• Proprietà industriale - Aspetti generali

17 ottobre 2023

La riforma del Codice della proprietà industriale: cosa cambia?

Lo scorso 3 ottobre Sprint Soluzioni Editoriali in collaborazione con INDICAM ha organizzato il webinar "La riforma del Codice della proprietà industriale: cosa cambia?" dedicato alle novità introdotte dalla Legge 24 luglio 2023, n. 102 (recante le “Modifiche al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30” ed in vigore dal 23 agosto 2023), per dare la parola a rinomati professionisti, esperti della materia, al fine di illustrare e commentare i punti principali della riforma del sistema della proprietà industriale, operata all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, come evidenziato dal Prof. Avv. Cesare Galli, che ha preso parte all'evento in veste di relatore, ha affidato al legislatore l'incarico di definire una strategia pluriennale per la proprietà industriale, con l'obiettivo di conferire valore all'innovazione e incentivare l'investimento del futuro.


Il primo relatore dell’evento è il Prof. Avv. Cesare Galli (Studio IP Law Galli), avvocato e titolare della cattedra di Diritto industriale nell’Università degli Studi di Parma, che dal 2002 figura nelle guide specializzate internazionali come uno dei maggiori specialisti italiani nella difesa della proprietà industriale.

Il Prof. Galli si addentra nella materia definendo questa come una “piccola riforma” rispetto a quella molto più organica varata col decreto legislativo del n. 131 del 2010, riconoscendo, tuttavia, alla prima il merito di aver portato alcuni significativi cambiamenti nell'ambito del nostro diritto della proprietà industriale.

Come ricorda il relatore, la revisione del codice della proprietà industriale nasce dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) che prevede, tra l'altro, la riforma del sistema della proprietà industriale come uno dei suo punti portanti. Il Piano di ripresa e resilienza per la riforma del sistema della proprietà industriale ha affidato al legislatore l'incarico di definire una strategia pluriennale per la proprietà industriale, con l'obiettivo di conferire valore all'innovazione e incentivare l'investimento del futuro.

A proposito di questo provvedimento, fortemente incentrato sul tema dei brevetti, il Prof. Galli parla di “controriforma dell'articolo 65 del codice della proprietà industriale” (v. l’articolo a firma del Prof. Avv. Cesare Galli pubblicato nella rivista "Tendenze e Sviluppi di Diritto Industriale"), che ha abolito il cosiddetto Professor privilege (il privilegio dei professori), ex articolo 24 bis della legge invenzioni, una disposizione introdotta  dalla Legge 18 ottobre 2001, n. 383 (cosiddetta “Tremonti-bis”, o “legge dei cento giorni” del secondo Governo Berlusconi).

Tale norma, infatti, prevedeva che la titolarità delle invenzioni realizzate da dipendenti di università e di enti pubblici di ricerca fosse sempre attribuita ai dipendenti medesimi, in deroga alla disposizione generale prevista dagli articoli 23 e 24 della legge invenzioni, oggi articolo 64 del codice della proprietà industriale, per tutti gli altri dipendenti.

Il Prof. ricorda che, ufficialmente, quando questa norma venne varata, si disse che serviva per evitare che le invenzioni, rimanendo in capo alle università che non erano capaci di valorizzarla, restassero, per così dire, nel cassetto. Mentre attribuendone la titolarità ai professori, questi avrebbero avuto la possibilità e la capacità di valorizzarle, cosa che nei fatti, sottolinea il relatore, non sembra essere avvenuta.

Anzi aggiunge che, in realtà, in quasi tutte le circostanze gli inventori preferiscono che sia l'università a farsi carico della brevettazione e di godere dei benefici che possono loro derivare essenzialmente dal poter condividere gli utili ricavati dall'università nell'organizzazione medesima.

La disciplina normativa è dunque attualmente cambiata, come si evince dal confronto testuale, operato dal relatore, tra la previgente formulazione ed il nuovo testo del primo comma dell’articolo 65 c.p.i.. Il testo previgente dell’art. 65 c.p.i. (rubricato “Invenzioni dei ricercatori delle università e degli enti pubblici di ricerca”) stabiliva che:

1. In deroga all'articolo 64, quando il rapporto di lavoro intercorre con un università o con una pubblica amministrazione avente tra i suoi scopi istituzionali finalità di ricerca, il ricercatore è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione brevettabile di cui è autore.

