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6 febbraio 2024

In un marchio per bevande alcooliche l'elemento denominativo "spritz" non può essere considerato distintivo

Valutare il rischio di confusione tra due marchi in conflitto implica una certa interdipendenza tra i fattori di riferimento che entrano in considerazione e, in particolare, una somiglianza dei marchi e tra i prodotti o servizi. Pertanto, un minor grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi può essere compensato da un maggiore grado di somiglianza tra i marchi e viceversa.


Con decisione dell’8 gennaio 2024 (B 3 142 350), l'Ufficio dell'Unione Europea (EUIPO) ha accolto l'opposizione proposta contro alcuni dei prodotti della domanda di registrazione come marchio UE del segno denominativo "SPRIO SPRITZ", vale a dire contro i prodotti compresi nella Classe 33 (Cocktails; aperitivi; bevande a base di vino; bevande alcoliche con aromi naturali). Nell'opposizione, basata, inter alia, sulla registrazione di marchio denominativo italiano "PRIO DONNAFUGATA", viene invocato l’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE. 

L’EUIPO ricorda che, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), RMUE, sussiste un rischio di confusione se vi è il rischio che il pubblico possa ritenere che i prodotti o i servizi in questione, qualora rechino i marchi di cui trattasi, provengano dalla medesima impresa o, a seconda dei casi, da imprese economicamente collegate. La sussistenza di un rischio di confusione dipende dall’apprezzamento, nell’ambito di una valutazione globale, di diversi fattori che sono in rapporto di reciproca dipendenza. Tali fattori includono la somiglianza dei segni, la somiglianza dei prodotti e dei servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni in conflitto così come il pubblico di riferimento.

In tali casi, la valutazione globale deve fondarsi, per quanto attiene alla somiglianza visuale, auditiva o concettuale dei marchi di cui trattasi, sull’impressione complessiva prodotta dai marchi, in considerazione, in particolare, degli elementi distintivi e dominanti dei marchi medesimi (CGUE sentenza 11 novembre 1997, C-251/95, Sabèl, § 23).

Nell’ambito della valutazione globale al fine di capire se sussiste il rischio di confusione, deve essere tenuto in considerazione il carattere distintivo del marchio anteriore.

L’opponente non ha affermato in modo esplicito che il marchio è particolarmente distintivo in virtù del suo uso intensivo o della sua notorietà. Tuttavia, nelle proprie osservazioni del 15/02/2023 ha rivendicato il fatto che i marchi anteriori sono da considerarsi dotati di rilevante carattere distintivo, perché non presentano alcun legame diretto o indiretto con i prodotti rivendicati in Classe 33.

A questo proposito, la Divisione d’Opposizione segnala che se un marchio anteriore non è descrittivo (o non è in altro modo non distintivo), è prassi dell’Ufficio considerare che esso ha un grado di carattere distintivo intrinseco normaleTale grado di distintività può essere ulteriormente rafforzato se vengono presentate prove idonee a dimostrare che il marchio anteriore ha acquisito un livello più elevato di distintività attraverso l’uso (Tribunale UE 26 marzo 2015, T-581/13, Royal County of Berkshire POLO CLUB (fig.) / BEVERLEY HILLS POLO CLUB et al. § 49). Occorre, tuttavia, ricordare, che un marchio non possiede necessariamente un grado di carattere distintivo più elevato solo per l’assenza di un nesso concettuale con i prodotti e servizi che copre(CGUE 16 maggio 2013, C-379/12 P, H/Eich, § 71).

Di conseguenza, la valutazione del carattere distintivo del marchio anteriore si baserà sul suo carattere distintivo intrinseco. Nel caso in esame, il marchio anteriore risulta, nel suo complesso, privo di qualsiasi significato per il pubblico del territorio di riferimento in relazione ai prodotti in questione. Pertanto, il carattere distintivo del marchio anteriore deve essere considerato normale.

Valutare il rischio di confusione, puntualizza l’EUIPO, implica una certa interdipendenza tra i fattori di riferimento che entrano in considerazione e, in particolare, una somiglianza dei marchi e tra i prodotti o servizi. Pertanto, un minor grado di somiglianza tra i prodotti e i servizi può essere compensato da un maggiore grado di somiglianza tra i marchi e viceversa (CGUE 29 settembre 1998, C-39/97, Canon, § 17).

Il pubblico di riferimento presterà un grado di attenzione medio ai prodotti che sono stati considerati identici. Il marchio anteriore gode di un livello normale di carattere distintivo. I marchi sono simili in misura media dal punto di vista visivo e in misura leggermente superiore alla media da quello fonetico. Sebbene solo uno di essi contenga elementi con un contenuto semantico, questa differenza ha una rilevanza assai limitata nella comparazione, in quanto derivante da elementi privi di carattere distintivo o allo stesso tempo deboli e di minore impatto sul consumatore.

Va tenuto a mente che i prodotti in questione sono bevande e, dal momento che queste sono spesso ordinate in stabilimenti rumorosi (per es., in bar o discoteche), la somiglianza fonetica tra i segni è particolarmente significativa (Tribunale UE 15 gennaio 2003, T-99/01, Mystery (fig.) / Mixery, § 48).

Inoltre, il Tribunale ha sostenuto che, nel settore dei vini, i consumatori di tali prodotti sono abituati a designarli e a riconoscerli in funzione dell’elemento denominativo che serve a identificarli, in special modo nei bar o ristoranti in cui i vini vengono ordinati a voce dopo aver letto il loro nome sul menu (Tribunale UE 23 novembre 2010, T-35/08, Artesa Napa Valley, § 62; 13 luglio 2005, T-40/03, Julián Murúa Entrena (fig.) / MURUA, § 56; 12 marzo 2008, T-332/04, Coto d’Arcis, § 38). Ne consegue che, in tali casi, può essere opportuno attribuire particolare importanza alla somiglianza fonetica tra i segni in questione. Tali considerazioni intervengono allorché si constata un rischio di confusione.

Si deve altresì tener conto del fatto che il consumatore medio raramente ha la possibilità di fare un confronto diretto tra i diversi marchi, ma deve fidarsi del ricordo imperfetto che ha degli stessi (CGUE 22 giugno 1999, C-342/97, Lloyd Schuhfabrik, § 26).