17 luglio 2017
Casa Montorsi vince contro AIA dinanzi al Tribunale UE: l’accordo di coesistenza sottoscritto dalle due aziende riguarda unicamente i titoli italiani
Il Tribunale dell’Unione Europea ha confermato l’interpretazione fornita dall’EUIPO dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 (corrispondente all’art. 60, paragrafo 3, del regolamento n. 2017/1001 nella versione codificata del regolamento sul marchio UE), secondo il quale tale disposizione, che disciplina l’accordo di coesistenza fra marchi, ha carattere derogatorio e deve dunque essere interpretata restrittivamente.
Pertanto, per equivalere ad un consenso prestato alla registrazione di un marchio UE, l’accordo dovrebbe fare riferimento a quest’ultimo in modo chiaro, manifesto ed esplicito e l’onere della prova spetterebbe a chi invoca il consenso, mentre non spetta all’altra parte dell’accordo dimostrare il proprio dissenso.
Con la sentenza del 13 luglio 2017 (causa T-389/16), il Tribunale UE ha respinto il ricorso presentato da Agricola italiana alimentare s.p.a. (AIA) nell’ambito della controversia insorta con Casa Montorsi s.r.l., interveniente nel giudizio in esame, dopo che, nel febbraio 2007, Montorsi Francesco & Figli s.p.a. aveva presentato una domanda di registrazione di marchio UE all’EUIPO per il segno denominativo "MONTORSI F. & F.".
I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nella classe 29 ai sensi dell’Accordo di Nizza e corrispondono alla seguente descrizione: "Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate; uova, latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili". Il marchio oggetto di contestazione è stato registrato il 18 gennaio 2008.
Nel dicembre 2010, Casa Montorsi s.r.l. ha chiesto, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, che fosse dichiarata la nullità del marchio contestato per tutti i prodotti sopra indicati, fondando la richiesta di dichiarazione di nullità sul marchio denominativo italiano anteriore "Casa Montorsi", depositato il 24 febbraio 1995, registrato il 2 giugno 1998 e successivamente rinnovato. Il motivo dedotto a sostegno della domanda di dichiarazione di nullità era quello di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, vertente sull’esistenza di un rischio di confusione.
Nelle more del procedimento amministrativo, il marchio contestato è stato trasferito a Negroni s.p.a. e, successivamente, ad Agricola italiana alimentare s.p.a. (AIA).
Quest’ultima ha chiesto il rigetto della domanda di dichiarazione di nullità, in quanto in contraddizione con una scrittura privata che la stessa aveva sottoscritto con Casa Montorsi s.r.l. il 4 maggio 2000 e mediante la quale le due società avrebbero accettato la coesistenza sul mercato italiano dei rispettivi marchi e si sarebbero impegnate reciprocamente a non contrastarne l’utilizzo. L’AIA ha altresì chiesto che fosse provato l’uso del marchio anteriore.
Il 20 marzo 2014, la divisione di annullamento dell’EUIPO ha dichiarato la nullità del marchio contestato per i prodotti "carne, pesce, pollame e selvaggina; uova", ma ne ha confermato la validità per gli altri prodotti contrassegnati da tale marchio, ossia "estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, latte e prodotti derivati dal latte; olii e grassi commestibili", nonché per altri prodotti non menzionati nell’elenco dei prodotti contrassegnati dal marchio contestato.
In particolare, la divisione di annullamento ha ritenuto che l’accordo non ostasse all’ammissibilità della domanda di nullità presentata da Casa Montorsi s.r.l. perché tale accordo, impreciso quanto al territorio e all’ambito temporale, non poteva essere considerato un consenso espresso, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Per quanto riguarda la prova dell’uso del marchio anteriore fornita dalla società interveniente, la divisione di annullamento ha ritenuto che tale prova fosse fornita, ma soltanto per "prosciutti, salumi e insaccati", che rientrano nella sottocategoria "carne". Per quanto riguarda il confronto dei prodotti, essa ha rilevato che, tra i prodotti del marchio contestato, solo i prodotti "carne, pesce, pollame e selvaggina; uova" erano identici o simili a quelli per i quali il marchio anteriore era stato usato, ossia quelli rientranti nella sottocategoria "carne". Per quanto riguarda il confronto dei segni, essa ha rilevato che il marchio contestato presentava un grado medio di somiglianza con il marchio anteriore perché detti due marchi contenevano lo stesso cognome Montorsi. Infine, la divisione di annullamento ha ritenuto che, considerata l’identità o la somiglianza dei prodotti e dei marchi in conflitto, esistesse un rischio di confusione per il pubblico italiano, con riferimento ai prodotti "carne, pesce, pollame e selvaggina; uova" contrassegnati dal marchio contestato e che tale marchio dovesse essere dichiarato nullo per tali prodotti.