Mentre attualmente l’art. 65 c.p.i. (rubricato “Invenzioni dei ricercatori delle università, degli enti pubblici di ricerca e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - IRCSS”) prevede che:

1. In deroga all’articolo 64, quando l’invenzione industriale è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, anche se a tempo determinato, con un’università, anche non statale legalmente riconosciuta, un ente pubblico di ricerca o un istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), nonché nel quadro di una convenzione tra i medesimi soggetti, i diritti nascenti dall’invenzione spettano alla struttura di appartenenza dell’inventore, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore, nei termini di cui al presente articolo”.

Il nuovo regime si applica a tutte le invenzioni che siano state conseguite dopo il 23 agosto di questo anno ed, a tal proposito, il Prof. Galli opera l’importante puntualizzazione che “tale regime riguarda tutte le invenzioni conseguite e non quelle che hanno ottenuto il brevetto”. Pertanto - ribadisce il relatore - prima del 23 agosto continua ad applicarsi la vecchia disciplina, per cui le invenzioni competono ai titolari, mentre per ciò che riguarda, viceversa, le invenzioni realizzate a partire da questa data si applica la nuova disciplina e quindi tutto ritorna nelle mani dell'università.

Di seguito il relatore evidenzia le altre principali differenze tra il testo previgente dell’art. 65 c.p.i. e la nuova formulazione, sottolineando, in primis, che il testo originario dell'articolo 65 prevedeva, alla seconda proposizione del primo comma, che, in caso di più autori dipendenti dell'università, delle pubbliche amministrazioni o di altre pubbliche amministrazioni, i diritti derivanti dall'invenzione appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione, mentre attualmente la norma prevede che se l’invenzione è conseguita da più persone, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono a tutte le strutture interessate in parti uguali, salva diversa pattuizione e fermo restando quanto previsto dall’articolo 6.

Quest'ultima norma richiamata dall'art. 65 c.p.i. stabilisce in realtà che vi sia una presunzione di eguaglianza delle quote, salvo prova contraria, con la conseguenza, messa in risalto dal relatore, che è possibile individuare il soggetto che abbia svolto la parte principale dell'attività inventiva e, di contro, anche colui che non ha svolto alcuna attività inventiva e che non può quindi vantare alcun diritto.

Il Prof. Galli passa poi ad esaminare il quarto comma del nuovo testo dell’articolo 65 c.p.i., ai sensi del quale:

4. I soggetti indicati al comma 1, nell’ambito della propria autonomia, disciplinano:

a) le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo ai soggetti che hanno titolo a partecipare alle attività di ricerca, compresi gli studenti dei corsi di laurea per i risultati inventivi conseguiti nell’ambito delle attività di laboratorio ovvero nei percorsi di laurea;
b) i rapporti con gli inventori e le premialità connesse con l’attività inventiva;
c) i rapporti con i finanziatori della ricerca che produca invenzioni brevettabili, regolati mediante accordi contrattuali redatti tenendo conto di quanto previsto al comma 5;
d) ogni altro aspetto relativo alle migliori forme di valorizzazione delle invenzioni”.

Il relatore commenta positivamente la norma in questione, sottolineando che i soggetti indicati al primo comma, cioè per l'appunto le università e le istituzioni pubblici di ricerca, nell'ambito della propria autonomia, disciplinano le modalità di applicazione delle disposizioni del presente articolo ai soggetti che hanno titolo a partecipare all'attività di ricerca, compresi gli studenti dei corsi di laurea (e, aggiunge il Prof. Galli, ovviamente, dei dottorati di ricerca) per i risultati inventivi conseguiti nell'ambito delle attività di laboratorio, ovvero nei percorsi di laurea.

