conoscenza» [sentenza 27 giugno 2019, Sandrone/EUIPO - J. García Carrión (Luciano Sandrone), T-268/18, punto 83]. Parimenti, secondo la giurisprudenza, la somiglianza concettuale implica che i segni in conflitto siano coerenti nel loro contenuto semantico (v., in tal senso, sentenza dell'11 novembre 1997, SABEL, C-251/95, punto 24).

Pertanto, il confronto concettuale rimane possibile quando il nome o il cognome in questione è diventato simbolo di un concetto, ad esempio a causa della celebrità della persona che porta questo nome o cognome, o quando questo nome o cognome ha un chiaro contenuto semantico immediatamente riconoscibile (sentenza del 27 giugno 2019, Luciano Sandrone, T-268/18, punto 86).

Pertanto, la commissione di ricorso avrebbe dovuto concludere, sulla base delle proprie constatazioni, che il pubblico di riferimento era in grado di effettuare un'associazione concettuale tra il gruppo di termini «miley cyrus» e il nome della celebre cantante e attrice americana, come argomenta giustamente la ricorrente.

Di conseguenza, a torto la commissione di ricorso ha ritenuto che il nome della famosa cantante e attrice americana Miley CYRUS, che componeva il marchio richiesto, non avesse alcun significato concettuale.

Per quanto riguarda il marchio anteriore CYRUS, va rilevato che, contrariamente a quanto sostiene l'EUIPO, il fatto che il nome CYRUS non costituisca un cognome frequente non consente necessariamente di dedurre, caso per caso, che il pubblico di riferimento percepirà tale cognome solo come versione abbreviata del nome completo Miley CYRUS, designando così la stessa persona. Miley CYRUS commercializza le sue attività e si esibisce sul palco utilizzando il suo nome e cognome presi insieme. D'altra parte, non è stato sostenuto o dimostrato che fosse conosciuta come cantante o attrice solo con il suo cognome. È chiaro che la notorietà di Miley CYRUS, come cantante e attrice, risulta dal suo nome e cognome presi insieme, non solo dal suo cognome. Pertanto, il solo fatto che sia poco frequente non consente di dedurre che il pubblico di riferimento percepirà il termine «cyrus» da solo come designante la famosa cantante e attrice Miley CYRUS, la quale, secondo le informazioni a disposizione del Tribunale, non ha mai usato durante la sua carriera il nome CYRUS preso isolatamente. Si deve pertanto ritenere che il marchio anteriore non abbia un significato semantico particolare per il pubblico di riferimento. 

Dalle considerazioni che precedono risulta quindi che la ricorrente ha ragione a sostenere che i marchi in conflitto sono concettualmente diversi e che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il confronto concettuale fosse neutro.