
angolo del professionista
24 febbraio 2025
L’intelligenza artificiale sul banco di prova. Le ricadute più recenti sul diritto d’autore, in Europa ed oltreoceano
di Andreina D'Auria
Dall’Action Summit di Parigi, a Deepseek e ai deep-fake nostrani: le ultime sul tema.
Il dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale è sempre più frenetico, anche sulla scia degli eventi più recenti
Se la cronaca ci fa riflettere sulle potenziali pericolosità dello strumento (si pensi, all’accusa di OpenAI alla cinese Deepseek di furto della sua proprietà intellettuale, nonché, da ultimo, alla truffa ai danni di imprenditori italiani da parte di ignoti che con l’uso dei deep-fake sono riusciti a riprodurre la voce del Ministro Crosetto per chiedere un anticipo di denaro per la liberazione di giornalisti), allo stesso tempo ne stimola i vantaggi: in questi giorni si è svolto a Parigi l’AI Action Summit, evento internazionale dedicato al tema, su diretta iniziativa del Presidente francese Emmanuel Macron.
Mettendo da parte gli slogan, preme approfondire sugli sviluppi a cui la materia è pervenuta, con particolare riguardo al diritto d’autore
Lo scorso 29 gennaio 2025 l’Ufficio della Proprietà Intellettuale statunitense ha redatto il secondo report dedicato al rapporto tra intelligenza artificiale e diritto d’autore (“Copyright and Artificial Intelligence Part 2: Copyrightability”).
In particolare, l’Ufficio ha ribadito che per ritenere tutelabile l’output occorre dimostrarne la paternità umana, vale a dire che esso includa un sufficiente apporto umano e carattere creativo, la cui valutazione non può che variare in base al caso in esame. Inoltre, viene anche esposto che non sono necessarie ulteriori norme a regolamentare il fenomeno, posto che le eventuali problematiche risultanti dall’uso dell'IA possono essere risolte in base alla legge già esistente.
Il report è interessante perché, in punto protezione autorale, si sofferma su diverse tipologie di opt out: (1) i meri prompt che istruiscono un sistema di IA a generare un output; (2) gli input espressivi che possono essere percepiti negli output generati dall'IA; e (3) le modifiche degli output generati dall'IA.
Viene, quindi, precisato che i prompt non forniscono un controllo umano sufficiente a rendere gli utenti di un sistema di IA gli autori dei risultati, visto che i prompt funzionano essenzialmente come istruzioni che trasmettono idee, quindi non proteggibili. Anche se prompt molto dettagliati potrebbero contenere elementi espressivi desiderati dall'utente, attualmente non controllano il modo in cui il sistema di IA li elabora per generare l'output.
Per quanto riguarda gli “input espressivi”, si tratta di quei contenuti in cui i sistemi di IA consentono di mantenere l'input come parte dell'output. Ad esempio, un autore (persona fisica) potrebbe creare un'illustrazione originale, inserirla in un sistema di IA e istruire il sistema a modificare il colore dell'immagine esistente. Il report a tal riguardo precisa che quando un essere umano immette il proprio lavoro proteggibile e tale creazione si rinviene nell'output, l'autore resterà tale almeno di quella parte dell'output. La protezione “può anche riguardare la selezione, il coordinamento e la disposizione del materiale creato dall'uomo e di quello generato dall'IA, anche se non si estende agli elementi generati dall'IA da soli”.
Infine, per quanto riguarda la modifica o l'organizzazione dei contenuti generati dall'IA, l'ufficio aveva già rilevato che “un essere umano può selezionare o organizzare il materiale generato dall'IA in modo sufficientemente creativo da far sì che l'opera risultante nel suo complesso costituisca un'opera originale d'autore’”. E così ribadendo che se le modifiche adottate dall’autore soddisfano lo standard minimo di originalità richiesto, dipenderà, come detto, da una valutazione da effettuarsi “caso per caso”.
In Europa, invece, l’approccio si presenta diverso
È in corso la stesura della seconda bozza del Codice di Condotta, che andrà ad integrare l’AI Act a partire dal prossimo aprile 2025, volto a definire linee guida dirette, in particolare, ai fornitori dei sistemi di IA, nello strenuo tentativo di bilanciare i diritti fondamentali con l’innovazione tecnologica.
Si tratta, in ogni caso, di interlocuzioni complesse, in quanto nonostante abbiano aderito alla stesura i vari players coinvolti (garanzia, senz’altro, di coralità del progetto) sono emerse criticità rispetto all’allineamento con il testo normativo dell’AI Act (ad esempio, rispetto all’accesso legittimo ai contenuti protetti da copyright che i fornitori utilizzano per la formazione dei sistemi, la bozza suggerisce che essi debbano adottare meri “sforzi ragionevoli e proporzionati”), a cui si aggiunge il trascorrere del tempo che purtroppo non dà ragione degli sforzi unionali compiuti finora.
Di fatto, i sistemi di IA sono sempre più numerosi, e gli scenari dinamici, situazioni che richiederebbero una risposta pragmatica e lineare, soprattutto considerata la duttilità di uno strumento di soft law quale il Codice di Condotta, capace cioè di fornire riscontri rispetto a problematiche effettive segnalate dai soggetti coinvolti.
Ci sono da più parti richieste di alleggerimento delle regole europee (primi tra tutti, dagli Stati Uniti, come pure risulta dalla espressa dichiarazione di ieri del vicepresidente US, J. D. Vance, a Parigi), e ciò in primo luogo per favorire gli investimenti in tali tecnologie, e, dal punto di vista interno, anche per agevolare lo sviluppo di sistemi di IA affidabili “made in Europe”.
Va rammentato, tuttavia, che quale concertazione di Stati, l’Europa si è fatta promotrice di un assetto normativo unitario, regolamentato, per favorirne l’eticità e la sicurezza, anzitutto con la cooperazione, probabile chiave di volta per arginare le lungaggini procedurali riscontrate ed attuare la sintesi delle risposte.
L’augurio è che quanto l’Italia che l’Europa restino protagoniste nello sviluppo dell’IA, non solo sotto il profilo tecnologico, ma anche giuridico, per conservare il ruolo leader nella regolamentazione della materia, senza cedere il passo alla concorrenza americana e cinese su tal fronte che, in tema sicurezza, lascia spazio a qualche perplessità.
Avv. Andreina D'Auria
Studio Previti Associazione Professionale