Alquanto significativa, è a giudizio del Prof. Galli, la lett. b) della disposizione che fa riferimento “ai rapporti con gli inventori e le premialità connesse con l’attività inventiva”, in quanto i soggetti che rientrano nel articolo 65, primo comma, hanno diritto ad avere un equo premio e le premialità connesse con l'attività inventiva vengono disciplinate dal regolamento universitario, con la conseguenza prevedibile, a parere del relatore, che in qualche modo le università potranno farsi concorrenza al loro interno, magari anche offrendo delle condizioni di premialità migliori rispetto ad altre per attirare verso di sé i ricercatori.

Infatti, il relatore ben evidenzia che il rapporto fra l'università e i suoi ricercatori, può diventare uno strumento di competizione fra università e quindi anche un modo per attirare ricercatori anche dall'estero.

Conclusivamente il Prof. Galli richiama il testo dell’articolo 65 bis (rubricato “Uffici di trasferimento tecnologico”), che prevede quanto segue:

1. Le istituzioni universitarie e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, gli enti pubblici di ricerca ovvero gli IRCCS possono dotarsi, nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, anche in forma associativa nell’ambito della propria autonomia, di un ufficio di trasferimento tecnologico con la funzione di promuovere la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, anche attraverso la promozione di collaborazioni con le imprese.

Il personale addetto all’ufficio di cui al presente comma è in possesso di qualificazione professionale adeguata allo svolgimento delle attività di promozione della proprietà industriale del medesimo ufficio”.

Il relatore definisce questa una norma puramente programmatica che consente agli enti summenzionati di scegliere liberamente se dotarsi o meno, “nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente”, di un ufficio di trasferimento tecnologico con la funzione di promuovere la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale, anche attraverso la promozione di collaborazioni con le imprese, auspicando a tal proposito una collaborazione sempre più stretta tra il settore pubblico e quello privato.


Interviene successivamente l’Avvocato Duilio Cortassa (Studio legale ​LJLex), specializzato in diritto di proprietà industriale, applicato, in particolare, al settore alimentare, al mondo dei vini e al mondo dei prodotti agroalimentari.

Richiama innanzitutto il primo articolo della legge di riforma che ha come rubrica Il divieto di registrazione di marchi evocativi di indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta”, sottolineando che tale articolo introduce il divieto di registrazione come marchi dei segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine protette.

Il relatore evidenzia che il testo dell'articolo 13 del codice della proprietà industriale novellato nel 2019 (entrato in vigore dal 3 marzo 2019, a seguito dell’attuazione della Direttiva UE n. 2436/2015 operata dal D.Lgs. 20 febbraio 2019, n. 15), prevede che non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa, tra l’altro, i segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o sevizi, oppure anche, e questa è la novità del 2019, sulla tipologia di marchio.

Ora invece, il legislatore con questa ultima riforma ha voluto parlare esplicitamente di marchi evocativi, di denominazione di origine o di indicazioni geografiche, ovverosia il concetto su cui il legislatore si è voluto, in questo caso soffermare, è proprio il concetto di evocazione che - precisa il relatore - è un concetto molto più ampio.

Infatti il novellato articolo 14 (rubricato “Liceità e diritti di terzi”) pone, tra i divieti generali alla registrazione come marchio d'impresa, quello relativo ai segni idonei ad ingannare il pubblico, in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o sulla qualità dei prodotti o servizi, ovvero sulla tipologia di marchio, nonché i segni evocativi, usurpativi o imitativi di indicazioni geografiche e di denominazioni di origine protette in base alla normativa statale o dell’UE, inclusi gli accordi internazionali di cui l'Italia o l’UE sono parte.

Il relatore opera, a riguardo, importanti puntualizzazioni terminologiche, chiarendo che l’usurpazione del segno si verifica quando il contraffattore usa senza autorizzazione (o chiede la protezione per) non un segno simile o confondibile, ma proprio il segno oggetto di privativa (nella fattispecie rientra l’usurpazione dell’indicazione geografica) e che è ricompresa nella lettera c) del primo comma dell’articolo 14, laddove è detto “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio d'impresa i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi”.

