10 marzo 2020

La commercializzazione dei brevetti universitari

Quali sono i fattori che facilitano i processi di trasferimento tecnologico e riducono le barriere operative, cognitive-culturali e istituzionali?

Per promuovere la tutela brevettuale e il licensing accademico, è essenziale capire le principali motivazioni che spingono i ricercatori a tutelare e a commercializzare le proprie invenzioni.

Le autrici (Daniel e Alves) dell’articolo intitolato “University-industry technology transfer: the commercialization of university’s patents”, pubblicato nel 2019 sulla rivista “Knowledge Management Research & Practice, hanno condotto delle interviste a 19 inventori accademici di cinque atenei portoghesi: Nuova Lisbona, Aveiro, Lisbona, Minho e Oporto.

Sono state considerate 63 domande di brevetto pubblicate tra il 2002 e il 2017, ora concesse e attive ma di cui solo 13 commercializzate, su un totale di 474 domande depositate dagli stessi inventori.

Il 62% delle invenzioni brevettate è stato sviluppato nel corso di una tesi di laurea o di dottorato finanziati per lo più attraverso progetti di ricerca (33%): solo l’11% da contratti di ricerca con l’industria.

Per quanto riguarda lo scopo della ricerca che ha portato al brevetto, il 57% degli inventori ha addotto come motivazione la produzione di conoscenza scientifica, mentre per il 43% degli intervistati l’obiettivo era lo sviluppo di una soluzione tecnica in grado di colmare un bisogno del mercato.

Le motivazioni che hanno indotto i ricercatori a brevettare sono principalmente tre e precisamente:

  1. La valorizzazione del curriculum accademico (incrementare il prestigio, la visibilità, la reputazione e la soddisfazione personale);
  2. Gli incentivi da parte dell’università;
  3. La volontà di commercializzare la tecnologia, ottenendo un ritorno economico utile per finanziare ulteriore ricerca.

La commercializzazione è vista come un obiettivo secondario perché spesso un’invenzione necessita di uno sviluppo tecnico ulteriore oppure deve essere accoppiata con altre tecnologie (generalmente tutelate con una famiglia di brevetti) e la valorizzazione non inizia immediatamente dopo il deposito della domanda di brevetto. Ci sono, inoltre, brevetti in settori scientifici che sono allo stadio embrionale e dove il mercato non è ancora maturo per la commercializzazione.

Infine,  alcuni inventori hanno constatato che ci sono aziende che acquisiscono brevetti in un settore specifico per impedire ai concorrenti l’accesso alla tecnologia.

Secondo alcuni, avere un brevetto è importante per ottenere progetti finanziati dall’industria, così come aumentare la reputazione del loro gruppo di ricerca.

Per quanto concerne le barriere alla brevettazione, la maggior parte degli intervistati ha menzionato sia la mancanza di risorse economiche per l’estensione internazionale (il 79% dei brevetti sono protetti solo in Portogallo) sia la difficoltà nella stesura delle domande (non sono previsti fondi per i mandatari).

I regolamenti universitari prevedono solo una tutela nazionale delle invenzioni a cura dell’università e l’identificazione dei partner industriali.

Gli accademici interpellati hanno evidenziato 3 principali barriere al licensing:

  • Poca flessibilità nelle procedure e tempi lunghi nella negoziazione con l’industria;
  • Mancanza di fondi per l’ulteriore sviluppo delle tecnologie, necessario prima della commercializzazione;
  • Scarsa valorizzazione dei brevetti da parte dell’industria.

Le aziende possono essere considerate come facilitatori del processo di trasferimento tecnologico, in quanto:

  • nella prima fase possono contribuire a far sì che gli obiettivi della ricerca siano allineati ai bisogni del mercato;
  • nella fase di tutela, possono fornire importanti informazioni sui mercati da proteggere, così come finanziare l’estensione internazionale;
  • nella fase di commercializzazione, sono senz’altro cruciali per capire il potenziale valore economico di un brevetto.

 


Massimo Barbieri

Technology Transfer Office (Politecnico di Milano)