Nel maggio 2014, l’AIA ha proposto ricorso contro la decisione della divisione di annullamento, al fine di ottenere che il marchio contestato restasse registrato per i prodotti "carne, pesce, pollame e selvaggina; uova".
La prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso, osservando che la ricorrente non contestava dinanzi ad essa nessuna delle valutazioni della divisione di annullamento relative alla prova dell’uso del marchio anteriore, alla somiglianza dei segni e dei prodotti e al rischio di confusione. L’unico argomento a sostegno del ricorso era fondato sull’accordo, che osterebbe, secondo la ricorrente, alla domanda di nullità del marchio contestato per rischio di confusione.
Secondo la commissione di ricorso, premesso che l’EUIPO non era vincolato dall’accordo in questione perchè regolamentava interessi privati, occorreva ricercare se fosse possibile dedurre da tale accordo l’esistenza di un "consenso espresso alla registrazione" di cui all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, oppure la coesistenza dei marchi in conflitto. La commissione di ricorso ha ritenuto che l’accordo non consentisse di dimostrare un tale consenso. Essa ha aggiunto che, anche se si fosse tenuto conto dei punti dell’accordo in cui le parti dell’accordo "riconoscevano che i rispettivi marchi potevano coesistere", resterebbe da provare che la coesistenza era dovuta all’assenza di rischio di confusione nella mente del pubblico di riferimento, prova che richiederebbe la dimostrazione dell’uso concomitante dei marchi in conflitto durante un periodo sufficientemente esteso, anteriore alla data di deposito del marchio contestato. Questa prova di un tale uso concomitante non sarebbe stata fornita né tantomeno quella che detto uso concomitante non ingenerava alcun rischio di confusione.
La decisione dell’EUIPO è stata impugnata dall’AIA dinanzi al Tribunale UE, affermando l’erroneità della valutazione della commissione di ricorso secondo cui essa avrebbe dovuto provare non solo l’accettata coesistenza dei marchi, ma altresì che detta coesistenza era dovuta all’assenza di rischio di confusione.
In particolare, con riferimento all’accordo sottoscritto dalla due società, l’AIA sostiene che l’accordo farebbe chiaramente riferimento non al marchio MONTORSI in senso stretto, bensì a registrazioni o usi, presenti o futuri, della parola "montorsi" nell’ambito di un segno distintivo per quanto riguarda i prodotti della classe 29. Un’interpretazione restrittiva di tale riferimento non avrebbe alcun senso, visto che all’epoca dell’accordo nessuna delle parti dell’accordo era titolare del marchio MONTORSI in senso stretto. Pertanto, la ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla commissione di ricorso nella decisione impugnata, le parti dell’accordo avevano dato un consenso espresso alla registrazione e all’uso non solo del marchio MONTORSI in senso stretto, ma di qualsiasi segno distintivo che contenesse la parola "montorsi", come nel caso del marchio MONTORSI F. & F.
A parere della società ricorrente è eccessivamente formalistica l’interpretazione della commissione di ricorso, secondo la quale non può desumersi dall’accordo in questione un consenso espresso alla registrazione del marchio contestato come marchio UE. La valenza dell’accordo sarebbe certamente limitata al territorio italiano. Tuttavia, nel caso di specie, il consenso espresso dato per il territorio italiano implicherebbe necessariamente il consenso alla registrazione del marchio contestato a livello dell’Unione. Poiché l’interveniente avrebbe dato il proprio consenso alla coesistenza dei marchi nel territorio italiano, che comprenderebbe le registrazioni future dei marchi contenenti la parola "montorsi", non sarebbe logico negare adesso detto consenso per quanto riguarda il marchio contestato sulla base di un ipotetico conflitto limitato precisamente al territorio italiano.
In merito a ciò il Tribunale dichiara quanto segue, confermando la posizione espressa dall’EUIPO, con conseguente rigetto del ricorso presentato dall’AIA:
Ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 "il marchio dell’Unione Europea non può essere dichiarato nullo se il titolare del diritto di cui ai paragrafi 1 o 2 dà espressamente il suo consenso alla registrazione di tale marchio prima della presentazione della domanda di nullità o della domanda riconvenzionale".
L’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 esige dunque che il titolare di un diritto anteriore abbia dato espressamente il suo consenso alla registrazione di un marchio dell’Unione Europea perché sia impedito, successivamente, di presentare una domanda di nullità di tale marchio.