Passa poi ad illustrare il concetto di "imitazione", precisando che significa utilizzare un segno che suscita nel consumatore l'impressione di stare acquistando un prodotto che ha un marchio o un segno geografico, che il consumatore si aspetta, non perché quel segno o quel marchio sia riprodotto esattamente sull'etichetta o sulla confezione del prodotto, ma perché è molto simile (all’originale).

Successivamente definisce la nozione di "evocazione", riferendola all’ipotesi in cui il termine utilizzato per designare un prodotto incorpori una parte di una DOP, di modo che il consumatore, in presenza del nome del prodotto, sia indotto a pensare, come immagine di riferimento, alla merce che gode di tale denominazione.

Tuttavia il concetto di evocazione - ricorda il relatore - esiste già nel diritto italiano e a tal fine vengono citate alcune norme:

  • l’art. 13, c. 1, lett. b) del Reg. UE n. 1151/2012: “I nomi registrati sono protetti contro: … b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, …»;
  • l’art. 103, par. 2, lett. b), del Reg. (UE) n. 1308/2013:Le DOP e le IGP e i vini che usano tali denominazioni protette …sono protette contro: … b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione…»;
  • nei medesimi termini si esprimeva l’art. 118 quaterdecies, par. 2, lett. b), del Reg. n. 1234/2007;
  • l’art. 2, c. 2, del D.Lgs. n. 297 del 2004 per cui “…, chiunque …usurpa, imita, o evoca una denominazione protetta, o il segno distintivo o il marchio, anche se l'origine vera del prodotto è indicata o se la denominazione protetta è una traduzione non consentita o è accompagnata da espressioni quali genere, tipo, metodo, alla maniera, imitazione, o simili è sottoposto alla sanzione …”

Conclusivamente l’Avv. Cortassa, sull’argomento, osserva che il legislatore ha voluto utilizzare un concetto già noto per ulteriormente caratterizzare la norma, i cui effetti pratici forse erano stati già raggiunti dalla giurisprudenza in questi anni.

Il relatore passa ad illustrare, quindi, il secondo intervento contenuto nella legge n. 102/2023 in materia di DO, che è quello di cui all’articolo 15 (che era l’articolo 13, invece, del disegno di legge d’iniziativa del Governo e sottoposto al Senato), rubricato “Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche mediante opposizione”, che modifica la lettera d-bis dell’articolo 177 c.p.i., aggiunta dall'art. 25, comma 1, del D.Lgs. 20 febbraio 2019, n. 15.

Il disegno di legge introduce all’art. 177, comma 1, c.p.i., che elenca i soggetti legittimati all'opposizione, la nuova lettera d-bis) «i soggetti legittimati a tutelare i diritti conferiti da una denominazione di origine o da un’indicazione geografica nonché, in assenza di un consorzio di tutela riconosciuto ai sensi della legge 21 dicembre 1999, n. 526, o della legge 12 dicembre 2016, n. 238, il Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste quale autorità nazionale competente per le denominazioni di origine protette e per le indicazioni geografiche protette agricole, alimentari, dei vini, dei vini aromatizzati e delle bevande spiritose».

Il legislatore guarda in particolare alle denominazioni prive di un Consorzio di tutela riconosciuto, attribuendo al MASAF la legittimazione a proporre opposizione, dinanzi all’UIBM, alla registrazione di marchi identici o simili a tali DO e IG prive di Consorzio di tutela.

Si comprende bene l’importanza della riforma se si considera che - come messo in luce dall'Avv. Cortassa - la relazione illustrativa sulla riforma del codice presentato ci dice che dai dati del Mnistero, in Italia, risulterebbero riconosciuti 285 consorzi di tutela rispetto alle 875 indicazioni geografiche, che possono essere denominazioni di origine protetta, indicazioni geografiche protette, e per molte di queste indicazioni prive di consorzio non vi sarebbero quindi soggetti legittimati a presentare opposizione.
 

