• Marchi di fatto

29 novembre 2021

La tutela del marchio non registrato: l'uso effettivo del segno come presupposto fondamentale

di Martina Mazzei

In una recente sentenza il Tribunale di Roma si è occupato della tutela del marchio non registrato e delle condizioni richieste per l’acquisto del diritto sul marchio di fatto.


Il marchio è il segno distintivo di prodotti e/o servizi offerti al pubblico sul mercato, la cui fondamentale funzione è quella di differenziare i prodotti di un imprenditore da quelli dei concorrenti. Tale funzione distintiva consente al pubblico dei consumatori di riconoscere con facilità i prodotti provenienti da una data impresa, così da poter operare le proprie scelte in maniera consapevole. 

Come noto, ai sensi degli artt. 12 e 25 CPI il marchio è nullo quanto difetta il requisito della novità.  Ai sensi dell’art. 12 CPI, in particolare, non sono nuovi e quindi non possono essere registrati come marchi i segni che: “alla data del deposito della domanda (…) siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato (…) per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell’identità o somiglianza fra i segni o dell’identità o affinità fra i prodotti o i servizi possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni” (art. 12, comma 1, lett. e) CPI), nonché che “siano identici o simili ad un marchio già da altri registrato (…) per prodotti o servizi anche non affini quando il marchio anteriore goda (…) di rinomanza e quando l’uso di quello successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi” (art. 12, comma 1, lett. f) CPI). 

Nel caso analizzato dal Tribunale di Roma nella decisione in commento (sentenza del 14 ottobre 2021, n. 16039), il giudice si è occupato dell’utilizzo di un marchio da parte della società attrice in epoca anteriore alla registrazione del segno da parte della convenuta. In tali ipotesi, come ricorda il Tribunale, in assenza di registrazione il diritto sul marchio di fatto si acquista con l’uso, il quale però deve essere qualificato dalla notorietà, cioè dalla diffusa percezione presso il pubblico della natura distintiva del segno

Infatti l’art. 12, co. 1, lett. a) C.P.I. (che riunisce le previgenti norme contenute negli artt. 9 e 17, co. 1, lett. b) l. marchi), permette al preutente di reagire contro l’altrui successiva registrazione di un segno eguale o similare solo in caso di «notorietà non puramente locale», la quale determina la nullità, per difetto di novità, del successivo marchio registrato e gli consente di proseguire l’uso del proprio marchio di fatto. La notorietà locale si limita invece a circoscrivere l’ambito territoriale di protezione del marchio di fatto verso i segni non registrati di terzi e di conservazione del diritto di usarlo in caso di altrui successiva registrazione. La tutela è subordinata alla presenza di una possibilità di confusione del pubblico, la quale presuppone che il segno sia almeno in qualche misura noto al pubblico stesso; di qui la necessità, oltre che dell’uso, della notorietà sul mercato del segno, o più precisamente di un uso qualificato idoneo a creare tale notorietà. 

Perciò occorre tenere distinto l’elemento dell’uso da quello della notorietà, la quale non costituisce il semplice riflesso del carattere pubblico dell’uso e quindi una sua automatica conseguenza, ma presuppone che il segno abbia acquistato presso il pubblico una concreta idoneità distintiva ovvero sia da questo effettivamente e apprezzabilmente conosciuto. 

Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che la tutela del marchio non registrato trova fondamento nella funzione distintiva che esso assolve in concreto e, pertanto, presuppone la sua utilizzazione effettiva, con la conseguenza che essa non è esperibile in rapporto a segni distintivi di un'attività d'impresa mai esercitata. In tal senso la Corte di Cassazione (Cass. Sez. 1, sentenza n. 3224 del 01/04/1994 e Cass. Sez. 1, sentenza n. 9889 del 13/05/2016) proprio con riferimento ad un’ipotesi in cui chi vantava il preuso sosteneva di essere succeduto nell’utilizzo del marchio iniziato da altro soggetto ha affermato che “la Corte territoriale ha mancato di verificare, sul piano diacronico, il passaggio del marchio dalla  società estintasi a quella che si assume ad essa succeduta […] con la necessaria delimitazione dei termini temporali dell’attività di preuso e del riscontro del suo carattere continuo e non interrotto…” 

La protezione del preuso si ricollega ad un’esigenza di tutela dell’uso effettivo. L’uso è sostitutivo della pubblicità del marchio conseguente alla registrazione; mentre il marchio registrato può appartenere a chiunque assuma l’iniziativa di procedere alla registrazione, per l’acquisto del diritto sul marchio di fatto occorre l’uso effettivo e quindi l’esercizio di un’attività imprenditoriale. L’uso effettivo del segno deve essere stato omogeneo e costante nel tempo, e quindi non deve essere sporadico, casuale, occasionale o comunque non continuativo (Tribunale di Bologna 16 gennaio 2018). Infatti, l’utilizzazione effettiva del segno rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie e la sua assenza determina di per sé l’impossibilità di realizzare una delle condizioni indispensabili per la sua tutela qualora, a seguito dell’interruzione del suo uso e della conseguente perdita di notorietà, sia trascorso un rilevante lasso di tempo. 
 


Avv. Martina Mazzei
Dottoranda di ricerca presso l’Università La Sapienza