Infatti, in una causa in cui la titolare di marchi che erano contestati sosteneva che le richiedenti la nullità di tali marchi, a causa di un rischio di confusione, avevano consentito la registrazione di questi ultimi, in particolare, attraverso una coesistenza pacifica e un accordo di coesistenza, il Tribunale ha ricordato che il consenso del titolare del diritto deve essere espresso per consentire la registrazione di un segno che può comportare un rischio di confusione. Il Tribunale ne ha dedotto, da un lato, che la coesistenza pacifica dei marchi non può prendere il posto del consenso espresso ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Dall’altro lato, per quanto riguarda l’accordo di coesistenza, il Tribunale, dopo aver constatato che esso non aveva ad oggetto i marchi che erano contestati, ma un altro marchio, ha dichiarato che tale accordo non poteva essere interpretato in modo tale da estendere oltre il suo ambito di applicazione, senza il consenso espresso delle parti, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Il Tribunale ha constatato che tale consenso espresso non sussisteva [sentenza del 3 giugno 2015, Pensa Pharma/UAMI - Ferring e Farmaceutisk Laboratorium Ferring (PENSA PHARMA e pensa), T‑544/12 e T‑546/12, non pubblicata, punti 35, 37, 40, 49 e 51].
Nella fattispecie, l’accordo menziona, nella sua parte introduttiva (punti da A a C), una controversia tra le parti dinanzi al Tribunale di Modena riguardante l’uso della parola "montorsi" nel settore dei salumi, nonché le trattative tra le stesse per risolvere la controversia ed evitare controversie future relative a tale parola in relazione a tutti i prodotti compresi nella classe 29. Tale parte introduttiva dell’accordo menziona marchi italiani contenenti la parola "montorsi".
Il punto 2, primo comma, dell’accordo indica che "le parti riconoscono che i segni distintivi di ciascuna di esse sino ad ora registrati e/o utilizzati per prodotti compresi nella classe internazionale 29 (e cioè per carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e derivati dal latte: olii e grassi commestibili) possono coesistere". Il punto 2, secondo comma, dell’accordo dichiara che, "pertanto, esse, per sé ed aventi causa, rinunciano reciprocamente ad impugnare le rispettive registrazioni di tali segni come marchi d’impresa e ad opporsi all’utilizzazione di tali segni - sia in funzione di ditta, marchio, insegna, sia in funzioni atipiche - ad opera dell’altra parte". Il punto 3 dell’accordo recita inoltre: "e parti rinunciano a qualsiasi pretesa che potesse loro competere in relazione all’uso del segno distintivo MONTORSI fatto dall’altra parte sino ad ora".
Come osserva l’EUIPO, l’accordo menziona segni e registrazioni italiani e una controversia in Italia. Esso non fa alcun riferimento né all’Unione né al diritto dell’Unione. L’accordo menziona la parola "montorsi", ma non il segno denominativo MONTORSI F. & F. contestato nel caso di specie. Inoltre, la coesistenza dei marchi e la rinuncia a ogni impugnazione menzionate nell’accordo riguardano i segni registrati o utilizzati "sino ad ora", ossia fino al 4 maggio 2000. Infine, secondo l’accordo, le parti rinunciano a qualsiasi pretesa che potesse loro competere in relazione all’uso del "segno distintivo MONTORSI fatto dall’altra parte sino ad ora".
Dalle considerazioni sin qui svolte risulta che, come osservato in sostanza dalla divisione di annullamento e dalla commissione di ricorso, l’accordo appare limitato ai segni registrati o utilizzati fino alla data della sua conclusione e in un contesto italiano. Come giustamente osserva la commissione di ricorso, la formulazione dell’accordo lascia inevitabilmente supporre che le pattuizioni circa la coesistenza dei marchi e la loro registrazione riguardino unicamente titoli italiani. L’accordo non menziona né il segno MONTORSI F. & F., di cui trattasi nel caso di specie né tantomeno una futura registrazione di tale segno - e neanche peraltro di un qualsiasi segno contenente la parola "montorsi" - come marchio dell’Unione Europea.
Tenuto conto di tali elementi, che rivelano quanto meno la mancata determinazione, nell’accordo, della posizione delle parti sulla questione della registrazione a livello dell’Unione di marchi contenenti la parola "montorsi", e tenuto conto del fatto che il consenso previsto all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 deve essere espresso, correttamente la commissione di ricorso ha concluso che non può desumersi dall’accordo un consenso espresso dell’interveniente alla registrazione del segno MONTORSI F. & F. come marchio dell’Unione Europea.
Tale conclusione della commissione di ricorso, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non è eccessivamente formalista. Essa deriva dai termini dell’accordo e dai requisiti di cui all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009. Peraltro, la stessa ricorrente concorda sulla valenza dell’accordo limitata al territorio italiano. Come rileva in sostanza l’interveniente, è la ricorrente che tenta di conferire all’accordo un significato che va oltre i suoi termini.