Prende quindi la parola l'ing. Lucia Vittorangeli, ingegnere meccanico e consulente di proprietà industriale, area brevetti, dello Studio Bugnion, la quale definisce la riforma operata dalla legge come una "piccola ma significativa riforma", soprattutto dal punto di vista dell'utilità ed, in totale accordo con le affermazioni rese dal Prof. Galli nell'intervento di apertura, ritiene che il novellato art. 65 c.p.i., dedicato alle “Invenzioni dei ricercatori delle università, degli enti pubblici di ricerca e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico - IRCSS”, si pone nell'ottica di favorire il riportare ricercatori e risorse in Italia e di far conoscere l'Italia anche dal punto di vista della ricerca e dei risultati della ricerca, quindi far conoscere come l'Italia si pone verso l'estero.

L'ingegnere accoglie con favore la novella della disposizione nella parte in cui dispone la proroga dei termini di cui all'attuale testo dell'articolo 65 c.p.i., che,  ai commi 2 e 3, prevede quanto segue: 

"2. L'inventore deve comunicare l'oggetto dell'invenzione alla struttura di appartenenza con onere a carico di entrambe le parti di salvaguardare la novità della stessa. Qualora non effettui detta comunicazione, l'inventore non può depositare a proprio nome la domanda di brevetto, ai sensi del comma 3, fermi restando la possibilità di rivendica ai sensi dell'articolo 118 e quanto previsto dagli obblighi contrattuali.

3. La struttura di appartenenza, entro sei mesi decorrenti dalla ricezione della comunicazione di cui al comma 2, deposita la domanda di brevetto o comunica all'inventore l'assenza di interesse a procedervi. Il termine di sei mesi di cui al primo periodo è prorogato per un massimo di tre mesi, previa comunicazione all'inventore, a condizione che la proroga sia necessaria per completare le valutazioni tecniche avviate dalla struttura di appartenenza immediatamente dopo la ricezione della comunicazione di cui al comma 2. Qualora la struttura di appartenenza non provveda entro il predetto termine a depositare la domanda di brevetto, l'inventore può procedere autonomamente al deposito a proprio nome della domanda di brevetto. L'inventore può altresì procedere autonomamente al deposito qualora la struttura di appartenenza abbia comunicato, in pendenza del predetto termine, l'assenza di interesse a procedervi".

La relatrice, parlando proprio di novità, tiene a precisare che salvaguardare la novità, vuol dire anche tenere conto dei tempi di redazione di un testo brevettuale, mettendo in luce il fatto che quest'ultimo diventa sempre più complicato da scrivere perché la tecnologia è diventata sempre più complessa e sempre più trasversale fra i vari settori tecnologici.

Richiama quindi l'articolo 148 c.p.i. (rubricato "Ricevibilità ed integrazione delle domande e data di deposito") nelle parti novellate, di seguito riportate:

"1. Le domande di brevetto, di registrazione e di rinnovazione di cui all'articolo 147, comma 1, non sono ricevibili: (...)

c) in assenza di pagamento, per le domande di brevetto per invenzione o modello di utilità, dei diritti di deposito entro il termine di cui al comma 4-bis.

1-bis. L'irricevibilità, salvo quanto stabilito nel comma 3, è dichiarata dall'Ufficio italiano brevetti e marchi. (...)

4-bis. Per la domanda di brevetto per invenzione o modello di utilità, il pagamento dei diritti di deposito è effettuato improrogabilmente entro un mese dalla data di presentazione  della domanda stessa. In tal caso, ai fini del riconoscimento della priorità, è ritenuta valida la data di presentazione."

L'ing. Vittorangeli commenta positivamente tale disposizione, sostenendo che la modifica della ricevibilità e del pagamento dei diritti di deposito aiuta molto i c.d. "addetti ai lavori" nella prassi quotidiana. Aggiunge, infatti, che il poter pagare entro un mese dalla data di presentazione della domanda di brevetto per invenzione o modello di utitlità costituisce una grande agevolazione, soprattutto in considerazione del fatto che i tempi, solitamente, sono molto stretti nella procedura di richiesta e ottenimento di brevetti.

Tanto più che nel momento in cui si deposita la domanda l'operazione fondamentale da compiere è la descrizione, che costituisce il requisito principale per la ricevibilità.

