• Diritti di proprietà industriale - Aspetti generali

16 febbraio 2024

Uniqlo vs Shein: intelligenza artificiale e contraffazione

di Maria Eleonora Nardocci  

Nel settore dell’abbigliamento è diffuso il fenomeno della contraffazione, rilevante minaccia per l’industria creativa, che trova oggi “ausilio” nel crescente utilizzo dell’intelligenza artificiale. Shein, nota azienda di fast fashion cinese, è oggi accusata dalla casa di moda Uniqlo, che ritiene violati i propri diritti di proprietà intellettuale e industriale sulla borsa a mezzaluna “Round Mini Shoulder Bag”.


I precedenti casi contro Shein

È recente la notizia dell’azione intentata dalla casa di moda Uniqlo contro la nota azienda cinese di vendita online Shein, accusandola di aver “copiato” l’iconica borsa a forma di mezzaluna.

Tuttavia, non si tratta del primo caso che vede coinvolto l’ormai “gigante” cinese del fast fashion per violazione dei diritti di proprietà intellettuale e industriale altrui, come esaminato in un precedente articolo (cfr. link). Tra questi, si ricorda, nel 2018, la causa intentata da Levi Strauss & Co contro l’azienda cinese, per aver quest’ultima imitato una cucitura di jeans del marchio “Levi’s”. Ancora, nel 2021, Ralph Lauren ha agito in giudizio per violazione del marchio e concorrenza sleale contro Zoetop Business Co. (“holding” di Shein), sostenendo che tale società vendesse abbigliamento riportante un marchio simile al proprio, creando così confusione sul mercato e approfittando della notorietà e reputazione del brand americano. A questi e ad altri casi, si aggiungono le doglianze provenienti da stilisti indipendenti che – seppur non in via legale – hanno reso note le violazioni perpetrate dall’azienda cinese.


Uniqlo vs Shein: il caso

Uniqlo ha agito contro Roadget Business Pte. Ltd., Fashion Choice Pte. Ltd., e Shein Japan Co., Ltd., “gestori” del marchio di vendita al dettaglio Shein, per aver messo in vendita prodotti che paiono copiare la forma della “Round Mini Shoulder Bag”, in violazione del “Unfair Competition Prevention Act”. In particolare, Uniqlo ritiene che la vendita di borse “di imitazione” da parte di Shein – oltre a costituire una violazione dei diritti di privativa della stessa – mini in modo significativo l’alto livello di fiducia dei clienti nella qualità del marchio “Uniqlo” e dei suoi prodotti.

Per questi motivi, Uniqlo ha chiesto alla “Tokyo District Court” di ordinare l’immediata cessazione delle vendite dei prodotti contraffatti, oltre al risarcimento dei danni subiti.


Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Come detto, non si tratta del primo caso che vede coinvolta Shein. Ed infatti, di recente anche altri designer hanno agito contro Shein, tra cui Krista Perry, Larissa Martinez e Jay Baron, ritenendo che l’azienda cinese produca, distribuisca e venda copie esatte delle loro opere creative. Questo, sostenendo altresì che l’azienda si avvalga di un algoritmo volto ad identificare quali siano le crescenti tendenze della moda, per poi copiare i “pezzi” di design con il più alto valore commerciale. E così, pare che la produzione di Shein sia “programmata” da un software basato su un algoritmo che (i) analizza le ricerche degli utenti in merito agli acquisti di abbigliamento, così da (ii) avviare la produzione di alcuni “pezzi campione” da mettere in vendita sulla piattaforma, per poi (iii) verificare – sempre grazie all’algoritmo – l’effettivo interesse degli utenti rispetto a detti prodotti e, infine, (iv) disporre un aumento di produzione in caso di effettivo gradimento degli utenti rispetto ai prototipi in questione.


Osservazioni

L’intelligenza artificiale può costituire un ausilio in molteplici settori ed il cui sviluppo, pertanto, risulta in grado di promuovere l’innovazione. Tuttavia, come ogni “strumento” messo a disposizione dell’uomo, gli utilizzi che se ne possono fare sono molteplici, leciti, ma anche illeciti, come, appunto, la contraffazione di prodotti d’abbigliamento e, più in generale, la violazione dei diritti di proprietà intellettuale ed industriale altrui, ma non solo. Non è un caso che anche l’Unione Europea si stia interessando della questione, andando ad individuare nel noto "AI Act” – non ancora definitivamente approvato – quali sistemi di intelligenza artificiale sono vietati e quali no, sulla base di una valutazione del rischio che potrebbe derivare dal relativo utilizzo. Si auspica, dunque, che i prossimi interventi normativi possano sufficientemente regolamentare tale settore, garantendo il rispetto dei diritti altrui.
 


Avv. Maria Eleonora Nardocci 
Studio Previti Associazione Professionale