La data di deposito viene salvaguardata se il richiedente arriva a pagare improrogabilmente entro un mese i diritti di deposito. Qualora, invece, dovesse mancare questa prova del pagamento, il richiedente ha la possibilità che l'Ufficio lo inviti a presentare la prova del pagamento. Tale richiesta di integrazione è prevista dai commi 2, 3 e 4 dell'art. 148 c.p.i.:

"2 L'Ufficio italiano brevetti e marchi invita il richiedente a fare le necessarie integrazioni, soggette ad un diritto di mora in caso di pagamento tardivo, entro il termine di due mesi dalla data della comunicazione se constata che:

a) alla domanda di invenzioni industriali e modelli di utilità non è allegato un documento che possa essere assimilato ad una descrizione ovvero manchi parte della descrizione o un disegno in essa richiamato ovvero la domanda contiene, in sostituzione della descrizione, il riferimento ad una domanda anteriore di cui non sono forniti il numero, la data di deposito, lo stato in cui è avvenuto il deposito ed i dati identificativi del richiedente; (...)

3. Se il richiedente ottempera all'invito dell'ufficio entro il termine di cui al comma 2 o provvede spontaneamente alla relativa integrazione, l'Ufficio riconosce quale data del deposito, da valere a tutti gli effetti, quella di ricevimento della integrazione richiesta e ne dà comunicazione al richiedente. Se il richiedente non ottempera all'invito dell'ufficio entro il termine di cui al comma 2, salvo il caso in cui, entro tale termine, abbia fatto espressa rinuncia alla parte della descrizione o disegno mancanti di cui al comma 2, lettera a), l'Ufficio dichiara l'irricevibilità della domanda ai sensi del comma 1.

4. Se tuttavia l'integrazione concerne solo la prova dell'avvenuto pagamento dei diritti nel termine prescritto ovvero l'indicazione del domicilio o del mandatario e tale prova o indicazione è consegnata entro il termine di cui al comma 2, l'Ufficio, salvo quanto stabilito dal comma 4-bis per le domande di brevetto per invenzione o modello di utilità, riconosce quale data di deposito quella del ricevimento della domanda."

Precisa dunque la relatrice che questa norma, in ogni caso, consente al richiedente di avere un primo deposito, che comunque serve eventualmente per prendere una data, dandogli, nel contempo, la possibilità di completare il testo successivamente con aggiunte che ovviamente avrebbero una data successiva. 


Subentra poi nella tavola di discussione la Dott.ssa Giovanna Del Bene (THINX Intellectual Property Protection), consulente, marchi e mediatore, esperto in tecniche di negoziazione, che fornisce una sintetica panoramica degli interventi della Legge n. 102/2023 in tema di decadenza e nullità del marchio.

Passa quindi in rassegna i tre articoli della legge che riguardano appunto i procedimenti di nullità e di decadenza, ovverosia gli articoli 26, 27 e 28 della legge di riforma.

  • L'articolo 26 (rubricato Esperibilità del procedimento di nullità dei marchi a tutela dell'immagine e della reputazione dell'Italia e divieto di parcellizzazione delle domande di nullità e decadenza”) prevede:

- la possibilità di richiedere la nullità di un marchio caratterizzato da parole, figure o segni lesivi dell'immagine o della reputazione dell'Italia (art. 184 bis, comma 3, lett. a, c.p.i.);

- il divieto di parcellizzazione della domanda di immunità e decadenza, pertanto il titolare di uno o più diritti anteriori che abbia preliminarmente domandato la nullità o la decadenza del marchio non può presentare un'altra domanda di nullità o decadenza fondata su un altro dei diritti che avrebbe potuto far valere a sostegno della prima domanda (art. 184 bis, comma 8-bis c.p.i.). E questo è in linea anche con quelle che sono le le previsioni a livello europeo.

  • L'articolo 27 (rubricato Ulteriore definizione delle fasi del procedimento di nullità e decadenza):

- interviene qualificando come istanza e non più come domanda l’atto, con il quale si chiede l'accertamento della decadenza o la dichiarazione di nullità del marchio;

- stabilisce che l'oggetto della comunicazione dell'istanza alle parti debba contenere l'avviso della facoltà di raggiungere un accordo di conciliazione;

- elimina la previsione per cui alla comunicazione delle parti dell'istanza deve essere allegato qualsiasi documento presentato dal richiedente;

- disciplina l'ipotesi del mancato raggiungimento di accordo, consentendo al titolare del marchio di presentare per iscritto le proprie deduzioni entro il termine di 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione (art. 184 quater, commi 1, 2 e 3 c.p.i.).

  • Infine, l'articolo 28 (rubricato Estinzione del procedimento di nullità o decadenza nel caso di rinuncia al marchio contestato) introduce tra le cause di estinzione del procedimento di decadenza o nullità del marchio, la rinuncia allo stesso (art. 184 octies, comma 1, lett. c, c.p.i.).

La relatrice aggiunge poi che le novità principali riguardano le modifiche dell'articolo 184 quater c.p.i., che è rubricato Esame della domanda di decadenza o di nullità e decisione”, constatando, altresì, che la legge 102 ha articolato in maniera più puntuale, le fasi e i termini del procedimento di nullità e decadenza delineandoli, sostanzialmente sulla falsariga di quanto previsto per i procedimenti di opposizione.

L’art. 184 quater c.p.i., nella versione previgente alla riforma, ai primi 3 commi, stabiliva:

1. Se la domanda di decadenza o di nullità è ricevibile e ammissibile l'Ufficio italiano brevetti e marchi invia una comunicazione alle parti informandole dell'inizio della fase in contraddittorio del procedimento di decadenza o nullità e invitando il titolare del marchio a depositare osservazioni entro un termine stabilito. Le osservazioni depositate dalle parti sono comunicate all'altra parte dall'Ufficio italiano brevetti e marchi.

2. Alla comunicazione di cui al comma 1 indirizzata al titolare del marchio è allegata copia dell'istanza di decadenza o nullità e qualsiasi documento presentato dal richiedente.

3. Nel corso del procedimento di decadenza o nullità l'Ufficio italiano brevetti e marchi può, in ogni momento, assegnare alle parti un termine per produrre ulteriori documenti o svolgere deduzioni od osservazioni in funzione delle allegazioni, deduzioni ed osservazioni delle altre parti”.

Invece, l’attuale art. 184 quater c.p.i., ai primi 3 commi, prevede che:

1. L'Ufficio italiano brevetti e marchi, verificate la ricevibilità e l'ammissibilità dell'istanza di decadenza o di nullità, comunica detta istanza alle parti con l'avviso della facoltà di raggiungere un accordo di conciliazione entro due mesi dalla data della comunicazione, prorogabili, su istanza comune delle parti, fino al termine massimo di un anno.

2. Alla comunicazione prevista dal comma 1 è allegata copia dell'istanza di decadenza o di nullità.

3. In assenza di accordo ai sensi del comma 1, il titolare del marchio di cui è chiesta la decadenza o la nullità può presentare per iscritto le proprie deduzioni entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione”.

I primi tre commi dell'articolo 184 quater del codice della proprietà industriale sono stati completamente modificati, mentre i rimanenti commi dal 4 al 7 sono rimasti invariati.

La prima novità, secondo la relatrice, riguarda il comma 1 in cui l'atto con il quale si chiede l'accertamento della decadenza o la dichiarazione di nullità del marchio viene ora qualificato come istanza e non più come domanda.

La modifica non ha natura sostanziale, trattandosi di una mera precisazione terminologica.

Ciò nonostante, da notare, a detta della Dott.ssa del Bene, che l'articolo 184 quater rimane comunque rubricato, facendo riferimento all'esame della domanda di decadenza o di nullità.

È confermato poi l'esame preliminare da parte dell’UIBM della ricevibilità e dell'ammissibilità dell’istanza di decadenza.

Viene però stabilito che l'oggetto della comunicazione dell'istanza alle parti debba contenere l'avviso della facoltà di raggiungere un accordo di conciliazione entro due mesi dalla data di ricevimento della comunicazione. Questo termine è prorogabile su istanza congiunta delle parti fino al termine massimo di un anno.

Secondo la relatrice, si tratta della prima novità veramente rilevante introdotta dalla nuova formulazione della norma, in quanto in precedenza la comunicazione doveva contenere meramente l'informativa dell'inizio della fase del contraddittorio del procedimento di decadenza o di nullità e l'invito al titolare del marchio a depositare osservazioni entro un termine stabilito dall’Ufficio.

Mentre adesso - osserva la Dott.ssa Del Bene - sulla falsariga del procedimento di opposizione, viene introdotta la possibilità per le parti di raggiungere un accordo di conciliazione, favorendo una conclusione transattiva della questione.

E la previsione di uno spazio conciliativo permette proprio di agevolare il raggiungimento di un accordo in tempi brevi e questo a favore sia non solo dell'Ufficio e dei contenziosi, ma soprattutto nell’interesse delle parti.

Passando poi al comma 2, sottolinea che sono state previste le seguenti novità, ovverosia viene innanzitutto eliminata la specificazione per cui la comunicazione deve essere indirizzata al titolare del marchio, in quanto, come avviene nel procedimento di opposizione, la comunicazione viene indirizzata ad entrambe le parti informandole appunto della possibilità di raggiungere un accordo conciliativo.

Viene confermato l'obbligo di allegare alla comunicazione copia dell'istanza di decadenza o di nullità, ma viene eliminata la previsione per cui alla comunicazione deve essere allegato qualsiasi documento presentato dal richiedente, essendo ora invece previsto che alla comunicazione sia allegata esclusivamente la copia dell’istanza.

Infine, la terza novità riguarda la novella del comma 3, con cui viene disciplinata l'ipotesi del mancato raggiungimento di un accordo ai sensi del comma uno.

Innanzitutto è da notare che la mancanza di accordo determina l'inizio della fase contenziosa del procedimento.

Inoltre, in mancanza dell'accordo, viene ora stabilito che il titolare del marchio soggetto a decadenza o nullità ha la facoltà di presentare per iscritto le proprie deduzioni entro un termine ben preciso, cioè il termine di 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione, mentre, invece, nella formulazione previgente si attribuiva, genericamente e discrezionalmente all'Ufficio italiano brevetti e marchi, il potere nel corso del procedimento di decadenza o di nullità, di assegnare in ogni momento alle parti un termine per produrre ulteriori documenti o svolgere deduzioni o osservazioni in funzione delle allegazioni, deduzioni e osservazioni delle altre parti.

Come detto inizialmente dalla relatrice, nessuna modifica ha invece riguardato i successivi restanti commi dell'articolo 184 quater c.p.i. che prevedono, facendo una veloce panoramica, al comma 4, la possibilità di riunire, in caso di più istanze di decadenza o nullità relative allo stesso marchio, le domande successive alla prima, il comma 5, ai sensi del quale al termine del procedimento di decadenza o nullità, l'Ufficio Brevetti e Marchi se accoglie la domanda, accerta la decadenza o dichiara la nullità della registrazione, in tutto o in parte, o dispone il trasferimento della titolarità della registrazione e, nel caso di registrazione internazionale dà comunicazione della decisione all'Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI).

Il comma 6 prevede che, in caso di soccombenza, l'Ufficio ponga a carico della parte il rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare, insieme alle spese di rappresentanza professionale nel procedimento, nella misura massima individuata con decreto del Ministero dello sviluppo economico.

Infine, il comma 7 prevede che i provvedimenti che accertano la decadenza o dichiarano la nullità della registrazione o trasferiscono la titolarità della registrazione di un marchio siano annotati nel registro.

A conclusione, la relatrice afferma che la nuova formulazione dell'articolo 184 quater del codice presenta i seguenti principali vantaggi, cioè oltre a definire in maniera più precisa le fasi ed i termini del procedimento di nullità e decadenza del marchio, senza lasciare dubbi e rendendo più chiaro per tutte le parti il procedimento, favorisce anche una conclusione transattiva della questione sollevata con un risparmio di costi e di tempo sia per le parti sia per l'Ufficio.

Aggiunge poi che, per quanto riguarda il contraddittorio, questo nella nuova formulazione presenta un maggiore equilibrio.
 

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